Caso Juventus. Ecco le motivazioni del Collegio di Garanzia del CONI che confermano anch'esse – come già fatto dalla Corte Federale d'Appello - principi ormai consolidati nell'ambito del diritto sportivo in ordine alla violazione dell'art. 4) CGS FIGC.
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Sezioni Unite
Prot. n. 00411/2023
Decisione n. 40
Anno 2023
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONI UNITE
composto da
Gabriella Palmieri - Presidente e Relatore
Vito Branca
Dante D'Alessio
Massimo Zaccheo
Attilio Zimatore - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nei giudizi iscritti:
- al R.G. ricorsi n. 13/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dalla società F.C. Juventus
S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Angelo Clarizia, prof. Nino Paolantonio, prof.
Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
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avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
F.B. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in
classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva;
- al R.G. ricorsi n. 14/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal dott. A.A., rappresentato e
difeso dall'avv. Davide Sangiorgio,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
F.B. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
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0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
- al R.G. ricorsi n. 15/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. F.P., rappresentato e
difeso dagli avv.ti prof. Nino Paolantonio, Davide Sangiorgio e Nicola Apa,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del
suddetto ricorrente e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha
dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
- al R.G. ricorsi n. 16/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. F.C., rappresentato e
difeso dagli avv.ti prof. Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Flavia Tortorella,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio
Pag 4
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
F.P. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
- al R.G. ricorsi n. 17/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal dott. E.V., rappresentato e
difeso dagli avv.ti prof. Angelo Clarizia e prof. Maurizio Bellacosa,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
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F.P. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
- al R.G. ricorsi n. 18/2023, presentato congiuntamente, in data 28 febbraio 2023, dai sigg. P.N.,
P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R., rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Maurizio Bellacosa e
Davide Sangiorgio,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
F.P. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della
inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in
ambito UEFA e FIFA;
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- al R.G. ricorsi n. 19/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. M.A., rappresentato e
difeso dall'avv. prof. Maurizio Bellacosa,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022-
2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell'ambito del
procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.
F.P. e altri, all'esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato
ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha
accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n.
0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei
confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 19 aprile 2023:
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, i difensori della parte ricorrente - F.C. Juventus
S.p.A. - avv.ti prof. Angelo Clarizia, prof. Nino Paolantonio, prof. Maurizio Bellacosa e Davide
Sangiorgio; l'abogado Ilario Russo, giusta delega all'uopo ricevuta dall'avv. Nicola Russo, per
l'intervento ad adiuvandum del sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso "Membership"
della F.C. Juventus S.p.A., nonché in qualità di Presidente dell'Associazione "Juventus Club
Taranto Gigi Buffon"; gli avv.ti Enrico Lubrano, Carlo Claps, Angelo Pisani e Oreste Pallotta, per
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l'intervento ad opponendum dell'Associazione Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e del
Codacons;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 14/2023, il difensore della parte ricorrente - sig. A.A. -
avv. Davide Sangiorgio;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 15/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. F.P. -
avv.ti prof. Nino Paolantonio, Davide Sangiorgio e Nicola Apa;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 16/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. F.C. -
avv.ti prof. Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Flavia Tortorella;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 17/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. E.V. -
avv.ti prof. Angelo Clarizia e prof. Maurizio Bellacosa;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 18/2023, i difensori delle parti ricorrenti - sigg. P.N.,
P.G., A.G-V., C.M.H., D.M., F.R. - avv.ti prof. Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 19/2023, il difensore della parte ricorrente - sig. M.A. -
avv. prof. Maurizio Bellacosa;
nonché il Procuratore Generale dello Sport, pref. Ugo Taucer, per la Procura Generale dello Sport
c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell'art. 61, comma 3, del Codice
della Giustizia Sportiva del CONI;
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Presidente e relatore, avv.
Gabriella Palmieri.
Ritenuto in fatto
1. La vicenda che ha coinvolto la Juventus F.C. S.p.A. e i suoi vertici origina dal deferimento da
parte della Procura Federale della FIGC, datato 1° aprile 2022. Con tale atto di incolpazione, la
Procura Federale contestava alla F.C. Juventus S.p.A. (come ad altre società calcistiche) di aver
concluso delle operazioni di mercato «contraddistinte da una sistematica sopravvalutazione del
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corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti nonché
dalla altrettanto sistematica sostanziale corrispondenza (e conseguente compensazione
finanziaria) tra i valori attribuiti dalle società ai diritti scambiati».
Alla predetta nota venivano allegati due prospetti: il primo, con l'elenco di talune operazioni
"incrociate" che non avevano generato alcun flusso monetario o, comunque, nessun flusso
significativo in favore dei singoli clubs che le avevano realizzate; il secondo, con operazioni che,
anch'esse "incrociate", avevano generato un flusso monetario assai contenuto, a conguaglio,
poiché i prezzi convenuti per le compravendite non erano esattamente equivalenti.
Successivamente, la Procura Federale apprendeva, da varie fonti, di una verifica ispettiva relativa
ad operazioni di compravendita di diritti alle prestazioni dei calciatori avviata dalla CONSOB nei
confronti della F.C. Juventus S.p.A., nonché di un'indagine penale attivata dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Torino, denominata "PRISMA", nei confronti della stessa società
e dei suoi amministratori per le ipotesi di reato di false comunicazioni delle società quotate ed
emissione di fatture per operazioni inesistenti. L'Organo inquirente provvedeva, quindi, a istruire
il procedimento disciplinare mediante l'acquisizione di articoli di stampa, anche estera, chiedeva
e otteneva dalla Procura della Repubblica di Torino le copie di due verbali di sequestro eseguiti
nei confronti della Juventus S.p.A. e dei suoi organi direttivi, si procurava la documentazione
attestante la qualifica e la qualità dei soggetti e delle Società segnalate dalla Co.Vi.So.C. (fogli di
censimento, tesseramenti, contratti ecc. ...), richiedeva e otteneva da quest'ultima la copia dei
verbali delle ispezioni eseguite presso le varie società, richiedeva e otteneva dalle stesse copia
di alcuni atti utili all'indagine e chiarimenti in proposito, acquisiva visure camerali storiche relative
alle persone giuridiche nonché le valutazioni dei calciatori coinvolti dal sito internet di
Transfermarkt, particolarmente specialistico e di ampia diffusione.
La Procura Federale, dunque, inviava a (numerosi clubs tra cui) la Juventus F.C. S.p.A. e ai relativi
esponenti e amministratori (odierni ricorrenti) un atto di deferimento con il quale venivano
contestate rispettivamente la violazione degli artt. 6 e 31, comma 1, CGS e degli artt. 4 e 31,
comma 1, CGS, per aver indicato in 15 (delle 17 complessivamente contestate) operazioni c.d.
incrociate un valore dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori intenzionalmente sovrastimato
("indicando un corrispettivo superiore al reale") e, quindi, fraudolentemente alterato al solo fine di
determinare "maggiori plusvalenze fittizie".
Si legge, infatti, nel deferimento che: «Vanno, al riguardo, evidenziate le caratteristiche delle
operazioni sopra elencate che, in aggiunta al valore abnorme, costituiscono gli elementi che ne
evidenziano la anormalità: a) i trasferimenti dei diritti sono avvenuti in modalità "incrociata" cioè
sono stati attuati con sostanziale scambio di diritti alle prestazioni dei calciatori e nessun (o
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limitato) effetto finanziario, attesa la sostanziale compensazione tra prezzi di acquisto e di vendita;
b) a dispetto del ragguardevole investimento effettuato per garantirsi le prestazioni dei calciatori,
in 14 casi gli stessi non sono stati impiegati dalla società acquirente bensì trasferiti
temporaneamente dalla società cessionaria alla stessa società cedente oppure a una società di
livello inferiore; c) tutte le operazioni hanno consentito alle due società di iscrivere ingenti
plusvalenze nel Conto Economico alterando la veridicità del risultato del periodo contabile
considerato (trimestre, semestre e/o intero esercizio) e consentendo di rappresentare perdite
economiche inferiori al reale e un Patrimonio Netto superiore al reale».
1.1. Con la decisione n. 0128/TFNSD-2021-2022 del 22 aprile 2022, il Tribunale Federale
Nazionale proscioglieva tutti i deferiti osservando che: a) poteva essere riconosciuto lo sforzo
acquisitivo, valutativo e argomentativo della Procura Federale, che aveva elaborato un proprio
metodo di valutazione, per poi confrontare l'importo individuato quale corrispettivo "giusto" per
ogni singolo calciatore interessato dalle acquisizioni/cessioni oggetto del procedimento con
quanto risultante dal sito Transfermarkt; b) la Procura Federale era giunta a una propria
valutazione del valore di cessione di taluni calciatori, generalmente non lontano da quanto
risultante dal predetto sito, considerando i seguenti criteri valutativi: A) età; B) ruolo; C) carriera
sportiva (il settore giovanile di provenienza, rilevante per i giovani calciatori; la militanza in squadre
di più elevato blasone; la categoria più frequentata; i risultati conseguiti e i titoli ottenuti dalle
squadre di militanza nelle competizioni ufficiali; l'eventuale convocazione nelle varie
rappresentative nazionali; le reti segnate; gli assist e, per i portieri, le reti subite; eventuali infortuni
di una certa serietà subiti ed il numero di presenze in ciascuna competizione); D) storia economica
dei trasferimenti, avuto riguardo anche alle condizioni contrattuali fissate nei trasferimenti
precedenti; E) contratti di lavoro sportivo, avuto riguardo anche alla durata, alla retribuzione
prevista; c) la Procura Federale non aveva ritenuto di dover attribuire a ogni singolo fattore
una valenza specifica in termini percentuali in modo tale da poter uniformare la propria
valutazione, peraltro, effettuata in via retrospettiva e senza indicazione, per ogni singolo criterio,
del valore o peso ad esso attribuito. Aveva, poi, dato valenza, quali sintomi di operazioni di
cessione finalizzate alla realizzazione di plusvalenze: i) alla reciprocità di due o più cessioni tra
medesime società; ii) alla contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle
cessioni; iii) alla realizzazione di plusvalenze per entrambe le società; iv) all'irrilevanza delle
cessioni dal punto di vista finanziario che, per le società interessate, hanno comportato un
pareggio, effettivo o sostanziale, tra entrate e uscite. Aveva, quindi, effettuato riscontri correttivi
sulle operazioni prese in considerazione, tanto per la società cedente (plusvalenze) quanto per la
società cessionaria (immobilizzazioni), concludendo per la non correttezza (secondo i casi) delle
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relazioni trimestrali e dei bilanci; d), tuttavia, in primo luogo, solo poche delle cessioni esaminate
dalla Procura Federale presentavano quelle caratteristiche dalla stessa individuate quali sintomi
di operazioni "sviate" e finanziariamente "fittizie" («Indubbiamente, tali cessioni destavano e
destano sospetto, che tuttavia non attingono la soglia della ragionevole certezza, data da indizi
gravi, concordanti e plurimi); e) infatti, e ciò vale per tutte le cessioni oggetto di deferimento e
non solo per quelle meritevoli di sospetto, il metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale
poteva essere ritenuto "un" metodo di valutazione, ma non "il" metodo di valutazione («Mentre, il
confronto con le valutazioni presenti nel sito Transfermarkt (per quanto utilizzate in talune perizie
o richiamate in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti) non può
corroborare quel metodo, atteso che trattasi di un sito privato (peraltro non unico), privo di
riconoscimento ufficiale anche e soprattutto da parte degli organismi calcistici internazionali e
nazionali, influenzato da valutazioni di soggetti privati meri utenti del sito stesso», p. 21 della
Decisione); f) al metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale potrebbero
contrapporsene altri, ugualmente degni di apprezzamento, che magari tengano conto (se del
caso, anche): di "investimenti" su giovani calciatori ritenuti di prospettiva (con inerente
"apprezzamento" del loro valore di acquisizione); della necessità di entrate finanziarie, anche per
compensare esborsi per acquisizioni; della necessità di rinforzare la squadra in uno o più ruoli,
che magari presentino una scarsità di offerta valida, con inerente lievitazione del corrispettivo di
acquisizione; e così via, secondo le caratteristiche tipiche del calcio e delle società
professionistiche, che devono confrontarsi anche con i media e con i propri sostenitori; g) in
sostanza, non esisterebbe o sarebbe concretamente irrealizzabile "il" metodo di valutazione del
valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. («Tale
valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della
contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato. E non è un caso
che nella stessa Relazione dell'attività inquirente si faccia riferimento alla difficoltà di
individuazione del fair value perché non assistito da un adeguato livello di elaborazione scientifica,
tanto che nell'individuare o, meglio, nell'indicare il valore del diritto sul mercato di riferimento, la
Procura Federale non può esimersi dal riconoscere di essersi rifatta ai parametri individuati da
"Dottrina e prassi" [...], ma a parametri che, per quanto definiti oggettivi, non tengono conto
(perché è sostanzialmente impossibile individuarle) della soggettività delle situazioni delle società
cedenti e cessionarie, nonché della valutazione prospettica della seconda rispetto all'acquisto. Il
valore di mercato di un diritto alle prestazioni di un calciatore rappresenta il valore pagato dalla
società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul
mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale
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che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione. Non foss'altro
perché, in tal caso, il libero mercato non esisterebbe più per la fissazione di corrispettivi di
cessione sostanzialmente predeterminati da quel metodo di valutazione», ancora p. 21 della
Decisione); h) de iure condendo, si potrebbe pure pensare alla fissazione di criteri valutativi che
individuino un "range" di valore, all'interno del quale vada fissato il corrispettivo della
cessione/acquisizione. Ma a ciò non potrebbe che provvedere la FIFA, trattandosi di disciplina
sovranazionale e mondiale; i) «una volta ritenuto non utilizzabile il metodo di valutazione posto
dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e in assenza di una disposizione generale
regolatrice, consegue che le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire
illecito disciplinare» (p. 22 della Decisione).
1.2. Decidendo sul reclamo della Procura Federale, la Corte Federale di Appello, lo
respingeva con la decisione della Corte Federale di Appello, Sezioni Unite, n. 0089/CFA-2021-
2022 del 27 maggio 2022.
Queste, in sintesi, le argomentazioni della Corte Federale d'Appello: «è erronea la statuizione del
Tribunale federale secondo cui l'inesistenza de "il" metodo di valutazione del valore del
corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare
l'iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti all'utilità
futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione. [...] Ciò, difatti, renderebbe
legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un'anarchia valutativa che nessun sistema – e
quindi neanche quello federale - può tollerare. È evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo
deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno
dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di
determinati fondamenti. [...] In questa prospettiva, le valutazioni effettuate dalla Procura (che
individua il valore "massimo" dei diritti, ancorché non espliciti i "pesi" attribuiti ai singoli parametri)
nonché i valori di Transfertmarkt (ancorché originati da opinioni di soggetti non professionali, che
non considerano alcuni fattori che possono incidere sul prezzo di compravendita di un giocatore,
la modesta significativa per i calciatori giovani ad alto potenziale), possono costituire un
necessario punto di riferimento al fine della valutazione della congruità di un'operazione. Parimenti
la disponibilità di altri database (CIES, KPMG), nonché operazioni comparabili (autenticamente)
appaiono utili informazioni allo scopo. E ciò, naturalmente, a condizione che le valutazioni
composte siano ispirate ad una razionalità economica che offra garanzia di correttezza ed equità.
[...] Peraltro, le considerazioni del Tribunale federale, secondo cui non esisterebbe "un" criterio
valutativo, hanno un fondamento di verità allorché, con tale affermazione, si intenda prendere atto
dell'inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti. È questa,
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compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate,
influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione
veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva.
Come si è detto, dall'analisi della documentazione in atti vi è la diffusa percezione che alcuni valori
si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato ma non è
possibile verificare se le modalità della loro formazione rispettino delle regole codificate perché
non esistenti. Si ritiene pertanto indispensabile la definizione di principi guida nelle valutazioni che
possano permettere di verificare se le scelte concrete delle società da essi si discostino,
individuando una serie di elementi di riferimento».
2. Avverso la citata decisione ha proposto ricorso per revocazione parziale la Procura Federale
della FIGC.
A fondamento del ricorso per revocazione, e ai fini del giudizio rescindente, la Procura Federale
ha addotto: i) di avere ricevuto, in data 24 novembre 2022, dalla Procura della Repubblica presso
il Tribunale di Torino, copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale n.
12955/2021 R.G.N.R.; e ii) che detta documentazione costituisse una "rilevantissima mole di atti
e documenti, composta da circa di 14mila pagine, costituenti le risultanze istruttorie poste a base
delle contestazioni di reato formulate nei confronti di 15 soggetti, tra dirigenti, legali rappresentanti,
membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, revisori legali e consulenti della
società FC Juventus S.P.A.", oltre che nei confronti della stessa Juventus F.C. S.p.A. quale ente
responsabile delle condotte dei suoi dipendenti e soggetti apicali.
La Procura Federale ha, infatti, rappresentato "che la predetta documentazione [aveva] consentito
di conoscere elementi nuovi, sopravvenuti rispetto alla decisione della Corte federale di Appello a
Sezioni Unite, la cui conoscenza avrebbe certamente comportato una diversa pronuncia" e che,
pertanto, sussistevano tutti i presupposti di cui all'art. 63, comma 1, lett. d), CGS FIGC. Premesso
allora di avere escluso dal ricorso la società SSC Napoli e la società AC Chievo Verona S.r.l., e i
rispettivi dirigenti, per l'integrale assenza di operazioni di scambio dirette con la Juventus F.C.
S.p.A. (di qui la ragione di una revocazione parziale), la Procura federale ha sottolineato gli atti di
particolare valenza dimostrativa fondanti le ragioni di revocazione, costituiti in particolare a) da
intercettazioni telefoniche e ambientali, b) da documenti sequestrati nell'ambito di perquisizioni
presso la sede della F.C. Juventus S.p.A. e presso ulteriori luoghi d'interesse, c) dalla delibera
Consob n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154-ter, comma 7, TUF) e d) dai comunicati stampa
della Juventus F.C. S.p.A.
Detti elementi istruttori, secondo la Procura Federale, avrebbero confermato l'esistenza di un
sistema collaudato della Juventus di scambi incrociati di calciatori con altre società sportive,
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finalizzati alla realizzazione di plusvalenze artificiali. Secondo la ricostruzione della Procura
Federale, dunque, all'annullamento della decisione della Corte Federale 0089/CFA-2021-2022
del 27 maggio 2022 doveva poi conseguire, in sede di giudizio rescissorio, la condanna dei
deferiti.
2.1. Con la decisione della Corte Federale di Appello, Sezioni Unite, 0063/CFA-2022-2023,
emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, oggetto di impugnazione
dinnanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport, la Corte Federale d'Appello ha così, in sintesi,
deciso.
A) «È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla
Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della
revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove
conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto
previsto dall'art. 63, comma 1, lett. d), CGS»;
B) «Pur essendo condivisibile l'assunto di partenza a proposito della natura eccezionale del
mezzo di impugnazione in argomento e di una interpretazione rigorosa soprattutto in termini di
decisività dei fatti prima non conosciuti o sopravvenuti (rigore che questa Corte non intende in
alcun modo tradire), la stessa difesa della FC Juventus S.p.A. è poi costretta ad ammettere che
l'ordinamento sportivo prevede una tale revocazione, in ragione dei caratteri di diversità e
autonomia che lo connotano. Caratteristiche - quelle appena enunciate - che non consentono
neppure di introdurre eccezioni di inconciliabilità tra la revocazione prevista dell'art. 63 CGS e i
principi costituzionali anche afferenti il giusto processo».
C) «Anche il concorrente profilo di asserita violazione del principio del ne bis in idem non
merita seguito. Una volta ritenuto (come si deve) che la revocazione sia possibile anche in malam
partem - e i deferiti non lo dubitano – la predetta obiezione si svuota di significato [...] Pertanto,
quando, come nel caso che occupa, si è all'interno di una tale progressione di fasi processuali o
gradi di procedimento successivi, espressamente disciplinati dall'applicabile ordinamento
(principio di legalità), si è anche all'interno del medesimo processo e non vi è alcun possibile
spazio all'applicazione del divieto del ne bis in idem (Corte federale d'appello, Sez. II, n.
