Le sanzioni per oltraggio alla corte possono essere ammesse solo in via eccezionale, in presenza di giustificazioni rilevanti e sufficienti e solo se le dichiarazioni sono al di fuori del perimetro delle critiche accettabili.
La libertà di espressione degli avvocati nelle aule di giustizia deve essere garantita, in particolare quando critiche, anche aspre, sono collegate alla difesa di un cliente. Di conseguenza, eventuali sanzioni per oltraggio alla corte possono essere ammesse solo in via eccezionale, in presenza di giustificazioni rilevanti e sufficienti e solo se le dichiarazioni sono al di fuori del perimetro delle critiche accettabili. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza (Pisanski contro Croazia, ricorso n. 28794/18) con la quale i giudici internazionali hanno fornito la lettura corretta dell’articolo 10 della Convenzione europea, che assicura la libertà di espressione, nei casi di attività dei legali nelle aule di giustizia. Questi i fatti. Un avvocato, che rappresentava un debitore in un procedimento esecutivo, aveva criticato l’operato dei giudici nazionali che, a suo avviso, con un approccio eccessivamente formalistico, non avevano considerato come documento ufficiale un atto che conteneva le firme delle parti autenticate da un notaio. Le critiche, inclusa l’affermazione che l’approccio della corte era stato “ridicolo”, erano state considerate aspre ed offensive e al legale era stata inflitta un’ammenda dai giudici nazionali. Era stato aperto anche un procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio forense che, però, lo aveva assolto. Il legale si è rivolto alla Corte europea ritenendo che la decisione del tribunale civile di Zagabria avesse violato l’articolo 10 della Convenzione europea.
Strasburgo non ha dubbi nel ritenere che la sanzione inflitta è un’ingerenza nel diritto alla libertà di espressione e che tale limitazione era consentita e prevista nel Codice di procedura civile. Inoltre, l’ingerenza perseguiva un fine legittimo ossia preservare l’autorità del giudice e la fiducia che la collettività deve riporre nel funzionamento del sistema giudiziario. Tuttavia, la Corte ha osservato che la misura non era necessaria in una società democratica. I giudici nazionali, infatti, nell’imporre la sanzione non hanno considerato che il ricorrente agiva nella sua qualità di avvocato e che le sue osservazioni critiche erano strettamente legate al procedimento giudiziario in corso che vedeva soccombente il proprio cliente. Le dichiarazioni non erano state esterne alle aule di giustizia, ma formulate nel corso del procedimento dinanzi ai giudici interni. Per quanto riguarda il contenuto la Corte ritiene che le affermazioni erano state scortesi e colorite, ma non traspariva l’intento di insultare il tribunale, tanto più che non avevano riguardato un giudice in particolare, ma l’interpretazione del diritto interno da parte dell’intero collegio. Tra l’altro l’interpretazione, del legale era stata accolta anche da altri giudici e l’uomo era stato “assolto” dinanzi al Consiglio forense. Pertanto, per la Corte europea, i giudici nazionali non hanno seguito i principi stabiliti a Strasburgo e hanno violato il diritto alla libertà di espressione del legale non garantendo un giusto equilibrio tra i diritti in gioco.
Di Marina Castellaneta sole 24 ore
16-06-2024 16:10
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