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Sentenza

Linee guida per i corsi di formazione degli avvocati specialisti
Linee guida per i corsi di formazione degli avvocati specialisti
L'art 9 l. n. 247/2012 è dedicato alle specializzazioni forensi, titolo che si acquista dopo un apposito «percorso formativo» o «per comprovata esperienza professionale», entrambi nel campo apposito di specializzazione. Le linee guida pubblicate dal CNF attengono alla prima ipotesi e dunque alla predisposizione di appositi corsi di formazione a cura dei dipartimenti o delle strutture di raccordo degli ambiti di giurisprudenza delle università legalmente riconosciute, mediante corsi di alta formazione specialistica; alla necessità di convenzioni da stipulare, all'uopo, con il Consiglio nazionale e i consigli dell'ordine; alla valutazione finale circa la sua idoneità ad aver legittimato l'acquisizione del titolo di specialista ed alla revocabilità di quest'ultimo.

Si ricorda che il d.m. n. 144/2015 (Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell'art. 9 l. n. 247/2012) è stato modificato dal decreto del Ministro della Giustizia del 1° ottobre 2020, n. 163. Attualmente le specializzazioni sono le seguenti:

A) diritto civile, suddiviso in:

a) diritto successorio;

b) diritti reali, condominio e locazioni;

c) diritto dei contratti;

d) diritto della responsabilità civile, della responsabilità professionale e delle assicurazioni;

e) diritto agrario;

f) diritto commerciale e societario;

g) diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell'innovazione tecnologica;

h) diritto della crisi di impresa e dell'insolvenza;

i) diritto dell'esecuzione forzata;

l) diritto bancario e dei mercati finanziari;

m) diritto dei consumatori;

B) diritto penale, distinto in:

a) diritto penale della persona;

b) diritto penale della pubblica amministrazione;

c) diritto penale dell'ambiente, dell'urbanistica e dell'edilizia;

d) diritto penale dell'economia e dell'impresa;

e) diritto penale della criminalità organizzata e delle misure di prevenzione;

f) diritto dell'esecuzione penale;

g) diritto penale dell'informazione, di internet e delle nuove tecnologie;

C) diritto amministrativo, suddiviso in:

a) diritto del pubblico impiego e della responsabilità amministrativa;

b) diritto urbanistico, dell'edilizia e dei beni culturali;

c) diritto dell'ambiente e dell'energia;

d) diritto sanitario;

e) diritto dell'istruzione;

f) diritto dei contratti pubblici e dei servizi di interesse economico generale;

g) diritto delle autonomie territoriali e del contenzioso elettorale;

h) contabilità pubblica e contenzioso finanziario-statistico;

D) diritto del lavoro e della previdenza sociale;

E) diritto tributario, doganale e della fiscalità internazionale;

F) diritto internazionale;

G) diritto dell'Unione europea;

H) diritto dei trasporti e della navigazione;

I) diritto della concorrenza;

L) diritto dell'informazione, della comunicazione digitale e della protezione dei dati personali;

M) diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni;

N) tutela dei diritti umani e protezione internazionale;

O) diritto dello sport.

Come si legge nel documento pubblicato dal CNF, il d.m. n. 163/2020 «non ha previsto un percorso formativo per le tre intere aree principali, non avendo contemplato un corso di specializzazione afferente a tutto il diritto civile, tutto il diritto penale o tutto il diritto amministrativo (come nota il Consiglio di Stato nel suo parere, sarebbe allora nient'altro che un duplicato degli ordinari corsi universitari generalisti), ma prescrive una necessaria formazione di base e una formazione di indirizzo (art. 7, comma 12-bis, del Regolamento)». All'interno dei tre macro-settori – civile, penale e amministrativo – si è dunque provveduto a distinzioni, arrivando a quota 36 corsi biennali specializzanti.

Si è dunque posta la questione della distinzione tra i «settori» e gli «indirizzi», dovendo coordinare l'incipit del comma 1 dell'art. 3 del Regolamento, alla cui stregua si può conseguire il titolo di specialista «in non più di due dei seguenti settori di specializzazione», con i commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 1, nonché con l'ultimo periodo dell'art. 5, secondo cui si può chiedere siano specificati «gli indirizzi di cui all'articolo 3, comma 2, sino a un massimo di tre per ciascun settore». Dal combinato disposto normativo, il CNF deduce dunque che:

«i) l'avvocato può essere specialista sino a due settori;

ii) quanto, però, ai macro-settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto amministrativo, ossia le lettere a), b) e c) dell'art. 3, comma 1, del Regolamento, l'avvocato potrà ottenere, per ogni singolo settore, un numero massimo di specializzazioni in tre distinti indirizzi;

iii) i tre macro-settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto amministrativo, ossia le lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 3, del Regolamento, possono concorrere tra loro solo mediante gli indirizzi, nel senso che si può ottenere, ad esempio, una specializzazione in almeno un indirizzo del diritto civile e una in almeno un indirizzo del diritto penale (ad es.: diritto commerciale e societario per il diritto civile e diritto penale dell'economia e dell'impresa per il diritto penale);

iv) è ammessa anche l'opzione per due diverse materie, di cui una all'interno di un macro-settore e l'altra afferente uno dei settori ordinari (ad es.: diritto del lavoro, come settore autonomo, e diritto del pubblico impiego, per il diritto amministrativo; diritto tributario, come settore autonomo, e contabilità per il diritto amministrativo)».
Avv. Antonino Sugamele

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