76/CFA/2019-2020). Quanto precede, con la precisazione che anche una assoluzione ottenuta
per due gradi di giudizio, se conseguente alla mancata conoscenza di fatti invece decisivi per una
eventuale condanna, è soggetta al giudizio di revocazione»; D) «Neppure condivisibile è
l'argomento in ragione del quale la revocazione dovrebbe comunque essere limitata all'errore di
fatto in ragione di una qualche sovrapposizione al CGS del Codice CONI. A tal proposito, questa
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Corte federale ha già precisato che "mentre il codice CONI, prevede che la revocazione di una
decisione è possibile solo quando dipende da un errore di fatto risultante incontrovertibilmente da
documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all'istante, secondo il codice Figc,
invece, la revocazione è possibile nel caso a) di dolo di una delle parti in danno all'altra, b) di
prove riconosciute false dopo la decisione, c) di mancata presentazione di documenti influenti a
causa di forza maggiore o per fatto altrui, d) di omissione dell'esame di un fatto decisivo che non
si è potuto conoscere nel precedente procedimento oppure di sopravvenienza, trascorso il termine
per l'appello, di fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia, e) di
errore di fatto commesso dall'organo giudicante" (Corte federale d'appello, SS.UU., n. 46/2015-
2016). Il Codice di giustizia sportiva, dunque, regola più ipotesi e non solo quella dell'errore di
fatto, dalla quale fattispecie anzi la lett. d) dell'art. 63 si distingue nettamente. E non vi è alcun
"contrasto normativo" che possa limitare le specifiche ipotesi previste dal CGS. Piuttosto, ma il
principio è davvero pacifico, alle singole Federazioni sono concessi spazi di importante autonomia
e per tale via "il legislatore federale ha, in modo coerente ed esente dalle censure prospettate,
operato una estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione" (ancora Corte
federale d'appello, SS.UU., n. 46/2015-2016)»; E) «Quanto alla natura decisiva degli elementi
dimostrativi portati all'attenzione del giudizio rescindente, essa è indubbia. Ove la Corte federale
avesse conosciuto i fatti che risultano dimostrati dagli elementi oggi disponibili (fatti che non erano
noti o persino sopravvenuti), essa avrebbe per certo assunto una decisione diversa [...] Ma oggi
è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima
non era noto è proprio l'avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all'alterazione delle
operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo - come è stato efficacemente
sottolineato dalla Procura federale - è l'assenza di un qualunque metodo di valutazione delle
operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno
sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la
decisione deve essere diversa da quella qui revocata»; F) «Un quadro fattuale - quello appena
citato - dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e
dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una "natura
essenzialmente confessoria". Semmai, con una aggravante distintiva rispetto a qualunque
precedente: proprio con specifico riguardo alla FC Juventus S.p.A., colpisce la pervasività ad ogni
livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa. Dal
direttore sportivo di allora (P.) all'allora dirigente suo immediato collaboratore (C.). Dal presidente
del consiglio di amministrazione (A.) a tutto il consiglio stesso (citato come consapevole dal
medesimo A.). Sino ancora all'azionista di riferimento e all'amministratore delegato (A.) e ancora
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passando per tutti i principali dirigenti, inclusi quelli aventi competenza finanziaria e legale. In
alcuni casi, con una consapevolezza a tutto tondo dell'artificiosità delle operazioni condotte. In
altri casi, con una consapevolezza più superficiale o magari persino di buona fede (ci si riferisce
anche all'allenatore della squadra), ma comunque in grado di far dire che tutti fossero direttamente
o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo. [...] Per quanto d'interesse della
fase rescindente qui trattata è senz'altro sufficiente il richiamo ai più rilevanti elementi dimostrativi,
citati anche dalla Procura federale. Primo tra tutti è l'inquietante "Libro Nero di FP" (cioè F.P.). Un
tale documento, si noti, non è mai stato disconosciuto dal redattore (F.C.) ed è stato difeso dalla
Juventus F.C. S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone
una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse
di un normale "appunto" di lavoro»; G) «Ora, l'elemento dimostrativo più rilevante, ad avviso della
Corte federale, non è solo il contenuto testuale di detto "Libro Nero di FP", di per sé sin troppo
esplicito. Rileva piuttosto (quale conferma irredimibile del relativo esatto contenuto) il contesto nel
quale esso è stato redatto. Emerge, invero, che detto "Libro" fosse stato preparato dal C. come
documento da utilizzare nella propria discussione con P. in fase di negoziazione del proprio
rinnovo contrattuale (la circostanza è confermata dalle stesse dichiarazioni del C.; si veda il file n.
656108 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Naturalmente, non è qui
rilevante operare interpretazioni esorbitanti o azzardare qualificazioni circa il comportamento in
sé del C. o il rapporto con F.P.. Ma ben si comprende, ad una lettura distaccata di una simile
circostanza, la capacità disvelatrice di detto Libro Nero. È evidente che C. era pronto a contraddire
con P. per discutere il proprio contratto (accettandolo o rifiutandolo, non importa) ed era pronto a
mettere sul tavolo della discussione quelle che lo stesso C. riteneva essere importanti "differenze
di vedute": cioè il fatto che F.P. avesse costantemente operato attraverso un sistema di
plusvalenze artificiali [...] Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolta
economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 ("come
siamo arrivati qui?") e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il C.
testimonia essere stato applicato da F.P.: "utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali" (la cui
conseguenza è un "beneficio immediato" ma anche un negativo "carico ammortamenti" per il
futuro)»; H) Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni
documentali) citate dalla Procura federale a sostegno della revocazione. Quella del 6 settembre
2021 tra A.A., presidente della FC Juventus S.p.A., e il rappresentante dell'azionista di riferimento
J.E. (intercettazione presente nel file n. 660969 trasmesso alla Procura federale dalla Procura
della Repubblica), nella quale gli interlocutori operano un diretto riferimento al fatto che la
direzione sportiva (cioè F.P.) si era "allargata" con lo svolgimento "di tutta una serie di operazioni
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..." che il presidente A., nel botta e risposta della conversazione, individua subito definendole di
"eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze". Così come l'ulteriore intercettazione tra A.A.
e M.A. del 3 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 e file 660945 trasmessi dalla Procura
della Repubblica), nel corso della quale gli interlocutori condividono che la responsabilità delle
difficoltà della Juventus F.C. S.p.A. non poteva essere attribuita solo al Covid-19 ("sì ma non era
solo il Covid e questo lo sappiamo bene" ), posto che, da un lato, vi era la pandemia, ma dall'altro
era stata "ingolfat[a] la macchina con ammortamenti e soprattutto la m...a perché è tutta la m...a
che sta sotto che non si può dire"»; I) «E ancora, in più rispetto a quelle menzionate dalla Procura
federale, si devono aggiungere le intercettazioni che coinvolgono contestualmente più dirigenti
della FC Juventus S.p.A. con ruoli finanziari e legali (anch'esse riportate nel file n. 660969
trasmesso dalla Procura della Repubblica). Intercettazioni che dimostrano persino opacità nella
rappresentazione all'esterno del reale contenuto delle operazioni condotte, tanto da sperare che
"[quelli che] stanno cercando" (presumibilmente gli ispettori Consob) non scoprano carteggi
altrimenti pericolosi: ci si riferisce all'intercettazione del 6 settembre 2021 tra taluni dirigenti della
FC Juventus S.p.A. (S.B., S.C. e C.G.) nel corso della quale, a proposito di Pjanic, si chiarisce
che "han fatto uno scambio" (e dunque una consapevole permuta) e si condivide il rischio che
emergano carte che invece devono restare riservate: "tela dico tutta? è meglio che non ci fosse
quel carteggio" ; "no quel carteggio meglio di no"»; J) «E più in generale si devono
aggiungere quelle intercettazioni che dimostrano la natura alterata dei valori utilizzati (e il peso
degli ammortamenti conseguenti) e comunque la natura esattamente permutativa di molte
operazioni» (cfr. p. 23 della Decisione, sul primo profilo); K) «Sotto il secondo profilo (di
scambio permutativo) sono emblematiche le acquisizioni anche documentali relative alle
operazioni con club esteri (OM Marsiglia, Barcellona, Manchester City, Lugano, Basilea), nelle
quali si dimostra lo sforzo profuso ad allineare i flussi finanziari delle operazioni e si ottiene prova
certa dell'avvenuto condizionamento reciproco dei trasferimenti di volta in volta contrattualizzati
(uno in uscita e uno in acquisto allo stesso prezzo o quasi). E ciò, dunque, in modo che non vi
fosse dubbio che, intanto avveniva l'acquisto di un giocatore da una controparte, in quanto a quella
stessa controparte veniva ceduto il proprio. Il tutto, secondo una "causa in concreto" (intesa come
sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare) di chiara permuta»; L)
«Qui, peraltro, è anche necessario aprire una parentesi sulla rilevante differenza che deve essere
riconosciuta tra una operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e una
operazione ad effetti permutativi. E deve essere chiarito che ciò che rileva ai fini del processo
sportivo e della violazione quanto meno dell'art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione
dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla
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FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza. Ciò
che rileva è la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente
indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute. Ciò
che rileva, in altri termini, è l'essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS38
(paragrafo 45), quale che ne fosse l'esito. In questa direzione, diventano rilevanti le operazioni di
nascondimento operate da alcuni dirigenti della FC Juventus S.p.A. che si sono spinte sino ad
intervenire correggendo "a penna" le fatture ricevute dalla controparte per non far emergere la
natura permutativa dell'operazione compiuta (evidenze contenute nel file n. 733488 trasmesso
alla Procura federale dalla Procura della Repubblica di Torino). Eclatante il caso dello scambio
dei calciatori Akè/Tongya tra la FC Juventus S.p.A. e l'Olympique De Marseille [...] I dirigenti della
FC Juventus S.p.A. dicono espressamente che si deve evitare di evidenziare la compensazione.
Come a dire - ed è l'aspetto assorbente ai fini del processo sportivo - che la FC Juventus S.p.A.
era perfettamente edotta del rischio di dover applicare lo IAS38, paragrafo 45, e il proprio
approccio era nel senso di evitare che ciò avvenisse a prescindere da ogni effettiva applicabilità.
Tanto che la natura dell'operazione non doveva emergere dai documenti ufficiali riguardanti la
fatturazione. Ed è anche interessante notare come i dirigenti della FC Juventus S.p.A. debbano
persino superare una iniziale resistenza dell'Olympique De Marseille nel recepire le correzioni
inserite a penna dalla FC Juventus S.p.A., tanto da costringere l'Olympique De Marseille ad un
richiamo a buona fede nel chiedere che sia mantenuta la dicitura "compensazione" nella
fatturazione da essa inviata; e ciò, presumibilmente perché, proprio per l'Olympique De Marseille,
lo IAS38, paragrafo 45, o principio assimilabile, non era comunque destinato ad applicarsi e
dunque la natura permutativa, se divenuta trasparente, non era pregiudizievole»; M) «Un
simile quadro fattuale - cui si deve aggiungere la delibera Consob 22482/2022 del 19.10.2022
(sulla quale si tornerà oltre) e si possono altresì aggiungere i riferimenti ai numerosi appunti e
manoscritti interni alla FC Juventus S.p.A., ulteriori rispetto al "Libro Nero di FP" (e dai quali
sembra quasi emergere che "manovre correttive" fosse negli ultimi anni una sorta di definizione
specifica di quanto si va dicendo), o ancora il c.d. database di tale società - è decisivo ai fini del
giudizio rescindente»; N) «In proposito, appare erronea l'obiezione per cui il citato quadro fattuale
(nuovo) debba dirsi già assorbito dalla ratio decidendi della decisione revocata. La decisione n.
0089/CFA/2021-2022 aveva affermato del tutto condivisibilmente che "l'assenza di parametri
normativamente sanciti rende particolarmente delicata l'operazione di sceverare operazioni
(plusvalenti) che, con ragionevole certezza giudiziale, possano essere considerate rilevanti sotto
il profilo disciplinare". Ciò, ovviamente, nel presupposto - mai messo in discussione dalla decisione
- che la realizzazione di una plusvalenza fosse effetto legittimo di una operazione di vendita o
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scambio, non potendo l'interprete affidarsi al solo sospetto di una eventuale (appunto) fittizietà.
Per questo la decisione qui revocata precisava anche che eventuali contestazioni disciplinari
dovessero basarsi sulla ragionevole certezza dell'illecito e non sulla probabile verificazione di
esso. Inoltre, la decisione rilevava che l'assenza di un unico metodo codificato di valutazione non
poteva "legittimare l'iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni
inerenti all'utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione" posto che
altrimenti argomentando si "renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e [si] introdurrebbe
un'anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare". Un
metodo vi deve essere. E deve essere razionale, verificabile e ovviamente non discrezionale. [...]
Ma ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente
diverso da quello esaminato dalla decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di
un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta
invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti
sul bilancio. La Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva
avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di
parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l'introduzione
di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere
fisiologici si trasformino in patologici, in modo anche da avvisare la società agente di avere
oltrepassato i limiti della razionalità e della dimostrabilità. [...] Ma avere affermato un tale principio
non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla
a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una
ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte»; O)
«In conclusione, il nuovo quadro fattuale prodotto dalla Procura federale integra i presupposti ed
è decisivo ai fini di cui all'art. 63, comma 1, lett. d) e impone la declaratoria della revocazione della
decisione della Corte federale d'appello n. 0089/CFA/2021-2022. Tenuto peraltro conto del dettato
della norma e dell'assenza di capi distinguibili della decisione n. 0089/CFA/2021-2022, si ritiene
conseguenziale una revoca integrale della decisione stessa, indipendentemente dalla possibilità
che per alcuni dei deferiti debba poi procedersi ad un nuovo esito di proscioglimento»; P)
«Infondata è anche l'eccezione svolta dalla difesa della FC Juventus S.p.A. a proposito
della inammissibilità per tardività del ricorso in revocazione della Procura federale. Anzitutto, la
FC Juventus S.p.A. ha segnalato come anomala la circostanza che la comunicazione di
trasmissione della documentazione della Procura della Repubblica di Torino fosse avvenuta solo
in data 24.11.2022. Una simile trasmissione è però documentata e risulta da apposito timbro
seguito dalla sottoscrizione di tre magistrati della Procura della Repubblica di Torino. I dubbi della
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FC Juventus S.p.A., in argomento, appaiono oggettivamente fuor di luogo. La documentazione
ritenuta rilevante dalla Procura federale è stata ricevuta in data 24.11.2022 e il ricorso per
revocazione proposto in data 22.12.2022 è certamente tempestivo, essendo stato notificato il
ventottesimo giorno sui trenta disponibili (art. 63, comma 1, CGS)»; Q) «Anche il secondo profilo
dell'eccezione non è condivisibile. Sostiene la difesa della FC Juventus S.p.A. che la Procura
federale aveva avuto notizia degli eventi poi dedotti a base della revocazione ben prima della data
del 22.11.2022. Pertanto, la revocazione doveva dirsi già esaurita al momento della relativa
proposizione. [...] Ora, [...] non si discute in questo caso di un singolo documento specifico la cui
esistenza fosse divenuta nota. Si discute, invece, di un complesso di plurimi documenti e
intercettazioni (le circa 14mila pagine trasmesse dalla Procura della Repubblica e citate dalla
Procura federale) la cui effettiva ricezione era inevitabile presupposto del trascorrere di un
qualunque termine decadenziale. Il tutto, dovendosi sottolineare (ed è fatto incontestato) che
l'indagine penale, i cui esiti documentali sono poi stati trasferiti alla Procura federale, si è chiusa
dopo la decisione qui oggetto di revocazione. Il ricorso per revocazione, pertanto, è certamente
tempestivo»; R) «Da rigettare è anche l'obiezione formulata a proposito della non utilizzabilità
delle intercettazioni» (cfr. pp. 25-26 della Decisione).
Da tali elementi la Corte Federale d'Appello ha, dunque, ritenuto meritevole di accoglimento il
giudizio rescindente e, dichiarata la revocazione della predetta decisione della Corte, ha
esaminato il merito rescissorio dell'impugnazione svolta dalla Procura Federale.
La Corte ha preliminarmente esaminato l'eccezione (fatta con reclamo incidentale) concernente
la mancata acquisizione della nota 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 della Procura Federale,
richiamata dalla relazione Co.Vi.So.C. del 19 ottobre 2021 (atto costituente, secondo la Procura
Federale, la prima notizia qualificata dalla quale attivare l'indagine). Secondo la Corte, «la nota
Co.Vi.So.C. costituisce atto tipico di proposta di avvio di indagine ai sensi dell'art. 80, comma 3,
Noif, ed è solo da tale istante che - rispetto alle operazioni indicate dal detto ente di controllo nella
propria comunicazione poi riversate nel deferimento - deve calcolarsi un qualunque termine di
iscrizione della notizia dell'illecito (individuata dalla Co.Vi.So.C.). Peraltro, come affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, "la previsione di una decadenza dall'azione della Procura in caso
di ritardata iscrizione [della notizia dell'illecito] è estranea alle finalità della normativa codicistica
[contenuta nel CGS]" (Corte Federale d'appello, Sez. I, n. 29/CFA/2021-2022). Né vi è spazio per
procedere ad una retrodatazione dei termini al fine di produrre la citata decadenza. Ipotesi, questa,
che non trova riscontro nel codice sportivo, fermo comunque che, in caso di superamento del
termine dell'indagine, l'art. 119, comma 6, CGS prevede, quale espressa conseguenza, la sola
inutilizzabilità degli atti e non piuttosto l'improcedibilità dell'azione [...] Il punto qui decisivo è allora
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FC Juventus S.p.A., in argomento, appaiono oggettivamente fuor di luogo. La documentazione
ritenuta rilevante dalla Procura federale è stata ricevuta in data 24.11.2022 e il ricorso per
revocazione proposto in data 22.12.2022 è certamente tempestivo, essendo stato notificato il
ventottesimo giorno sui trenta disponibili (art. 63, comma 1, CGS)»; Q) «Anche il secondo profilo
dell'eccezione non è condivisibile. Sostiene la difesa della FC Juventus S.p.A. che la Procura
federale aveva avuto notizia degli eventi poi dedotti a base della revocazione ben prima della data
del 22.11.2022. Pertanto, la revocazione doveva dirsi già esaurita al momento della relativa
proposizione. [...] Ora, [...] non si discute in questo caso di un singolo documento specifico la cui
esistenza fosse divenuta nota. Si discute, invece, di un complesso di plurimi documenti e
intercettazioni (le circa 14mila pagine trasmesse dalla Procura della Repubblica e citate dalla
Procura federale) la cui effettiva ricezione era inevitabile presupposto del trascorrere di un
qualunque termine decadenziale. Il tutto, dovendosi sottolineare (ed è fatto incontestato) che
l'indagine penale, i cui esiti documentali sono poi stati trasferiti alla Procura federale, si è chiusa
dopo la decisione qui oggetto di revocazione. Il ricorso per revocazione, pertanto, è certamente
tempestivo»; R) «Da rigettare è anche l'obiezione formulata a proposito della non utilizzabilità
delle intercettazioni» (cfr. pp. 25-26 della Decisione).
Da tali elementi la Corte Federale d'Appello ha, dunque, ritenuto meritevole di accoglimento il
giudizio rescindente e, dichiarata la revocazione della predetta decisione della Corte, ha
esaminato il merito rescissorio dell'impugnazione svolta dalla Procura Federale.
