La Juventus e i 15 punti di penalità: scarica le motivazioni dalla Corte Federale d'Appello FIGC
Rilevanza ai fini probatori della documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura Federale. Violazione dell'art. 4) CGS della FIGC.
La Corte Federale non ha avuto alcun dubbio a considerare le intercettazioni come prova piena nel processo sportivo. Nulla di nuovo. È infatti un principio consolidato da tempo e sostenuto a tutti i livelli dalla magistratura di merito (anche amministrativa, TAR Roma 4391/16 e 2472/08), di legittimità (Corte di Cassazione, SS.UU., sent. del 15.01.2019 n. 741; Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 29.09.2022, n. 28398 e Corte di Cassazione 15 dicembre 2022, n. 36861) e sportiva tanto da essere richiamato dalla pronuncia in commento: «Le intercettazioni telefoniche costituiscono, del tutto legittimamente, materiale probatorio acquisibile al procedimento, dovendo le intercettazioni medesime essere considerate nella loro fenomenica consistenza e nella loro capacità rappresentativa di circostanze storiche rilevanti, senza neppure possibilità di sindacare la loro origine e il modo della loro acquisizione (ex plurimis Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 32/2011-2012; e nello stesso senso: Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 43/2011-2012; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 46/2015-2016; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 10/2016-2017; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 12/2016-2017; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 96/2016-2017; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 102/2016-2017)».
Produzione giurisprudenziale granitica che, ai fini della legittima acquisizione degli atti del procedimento penale nell'ambito del procedimento sportivo, si aggancia normativamente all'art. 2 della L. 401/89 che al comma 3 recita: «3. Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice». Norma che ha la sua interfaccia "sportiva" nella previsione di cui all'art. 129 del CGS della FIGC.
In ogni caso il giudizio di merito (c.d. rescissorio) non pone a suo fondamento solo le intercettazioni ma anche la notevole mole di documentazione di altro genere sempre proveniente dalla Procura della Repubblica di Torino. Materiale che mai la Procura Federale avrebbe potuto acquisire direttamente con i propri poteri che non prevedono, ovviamente, la facoltà di disporre le intercettazioni o di operare sequestri.
Tale incarto probatorio ha portato a considerare violato dai dirigenti della Juventus e, quindi, per responsabilità diretta, anche dal club l'art. 4 del CGS della FIGC che impone a tutti coloro che fanno parte dell'ordinamento sportivo il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva: «1. I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva».
La genericità del precetto farà forse storcere il naso a chi non conosce a fondo il diritto sportivo ma approfondendo l'argomento ci si rende conto che, anche in questo caso, sono stati applicati principi consolidati da tempo: «Il giudice sportivo non è quindi deputato a valutare le responsabilità ordinarie. Esso deve valutare il rispetto della lex specialis costituente l'ordinamento sportivo. Ed è chiamato a traguardare con tale disciplina speciale se le modalità con le quali "la persona [deferita] si è comportata, o per il contesto nel quale ha agito, [hanno determinato o meno] una compromissione" dei valori cui si ispira l'ordinamento sportivo (principio ancora contenuto nel parere del Collegio di Garanzia n. 5/2017; nello stesso senso si veda ex plurimis Corte federale d'appello, SS.UU., n. 12/2021-2022; Corte federale d'appello, Sezione I, n. 24/2021-2022; Corte federale d'appello, Sezione I, n. 29/2021-2022; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 53/2021-2022; Corte federale d'appello, Sez. I, n. 8/2022-2023)».
La Corte Federale, per concludere sull'argomento, ha citato diffusamente il parere 5/2017 del Collegio di Garanzia del CONI dissipando ogni dubbio circa le modalità di individuazione delle condotte violatrici dell'art. 4 CGS della FIGC: «espressioni come buona fede, correttezza, lealtà appaiono [sì] generiche e vaghe da rischiare di smarrire qualsiasi risvolto pratico, al punto da renderne difficile definire i confini di applicazione. E, tuttavia, la intrinseca flessibilità di questi concetti rinvia alle regole morali e di costume generalmente accettate e, più in generale, ad un affidamento sulla correttezza della condotta che non può non rilevare anche in ambito sportivo. Qui il rispetto degli obblighi di lealtà e correttezza – pur con quei limiti di definizione di cui si diceva – si fa più intenso, proprio in considerazione della peculiarità dell'ordinamento sportivo».
L'ultima considerazione va all'elemento soggettivo. L'intenzionalità delle condotte ascritte alla Juventus e ai suoi dirigenti, desunto dagli atti di causa, è stata decisiva per la condanna. Si legge infatti nel provvedimento in commento: «L'intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque l'intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l'effettiva applicabilità per la FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell'art. 4, comma 1, CGS».
In sintesi: la condanna della Juventus scaturisce da elementi nuovi acquisiti attraverso la Procura della Repubblica di Torino non conosciuti prima del giudizio oggi revocato. Tali elementi sono tali da portare ad ammettere la revocazione della sentenza di assoluzione. Le prove non vanno valutate con i parametri e le regole del processo penale bensì con quelle proprie del processo sportivo ed, eventualmente, con quelle del processo civile. Non sono in discussione le plusvalenze in quanto tali ma il ricorso sistematico a quelle fittizie nella consapevolezza di alterare il bilancio. Tale consapevolezza ha comportato la violazione dell'art. 4 CGS della FIGC con conseguente condanna dei deferiti.
02-02-2023 20:45
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