La Corte ha preliminarmente esaminato l'eccezione (fatta con reclamo incidentale) concernente
la mancata acquisizione della nota 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 della Procura Federale,
richiamata dalla relazione Co.Vi.So.C. del 19 ottobre 2021 (atto costituente, secondo la Procura
Federale, la prima notizia qualificata dalla quale attivare l'indagine). Secondo la Corte, «la nota
Co.Vi.So.C. costituisce atto tipico di proposta di avvio di indagine ai sensi dell'art. 80, comma 3,
Noif, ed è solo da tale istante che - rispetto alle operazioni indicate dal detto ente di controllo nella
propria comunicazione poi riversate nel deferimento - deve calcolarsi un qualunque termine di
iscrizione della notizia dell'illecito (individuata dalla Co.Vi.So.C.). Peraltro, come affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, "la previsione di una decadenza dall'azione della Procura in caso
di ritardata iscrizione [della notizia dell'illecito] è estranea alle finalità della normativa codicistica
[contenuta nel CGS]" (Corte Federale d'appello, Sez. I, n. 29/CFA/2021-2022). Né vi è spazio per
procedere ad una retrodatazione dei termini al fine di produrre la citata decadenza. Ipotesi, questa,
che non trova riscontro nel codice sportivo, fermo comunque che, in caso di superamento del
termine dell'indagine, l'art. 119, comma 6, CGS prevede, quale espressa conseguenza, la sola
inutilizzabilità degli atti e non piuttosto l'improcedibilità dell'azione [...] Il punto qui decisivo è allora
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che lo stesso art. 119, comma 6, CGS, citato dai reclamanti incidentali quale norma da applicare
al caso concreto, afferma che "possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo
acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato". Esattamente
come nel caso che qui occupa, divenendo pertanto ininfluente - e carente di interesse – il reclamo
incidentale proposto. Ove pure si accedesse ad una qualche passata limitazione della "vecchia"
documentazione d'indagine, il nuovo quadro fattuale derivante dalla documentazione e dalle
evidenze trasmesse dalla Procura della Repubblica resterebbe comunque utilizzabile. Ed è sulla
documentazione proveniente dalla Procura della Repubblica di Torino (al pari di quella di
derivazione Consob) che questa Corte federale è chiamata a pronunciarsi [...]».
Con riferimento al merito rescissorio, la Corte Federale ha distinto le posizioni riguardanti la
Juventus F.C. S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti rispetto a quelle delle altre squadre,
considerando le evidenze dimostrative ai primi riferibili le quali, secondo la Corte Federale
d'Appello, «connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con
riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio
rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo».
La Corte - considerando che le predette considerazioni portano ad una sanzione che deve essere
proporzionata anche all'inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita tentando
di rimediare ad una tale alterazione, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei
principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della FIGC impone quale clausola di carattere
generale in capo alle società sportive (art. 19) - ha così concluso:
«Dichiara ammissibile il ricorso per revocazione e pertanto revoca la pronunzia n.
0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello e, per l'effetto, dispone
quanto segue:
1 - Respinge i reclami incidentali.
2 - Accoglie in parte il reclamo della Procura federale avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-
2022 - sezione disciplinare del 22.04.2022 irrogando le seguenti sanzioni:
a. F.P.: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
b. F.C.: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
c. A.A.: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
d. P.N.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
Pag 22
e. E.V.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
f. P.G.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
g. A.G.V.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
h. M.A.: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
i. C.M.H.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
l. D.M.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
m. F.R.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di
estensione in ambito UEFA e FIFA;
n. F.C. Juventus Spa: penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione
Sportiva.
3 - Respinge per il resto il reclamo della Procura federale».
Diversamente, la Corte Federale di Appello ha diffusamente dichiarato che, per i deferiti diversi
dalla Juventus F.C. S.p.A. («rispetto alla quale valgono invece tutte le considerazioni già svolte e
valgono le risultanze della duplice indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino e
dalla Consob»), la stessa si è dovuta confrontare con la struttura della domanda contenuta nel
deferimento, non potendo questa sostituire una eventuale autosufficienza di singole violazioni
rispetto, invece, alla richiesta di riconoscimento di una sistematica violazione dell'art. 4 e 31 CGS,
e per più esercizi: «non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere
efficacemente l'accusa nei confronti delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa
CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936
[...] come è stato efficacemente osservato dalle difese dei club interessati, due considerazioni
appaiono insuperabili ai fini di una statuizione di condanna. Non può esservi alcuna sistematicità
da contestare in una singola operazione (prima considerazione). Una condanna di Parma, Novara
e Pescara per il mero "contatto" con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata (seconda
considerazione) in assenza di prove oggettive della violazione, non vista dal lato della FC
Juventus S.p.A., ma appunto da quello delle deferite qui trattate. Prova che, proprio con riguardo
alle citate società, non è rinvenibile nella documentazione prodotta dalla Procura federale. Il tutto
senza considerare la rilevanza per la sola FC Juventus S.p.A. dei principi contabili internazionali
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indicati dalla Consob, che non trovano invece applicazione (nei medesimi termini) per le società
italiane non quotate. Ma, allora, il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle
suddette società non è sufficiente a determinare una condanna. [...] Infine, poco o nulla è provato
dalla Procura federale con riguardo alle società FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Pisa Sporting
Club ed Empoli FC, società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus
S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la
partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica
(senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici)».
3. In data 28 febbraio 2022, sono stati presentati distinti ricorsi al Collegio di Garanzia dello Sport
da parte della Juventus F.C. S.p.A. (RG ricorsi n. 13/2023), del Dott. A.A. (RG ricorsi n. 14/2023),
dei Signori F.P. (RG ricorsi n. 15/2023), F.C. (RG ricorsi n. 16/2023), del Dott. E.V. (RG ricorsi n.
17/2023), congiuntamente, da parte di P.N., P.G., A.G. – V., C.M.H., D.M., F.R. (RG ricorsi n.
18/2023), nonché da parte del Dott. M.A. (RG ricorsi n. 19/2023).
La Juventus F.C. S.p.A. e i Signori P. e C. hanno depositato, rispettivamente, due memorie (di
identico tenore), ai sensi dell'art. 60, comma 4, CGS CONI.
Gli scritti difensivi si concentrano esclusivamente sul VI motivo di ricorso, con il quale si censura
il mancato deposito, da parte della Procura Federale – con conseguente violazione del diritto di
difesa e del contraddittorio previsto dall'art. 44 C.G.S. FIGC – della nota prot. 10940/pf/GC/blp del
14 aprile 2021, contenente le "indicazioni interpretative" che la stessa aveva fornito alla
Co.Vi.So.C., posto che su dette indicazioni l'Organo di vigilanza aveva successivamente fondato
la segnalazione del 19 ottobre 2021 sulla cui base la stessa Procura Federale, in data 26 ottobre
2021, aveva poi formalmente avviato il presente procedimento disciplinare (n. 233pf21- 22).
I ricorrenti hanno dunque insistito per l'accoglimento del ricorso e, in special modo, rispetto al VI
motivo, riservandosi di illustrare i suindicati provvedimenti e documenti all'udienza dibattimentale
fissata dal Collegio di Garanzia alla data del 19 aprile 2023.
4. Sono stati, poi, depositati l'atto di intervento ad adiuvandum, in relazione al ricorso iscritto al
R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023 (prot. n. 00158 del 1° marzo 2023), dal sig. C.P.,
in proprio, in qualità di tesserato tifoso "Membership" della F.C. Juventus S.p.A. – tessera n.
[omissis], nonché, in qualità di Presidente dell'Associazione "Juventus Club Taranto Gigi Buffon",
e l'atto di significazione e diffida in data 7 marzo 2023 (prot. n. 00186 del 7 marzo 2023); l'atto di
intervento ad opponendum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. n. 13/2023, in data 31 marzo
2023 (prot. n. 00262 del 31 marzo 2023), dall'Associazione Club Napoli Maradona "L'Avvocato
del D10S" e dal Codacons; l'istanza, dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A., in data 4 aprile 2023
(prot.n. 00277 del 4 aprile 2023), con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità
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dell'intervento ad opponendum depositato dal Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e dal
Codacons; la memoria, in data 5 aprile 2023 (prot. n. 00280 del 5 aprile 2023), dalla difesa del
Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e del Codacons, ai sensi dell'articolo 60, comma 4,
del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; la memoria di replica a memoria, depositata dalla
difesa della Juventus F.C. S.p.A. in data 5 aprile 2023 (prot.n. 00288 del 6 aprile 2023), con la
quale si è provveduto a chiedere lo stralcio della memoria, depositata in data 5 aprile, dalla difesa
del Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e del Codacons e a dichiarare di non accettare
il contraddittorio sui contenuti della memoria; uditi alla pubblica udienza del 19 aprile 2023
l'Avvocato Nicola Russo per il sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso "Membership" della
F.C. Juventus S.p.A. – tessera n. [omissis], nonché, in qualità di Presidente dell'Associazione
"Juventus Club Taranto Gigi Buffon", e l'Avvocato Enrico Lubrano, che hanno illustrato e
ulteriormente svolto le argomentazioni articolate nelle rispettive istanze di intervento e,
rispettivamente, nell'atto di diffida in data 7 marzo 2023 e nella memoria del 5 aprile 2023.
5. All'udienza del 19 aprile 2023, preliminarmente il Collegio ha invitato i difensori delle parti a
discutere esclusivamente sull'ammissibilità degli interventi ad adiuvandum e ad opponendum,
deliberando in camera di consiglio e, poi, comunicando nella medesima udienza pubblica,
l'inammissibilità degli interventi stessi, come da separata ordinanza, che viene depositata
contestualmente alla presente sentenza.
Successivamente, tutti i ricorsi sono stati trattati all'udienza pubblica e, in quella occasione, i
difensori delle parti hanno illustrato le conclusioni rassegnate, insistendo per il loro accoglimento,
e il Procuratore Generale dello Sport, per la Procura Generale, ha concluso per la conferma della
sentenza della Corte Federale d'Appello, attesa l'infondatezza e, per alcuni aspetti,
l'inammissibilità, perché motivate in fatto, delle censure articolate dai ricorrenti, chiedendo
l'annullamento con rinvio per la sola parte relativa alla attribuzione dei punti di penalità alla
Juventus F.C. S.p.A. per carenza di motivazione.
Considerato in diritto
I ricorsi, proposti tutti verso la stessa sentenza, possono essere riuniti per evidenti ragioni di
connessione.
Nell'esame dei motivi si procederà seguendo l'ordine delle censure sollevate nei diversi ricorsi. I
motivi proposti in tutti i ricorsi saranno esaminati in modo congiunto. Saranno poi trattati, con
specifico riferimento a ciascuno dei ricorrenti, gli altri motivi di ricorso.
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Sono stati depositati, inoltre, l'atto di intervento ad adiuvandum, in relazione al ricorso iscritto al
R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023 (prot. n. 00158 del 1° marzo 2023), dal sig. C.P.,
in proprio, in qualità di tesserato tifoso "Membership" della F.C. Juventus S.p.A. – tessera n.
[omissis], nonché, in qualità di Presidente dell'Associazione "Juventus Club Taranto Gigi Buffon",
e l'atto di significazione e diffida in data 7 marzo 2023 (prot. n. 00186 del 7 marzo 2023; l'atto di
intervento ad opponendum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. n. 13/2023, in data 31 marzo
2023 (prot. n. 00262 del 31 marzo 2023), dall'Associazione Club Napoli Maradona "L'Avvocato
del D10S" e dal Codacons; l'istanza dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A., in data 4 aprile 2023
(prot.n. 00277 del 4 aprile 2023), con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità
dell'intervento ad opponendum depositato dal Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e dal
Codacons; la memoria, in data 5 aprile 2023 (prot. n. 00280 del 5 aprile 2023), dalla difesa del
Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e del Codacons, ai sensi dell'articolo 60, comma 4,
del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; la memoria di replica a memoria, depositata dalla
difesa della Juventus F.C. S.p.A. in data 5 aprile 2023 (prot.n. 00288 del 6 aprile 2023), con la
quale si è provveduto a chiedere lo stralcio della memoria depositata, in data 5 aprile, dalla difesa
del Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e del Codacons e a dichiarare di non accettare
il contraddittorio sui contenuti della memoria
All'udienza pubblica del 19 aprile 2023, il Collegio, dopo aver invitato i difensori delle parti a
discutere esclusivamente sull'ammissibilità degli interventi ad adiuvandum e ad opponendum, ha
deliberato in camera di consiglio e, poi, ha comunicato nella medesima udienza pubblica,
l'inammissibilità degli interventi stessi, come da separata ordinanza, che viene depositata
contestualmente alla presente sentenza.
1. Con il primo motivo, in tutti i ricorsi, è stata sostenuta l'illegittimità della decisione della Corte
Federale per la violazione dell'art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in relazione all'art.
63 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC.
Sostengono, in particolare, i ricorrenti che la richiesta di revocazione presentata dalla Procura
Federale della FIGC era inammissibile, e doveva essere dichiarata quindi inammissibile dalla
Corte Federale, perché:
a) la Procura Federale non era legittimata a proporre il ricorso per revocazione dovendosi
applicare alla fattispecie l'art. 63, comma 2, del CGS CONI, che, in tema di revocazione, riserva
tale rimedio alla sola "parte interessata", senza contemplare una possibile legittimazione in malam
partem anche del Procuratore Federale, diversamente da quanto previsto al primo comma dello
stesso articolo per il diverso istituto della revisione;
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b) l'art. 63, comma 1, lett. d), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, secondo cui è
ammissibile la revocazione "se è stato omesso l'esame di un fatto decisivo che non si è potuto
conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è
divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia",
non poteva essere applicato poiché contempla un motivo di revocazione diverso ed antinomico
con l'unica fattispecie revocatoria prevista dall'art. 63, comma 2, del CGS del CONI, che è
esperibile solo quando la decisione impugnata sia viziata da errore di fatto "risultante
incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile
all'istante", con la conseguenza che la Corte Federale d'Appello avrebbe dovuto avvedersi di tale
antinomia e, disapplicando la norma federale, avrebbe dovuto dichiarare d'ufficio inammissibile il
ricorso per revocazione;
c) il ricorso della Procura Federale doveva, in ogni caso, essere dichiarato inammissibile poiché i
fatti, ove anche ritenuti "nuovi e sopravvenuti" non erano decisivi per revocare la sentenza di
proscioglimento in quanto la revocazione avrebbe potuto consentirsi qualora le contestate
plusvalenze, la cui insussistenza aveva determinato il proscioglimento dei deferiti, fossero state
viceversa ritenute sussistenti grazie all'acquisizione successiva di nuovi documenti, ma la Procura
Federale non ha azionato l'istanza revocatoria sul presupposto di un genetico errore di fatto,
confermato da documenti acquisiti successivamente, bensì ha asserito che la documentazione
sopravvenuta costituiva un fatto nuovo dal quale veniva desunta "la presenza di un sistema
fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto
conoscere";
d) è erronea la qualificazione giuridica della novità del fatto di cui all'art. 63, comma 1, lett. d), del
CGS della FIGC e sono inidonei i fatti "nuovi" o "sopravvenuti" a modificare la precedente
decisione passata in giudicato. I ricorrenti hanno, quindi, dedotto l'infondatezza in fatto ed in diritto
della qualificazione quale "fatto nuovo" della documentazione ricevuta dalla Procura Federale, in
data 24 novembre 2022, non potendosi qualificare, come "fatto nuovo", gli atti di indagine raccolti
dalla Procura della Repubblica di Torino che non sarebbero neppure realmente nuovi, posto che
gli atti d'indagine provenienti dalla Procura della Repubblica erano stati già acquisiti dalla Procura
Federale nell'ambito dell'attività istruttoria compiuta ed erano stati valutati nei due gradi di giudizio
dagli Organi della giustizia federale. Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che, anche a voler qualificare
il "fatto" come "nuovo" e "sopravvenuto", la revocazione sarebbe parimenti inammissibile, atteso
che tale "fatto" sarebbe stato comunque inidoneo a fondare una diversa decisione sulla questione
poiché, nel caso di specie, la sentenza di assoluzione si fondava sull'assenza di regole codificate
nella determinazione del valore economico dei calciatori e sulle relative plusvalenze e tale
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condizione non poteva dirsi mutata anche con "l'intenzionalità sottostante all'alterazione delle
operazioni di trasferimento e dei relativi valori".
1.1. Il motivo è infondato in tutti i suoi diversi profili.
1.1.1. Possono essere trattati congiuntamente i primi due profili, riguardanti la ritenuta erronea
applicazione dell'art. 63 del CGS della FIGC per il contrasto con l'art. 63 del CGS del CONI.
Le censure sono infondate.
La Procura Federale (e la Corte Federale d'Appello) hanno, infatti, applicato le disposizioni sulla
revocazione dettate dall'art. 63 del CGS della FIGC che, al primo comma, lettera d), ammette la
revocazione "se è stato omesso l'esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel
precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta
inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia".
Tale disposizione è stata correttamente ritenuta la norma di riferimento della fattispecie in quanto
contenuta nel vigente Codice di Giustizia Federale approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai
sensi dell'art. 7, comma 5, lett. l), dello Statuto CONI per la conformità anche ai principi di giustizia
sportiva e alle regole dettate dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, con deliberazione n.
258 dell'11 giugno 2019.
Il Codice di Giustizia Federale, secondo quanto previsto dall'art. 1 dello stesso, disciplina, quindi,
le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e regola l'ordinamento processuale
sportivo della Federazione, nonché lo svolgimento dei procedimenti innanzi agli organi del sistema
della giustizia sportiva della Federazione, con la conseguenza che la Procura Federale e la Corte
Federale d'Appello dovevano fare applicazione delle relative disposizioni, fra le quali, quella
dettata dal contestato art. 63, comma 1, lett. d), del CGS della FIGC.
Spetta, infatti, alle singole Federazioni sportive definire le fattispecie dei comportamenti rilevanti
sul piano disciplinare, secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 3, del Codice di Giustizia
Sportiva del CONI, che assegna alle singole Federazioni il compito di dettare una disciplina
specifica e dettagliata per ogni Federazione, che integra e si affianca a quella generale del CONI,
nonché di regolare i procedimenti di giustizia nel rispetto dei principi dettati dal Codice di Giustizia
Sportiva del CONI.
Peraltro, le disposizioni dettate dal Codice di Giustizia della FIGC si applicano, dal punto di vista
soggettivo, ai sensi dell'art. 2 dello stesso Codice, "alle società, ai dirigenti, agli atleti, ai tecnici,
agli ufficiali di gara e ad ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico,
organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l'ordinamento federale" e, quindi, anche ai
ricorrenti che ad esso devono fare riferimento.
Pag 28
Né risulta che la disposizione contenuta nel vigente art. 63 del CGS della FIGC sia stata oggetto
di impugnazione davanti alla giustizia federale, per il ritenuto contrasto con la disposizione
contenuta nel Codice di Giustizia del CONI, nei termini e con le modalità che sono state indicate
da questo Collegio di Garanzia anche in recenti decisioni.
1.1.2. Il Collegio di Garanzia, infatti, pronunciando sulla questione concernente le impugnazioni
delle delibere con le quali le singole Federazioni sportive procedono all'approvazione dei loro
Statuti e dei loro regolamenti, con le decisioni a Sezioni Unite, n. 32 del 2018 e n. 17 del 2020,
dopo aver esaminato, in via pregiudiziale, la questione dei rapporti intercorrenti fra l'atto con il
quale una Federazione approva un Regolamento (contenente disposizioni ritenute lesive) e l'atto
con il quale la Giunta Nazionale del CONI approva tale Regolamento, ai sensi dell'art. 7 dello
Statuto del CONI, ha affermato i seguenti principi di diritto:
1) il Regolamento federale è un atto proprio della Federazione Sportiva, con la conseguenza che
l'eventuale impugnazione di una sua disposizione deve essere fatta davanti alla stessa
Federazione e quindi davanti agli Organi della Giustizia Sportiva federale;
2) l'atto con il quale la Giunta Nazionale del CONI approva un Regolamento federale costituisce
esercizio di una funzione di controllo che non comporta l'integrazione dei contenuti del
Regolamento, ma ne determina la sua efficacia;
3) l'impugnazione (davanti agli Organi di Giustizia federale) di una disposizione regolamentare
può essere fatta a decorrere dalla data di approvazione, da parte della Giunta Nazionale del CONI,
del Regolamento, se la disposizione regolamentare è immediatamente lesiva, altrimenti dalla data
dell'atto applicativo ritenuto lesivo.
Nelle stesse decisioni si è anche ricordato che:
- ai sensi dell'art. 7, comma 1, dello Statuto, la Giunta Nazionale del CONI "è l'organo di indirizzo,
esecuzione e controllo dell'attività amministrativa del CONI; esercita il controllo sulle Federazioni
sportive nazionali e Discipline sportive associate - e, attraverso queste, sulle loro articolazioni
interne - e sugli Enti di promozione sportiva";
- il comma 5 dell'art. 7 indica, nel dettaglio, le attività che sono esercitate dalla Giunta Nazionale
del CONI, attraverso le quali si esplicano le funzioni di indirizzo ed esecuzione dell'attività
amministrativa del CONI e il controllo sulle Federazioni Sportive Nazionali e sulle Discipline
Sportive Associate;
- l'art. 7, comma 5, alla lettera l), prevede, in particolare, che la Giunta Nazionale del CONI
"approva, ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l'attuazione dello statuto, i regolamenti di
giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline
sportive associate, valutandone la conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi
Pag 29
fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente
entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive
associate per le opportune modifiche".
Le Sezioni Unite hanno anche osservato che, dalle disposizioni contenute nello Statuto del CONI,
si rileva che la Giunta Nazionale, che costituisce l'organo di amministrazione attiva dell'Ente,
esercita anche una funzione di "controllo" sulle Federazioni Sportive Nazionali e sulle Discipline
Sportive Associate, che si esplica attraverso la verifica della "conformità alla legge, allo Statuto
del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale" dello
Statuto e dei principali atti regolamentari delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline
Sportive Associate. Nel rispetto dell'autonomia che è stata riconosciuta alle Federazioni Sportive
Nazionali con il decreto legislativo n. 242 del 23 luglio 1999 (decreto Melandri), "il CONI, da un
lato, quindi, detta alle Federazioni principi fondamentali, indirizzi e criteri, che sono deliberati dal
Consiglio Nazionale (del quale fanno parte anche i Presidenti delle Federazioni Sportive) e,
dall'altro, con la Giunta Nazionale, verifica la legittimità degli atti regolamentari adottati dalle
Federazioni Sportive e la loro conformità non solo alla legge, ma anche allo Statuto del CONI, ai
principi fondamentali e agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale".
1.1.3. Non si può, quindi, sostenere che la normativa federale avrebbe dovuto essere disapplicata
per il contrasto con la normativa regolamentare del CONI di rango sovraordinato per tutte le
ragioni che si sono indicate, riguardanti la vigenza della disciplina processuale federale e la sua
riconosciuta coerenza con i principi stabiliti dal CONI, accertata con la sua approvazione da parte
dalla Giunta Nazionale del CONI. Peraltro, la disciplina contenuta nel Codice di Giustizia della
FIGC è una disciplina che, anche in tema di revocazione, risulta articolata ed organica (più di
quella dettata nel CGS del CONI) ed evidentemente è stata formulata per le esigenze della
Federazione, nei limiti della sua riconosciuta autonomia.
Nella sentenza impugnata è la stessa Corte Federale (a pag. 20) a ricordare che "il legislatore
federale, tenuto conto della peculiarità del giudizio sportivo e delle esigenze di effettività della
giustizia sportiva, "ha operato un'estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione,
in funzione del perseguimento ed attuazione del principio di effettività e nella prospettiva di dare
soddisfazione all'esigenza di rimuovere dall'ordinamento sportivo decisioni che, per uno dei
tassativi casi indicati, appaiano, nella sostanza, distorsive del senso di giustizia. Ha, in altri termini,
valorizzato l'istituto di cui trattasi quale rimedio concreto alle possibili ingiustizie che possono
essere frutto di una decisione errata" (ex multis Corte federale d'appello, SS.UU., n. 46/2015-
2016)".
Pag 31
nuova sentenza (questa volta di condanna) nella perdurante assenza di tali parametri certi di
riferimento.
I nuovi fatti e nuovi elementi, conosciuti dopo le sentenze di proscioglimento, se conosciuti prima
avrebbero potuto, infatti, portare, secondo la Procura Federale e, poi, secondo la Corte Federale,
ad una diversa pronuncia, con un giudizio prognostico che non può essere censurato (nella fase
rescindente) perché non può essere considerato manifestamente illogico (come poi accertato
nella fase rescissoria) anche a prescindere, come anche la Corte Federale ha ben chiarito, dalla
questione sulla quale i ricorrenti ancora insistono, riguardante la permanente carenza di elementi
certi di riferimento sulla base dei quali determinare il valore di un calciatore e quindi l'eventuale
plusvalenza non lecita.
1.2.3. I fatti emersi dagli atti successivamente acquisiti dopo le due precedenti sentenze federali
di proscioglimento sono, peraltro, pacificamente rilevanti ai fini disciplinari, come ritenuto dalla
Corte Federale, e quindi decisivi ai fini di un rinnovato giudizio che poteva essere solo di
revocazione, in relazione ai fatti già contestati, tenuto conto che il giudizio su tali contestazioni si
era concluso con il proscioglimento dei deferiti a causa anche della mancata conoscenza degli
elementi che erano stati poi trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino.
1.2.4. Certamente infondata, in fatto, e comunque non provata, è poi la tesi secondo cui gli
elementi acquisiti fossero stati, in realtà, già conosciuti dalla Procura Federale.
Risulta, invece, dagli atti che solo a seguito dell'invio, da parte della Procura della Repubblica di
Torino, di una molto consistente mole di documenti, la Procura Federale ha potuto avere esatta
cognizione dei fatti nuovi che hanno poi condotto alla richiesta di revocazione e alla successiva
decisione della Corte Federale d'Appello oggetto di impugnazione davanti a questo Collegio di
Garanzia.
In tale contesto, non ha alcun rilievo neanche l'eventuale riferimento, fatto nei precedenti gradi di
giudizio, ad elementi di prova già prima ricavabili dalle indagini penali della Procura della
Repubblica di Torino o il riferimento ai decreti di perquisizione del 24 novembre 2021.
1.2.5. Né, per quanto esposto, può ritenersi in alcun modo violato il principio del ne bis in idem,
che è proprio anche della giustizia sportiva, come riconosciuto anche dalla stessa Corte Federale
d'Appello nella decisione impugnata.
1.2.6. Neppure, considerate le esigenze di celerità che connotano la giustizia sportiva, può essere
censurata la circostanza che il giudizio federale sulle plusvalenze si era concluso prima della
avvenuta acquisizione di tutto il materiale che, anche sulle plusvalenze, è stato poi trasmesso da
parte della Procura della Repubblica di Torino, che ha poi determinato la fase del giudizio di
revocazione.
Pag 32
2. Con il secondo motivo, in tutti i ricorsi, è stata sostenuta l'illegittimità della decisione della Corte
Federale per la violazione dell'art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in relazione agli
artt. 111 e 24 della Costituzione e dell'art. 6 del C.E.D.U., nonché degli articoli 2 del CGS CONI e
44 del CGS FIGC, per la violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, nonché
per la violazione del diritto di difesa, in ragione della modifica del thema decidendum, con la
conseguente mancata correlazione tra la contestazione, avvenuta con l'atto di deferimento del 1°
aprile 2022, e la decisione del 30 gennaio 2023.
I ricorrenti hanno lamentato la violazione dei principi del giusto processo, del contraddittorio e
della parità delle parti, rilevando come nel procedimento penale sussista il principio di correlazione
tra l'imputazione contestata e la sentenza, ai sensi degli artt. 521 e 522 c.p.p., e, nel procedimento
civile, il criterio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ex art. 112 c.p.c.
2.1. I ricorrenti, in particolare, sostengono che, nell'atto di deferimento, la contestazione mossa
per l'alterazione dei documenti contabili con le plusvalenze fittizie era relativa a n. 15 operazioni
c.d. "incrociate", per avere indicato "un corrispettivo superiore al reale" nelle "variazioni di
tesseramento" e nei "relativi accordi di cessione", per la "sopravvalutazione del corrispettivo di
cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti", così come sarebbe
emerso dal "raffronto" tra "i valori attribuiti a ciascun diritto scambiato dalle Società coinvolte nelle
compravendite ed i valori determinati sulla base della metodologia adottata dalla Procura
Federale", che si era avvalsa anche dei "modelli algoritmici" (rivelatisi inesistenti) "sviluppati dal
sito consultato" dalla stessa Procura Federale (Transfermarkt).
Ciò nonostante, a fronte di una contestazione relativa alla violazione dell'art. 31 del CGS FIGC e
la richiesta della condanna ad una ammenda di 800mila euro, la Corte Federale, in sede di
revocazione, ha condannato i deferiti: i) per aver creato un vero e proprio "sistema fraudolento in
partenza", che si sostanzierebbe nell'"essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione
dello IAS 38 (paragrafo 45)"; ii) per l'"'intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle
operazioni ... quale permuta"; iii) per le "operazioni di nascondimento" e iv) per l'"inevitabile
alterazione del risultato sportivo", così incentrando la pronuncia di condanna sulla violazione - non
più e non tanto dell'art. 31, comma 1, CGS, ma - dell'art. 4 del CGS della FIGC.
2.1.1. La decisione impugnata sconfinerebbe, quindi, in un contesto che è al di fuori del quadro
fattuale descritto e delimitato dall'atto di deferimento. Si afferma, infatti, nella sentenza impugnata
che «ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente
diverso da quello esaminato dalla decisone revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di
un determinato valore in assoluto [...] Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli
effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio». In conseguenza, secondo i
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ricorrenti, la CFA avrebbe emanato una pronuncia radicalmente priva di correlazione con l'accusa
oggetto di deferimento.
2.1.2. La condanna, aggiungono i ricorrenti, è, quindi, intervenuta - peraltro nella sede
straordinaria ed eccezionale della revocazione, a fronte di un proscioglimento già definitivo - per
illeciti nettamente diversi da quelli oggetto del deferimento.
Ciò ha comportato la mancanza di contraddittorio sui temi che hanno fondato la decisione, nonché
la palese violazione dei principi del giusto processo e delle connesse prerogative difensive.
2.1.3. In particolare, i ricorrenti evidenziano che la Corte Federale ha dato rilievo, nella
motivazione della sua decisione, all'operazione Pjanic/Arthur, che non compariva nell'atto di
deferimento tra le operazioni oggetto di verifica ed era stata considerata dall'Ufficio come regolare.
L'aver la Corte Federale riportato nel corpo della motivazione tale operazione di mercato, nella
parte relativa alla condanna per la sanzione ex art. 4, comma 1, del CGS FIGC, rappresenterebbe
quindi una aperta violazione degli artt. 111 e 24 Cost., dell'art. 6 C.E.D.U., nonché degli artt. 2
CGS CONI e 44 CGS FIGC, avendo la Corte Federale condannato i deferiti per un'infrazione mai
contestata nel procedimento.
2.1.4. I vizi lamentati, secondo i ricorrenti, colpirebbero la decisione impugnata anche nella parte
relativa alla '"alterazione del risultato sportivo". Infatti, dal deferimento fino al ricorso per
revocazione, la Procura Federale non aveva mai prospettato l'evento di "alterazione del risultato
sportivo" come un effetto conseguente all'asserita irregolarità nella contabilizzazione delle
plusvalenze da operazioni c.d. incrociate. L'evento in questione – evocato per la prima volta dalla
Procura Federale nella requisitoria all'udienza del giudizio sulla revocazione (in data 20 gennaio
2023) – è, dunque, oltre che infondato, palesemente estraneo ai capi di incolpazione del
procedimento.
2.1.5. A tali violazioni i ricorrenti riconducono l'erronea applicazione di una sanzione
qualitativamente diversa rispetto a quelle richieste con il deferimento, in quanto, a fronte della
contestazione della violazione dell'art. 31, comma 1, CGS FIGC, con la richiesta di irrogazione di
una ammenda, la CFA ha inflitto una sanzione ben più grave, riconducendo la condotta nell'alveo
dell'art. 4 CGS della FIGC.
2.1.6. Tale vizio, concludono i ricorrenti, non potrebbe essere sanato e comporterebbe un
annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata.
2.2. Il motivo non è fondato.
La questione che aveva condotto al deferimento degli attuali ricorrenti era la ritenuta avvenuta
reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano
stati ritenuti fittizi.
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Il Tribunale Federale, in primo grado, e la Corte Federale d'Appello, nella precedente fase del
giudizio, avevano prosciolto i deferiti perché non era stato possibile accertare l'effettiva alterazione
dei valori indicati a causa della mancanza di elementi certi di riferimento sul valore dei calciatori.
Non erano, infatti, stati ritenuti sicuramente attendibili i dati indicati anche dalla Procura acquisiti
dal sito "Transfermarkt".
Dopo il proscioglimento dei deferiti la Procura Federale ha, tuttavia, ricevuto una rilevantissima
documentazione dalla Procura della Repubblica di Torino, dalla quale è emerso che
effettivamente, come la Procura aveva sostenuto sin dal suo iniziale deferimento, vi era stata una
voluta reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori
erano fittizi.
Non vi è, quindi, alcun mutamento del thema decidendum, come hanno sostenuto i ricorrenti, né
la conseguente mancata correlazione tra la contestazione, avvenuta con l'atto di deferimento, e
la sanzione irrogata.
Gli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino e acquisiti dalla Procura Federale hanno
solo consentito di dare piena contezza del sistema che era stato posto in essere dai deferiti per
alterare le operazioni di trasferimento dei calciatori con plusvalenze sostanzialmente sganciate
dai valori di mercato e con alterazione delle evidenze contabili. Dalla nuova documentazione
acquisita è, peraltro, emerso con chiarezza che tali alterazioni non erano frutto di operazioni
isolate, ma vi era una preordinata sistematicità delle condotte, con il "disvelamento della
intenzionalità sottostante all'alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori" e
"l'assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio".
Come ha correttamente ricordato la Corte Federale (alle pagg. 24/25), "La decisione n.
0089/CFA/2021-2022 aveva affermato del tutto condivisibilmente che "l'assenza di parametri
normativamente sanciti rende particolarmente delicata l'operazione di sceverare operazioni
(plusvalenti) che, con ragionevole certezza giudiziale, possano essere considerate rilevanti sotto
il profilo disciplinare". Ciò, ovviamente, nel presupposto - mai messo in discussione dalla decisione
- che la realizzazione di una plusvalenza fosse effetto legittimo di una operazione di vendita o
scambio, non potendo l'interprete affidarsi al solo sospetto di una eventuale (appunto) fittizietà.
Per questo la decisione qui revocata precisava anche che eventuali contestazioni disciplinari
dovessero basarsi sulla ragionevole certezza dell'illecito e non sulla probabile verificazione di
esso. Inoltre, la decisione rilevava che l'assenza di un unico metodo codificato di valutazione non
poteva "legittimare l'iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni
inerenti all'utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione" posto che
altrimenti argomentando si "renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e [si] introdurrebbe
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un'anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare". Un
metodo vi deve essere. E deve essere razionale, verificabile e ovviamente non discrezionale".
Un simile arresto, ha aggiunto la Corte Federale, "è condivisibile anche oggi. Ma ciò che oggi è
mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente diverso da quello
esaminato dalla decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato
valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta invece di valutare
comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio. La
Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva avvertito che non
qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non
consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l'introduzione di disposizioni
che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si
trasformino in patologici". Ma, ha ancora aggiunto la Corte Federale, "avere affermato un tale
principio non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non
ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello
di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni
condotte".
2.2.1. Non è, quindi, mutato il thema decidendum, come sostengono i ricorrenti, ma è il quadro
probatorio emerso dai documenti trasmessi dalla Procura della Repubblica che si è rafforzato in
modo decisivo (e con elementi nuovi e non conosciuti), tanto da poter giustificare la richiesta di
revocazione della sentenza di assoluzione già emessa sulla base del materiale probatorio
all'epoca a disposizione della Procura Federale e sulla base del quale gli organi della Giustizia
Federale avevano pronunciato l'assoluzione dei ricorrenti.
2.2.2. Dai nuovi elementi emersi e, quindi, dai nuovi "fatti" che hanno giustificato la revocazione
della precedente sentenza di assoluzione, si è potuto rilevare l'esistenza di comportamenti non
corretti "sistematici e ripetuti", frutto di un disegno preordinato di alterazione delle operazioni di
trasferimento e dei relativi valori, che hanno prodotto chiari effetti (che erano voluti dagli stessi
attori) sui documenti e sui valori contabili della società e, quindi, considerata la rilevanza degli
elementi emersi, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive.
Tali nuovi elementi, di cui non disponevano gli organi della Giustizia Federale nella precedente
fase del giudizio, non hanno, quindi, mutato il reale oggetto dell'incolpazione, ma hanno solo
arricchito in modo decisivo il quadro fattuale e ne hanno definito molto meglio i contenuti, dando
contezza della fondatezza del deferimento che si basava (e non poteva essere diversamente)
sugli atti e i fatti all'epoca a disposizione degli organi della Giustizia Federale.
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2.2.3. Acquisita tale nuova documentazione, peraltro, la Procura Federale non avrebbe potuto
avviare un nuovo procedimento, sebbene confortato da tale consistente nuovo materiale
probatorio, e non avrebbe potuto quindi contestare nuovamente l'avvenuta reiterata alterazione
delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano stati ritenuti fittizi,
poiché sarebbe incorsa inevitabilmente nel vizio del "ne bis in idem".
Correttamente, quindi, la Procura Federale ha ritenuto di riaprire, attraverso la revocazione
prevista dall'art. 63, comma 1, del CGS della FIGC, il giudizio che si era concluso, per la questione
delle plusvalenze, con l'assoluzione dei deferiti.
Mentre per altre e diverse questioni, pure emerse dagli atti trasmessi dalla Procura della
Repubblica di Torino, la Procura Federale ha avviato un nuovo procedimento, ancora in corso, a
carico anche di gran parte dei soggetti ora ricorrenti.
2.2.4. Peraltro, nella fase del giudizio di revocazione le parti hanno potuto far valere, davanti alla
Corte Federale d'Appello, tutte le loro eventuali ragioni, con ciò dovendosi escludere qualsiasi
violazione dei principi del giusto processo, del contraddittorio e della parità delle parti.
2.2.5. Non è poi fondata la questione riguardante la tipologia di sanzione irrogata in concreto dalla
Corte Federale d'Appello nella contestata decisione (per la Juventus la penalizzazione di punti in
classifica e non la semplice ammenda per la violazione dell'art. 31 del R.G.S.), tenuto conto che
è nelle prerogative dell'organo giudicante non solo dare l'esatta qualificazione giuridica dei fatti
contestati, ma anche (in concreto) irrogare una sanzione adeguata, fra quelle previste, per l'illecito
accertato, dal Codice di Giustizia.
In conseguenza, non ha rilievo la circostanza che alla Juventus era stata contestata, in sede di
deferimento, solo la violazione dell'art. 31, comma 1, del Regolamento di Giustizia, con la
conseguente possibile applicazione di una semplice ammenda, avendo poi la Corte Federale
chiaramente indicato nelle sue motivazioni le ragioni per le quali, sulla base dei nuovi fatti, doveva
essere applicata la sanzione prevista per la violazione dei principi di lealtà e correttezza di cui
all'art. 4, comma 1, del CGS della FIGC.
2.2.6. Peraltro, la Juventus, in quanto società, risponde comunque, ai sensi dell'art. 6 del
Regolamento di Giustizia della FIGC, per le azioni commesse dai suoi rappresentanti e dirigenti
nei confronti dei quali era stata contestata anche la violazione dell'art. 4 del CGS della FIGC, che
impone ai soggetti di cui al precedente art. 2 (società, dirigenti, atleti, tecnici, e ogni altro soggetto
che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque
rilevante per l'ordinamento federale) il rispetto delle norme federali e l'osservanza dei principi della
lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.
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2.2.7. Né ha alcun rilievo la circostanza che, nella decisione impugnata, non risulterebbe
richiamato il suddetto articolo 6 del CGS, posto che tale articolo è comunque quello che detta la
disciplina per la responsabilità delle società sportive che, ai sensi del comma 1, rispondono
direttamente dell'operato di chi la rappresenta e, al comma 2, rispondono, ai fini disciplinari,
dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e degli altri soggetti indicati nel precedente articolo 2,
comma 2.
3.1. Con il terzo motivo, in tutti i ricorsi si sostiene la violazione dell'art. 54 del CGS CONI, in
relazione agli artt. 111 e 24 Cost., 6 C.E.D.U., 2 CGS CONI e 44 C.G.S. FIGC, oltre che agli artt.
4, comma 1, e 31, comma 1, CGS FIGC, per la violazione dei principi del contraddittorio e del
giusto processo, nonché per la violazione del diritto di difesa, in correlazione al richiamo al
principio contabile IAS 38 § 45 e ss. e, in ogni caso, insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta
violazione disciplinare ex art. 4 CGS FIGC in rapporto ad un principio contabile non rilevante e
nemmeno accertato come applicabile.
I ricorrenti si soffermano sulla parte della decisione impugnata in cui è stata accertata la
responsabilità dei deferiti e della Società in ordine alla «violazione quanto meno dell'art. 4, comma
1, CGS» per «essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS 38 (paragrafo
45), quale che ne fosse l'esito» mediante una «preordinata strutturazione e trattamento delle
operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa
qualificazione come permute».
Secondo l'interpretazione offerta dalla Corte Federale d'Appello, i deferiti avrebbero, infatti, posto
in essere operazioni c.d. incrociate come «apparentemente indipendenti», in modo da evitare una
loro riconducibilità all'istituto della permuta, la quale avrebbe determinato, in relazione a tali
operazioni, la "potenziale" applicazione della regola contabile dello IAS 38 §45, che precluderebbe
di iscrivere la plusvalenza derivante da una operazione di permuta di attività immateriali; condotta
che, secondo la Corte Federale d'Appello, integrerebbe una violazione del principio di lealtà
sportiva di cui all'art. 4, comma 1, CGS FIGC.
Tale impostazione sarebbe, secondo la tesi dei ricorrenti, viziata da una macroscopica violazione
di legge rispetto al profilo normativo della pretesa violazione della lealtà sportiva, nonché da
evidenti lacune nella motivazione in quanto:
i) il principio contabile applicato da Juventus (e da tutta la football industry), ossia lo IAS 38, §§
25 e ss. e 113 (applicabile alle "dismissioni" di asset immateriali), è stato applicato dalla CONSOB
alle operazioni incrociate per la prima volta nel procedimento riguardante la Società nell'ambito
del procedimento finalizzato all'adozione della misura prevista dall'art. 154-ter, comma 7, D.lgs.
n. 58 del 1998, notificata alla Juventus in data 28 luglio 2022. Si tratterebbe, tuttavia, di
Pag 38
un'interpretazione estensiva che in Italia nessun club calcistico - quotato o non quotato - ha mai
adottato in relazione alle plusvalenze derivanti da operazioni c.d. incrociate e la cui applicabilità
nel settore non è mai stata nemmeno ipotizzata da nessuno dei molteplici soggetti ed Autorità (ivi
inclusi la stessa Procura Federale, la Co.Vi.So.C., la Uefa o altri organismi nazionali o
internazionali) che hanno nel tempo esaminato, anche dal punto di vista contabile, le operazioni
c.d. incrociate realizzate dalle società calcistiche (tale circostanza emergerebbe chiara dalla
"Relazione per la Commissione" del 22 luglio 2022 della stessa CONSOB). Pertanto, non sarebbe
possibile ipotizzare la violazione dell'art. 4 CGS FIGC, né quella dell'art. 31, comma 1, per la
violazione di un principio contabile mai affermato prima nel settore;
ii) atteso che, come detto, l'applicazione di tale regola alle operazioni c.d. incrociate nel senso
prospettato dalla CONSOB solo post luglio 2022 è tutt'altro che pacifica, la decisione della CFA
sarebbe assolutamente carente di motivazione in quanto si limita a rilevare che «l'intenzionalità
volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque
l'intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l'effettiva applicabilità per la
FC Juventus di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni
ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell'art. 4 comma 1 CGS»,
giungendo ad una netta e, in tesi, frettolosa conclusione: «i bilanci della FC Juventus S.p.A. (cui
Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili» (cfr. p. 31 della decisione impugnata);
iii) risulterebbe del tutto carente la motivazione della CFA relativa al tema centrale della
«preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e
in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute» (p. 23), nella misura
in cui, secondo la ricostruzione della Corte stessa, la qualificazione come "permuta" delle
operazioni in contestazione determinerebbe di per sé l'impossibilità di iscrizione della relativa
plusvalenza. Invero, dal tenore dello stesso IAS 38 §45 (si fa riferimento alla CTP depositata in
sede di revocazione), la qualificazione in termini di "permuta" di una determinata operazione non
sarebbe affatto sufficiente ad escludere la legittima registrazione della plusvalenza (affermano, in
tal senso, i ricorrenti che «Infatti, perché sia preclusa l'iscrizione della plusvalenza derivante da
una operazione qualificata come permuta, sono normativamente necessarie due ulteriori
congiunte condizioni, ossia che: a) le operazioni non abbiano sostanza commerciale (cioè che
non vi sia una differenza significativa nei flussi finanziari delle attività scambiate oppure del fair
value di tali attività); b) non sia possibile misurare attendibilmente il fair value (ovvero un valore
stimabile con sufficiente range di approssimazione) dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori
coinvolti nelle operazioni considerate permute»).
Pag 40
che, pertanto, come è stato più volte ricordato, al Collegio è preclusa una nuova valutazione sulla
rilevanza disciplinare dei fatti quando questi siano stati già compiutamente valutati dal giudice
federale ed indicati nella motivazione della decisione adottata.
Con la decisione a Sezioni Unite n. 41 del 2021, il Collegio di Garanzia, ribadendo precedenti
decisioni, ha ricordato che "Non sono ammissibili dinanzi al Collegio le doglianze riguardanti la
valutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso e le critiche che si sono appuntate sulle
valutazioni della Corte di Appello Federale in merito agli elementi istruttori acquisiti al giudizio; di
talché, la verifica logica della motivazione – spettante al Collegio di Garanzia in sede di legittimità
- non può mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati,
nell'allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione
impugnata, o ancora in una ricostruzione dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una
diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti
coinvolti nel portare a termine l'azione". Tali principi, per le Sezioni Unite, sono coerenti anche
con quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la valutazione delle risultanze delle
prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati
al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che
ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi
probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Con la conseguenza che deve ritenersi
inammissibile il ricorso che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione
di legge, miri in realtà ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.
3.2.2. Nella fattispecie, la sentenza impugnata si basa, come si è detto, su un solido complessivo
impianto motivazionale e non si manifesta un evidente travisamento della realtà, a prescindere
dalle valutazioni che possono essere fatte su singoli punti della motivazione che non sono
comunque decisivi sull'esito del giudizio.
3.3. Ciò premesso, si deve osservare che il riferimento al principio contabile IAS (International
Accounting Standards) 38, §§ 45, sul quale, in particolare, si sono soffermati gli avvocati difensori
nell'udienza dibattimentale del 19 aprile 2023, costituisce solo una parte della motivazione di una
decisione che richiama tale principio in alcuni brevi periodi, nelle pagine 23 e 24, e che risulterebbe
comunque coerente e non manifestamente illogica anche a prescindere da tale riferimento.
Il principio contabile appare, peraltro, correttamente e compiutamente analizzato dalla Corte
Federale d'Appello.
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Va ricordato che si tratta di un principio contabile internazionale approvato dal Board dello IASC
nel luglio del 1998 e che è entrato in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1°
luglio 1999.
Come chiarito anche dall'IFRS – International Financial Reporting Standards, la finalità di questo
principio è quella di definire il corretto trattamento contabile delle attività immateriali non
specificamente trattate in altri Principi Contabili Internazionali. Esso precisa come determinare il
valore contabile delle attività immateriali.
Non si tratta, quindi, di un principio "nuovo" che non poteva essere applicato che successivamente
alla più volta citata delibera della CONSOB del luglio 2022.
Peraltro, in ragione delle connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata nei
mercati regolamentati -, alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS, ai
sensi del D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata
decisione, lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è
valutato al fair value (valore equo).
La peculiarità del sistema regolamentare delle società calcistiche professionistiche, e della
disciplina loro riservata dalle norme federali, non può comunque derogare a quanto previsto dai
Principi Contabili OIC e dagli ulteriori criteri generali contenuti nella disciplina nazionale codicistica
e sovranazionale (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, sentenza n. 45/2022).
La decisione della Corte Federale d'Appello basa le sue motivazioni su un giudizio globale di
valutazione dell'attendibilità dei bilanci ai fini della sussistenza della violazione dell'art. 4, comma
1, CGS, richiamando, preliminarmente, la differenza tra operazione a specchio o incrociata,
apparentemente indipendente, e operazione a effetti permutativi, ritenendo rilevante "la
preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in
modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute" e, quindi, l'essersi
volutamente sottratti all'applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l'esito,
citando anche la delibera CONSOB n. 22482/2022 a sostegno di tale tesi, avendo l'Organismo di
Vigilanza contestato proprio la policy contabile applicata alle plusvalenze incrociate.
3.3.1. Per quanto rileva ai fini del giudizio di legittimità, nella citata delibera si chiarisce che dalla
verifica ispettiva è emerso che le operazioni di cessione e acquisizione dei diritti alle prestazioni
sportive dei calciatori riproducono, nella sostanza, gli effetti di operazioni di permuta, in cui una o
più attività viene acquisita in cambio di una o più attività non monetarie o di una combinazione di
attività monetarie e non monetarie, sottolineando che per rappresentare la sostanza di tali
operazioni, esse devono essere rappresentate in bilancio in maniera unitaria, applicando la
disciplina dettata dal paragrafo 45 dello IAS 38 per le operazioni di permuta.
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La Consob ha verificato operazioni incrociate effettuate nei bilanci 2020/2021 e le ha considerate
erroneamente contabilizzate a causa della mancata applicazione del paragrafo 45 dello IAS 38.
Trattandosi di permute, l'applicazione del predetto principio contabile non avrebbe consentito
l'iscrizione della plusvalenza. Quantomeno 10 su 15 operazioni esaminate sarebbero state da
rappresentare ai sensi del paragrafo 45 dello IAS 38, in applicazione del principio della sostanza
sulla forma, come richiesto dai principi contabili internazionali IAS/IFIRS.
3.3.2. Dal mutato quadro fattuale, "radicalmente diverso da quello esaminato nella decisione
revocata", anche a seguito dell'esame del copioso materiale trasmesso dalla Procura della
Repubblica di Torino, sono, pertanto, emersi comportamenti non corretti, che hanno assunto il
carattere della sistematicità e, quindi, effetti ripetuti sul bilancio societario.
Con un ragionamento privo di vizi logici e motivazionali tali verifiche contabili sono state ritenute
concretizzare la fattispecie sanzionatoria prevista dall'art. 4, comma 1, del CGS FIGC.
3.3.3. Peraltro, come si è già ricordato in precedenza, non vi è stata alcuna violazione del diritto
di difesa, né tantomeno dei principi del contraddittorio e del giusto processo, atteso che sia i
deferiti sia la Società hanno potuto pienamente esercitare il loro (insopprimibile) diritto di
controdedurre nel corso del giudizio, poiché, come precisato nella sentenza impugnata, "fonte del
quadro fattuale del quale si discute è per certo interamente rappresentata dalla Procura della
Repubblica (cui si collega il procedimento CONSOB) e... dei relativi atti e documenti, utilizzabili
in ogni tempo (art. 119, comma 6, CGS FIGC) le parti hanno avuto esatta e compiuta notizia".
3.3.4. Correttamente e sufficientemente motivata è la sentenza impugnata anche sul punto che
specificamente affronta i riflessi sull'ordinamento sportivo e l'applicazione degli articoli 4 e 31,
comma 1, CGS della FIGC, ricostruendo la gerarchia dei valori sportivi affermati con i principi di
lealtà, imparzialità e trasparenza, che hanno una valenza assoluta tale da rendere "meno
stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali che siano utili all'accertamento di tali
valori".
Né la Corte Federale d'Appello, formulando l'addebito disciplinare, ha omesso di indicare con
chiarezza - proprio per assicurare il diritto di difesa in termini di effettività – quale fosse in concreto
la condotta tenuta e quali le conseguenze di quest'ultima ai fini dell'applicazione dei predetti
articoli del CGS FIGC.
3.4. Per converso e proprio in applicazione dei principi applicati e sopra richiamati nei confronti
dei deferiti e della Società Juventus F.C. S.p.A., la Corte d'Appello Federale, con un procedimento
logico-giuridico coerente e non viziato, si è espressa tenendo distinte le posizioni della Società
Juventus F.C. S.p.A. e delle altre società deferite, motivando correttamente la sentenza
impugnata sul diverso materiale probatorio acquisito dal quale è emerso il profilo di indiscutibile
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sostanziale differenza, consistente nell'occasionalità dei comportamenti ascrivibili alle predette
società a differenza di quello della Juventus F.C. S.p.A., che è risultato connotarsi come
"sistematico e non isolato".
4.1. Con il quarto motivo di ricorso, in tutti i ricorsi si sostiene la violazione di norme di diritto (ex
art. 54 CGS CONI) in relazione agli artt. 25 Cost., 7 C.E.D.U. nonché 4, 30 e 31 CGS FIGC, per
violazione del principio di materialità e del principio di legalità, con l'affermazione di un illecito non
previsto dall'ordinamento sportivo.
Come già diffusamente argomentato, la Corte Federale avrebbe illegittimamente affermato
l'esistenza di un sistema fraudolento volto intenzionalmente all'alterazione dei valori delle
operazioni di trasferimento, violando "l'art. 4, comma 1, CGS oltre che l'art. 31, comma 1, CGS".
Tuttavia, e qui risiede la addotta violazione, la CFA avrebbe - previo esame delle 15 operazioni di
compravendita contestate - in linea con l'atto di deferimento, dovuto dimostrare che le parti del
contratto avessero lì indicato "un corrispettivo superiore al reale" nelle "variazioni di tesseramento"
e nei "relativi accordi di cessione" (pp. 111-113 e 154-156 del deferimento), per la
"sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei
trasferimenti" (p. 11 del deferimento).
La circostanza che ciò non sia accaduto (facendo riferimento esclusivamente alle operazioni
Tongya – Akè e Audero – Peeters – Mulé) farebbe emergere un ulteriore duplice vizio:
i) la pronuncia di condanna si risolverebbe in sostanza in un addebito esclusivamente di tipo
soggettivo, in violazione del fondamentale principio di materialità. In altre parole, la Corte Federale
di Appello avrebbe accertato, facendone la base del proprio percorso argomentativo, un mero
atteggiamento psicologico a cui, tuttavia, non ha fatto seguito la dimostrazione dell'effettiva
commissione di alcuna operazione artefatta, come invece ipotizzato nell'atto di deferimento. In
conclusione, quella che viene descritta e addebitata nella decisione impugnata è una "preordinata
intenzione" (integrante addirittura un "sistema fraudolento in partenza"), priva però di
manifestazione esteriore in effettive e specifiche operazioni con valori sovrastimati;
ii) sarebbe stato addebitato un asserito illecito ex art. 4 CGS FIGC per un fatto estraneo a tale
previsione normativa (peraltro, in un ordinamento in cui compaiono anche gli illeciti ex artt. 30,
che disciplina l'illecito sportivo e, dunque, la fraudolenta alterazione di una competizione, e 31
CGS FIGC, che punisce le violazioni in materia economica a causa di alterazione o falsificazione
di documentazione), in violazione del fondamentale principio di legalità. In altri termini, a fronte
della contestazione da parte della Procura Federale degli artt. 6 e 31 CGS FIGC, la CFA avrebbe
creato un illecito ex art. 4 CGS ibrido, sommando una parte del fatto tipico ex art. 31 - ossia
Pag 44
l'asserita falsificazione contabile - con una parte della fattispecie di illecito sportivo ex art. 30, ossia
l'evento di alterazione del risultato sportivo.
4.2. Il motivo è infondato.
Come già osservato in precedenza, l'impianto motivazionale della sentenza impugnata è coerente
sotto il profilo logico-giuridico.
L'art. 4 del CGS della FIGC, come si è già detto, è una norma di carattere generale nell'ambito
della quale la Corte Federale d'Appello riconduce correttamente il comportamento tenuto dai
deferiti, contrario ai principi della leale partecipazione alle competizioni sportive, diretto
intenzionalmente a "evitare di dover verificare, volta per volta, l'effettiva applicabilità per FC
Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle
immobilizzazioni ottenute per lo scambio".
La sentenza si sofferma diffusamente, descrivendolo in dettaglio, sul comportamento societario
che "integra l'illecito disciplinare sportivo", sottolineando correttamente come la valutazione di
esso "implica un percorso probatorio e argomentativo in parte diverso rispetto a un giudizio
concentrato sulla esatta violazione delle regole puramente societarie", costruendo una nozione di
lealtà sportiva in linea con i principi giurisprudenziali elaborati in materia.
Del resto, dai nuovi elementi acquisiti nel giudizio, a seguito della trasmissione degli atti da parte
della Procura della Repubblica di Torino, è emerso con chiarezza, come si è già detto esaminando
il secondo motivo di ricorso, che le alterazioni dei valori dei calciatori (e, quindi, le plusvalenze
fittizie) non erano frutto di operazioni isolate, ma che vi era una preordinata sistematicità delle
condotte e, quindi, l'esistenza di comportamenti non corretti "sistematici e ripetuti", frutto di un
disegno preordinato, che hanno prodotto chiari effetti (voluti dagli stessi attori) sui documenti
contabili della società e, quindi, in definitiva, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni
sportive, con la conseguente coerente applicazione, ai fini della fattispecie sanzionabile, dell'art.
4, comma 1, del CGS della FIGC.
4.2.1. Nessuna ibridazione, quindi, di illecito disciplinare sportivo che mescoli la fattispecie
prevista dall'art. 31, comma 1 ("Costituisce illecito amministrativo la mancata produzione,
l'alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, dei documenti richiesti dagli
organi di giustizia sportiva, dalla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio
Professionistiche (COVISOC) e dagli altri organi di controllo della Federazione nonché dagli
organismi competenti in relazione al rilascio delle licenze UEFA e FIGC, ovvero il fornire
informazioni mendaci, reticenti o parziali"), con quella disciplinata dall'art. 30 (Costituisce illecito
sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato
di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica).
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La Corte Federale, esercitando i suoi poteri di esatta qualificazione giuridica dei fatti contestati e
di applicazione delle relative sanzioni, ha ritenuto, infatti, sulla base dei nuovi fatti emersi che
hanno giustificato la revocazione della sua precedente decisione, che risultava violato anche e
soprattutto l'art. 4, comma 1, del CGS, per le ragioni che sono state ampiamente esposte, con
coerenza logica, nelle pagine 32 e 33 della sentenza impugnata.
Le sanzioni sono state poi correttamente applicate con riferimento agli articoli 8 e 9 del CGS, che
sono richiamati espressamente dall'art. 4, come sarà più ampiamente esposto in seguito.
5.1. Con il quinto motivo relativo ai ricorsi proposti dalla Juventus F.C. S.p.A., dai Signori P. e C.
viene dedotta la "Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 6 C.E.D.U., 2 CGS CONI e 44 CGS FIGC,
con conseguente violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo; in ogni caso,
omessa motivazione rispetto a elementi decisivi rappresentati nell'interesse dei deferiti".
Con tale motivo, i ricorrenti lamentano la mancata valutazione di elementi difensivi decisivi che,
ove debitamente considerati, avrebbero determinato un differente esito con la pronuncia di
proscioglimento dei deferiti; precisamente, nella decisione impugnata vi sarebbero gravi carenze
motivazionali in punto di ipotizzata strategia volta all'alterazione strumentale dei valori delle
operazioni di c.d. scambio.
Anzitutto, la Corte Federale d'Appello avrebbe totalmente omesso di valorizzare il profilo attinente
all'accertata assenza di parametri normativi violati in relazione alla materia delle plusvalenze da
operazioni cc.dd. incrociate, posta in evidenza già nell'ambito del procedimento penale n.
12955/2021 R.G.N.R., pendente presso l'Autorità giudiziaria di Torino, da cui provengono gli atti
e i "fatti nuovi" alla base della istanza di revocazione, dallo stesso Giudice per le Indagini
Preliminari.
A detta dei ricorrenti, nessuna motivazione sarebbe poi stata resa dalla CFA rispetto alla
documentata spiegazione del significato delle "X", illustrata nella memoria della difesa ex art. 103,
comma 1, C.G.S., essendosi la Corte limitata ad aderire acriticamente alla ricostruzione della
Procura Federale e, quindi, avendo omesso di considerare che le "X", lungi dall'essere
univocamente legate a valori predefiniti nel contesto di possibili scambi (per la maggior parte non
sono nemmeno affiancate da alcun numero) – segnalano un elemento ancora indefinito e variabile
(a seconda degli elementi a cui si riferisce e della trattativa concreta o anche solo ipotizzata),
come comprovato dai plurimi documenti allegati alla memoria depositata che dimostrano l'utilizzo
delle "X" in altri e svariati contesti per nulla legati a operazioni di scambio.
Parimenti, sarebbe del tutto carente di motivazione l'attribuzione dell'asserita valenza confessoria
all'appunto di F.C. ("Libro Nero FP"), ove compare l'espressione "plusvalenze artificiali". La Corte
Federale d'Appello tralascerebbe di considerare:
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i) che il valore "confessorio" può essere assunto solo da un'affermazione resa in dichiarazioni ad
un'Autorità giudiziaria e riguardante un "fatto" e non, come nel caso, una mera valutazione
(dichiarazioni che nel caso concreto semplicemente non esistono);
ii) che, a maggior ragione, non può̀ assegnarsi valore "confessorio" ad una frase semplicemente
appuntata su un foglio di carta sulla base di un'interpretazione unilaterale della Corte d'Appello,
non supportata da alcun elemento a suffragio, ma soprattutto senza in alcun modo considerare
quanto ampiamente chiarito dallo stesso C. in sede di sommarie informazioni testimoniali innanzi
ai PP.MM. di Torino, nonché i molteplici elementi di segno contrario e di contenuto totalmente
opposto ad una pretesa confessione di violazioni.
Da ultimo, in relazione al contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali richiamati dalla
Corte Federale d'Appello, la decisione impugnata si fonderebbe sul contenuto di meri stralci di
conversazioni, a loro volta estrapolati dai brogliacci parziali redatti dalla Guardia di Finanza, senza
avere nemmeno a disposizione né gli audio né le trascrizioni integrali, con conseguente e concreta
violazione del diritto di difesa.
5.2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Si è già ricordato, infatti, che il Collegio di Garanzia, in quanto giudice di legittimità, non può entrare
nel merito delle valutazioni compiute dagli organi di giustizia delle Federazioni a meno che tali
valutazioni non siano state determinate da evidenti errori di fatto o siano viziate per manifesta
illogicità che, nella fattispecie, non si ravvisano.
La decisione della Corte d'Appello Federale è, peraltro, ampiamente e dettagliatamente motivata
anche sui profili specifici evidenziati dai ricorrenti.
Innanzitutto, come già evidenziato in precedenza (punto 3.2.), gli stessi elementi che sono stati
posti a base del giudizio rescissorio sono stati correttamente utilizzati ai fini del giudizio
rescindente.
Inoltre, dal mutato quadro fattuale, "radicalmente diverso da quello esaminato nella decisione
revocata", anche a seguito dell'esame del copioso materiale trasmesso dalla Procura della
Repubblica di Torino, sono emersi i contestati comportamenti non corretti.
Non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, né tantomeno dei principi del contraddittorio
e del giusto processo, atteso che sia i deferiti sia la Società hanno potuto pienamente esercitare
il loro (insopprimibile) diritto di controdedurre nel corso del giudizio di revocazione.
La sentenza si sofferma ampiamente sulle intercettazioni acquisite e confuta, con ampie
argomentazioni e richiami giurisprudenziali, l'eccezione di non utilizzabilità delle stesse,
correttamente affermando che "esula dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla
legittimità dell'operato dell'autorità giudiziaria in ordine all'acquisizione stessa delle intercettazioni"
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e che "da tale provenienza discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti",
non trovando applicazione al procedimento disciplinare "il divieto di un utilizzo a fini penali per
reati diversi da quelli che hanno dato luogo alle intercettazioni stesse".
Nella parte in cui la censura non è inammissibile, perché si sostanzia in una richiesta di una
rivalutazione nel merito delle acquisizioni probatorie, è, dunque, infondata, essendo la decisione
correttamente e congruamente motivata sul punto.
6.1. Con la doglianza, articolata come VI motivo nei ricorsi proposti dalla Juventus F.C. S.p.A. e
dai Signori F.P. e F.C. e come V motivo nei ricorsi proposti dal Dott. A.A., dal Dott. E.V., dai Signori
P.N. e altri e dal Dott. M.A., viene dedotta la "Violazione di norme di diritto (ex art. 54 CGS CONI)
in relazione agli artt. 44, 63 e 119 CGS con riguardo al mancato deposito da parte della Procura
Federale della nota 14.04.2021 contenente le "indicazioni interpretative" con conseguente
decadenza dell'azione disciplinare e, comunque, inutilizzabilità̀ degli atti di indagine compiuti dopo
il 14.07.2021".
Il motivo attiene alla mancata acquisizione della nota 10940/PF/GC/BLP del 14.04.2021
contenente le "indicazioni interpretative" fornite dalla Procura Federale FIGC alla Co.Vi.So.C.
citate negli atti di indagine, da considerarsi come possibile notizia del contestato illecito sportivo
dalla quale far decorrere i termini perentori per l'esercizio dell'azione disciplinare da parte della
stessa Procura Federale FIGC. La disclosure di tale documento, richiesta sin dalla fase di
conclusione delle indagini preliminari, sarebbe stata (sempre) negata dalla Procura Federale.
I ricorrenti censurano la decisione della Corte Federale di Appello sotto vari profili; anzitutto, sotto
quello della sopravvenuta carenza d'interesse e/o irrilevanza della questione in quanto i nuovi atti
provenienti dalla Procura della Repubblica di Torino - comunque utilizzabili ex art. 119, comma 6,
CGS FIGC – sarebbero da soli idonei ad "immutare il quadro procedimentale", così superandosi
la necessità di utilizzare quelli posti a sostegno del deferimento.
Osservano i ricorrenti che il riferimento all'art. 119 CGS appare fuor di luogo in quanto, pur
essendo vero che tale norma, nel sanzionare con l'inutilizzabilità̀ "gli atti di indagine compiuti dopo
la scadenza del termine", aggiunge che "possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in
ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità̀ giudiziarie dello Stato",
nondimeno, tale possibilità̀ è riferita ad atti e documenti provenienti dal Pubblico Ministero fuori
dal termine massimo delle indagini ma, evidentemente, sempre nell'ambito di un procedimento in
corso ove è in ogni caso garantita la possibilità̀ di esercitare i diritti difensivi fin dalla fase delle
indagini. La norma, dunque, non regolerebbe la presente fattispecie in cui gli atti o i documenti
provenienti dal Pubblico Ministero, sopravvenuti dopo la definizione del giudizio ordinario, sono
stati valorizzati per la possibile revocazione.
6.1.1. In prossimità dell'udienza dibattimentale la Juventus F.C. S.p.A. e i Signori P. e C. hanno
depositato, rispettivamente, due memorie (di identico tenore) ai sensi dell'art. 60, comma 4, CGS
CONI.
Gli scritti difensivi si concentrano esclusivamente sul motivo di ricorso con il quale, come visto, si
censura il mancato deposito da parte della Procura Federale – con conseguente violazione del
diritto di difesa e del contraddittorio previsto dall'art. 44 C.G.S. FIGC – della nota prot.
10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021, contenente le "indicazioni interpretative" che la stessa aveva
fornito alla Co.Vi.So.C., posto che su dette indicazioni l'Organo di vigilanza aveva
successivamente fondato la segnalazione del 19 ottobre 2021 sulla cui base la stessa Procura
Federale, in data 26 ottobre 2021, aveva poi formalmente avviato il presente procedimento
disciplinare (n. 233pf21- 22).
Ebbene, rappresentano i ricorrenti che, a seguito del giudizio proposto dinanzi al TAR avverso il
diniego di ostensione documentale, i giudici amministrativi hanno ordinato alla Co.Vi.So.C.
l'accesso a detto documento. Si rappresenta, inoltre, che, poiché tale documento riporta
nell'oggetto "riscontro nota Co.Vi.So.C. in data 31 marzo 2021 (prot. 1440/2021)", i Signori P. e
C. hanno chiesto e ottenuto, dalla medesima Co.Vi.So.C., in data 14 marzo 2023, anche tale
ulteriore nota (nota Co.Vi.So.C. del 31 marzo 2021, prot. 1440/2021).
Rappresentano, infine, i ricorrenti, Signori P. e C., che, nella richiamata nota del 31 marzo 2021,
è riportato testualmente come, a quella data, la Co.Vi.So.C. avesse già "effettuato un'analisi
(riferita agli ultimi due esercizi) circa gli effetti sui bilanci di periodo delle società di talune
operazioni di compravendita di calciatori"; preso atto di ciò, detti ricorrenti, il 4 aprile 2023, hanno
inviato alla Co.Vi.So.C. istanza di accesso agli atti relativa a tale analisi, che, tuttavia, non è stata
riscontrata ancora.
I ricorrenti hanno, dunque, insistito per l'accoglimento del ricorso, in particolare, con riferimento a
tale motivo di ricorso e i suindicati provvedimenti e documenti sono stati illustrati all'udienza del
19 aprile 2023.
6.2. Il motivo è infondato.
Con riferimento alla nota prot. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 e alla nota Co.Vi.So.C. del 31
marzo 2021, prot. 1440/2021, è necessario dar conto della documentazione (antecedente al primo
deferimento) prodotta da ultimo dai ricorrenti a seguito della citata ostensione documentale
disposta dal TAR Lazio e resa definitiva dal Consiglio di Stato.
6.2.1. La Co.Vi.So.C., in data 31 marzo 2021, in sintesi, rappresentava alla Procura Federale della
FIGC di aver individuato situazioni gestionali da monitorare in quanto aventi tratti concettuali ed
operativi idonei ad incidere sui fondamentali dei bilanci delle società sportive professionistiche (e,
Pag 50
quindi, mediatamente sull'equilibrio economico e finanziario delle stesse) e che iniziavano a
presentarsi con frequenza statistica non trascurabile e in maniera sufficientemente generalizzata.
La Co.Vi.So.C, in particolare, si riferiva «alle operazioni di compravendita di calciatori le quali, pur
concluse per prezzi significativi, comportano flussi pecuniari assai più contenuti (se non nulli) in
quanto sovente le reciproche posizioni di credito e debito sono regolate dai clubs a mezzo di
compensazione. Non è di certo il ricorso ex se all'istituto disciplinato dall'art. 1241 e ss. del codice
civile a destare l'attenzione della Co.Vi.So.C.; al contrario, è la possibilità di ricorrere alla
compensazione allo scopo di minimizzare (se non elidere) i flussi pecuniari reciproci fissando, al
tempo stesso, prezzi di compravendita dei singoli assets su basi economiche di cui non sempre i
fondamentali aziendali traspaiono in modo palese ed intelligibile. II che, ovviamente, determina
una certa (non auspicabile) opacità informativa che rischia di risultare viepiù significativa in
presenza di eventuali operazioni fra parti correlate». L'analisi compiuta riferita agli ultimi due
esercizi circa gli effetti sui bilanci delle società di talune operazioni di compravendita, continuava
la Co.Vi.So.C, ha mostrato che il trading dei calciatori, pur avendo garantito copiose plusvalenze
idonee a sostenere gli aggregati patrimoniali, avesse generato pochissima liquidità: «Sussiste
quindi - secondo la Co.Vi.So.C. - la possibilità che si stia determinando una sostanziale
divergenza fra il prezzo pattuito (spesso, come detto, non regolato in termini finanziari) ed il valore
dei diritti compravenduti; il tutto con potenziale incidenza sull'affidabilità dell'informativa
desumibile dai bilanci delle società sportive professionistiche».
Inoltre, la Co.Vi.So.C. segnalava la necessità di ulteriori approfondimenti sulla rivalutazione del
c.d. parco giocatori, i quali costituiscono le immobilizzazioni tipiche delle società calcistiche
professionistiche. Secondo la Commissione, «sebbene la rivalutazione sia prevista come tale da
provvedimenti normativi applicabili alla generalità delle società di capitali», «il patrimonio delle
società di calcio è sovente rappresentato in maniera preponderante da intangibles (quali il
cosiddetto parco calciatori") il cui fair value non è di agevole identificazione. Tale circostanza
potrebbe indurre a condotte rivalutative al limite con conseguente possibile alterazione
dell'affidabilità dei bilanci e conseguente pregiudizio dell'equilibrio generale dei clubs».
6.2.2. In riscontro a detta comunicazione, la Procura Federale inviava la citata nota Prot. n. 10940
del 14 aprile 2021. Il Procuratore Federale, dopo aver analizzato i precedenti giurisprudenziali
degli organi di giustizia della FIGC sulle c.d. plusvalenze fittizie (i.e. i casi Chievo-Cesena e
Perugia-Atalanta), ha sottolineato che «l'esercizio dell'azione disciplinare in questa materia ...
potrà essere perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare
su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori
fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di
Pag 51
mercato, non già un'episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle
medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze. Ritengo, peraltro, che
tali considerazioni possano utilmente valere - sotto il profilo metodologico - per ogni fenomeno di
elusione dei dati iscritti a bilancio che alterano l'affidabilità degli stessi, pure menzionati nella nota
indicata in oggetto...».
La predetta nota contiene anche una ricognizione della giurisprudenza sul tema, come dimostra
anche la frase di apertura della stessa nota, con la quale espressamente si dice che «al fine di
fornire un contributo costruttivo e delineare un modus procedendi condiviso con tutte le
componenti federali, questa Procura non può che partire dall'analisi della giurisprudenza che, da
ultimo, si è formata sul tema delle plusvalenze fittizie».
6.2.3. Si tratta di uno scambio di informazioni di sei pagine nel corso delle quali la Juventus F.C.
S.p.A. non viene mai nominata.
Il tema delle plusvalenze è trattato, ma il Procuratore Federale, scrivendo al Presidente della
Co.Vi.So.C, P.B., cita i casi relativi agli scambi tra Chievo e Cesena e tra Perugia e Atalanta. Si
ricorda, per esempio, la vicenda dei primi «che hanno posto in essere una sistematica operazione
di mercato, non già un'episodica operazione, legata al valore attribuito intuitu personae al
particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente a
sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. "plusvalenze"» e, nello
stesso tempo, si pone una questione di metodo nell'individuazione di un possibile dolo legato alle
valutazioni alterate dei giocatori.
La nota del Procuratore Federale, in conclusione, afferma che: "Sulla scorta di tali considerazioni
in diritto, dalle quali questa Procura non può prescindere nell'esercizio delle proprie prerogative
inquirenti e requirenti, è evidente che l'esercizio dell'azione disciplinare in questa materia, in una
logica metodologica di continuità rispetto alle valutazioni già svolte nelle precedenti fattispecie
disciplinarmente rilevanti esaminate, potrà essere utilmente perseguito ove emergano elementi
sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la
sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini
di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un'episodica operazione, finalizzati
a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd.
Plusvalenze".
Il richiamato passaggio della nota "Ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità
di indagare" dimostra l'assenza di una notitia criminis, dalla quale far decorrere l'eventuale termine
per l'esercizio dell'azione disciplinare.
Nessuna violazione, quindi, può configurarsi degli articoli 44, 63 e 119 del CGS della FIGC.
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Le richiamate considerazioni contenute nella citata nota del 14 aprile 2021, dunque, non sono
neanche "potenzialmente" rivelatrici di una "notizia dell'illecito", tanto da violare i richiamati articoli,
sia perché – si ribadisce - non fanno mai riferimento né implicito né esplicito alla Juventus F.C.
S.p.A., sia perché esprimono in termini generali considerazioni di metodo, peraltro, in continuità
con le precedenti modalità di svolgimento delle indagini e con un richiamo espresso in termini
meramente ricognitivi alla giurisprudenza in materia.
7. Vengono di seguito esaminate le ulteriori censure articolate nei singoli ricorsi.
7.1. Nel ricorso R.G. n. 13/23 proposto dalla Juventus F.C. S.p.A., con il VII motivo si sostiene la
omessa motivazione (art. 54 CGS CONI) sulla quantificazione delle sanzioni in relazione alla
violazione dell'art. 12 CGS FIGC per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento
sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.; violazione di legge per contrasto col principio di specialità in
relazione alla contestazione dell'art. 4 CGS FIGC in aggiunta all'art. 31, co. 1, CGS FIGC nei
confronti di Juventus F.C. S.p.A., con riguardo alle pagine 33 e 34 della decisione impugnata e,
nello specifico, il difetto di motivazione rispetto alla commisurazione della sanzione, da un lato, e
l'impossibilità di applicare una sanzione non prevista dalla disposizione speciale (art. 31, comma
1, CGS FIGC), dall'altro.
In tema responsabilità disciplinare dell'incolpato, la società ricorrente osserva come la scelta della
sanzione da applicare debba essere effettuata secondo il fondamentale criterio della
proporzionalità, con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, con riguardo,
tra l'altro, alla personalità dell'incolpato, in relazione alla sua pregressa attività professionale e agli
eventuali precedenti disciplinari, rinviando peraltro alle osservazioni svolte in ordine ai molteplici
vizi di motivazione "a monte" sulla esistenza di un fatto integrante la violazione, ai quali
corrisponde in via immediata, all'evidenza, uno speculare vizio di motivazione circa la
sanzionabilità di quello stesso fatto.
Per le medesime ragioni, la sentenza risulterebbe affetta da un'analoga e parallela carenza di
motivazione in ordine alla determinazione dei criteri di quantificazione della sanzione irrogata
(rispetto ai profili dedotti), con insanabile violazione di diritto derivante dalla mancanza di una
valutazione del singolo caso ispirata a principi di giustizia sostanziale, di ragionevolezza e di
proporzionalità della sanzione da comminare, anche con riferimento ai canoni costituzionalmente
garantiti, previsti dagli artt. 3 e 27 della Costituzione.
Sotto un ulteriore profilo, la società ricorrente rileva la violazione di norme di diritto in cui incorre
la sentenza, per aver applicato al club una sanzione non prevista dalla fattispecie contestata,
bensì da una norma diversa (l'art. 4 C.G.S. FIGC, cui si riferisce l'applicazione della
penalizzazione in classifica, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo), vale a dire una norma
Pag 53
mai formalmente addebitata al club, destinatario, in sede di deferimento, oltre che dell'art. 6 CGS,
della contestazione centrale di cui all'art. 31, comma 1, dello stesso Codice, violazione, che,
tuttavia, non prevede la sanzione della penalizzazione. In tal modo, la Corte avrebbe ampliato ex
officio la contestazione a carico della Società (ritenendo integrata la violazione ex art. 4 C.G.S.
FIGC, seppur la stessa non fosse prevista nel deferimento); inoltre, avrebbe applicato alla
ricorrente una norma che si pone quale norma generale e residuale rispetto alla violazione ex art.
31, comma 1, CGS, norma speciale viceversa contestata.
Si sostiene, dunque, la violazione dei principi del giusto processo richiamati dall'art. 44, comma
1, CGS FIGC nonché dall'art. 2 CGS CONI, con riferimento anche al principio di specialità, in
quanto le asserite violazioni contestate, per come descritte nel deferimento e recepite nella
decisione della Corte Federale d'Appello sub specie di violazioni di principi contabili, non
lascerebbero alcuno spazio applicativo alle previsioni ed alle sanzioni residuali previste dall'art. 4
CGS FIGC, che, invece, nella decisione impugnata sarebbero state erroneamente inflitte
unitamente a quelle ex art. 31, comma 1, CGS FIGC (v. la decisione, p. 33). Vi sarebbe poi un
contrasto col principio di legalità (della pena), accolto nell'ordinamento sportivo dall'art. 2, comma
6, del CGS CONI.
La mancanza di qualsiasi proporzionalità nel trattamento sanzionatorio adottato dalla Corte
Federale di Appello emergerebbe, infine, anche in relazione alla sede del giudizio – quella del
procedimento di revocazione – nonché nel quantum della sanzione inflitta, superiore sia a quella
richiesta dalla Procura Federale nei due gradi di giudizio (pari a 800 mila euro di ammenda, ex
art. 31, comma 1, CGS FIGC) sia alla sanzione indicata dalla stessa Procura nella requisitoria in
sede di udienza di revocazione (9 punti di penalizzazione, ex art. 4, comma 2, CGS FIGC).
Secondo la ricorrente, nella vicenda in esame si sarebbe quindi assistito, nella sede straordinaria
ed eccezionale della revocazione, ad una doppia reformatio in peius, incompatibile con
l'ordinamento sportivo.
7.2.1. Fatto salvo quanto osservato ai successivi punti 13.1 e ss., si osserva che la sentenza
impugnata è ampiamente motivata anche sulla necessità di irrogare una sanzione severa a causa
della gravità dei fatti emersi e che la penalizzazione in classifica è fra le sanzioni previste, all'art.
8, lett. g), del CGS della FIGC per il caso di violazione dell'art. 4, comma 1, del CGS e che, ai
sensi della stessa disposizione, la sanzione deve essere afflittiva.
8. Con il motivo VIII, la Juventus F.C. S.p.A. deduce la "Violazione di norma di diritto (ex art. 54
CGS CONI) per la condanna della società per l'illecito di cui all'art. 4 CGS FIGC senza fare
riferimento alcuno all'art. 6 CGS FIGC".
Pag 54
Il motivo attiene alla violazione di norme incompatibili con una condanna per un fatto non
contestato.
Ad avviso della ricorrente, infatti, a fronte degli addebiti contenuti nell'atto di deferimento, nelle
motivazioni della sentenza non sarebbe possibile rinvenire alcun riferimento all'art. 6 del CGS
FIGC, testualmente rubricato "Responsabilità della società". Come già osservato nei precedenti
motivi, la Corte Federale di Appello avrebbe ritenuto la Juventus F.C. S.p.A. direttamente
responsabile dell'illecito di cui all'art. 4 del CGS FIGC, in assenza, tuttavia, di una formale
contestazione in tal senso da parte della Procura Federale.
8.1. Il motivo è infondato.
Secondo il principio di contestazione, sancito dall'art. 125, comma 4, CGS FIGC, "nell'atto di
deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si
assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione
del procedimento disciplinare". Esso presiede al rispetto di una corretta instaurazione del
contraddittorio e, conseguentemente, della garanzia, per il deferito, di svolgere una consapevole
difesa, che solo la chiara informazione dell'addebito può consentirgli. Non è, tuttavia, corollario di
tale principio quello secondo cui gli specifici particolari della condotta in contestazione debbano
essere tutti contenuti ed esplicitati nella parte "letterale" del capo di incolpazione.
Il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto
di difesa) va inteso non in senso "meccanicistico formale", come ha sottolineato la giurisprudenza
anche penale, ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella, cioè, della tutela del diritto di
difesa, sicché l'indagine sulla sua osservanza dev'essere condotta attraverso l'accertamento della
possibilità per il deferito di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.
Nel caso in esame, il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali, anche dopo
il ricorso per revocazione, in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio
del diritto di difesa con riferimento a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, hanno
posto la società deferita in condizione di conoscere in modo ampio le violazioni contestate.
8.2. La giurisprudenza, peraltro, pacificamente riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto
giuridico in sede giudiziale sportiva e, quindi, di sussumere il fatto all'interno di una fattispecie
normativa differente da quella descritta dalla Procura nell'atto di deferimento (ex multis Decisione
C.F.A. – Sezioni Unite, pubblicata sul CU n. 0057/CFA del 19 dicembre 2022; Collegio di
Garanzia, Sezioni Unite, n. 26/2018); la riqualificazione giuridica del fatto costituisce, infatti, un
potere intrinsecamente devoluto alla giurisdizione.
Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un
mero esame formale della lettera dell'imputazione, essendo necessario che l'indagine venga
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condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte
le circostanze del fatto.
8.3. La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità del procedimento
sportivo (posto dalla disposizione di cui all'art. 2, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del
CONI), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e dal principio di
effettività della tutela giurisdizionale, affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha
rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come, dunque, occorra,
per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di garantire una effettiva
risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia.
8.4. L'obbligo di contestazione degli addebiti deve ritenersi assolto con la specifica e precisa
enunciazione del fatto di cui si ritiene che un soggetto si sia reso responsabile, non essendo
indispensabile la qualificazione del fatto sotto il profilo giuridico. E', quindi, necessario e sufficiente
individuare e indicare i fatti addebitati nel loro nucleo materiale con chiarezza, manifestando
formalmente la precisa volontà di far derivare da essi un'eventuale responsabilità disciplinare. In
tal senso, pertanto, deve intendersi, il c.d. principio di immutabilità (o immodificabilità) della
contestazione. D'altro canto, dall'art. 125 del Codice della giustizia sportiva - che al comma 4
prevede che "Nell'atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono
enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata
la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare" - non può desumersi in alcun modo il
principio di immutabilità delle norme che si assumono violate, ma solo la previsione
dell'indicazione delle stesse.
8.5. La pronuncia della Corte Federale d'Appello fonda la responsabilità della ricorrente sulla base
delle condotte delineate nell'atto di deferimento la cui rilevanza disciplinare è stata poi evidenziata
dagli atti acquisiti al giudizio anche dopo le iniziali pronunce di proscioglimento, quindi, il correlato
diritto di difesa della Società deve ritenersi pienamente rispettato e assicurato.
8.6. Infondato, comunque, risulta il dedotto mancato riferimento nelle motivazioni della sentenza
all'art. 6 del CGS FIGC, tenuto conto che, come si è già esposto in precedenza, tale disposizione
è quella che disciplina proprio la responsabilità disciplinare delle società che risponde dell'operato
dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti e tesserati, come nella fattispecie.
9.1. Il motivo IX del ricorso della Juventus F.C. S.p.A. fa riferimento alla "Omessa motivazione
(art. 54 CGS CONI) circa la presenza del modello di organizzazione, gestione e controllo della
Società, rilevante come scriminante o almeno attenuante, ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS, nonché
insufficiente motivazione sulla asserita assenza di documenti e procedure interni volti a tracciare
i criteri per la valutazione dei calciatori".
Pag 56
Il motivo attiene al difetto di motivazione della decisione in relazione al fatto che la Juventus F.C.
S.p.A. si fosse dotata di un Modello ex D.lgs. n. 231/2001 e all'asserita assenza di procedure
interne volte a tracciare i criteri per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori.
La società ricorrente sostiene che, con la riforma del 2019, culminata nell'introduzione del nuovo
Codice FIGC, sia avvenuto il superamento della matrice oggettivistica della responsabilità delle
società di calcio, inducendo gli interpreti a "optare per un inquadramento (anche) della
responsabilità diretta scolpita nel comma 1 dell'art. 6 del Codice FIGC nell'area della
responsabilità aggravata (per colpa presunta), essendo per lo meno ammessa la possibilità di
fornire la prova scriminante o attenuante di cui all'art. 7 C.G.S.", ai sensi del quale "Al fine di
escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e
richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento
del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto".
Sul punto, la motivazione della decisione impugnata sarebbe del tutto carente, risultando
totalmente omessa dalla Corte Federale di Appello della FIGC qualsivoglia valutazione, ai fini
della quantificazione del trattamento sanzionatorio applicato, del modello di organizzazione,
gestione e controllo adottato, peraltro, conforme alle prescrizioni dell'ordinamento sportivo.
9.1.1. Sempre in relazione all'omessa valutazione dei documenti societari rilevanti ai fini del
riconoscimento dell'esimente di cui all'art. 7 CGS, si sostiene l'insufficienza della motivazione
anche in relazione all'asserita assenza di procedure interne volte a tracciare i criteri per la
valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori. Ad avviso della società ricorrente, sarebbe del
tutto incoerente affermare e criticare l'inesistenza nella società di procedure per la valutazione
delle prestazioni sportive dei calciatori, non avendo la stessa mai analizzato e valutato l'idoneità
dei modelli adottati ed essendosi limitata a riportare i) uno stralcio della delibera CONSOB – la
stessa CONSOB, si ricorda, non ha mai acquisito il Modello 231 nella sua interezza – e ii) un
estratto della conversazione del 6 settembre 2021 tra S.B. e S.C.
9.1.2. Il motivo è infondato.
Nella censura, infatti, si fa riferimento all'adozione di un Modello ex D.lgs. n. 231/2001 che si
assume rispettare i requisiti elencati dall'art. 7, comma 5, dello Statuto Federale e riportati
letteralmente nel ricorso, senza altre precisazioni e senza, peraltro, specificare, anche ai fini
dell'ammissibilità del motivo di ricorso stesso, se e in che termini era stata proposta la medesima
questione innanzi alla Corte Federale d'Appello, limitandosi ad addebitare a quest'ultima la
mancata valutazione del predetto modello.
Come accade nel diritto societario generale, in base all'art. 2381, comma 5, c.c., deve ritenersi
che sia onere successivo del singolo club implementare e adottare una compliance normativa
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Il motivo riguarda l'omessa motivazione in merito all'affermazione di responsabilità del ricorrente,
posto che questi viene citato in decisione esclusivamente in relazione a due meri stralci di
conversazione del tutto non pertinenti rispetto all'oggetto della contestazione.
Si richiamano, anzitutto, le argomentazioni relative all'assenza di correlazione tra contestazione
e decisione già svolte supra. Inoltre, si rileva come non sia configurabile alcuna violazione né
dell'art. 31, 1° comma, CGS né dell'art. 4 CGS in correlazione alle condotte contestate, posto che
la violazione ai doveri di "lealtà" nei confronti degli altri partecipanti al consesso sportivo
richiederebbe una difformità strumentale alla prassi in uso in quel contesto. Difformità che sarebbe
da ritenersi esclusa.
Parimenti immotivato e infondato risulterebbe anche il decentrato tema della "pianificazione" dei
budget e degli obiettivi di realizzazione di plusvalenze in un determinato esercizio. Vi sarebbe un
macroscopico vizio di motivazione in relazione al carattere di illiceità della plusvalenza. La Corte
Federale d'Appello non avrebbe considerato che per una società la plusvalenza rientrerebbe tra
le modalità pienamente legittime per ottenere ricavi, tramite cessione dei propri asset nel
frattempo rivalutati.
La decisione impugnata risulterebbe, dunque, del tutto carente di motivazione, limitandosi, infatti,
a fondare la responsabilità del ricorrente sulla seguente testuale affermazione: "per quanto
concerne la responsabilità della Juventus S.p.A., di F.P., di F.C., di A.A. e dello stesso M.A. si
rinvia al corpo delle pagine precedenti", pagine precedenti che, sempre ad avviso del ricorrente,
sarebbero, però, del tutto insufficienti.
10.1.2. Il motivo è infondato.
Per quanto riguarda l'assenza di correlazione tra contestazione e decisione, si richiamano le
considerazioni svolte in precedenza a proposito del motivo VIII di ricorso della società Juventus
F.C. S.p.A supra ai punti 8.1-8.5.
Si ribadisce, quindi, che, secondo il principio di contestazione sancito dall'art. 125, comma 4, CGS,
"nell'atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le
norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta
di fissazione del procedimento disciplinare". Esso presiede al rispetto di una corretta instaurazione
del contraddittorio e, conseguentemente, della garanzia, per il deferito, di svolgere una
consapevole difesa, che solo la chiara informazione dell'addebito può consentirgli. Non è, tuttavia,
corollario di tale principio quello secondo cui gli specifici particolari della condotta in contestazione
debbano essere tutti contenuti ed esplicitati nella parte "letterale" del capo di incolpazione.
Il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto
di difesa) va inteso non in senso "meccanicistico formale", come ha sottolineato la giurisprudenza
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anche penale, ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella, cioè, della tutela del diritto di
difesa, sicché l'indagine sulla sua osservanza dev'essere condotta attraverso l'accertamento della
possibilità per il deferito di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.
Nel caso in esame, il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da
consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa anche con
riferimento a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, hanno posto anche il ricorrente
in condizione di conoscere in modo ampio le violazioni contestate.
La giurisprudenza pacificamente riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto giuridico in
sede giudiziale sportiva e, quindi, di sussumere il fatto all'interno di una fattispecie normativa
differente da quella descritta dalla Procura nell'atto di deferimento (ex multis, Decisione C.F.A. –
Sezioni Unite, pubblicata sul C.U. n. 0057/CFA del 19 dicembre 2022; Collegio di Garanzia,
Sezioni Unite, n. 26/2018); la riqualificazione giuridica del fatto costituisce un potere
intrinsecamente devoluto alla giurisdizione.
Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un
mero esame formale della lettera dell'imputazione, essendo necessario che l'indagine venga
condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte
le circostanze del fatto. La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità
del procedimento sportivo (posto dalla disposizione di cui all'art. 2, comma 6, del Codice di
giustizia sportiva del CONI), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e
dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, affermato dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo, che ha rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come,
dunque, occorra, per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di
garantire una effettiva risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia.
L'obbligo di contestazione degli addebiti deve ritenersi assolto con la specifica e precisa
enunciazione del fatto di cui si ritiene che un soggetto si sia reso responsabile, non essendo
indispensabile la qualificazione del fatto sotto il profilo giuridico. È, quindi, necessario e sufficiente
individuare e indicare i fatti addebitati nel loro nucleo materiale con chiarezza, manifestando
formalmente la precisa volontà di far derivare da essi un'eventuale responsabilità disciplinare. In
tal senso, pertanto, deve intendersi, il c.d. principio di immutabilità (o immodificabilità) della
contestazione. D'altro canto, dall'art. 125 del Codice della giustizia sportiva – che, al comma 4,
prevede che "Nell'atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono
enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata
la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare" - non può desumersi in alcun modo il
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principio di immutabilità delle norme che si assumono violate, ma solo la previsione
dell'indicazione delle stesse.
La pronuncia della Corte Federale d'Appello fonda la responsabilità del ricorrente sulle medesime
condotte delineate nell'atto di deferimento e, quindi, il suo diritto di difesa deve ritenersi rispettato
e assicurato.
10.1.3. Nella motivazione della sentenza impugnata sono ampiamente e diffusamente descritte le
vicende che hanno originato la responsabilità del ricorrente, Presidente della società, con ampia
descrizione e motivazione della valenza ai fini disciplinari dei comportamenti ascritti al deferito.
Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza è esaustivo e dimostrativo dell'iter
logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione.
Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della
motivazione è configurabile solo quando, dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del
merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l'obiettiva deficienza, nel
complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice,
sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono
configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in
quest'ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione.
La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere
l'impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport,
Sezioni Unite, decisione n. 30 del 2021).
11.1. Con il motivo VII si deduce la "Omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni
irrogate in relazione alla violazione dell'art. 12 C.G.S. FIGC ed alla violazione di norme di diritto
per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost."
Il motivo attiene al difetto di motivazione rispetto alla commisurazione della sanzione, in violazione
del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.
Analoga censura, che riproduce nella sostanza quanto contenuto nel motivo VII del ricorso
proposto dal Dott. A.A., è contenuta nel motivo VIII del ricorso del Sig. F.P., con il quale viene
dedotta la "omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla
violazione dell'art. 12 CGS FIGC e alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di
principio di legalità della pena e in violazione del principio di proporzionalità nel trattamento
sanzionatorio nei confronti del Sig. F.P. ex artt. 3 e 27 Cost."; nel motivo VIII del ricorso del Sig.
F.C., con il quale viene dedotta la "omessa motivazione sulla quantificazione della sanzione
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irrogata in concreto al sig. F.C. in relazione alla violazione dell'art. 12 CGS FIGC e alla violazione
di norme di diritto per contrasto col principio di principio di legalità della pena e in violazione del
principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.", e nel motivo VIII
del ricorso proposto dal Dott. M.A..
Pertanto, i motivi possono essere trattati congiuntamente.
11.1.2. I motivi sono infondati.
Con riferimento alle censure sollevate dai ricorrenti sulla misura della sanzione irrogata, si deve,
in generale, ricordare che spetta all'organo procedente, in sede di formazione del provvedimento
sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e
stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto.
La valutazione sulla gravità dei fatti in relazione all'applicazione della sanzione disciplinare è,
peraltro, espressione di una attività discrezionale che il giudice di legittimità non può sindacare,
salvo che per eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la
manifesta irragionevolezza, il travisamento dei fatti, l'evidente sproporzionalità o abnormità della
sanzione (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3725 del 12 aprile 2023, n. 6542 del
25 luglio 2022, Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 17288 del 27 maggio 2022).
11.1.3. Anche il Collegio di Garanzia, quando nei ricorsi proposti sono state sollevate censure
sulla misura della sanzioni irrogate e sulla asserita sproporzione della sanzione in relazione alle
condotte ascritte, ha più volte affermato che il giudizio di congruità impinge in valutazioni
discrezionali che competono all'organo procedente, potendo, nel giudizio di legittimità, il sindacato
giurisdizionale muoversi soltanto su un piano di immediata evidenza della irrazionalità o erroneità
della sanzione, non potendo in nessun caso il giudice di legittimità sostituire proprie valutazioni a
quelle operate dall'organo giudicante (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 71 del 6 settembre
2019).
A differenza di quanto può ora avvenire nel giudizio del lavoro, nel quale l'art. 63 del d.lgs. n. 165
del 2001, secondo quanto previsto dal comma 2 bis aggiunto dall'art. 21 del d.lgs. n. 75 del 2017
(c.d. riforma Madia), attribuisce al giudice civile di merito anche il potere di rideterminare, nel
pubblico impiego privatizzato, la misura della sanzione per difetto di proporzionalità.
11.1.4. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l'art. 12, comma 1, del Codice di
Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la
misura delle sanzioni disciplinari, "tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e
valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva".
Spetta, quindi, al giudice federale determinare la tipologia e l'ammontare della sanzione, in
relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e poi accertati nel giudizio.
Pag 62
La decisione che determina l'applicazione di una sanzione deve essere ovviamente
congruamente motivata sui fatti accertati e sulla loro gravità, che si riflettono sia sulla tipologia
della sanzione, che deve rientrare fra quelle comminabili per le violazioni accertate, sia sulla
misura della sanzione che deve essere contenuta nei limiti minimi e massimi previsti per ogni
fattispecie.
11.1.5. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate.
Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i
parametri di riferimento per l'irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi,
analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e
che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del
complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d'Appello.
Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della "particolare gravità e
della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di
dimostrare", nonché della stessa "intensità e diffusione di consapevolezza" che dallo stesso
quadro probatorio sono emerse.
12.1. Con il VII motivo di ricorso del Sig. F.P. viene dedotta la "omessa motivazione (ex art. 54
CGS CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. F.P. nelle vicende contestate".
Il motivo attiene al difetto di motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. P. alla
luce del nuovo thema decidendum posto a base della decisione e del ruolo funzionale rivestito
dallo stesso all'epoca dei fatti.
La pronuncia impugnata, frutto, secondo il ricorrente, di un mero ed illegittimo automatismo,
eviterebbe del tutto di confrontarsi con la contestazione oggetto del deferimento e, dunque, non
chiarirebbe in che modo il ricorrente avrebbe "alterato" i valori delle operazioni di trasferimento
"indicando un valore superiore al reale", così omettendo del tutto di confrontarsi, in motivazione,
con l'ineludibile dato giuridico dell'assenza di un criterio o parametro normativamente sancito alla
luce del quale poter qualificare come illeciti disciplinari sanzionabili le operazioni in questione.
La pronuncia si limiterebbe a "liquidare" la disamina della responsabilità disciplinare attraverso un
singolare e generico richiamo indicativo della natura circolare della motivazione del
provvedimento: "Per quanto concerne la responsabilità della Juventus S.p.A., di F.P., di F.C., di
A.A. e dello stesso M.A. si rinvia al corpo delle pagine precedenti", motivazione che sarebbe
apparente e, dunque illegittima.
Con l'analogo VII motivo del ricorso proposto dal Sig. F.C. è stata dedotta la omessa motivazione
(art. 54 C.G.S. CONI) circa la responsabilità dello stesso in relazione ai fatti contestati.
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Il motivo attiene al difetto di motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. F.C.
nelle vicende contestate, anche alla luce del ruolo funzionale rivestito dallo stesso all'epoca dei
fatti.
Il ricorrente rileva la totale omessa motivazione in ordine alla valutazione della condotta e,
conseguentemente, della commisurazione della relativa sanzione. Sostiene che non vi sia alcun
passaggio motivazionale in merito alle tre operazioni richiamate nell'atto di deferimento, che le
stesse non vengono minimamente analizzate e citate, che non sia spiegato quale sarebbe
l'apporto causale alla supposta sopravalutazione dei valori in quelle tre operazioni.
Con l'analogo motivo VI del ricorso proposto dal Dott. M.A. viene dedotta la "omessa o comunque
insufficiente motivazione (art. 54 C.G.S. CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del
Dott. M.A. nelle vicende contestate e, in ogni caso, travisamento del fatto".
Il motivo riguarda l'omessa o insufficiente motivazione in merito all'affermazione di responsabilità
del Dott. A., profilo che non viene affrontato dalla sentenza impugnata, la quale si limita a rinviare
genericamente al "corpo delle pagine precedenti". In secondo luogo, si censura il travisamento
del fatto, in ragione dell'erronea attribuzione al Dott. A. della carica di Amministratore Delegato al
momento dei fatti. In terzo luogo, si rileva che la materia relativa all'"acquisizione e cessione dei
diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori" - trattandosi di una area riguardante la
gestione sportiva della società - era coerentemente demandata e delegata all'Area sportiva.
Il ricorrente lamenta una omessa o insufficiente motivazione in ordine al ruolo e al contributo in
concreto svolto dal ricorrente nella vicenda, né è chiaro cosa lo stesso avrebbe dovuto fare, in
relazione al proprio ruolo, per rispettare i propri obblighi e rilevare le asserite alterazioni dei conti
sociali. Rileva che nessun accertamento o approfondimento sia stato svolto in tal senso, dal
momento che la Corte avrebbe concentrato tutta la sua attenzione sul comportamento della
Società genericamente intesa e non sui singoli amministratori o persone fisiche coinvolte,
invertendo quello che invero avrebbe dovuto essere il criterio di riconducibilità della responsabilità,
dai singoli alla società e non viceversa, ai sensi dell'art. 6 C.G.S. FIGC. Vi sarebbe anche in tal
caso, dunque, un illegittimo automatismo.
Il rinvio "al corpo delle pagine precedenti" si risolverebbe per il ricorrente in una sola citazione
diretta, alla fine di pag. 22 della sentenza, in relazione al contenuto di una intercettazione (progr.
255) di una telefonata intercorsa tra lo stesso ed il Presidente A. in data 3 settembre 2021.Si
legge, a tale proposito, a pag. 22 della decisione: "Così come l'ulteriore intercettazione tra A.A. e
M.A. del 3 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 e file 660945 trasmessi dalla Procura della
Repubblica), nel corso della quale gli interlocutori condividono che la responsabilità delle difficoltà
della FC Juventus S.p.A. non poteva essere attribuita solo al Covid-19 ("sì ma non era solo il
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Covid e questo lo sappiamo bene"), posto che da un lato vi era la pandemia, ma dall'altro era
stata "ingolfat[a] la macchina con ammortamenti e soprattutto la merda perché è tutta la merda
che sta sotto che non si può dire".
Nonostante il richiamo, vi sarebbe, ad avviso, del ricorrente un vizio motivazionale poiché i Giudici
si sarebbero limitati a riportare la predetta telefonata senza offrire una loro interpretazione della
stessa e senza esplicitare le ragioni del perché il citato commento telefonico giustificherebbe – da
solo – l'applicazione delle gravi sanzioni irrogate a carico del medesimo.
Vi sarebbe, inoltre, un vizio di travisamento del fatto. La valutazione della condotta del ricorrente
sarebbe condizionata dalla errata convinzione che lo stesso, al momento dei fatti, fosse
l'Amministratore delegato della Società e non un semplice Consigliere di amministrazione non
esecutivo, privo di deleghe. Invero, il ricorrente avrebbe in realtà assunto la carica di
Amministratore delegato di Juventus F.C. S.p.A. solo in data 1° luglio 2021, ovvero
successivamente ai fatti oggetto del deferimento, dato che sarebbe pacifico e troverebbe riscontro
anche nei capi di incolpazione provvisoria contenuti nell'avviso di conclusione delle indagini
preliminari emesso dalla Procura della Repubblica di Torino in data 24 ottobre 2022.
L'evidenza dell'errore si potrebbe rinvenire a pag. 19 della decisione, nella parte in cui,
nell'elencare i nuovi elementi addotti dalla Procura Federale a sostegno della propria richiesta di
revocazione, la Corte di Appello ha espressamente incluso "talune rilevanti intercettazioni di A.A.
e M.A.", qualificando i medesimi rispettivamente come "presidente e amministratore delegato della
FC Juventus S.p.A.". Inoltre, a pag. 22 della stessa decisione, nel tentativo di dimostrare una
diffusa consapevolezza da parte dei soggetti apicali della Società, la Corte avrebbe identificato
nuovamente il ricorrente quale Amministratore delegato della Juventus F.C. S.p.A.: "Sino ancora
all'azionista di riferimento e all'amministratore delegato (A.) e ancora passando per tutti i principali
dirigenti".
Si lamenta, inoltre, l'"Omessa motivazione (art. 54 C.G.S. CONI) sulla ricostruzione alternativa
fornita dalla difesa in merito al contenuto della conversazione n. 255 del 3 settembre 2021".
Il motivo attiene al difetto di motivazione rispetto alla mancata considerazione dell'effettivo
significato della telefonata n. 255 del 3 settembre 2021 fornita dallo stesso Dott. A. in sede di
S.I.T. nel procedimento penale, nonché dalla difesa nella propria memoria del 16.1.2023,
depositata in sede di revocazione sportiva.
Con riferimento all'intercettazione della conversazione intrattenuta dal ricorrente con l'allora
Presidente della Società, Dott. A.A., in data 3 settembre 2021 (progressivo n. 255), ad avviso del
ricorrente unico elemento probatorio citato, si rileva un ulteriore vizio di omessa motivazione, in
quanto i Giudici non si sarebbero confrontati neanche con la ricostruzione e spiegazione dei
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contenuti di tale telefonata fornite dallo stesso ricorrente nelle sue sommarie informazioni
testimoniali acquisite agli atti.
Il ricorrente avrebbe precisato che: "si riferiva alle spese fatte negli anni precedenti. Con
'ammortamenti' ci si riferisce all'acquisto di un capitale e all'ammortamento relativo. [...] Ai
calciatori. Oppure ad immobili. Io mi riferivo a tutto quanto, al complesso dei beni della società.
[...] Io con 'merda' mi riferivo ai costi che si vedono a bilancio. Con 'merda' la mia idea è che ci si
riferiva ad una situazione economico-finanziaria della società ed ai costi che erano stati generati",
non alludendo pertanto a nessun comportamento illecito o irregolare».
La Corte Federale di Appello non avrebbe, dunque, affrontato il tema dell'esistenza e/o della
condivisibilità della ricostruzione alternativa fornita dall'interessato e dal suo difensore, dando così
luogo ad un ulteriore vizio motivazionale della decisione gravata.
12.2. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
12.2.1. Nella motivazione della sentenza impugnata sono diffusamente descritte le vicende che
hanno originato la responsabilità dei ricorrenti, con ampia descrizione e motivazione della valenza,
ai fini disciplinari, dei comportamenti ascritti ai singoli deferiti.
Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza deve ritenersi esaustivo e
dimostrativo dell'iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua
decisione.
Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della
motivazione è configurabile solo quando, dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del
merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l'obiettiva deficienza, nel
complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice,
sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono
configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in
quest'ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione.
La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere
l'impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport,
Sezioni Unite, decisione n. 30/2021).
Si osserva, inoltre, per quanto riguarda il Sig. C., che risulta dagli atti il più immediato collaboratore
del Sig. P. e redattore del c.d. "libro nero", che evidenzia fatti dai quali non risulta che si sia in
alcun modo dissociatoPag 66
Per quanto riguarda la responsabilità del Dott. A., non assume rilievo il fatto che sia diventato
amministratore delegato della società solo a luglio del 2021, tenuto conto che dagli atti e, in
particolare, da alcune intercettazioni che sono riportate anche nella motivazione della decisione
(alle pagine 19 e 22), è risultato essere pienamente consapevole delle vicende che ne hanno
determinato il deferimento e poi la condanna.
Va anche ricordato che i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini
disciplinari dell'ordinamento sportivo sono diversi da quelli del processo penale di cui non si
applicano automaticamente i principi.
Sicché, vista anche la natura degli organi della giustizia sportiva resta escluso che, ai fini
dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte degli stessi, siano da richiamare quei criteri
propri del giudizio penale (Cons. Stato, Sez V, sentenza n. 534/2020).
12.2.2. in ogni caso il sistema delineato dagli articoli 2381 e 2392 c.c. comporta che sia individuato
un meccanismo di responsabilità e che l'art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente
ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c.,
il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei
medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l'omesso
intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico.
Inoltre, nelle difese, anche orali si è insistito sulla circostanza che le plusvalenze avrebbero
riguardato meno di 60 milioni di euro e, quindi, una percentuale minima sui ricavi della società.
Tale circostanza non ha valore dirimente, poiché è stata comunque evidenziata, a prescindere
dagli importi delle singole operazioni e dell'importo complessivo delle stesse, una preordinata e
reiterata modalità di violazione delle regole.
13.1. A diverse conclusioni si perviene in ordine ai ricorsi n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V. nella
qualità di Consigliere di Amministrazione della società F.C. Juventus S.p.A. e n. 18/2023, proposto
congiuntamente dagli altri Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della società sportiva
ricorrente, Signori P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M. e F.R., giacché l'odierno Collegio di Garanzia,
riuniti tutti i ricorsi per connessione, ritiene di accogliere parzialmente i citati gravami n. 17/2023 e
n. 18/2023.
La valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg.
76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti
gravami, l'omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita
responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi,
della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata
irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell'inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere
Pag 67
attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione
dell'obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀, correttezza e probità̀
di cui all'art. 4, comma 1, e dell'art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in
relazione all'art. 19 dello Statuto Federale.
L'esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina
l'accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito
adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri
di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che "il consiglio di amministrazione nel
suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi" oggetto
dell'iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza).
13.2.1. In argomento, recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "ricorre il vizio di omessa
o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli
elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro
disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla
logicità del suo ragionamento [...]" (Cass. Civ., Sez. Lav., n. 33649 del 15.11.2022).
Anche la giurisprudenza, formatasi in ambito sportivo a seguito delle pronunce di legittimità
dell'odierno Collegio, ha stabilito che "I difetti di omissione e di insufficienza della motivazione
sono configurabili solo quando, dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale
risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero
condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l'obiettiva deficienza, nel complesso
della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta
degli elementi acquisiti, al suo convincimento[...]" (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n.
23/2019).
Ed ancora: "[...] Il Collegio di Garanzia dello Sport, pur non potendo procedere ad una nuova
valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria
decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso" (Collegio di Garanzia dello Sport,
Sez. I, n. 22/2019).
La fattispecie sottoposta all'esame del Collegio rientra, quindi, a pieno titolo nei limiti tracciati dalla
Suprema Corte di Cassazione e dall'odierno Giudice nei citati richiami giurisprudenziali, non
avendo la Corte Federale motivato il proprio convincimento sul rilevante profilo afferente
all'ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell'art. 4, comma 1,
Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi
(invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste
alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare,
Pag 68
in realtà, le ragioni dell'affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della
gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di
calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze.
Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito
federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione
sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati
regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le
posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere le operazioni di natura sportiva, e degli
amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli
o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato.
13.2.2. Il superiore profilo è stato posto in risalto, ed eccepito, dai ricorrenti – sempre con esclusivo
riferimento ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023 - i quali hanno dedotto come la materia relativa all'
"acquisizione e cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori", trattandosi di
attività riguardante interamente la gestione sportiva della società, fosse in coerenza demandata e
delegata esclusivamente all'Area Sportiva della medesima società ricorrente, presidiata dalla
figura del Chief Football Officier pro- tempore di Juventus F.C. S.p.A.
In ragione delle già indicate connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata
nei mercati regolamentati - alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS
ai sensi del D.Lgs. n. 38/2005, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata decisione,
lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è valutato al fair
value (valore equo).
La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza
nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l'ammontare che viene riconosciuto
alla società cedente dall'acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio.
Anche la Corte Federale di Appello, nella decisione impugnata, ha statuito che "ciò che rileva ai
fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell'art. 4, comma 1, CGS, non è se la
singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo
45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi
rilevare la plusvalenza" (cfr. decisione impugnata, pag. 23).
13.3. Ulteriore e diverso profilo che – ad avviso del Collegio – rileva ai fini dell'accoglimento dei
ricorsi dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della Juventus F.C. S.p.A., con
riferimento alle condotte ai medesimi ascritte ed alle sanzioni personali irrogate, afferisce alla
struttura societaria, all'operatività ed alle modalità ed ai sistemi di vigilanza e controllo cui è
sottoposta la società ricorrente, che, peraltro, è quotata nei mercati regolamentati ai sensi del
Pag 69
Testo Unico della Finanza (D.lgs. n. 58/1998), e dei relativi regolamenti attuativi, che determina
un sistema di gestione societaria articolato.
Osserva, a tal proposito, il Collegio che la effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza
dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle
operazioni di natura tipicamente sportiva contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la
responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto
essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello
organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai
fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della
Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a
monte dell'attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi.
Con riferimento, in particolare, alla figura ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione
dei documenti contabili ex art. 154-bis TUF, la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte
Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l'inconsapevolezza di tutti i
ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate
operazioni.
Osserva, all'uopo, il Collegio che con la legge n. 262 del 28/12/2005 – recante "disposizioni per
la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari" – il legislatore ha perseguito l'obiettivo
di rafforzare e rendere efficace la tutela del risparmio investito in strumenti finanziari, intervenendo
nella disciplina relativa agli organi di amministrazione e di controllo e alla tutela delle minoranze,
in una direzione di controllo dell'operato del management aziendale, assistendo così alla piena
costruzione di un efficace sistema di corporate governance.
Una novità di rilievo riguarda, infatti, l'inserimento nel d.lgs. n. 58/1998 (TUF) di una nuova sezione
rubricata "Redazione dei documenti contabili societari", composta dal solo articolo 154-bis
concernente il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, in più parti
modificata dal d.lgs. n. 303/2006 e dal d.lgs. n. 195/2007 di attuazione della c.d. Direttiva
Trasparency (2004/109/CE).
L'analisi del disposto di cui all'art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia
istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli
atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti
informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima,
è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente
preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle
risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili.
Pag 70
In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una
funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell'organo amministrativo – che si
identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una
diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo
dell'effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti
ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e
delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell'art.
154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità.
Al riguardo, deve rammentarsi che per tutte le attività del Dirigente preposto è applicabile – ai
sensi e per gli effetti dell'art. 154-bis TUF, comma sesto – il regime di responsabilità degli
amministratori della società che, in ambito societario, implica l'applicabilità dei criteri di
comportamento (in primis, la diligenza) e dei presupposti della responsabilità amministrativa,
contrattuale ed extracontrattuale propria degli amministratori e dei direttori generali di cui agli artt.
2391 e ss. c.c. e 2434 c.c.; e, infatti, con particolare riferimento alla predisposizione di adeguate
procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di cui all'art. 154-bis TUF, terzo
comma, il Dirigente preposto può essere chiamato a rispondere segnatamente in materia di
elaborazione e redazione del bilancio, in quanto coautore dello stesso, per la rilevante e
significativa parte di propria competenza.
Si tratta, in conclusione, di una figura dotata di oggettivo rilievo all'interno di una società quotata
nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti
economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da
parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei
componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura
gestionale/sportiva poste in essere a monte dell'attività oggettivamente e prettamente riferibile ai
consiglieri non esecutivi.
13.3.1. Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella
decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di
cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità
degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381
e 2392 del codice civile.
La prima tra le norme sopra indicate – dopo aver individuato il ruolo del Presidente al primo comma
– disciplina ai commi successivi la possibilità ed i limiti della delega delle attribuzioni, laddove il
sesto ed ultimo comma, che specificamente interessa nella presente sede, disciplina il c.d.
"obbligo di agire informati", che grava su ciascun amministratore.
Pag 71
Ritiene il Collegio che il citato art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica
disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale
individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi
nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l'omesso intervento
in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico.
In argomento, gli interventi della giurisprudenza di legittimità, pur se in ambito penalistico per il
reato di bancarotta fraudolenta, ma i cui principi possono ritenersi applicabili anche per fattispecie
di diverso rilievo anche in virtù dello specifico rinvio operato, impongono al giudice di merito di
verificare in concreto l'eventuale omesso intervento del consigliere privo di delega ed il contributo
causale di tale omissione, poiché: "E' stato, in proposito, evidenziato come la riforma della
disciplina delle società (di cui al D.lgs. n. 6 del 2003) abbia posto a carico di ciascun
amministratore (con o senza delega) l'obbligo di agire informato (art. 2381, comma 6, c.c.) e del
presidente del consiglio di amministrazione l'obbligo di ragguaglio informativo [...] Letta tale
disposizione in combinato disposto con quella di cui al novellato art. 2392, comma 1, c.c., ne viene
che anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle
attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti
ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva,
per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito
fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di
elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura
dell'incarico e dalle loro specifiche competenze" (Cass. Pen., Sez. V, n. 33582/22, che sul punto
richiama Cass. Civ., Sez. I, n. 17441/2016).
I superiori principi sono stati, altresì, adottati e condivisi anche in ambito sportivo dalla
giurisprudenza dell'odierno Collegio, avendo sancito che "seppure non esista un dovere degli
amministratori di non commettere errori e nemmeno di essere nei più diversi settori
dell'organizzazione e della gestione dell'impresa sociale, tuttavia, è espressione del principio che
le loro scelte " (Collegio di
Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 42/2017).
13.3.2. Delineato in tal senso il quadro normativo, osserva il Collegio che la sentenza impugnata,
resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte
motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento
ad una generica, ma indimostrata, "consapevolezza diffusa", ovvero ad una asserita condivisione,
da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive
Pag 72
scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate
circostanze.
13.3.3. In argomento – seppure con riferimento ai profili della responsabilità disciplinare – l'odierno
Collegio ha censurato una pronuncia di merito, accogliendo il motivo di gravame, atteso che la
Corte Federale aveva ricostruito la responsabilità degli amministratori sulla base di una mera
elencazione di elementi di fatto, "senza indicare specificamente i criteri in base ai quali tali
elementi di fatto sono collegati in modo specifico ai profili della riscontrata responsabilità[...]nel
caso di specie, ancora più necessario, trattandosi di amministratori privi di poteri esecutivi perché
privi di deleghe e la decisione della Corte di Appello Federale, quindi, ne avrebbe dovuto tenere
conto attraverso una motivazione più diffusa e articolata" (Collegio di Garanzia, SS.UU., n.
42/2017 cit.).
13.3.4. Con riferimento alla fattispecie portata all'esame del Collegio, non risulta, infatti, in alcun
modo provato che vi siano state, in concreto, una o plurime oggettive violazioni da parte degli
amministratori privi di deleghe della Juventus S.p.A. del citato obbligo di agire informati di cui
all'art. 2381 c.c.
Peraltro, il rispetto del criterio dell'agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all'art.
2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche
operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di
calciatori definite "a specchio" ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione
Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n.
9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto
nell'ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli
amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano
gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria.
13.4. In ragione di quanto sopra rilevato, il Collegio di Garanzia dello Sport – in accoglimento del
motivo n. VI del ricorso n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V., e del ricorso n. 18/2023, proposto
congiuntamente dai Signori P.N., P.G., A. G.-V., C.M.H., D.M. e F.R. dispone l'annullamento della
decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa
composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione
dell'eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni,
valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all'art. 2392 c.c., fornendone
adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con
l'assenza di violazioni riferibili all'attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti.
Pag 73
Ciò, in ossequio al principio di diritto enunciato dal Collegio nella decisione n. 17 del 4.3.2019,
emessa a Sezioni Unite, a mente della quale, "Nei casi in cui il Collegio di Garanzia dello Sport
annulli la decisione del giudice di merito con rinvio, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a
seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della
legge, ovvero per mancanza o manifesta illogicità della motivazione [...] Nel secondo caso, la
sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il
potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione
delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità".
14.1. La valutazione, come sopra elaborata, di accoglimento parziale dei ricorsi n. 17/2023 e
n.18/2023, proposti dagli amministratori non esecutivi in relazione all'assetto sanzionatorio
applicato dal Giudice Federale d'Appello, riverbera effetti anche sulla posizione della società
Juventus F.C. S.p.A. nella specifica fattispecie contestata, rilevante conseguentemente ai sensi e
per gli effetti dell'art. 6 CGS FIGC, il quale sancisce il principio della responsabilità della società
non solo per l'operato di chi la rappresenta, ma anche per l'operato dei dirigenti, dei tesserati e
degli ulteriori soggetti individuati all'art. 2, comma, 2, del medesimo Codice.
Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C.
S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi
dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l'accertato vizio
motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione
complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte
Federale d'Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi
anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A.
14.1.2. Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n.
18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A.
(ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in
ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione.
Del resto, il medesimo Procuratore FIGC, in sede di deferimento, ha compiutamente riferito di una
esigenza di "dosimetria sanzionatoria" che impone una diversa valutazione del comportamento
tenuto in sede sportiva da quello tenuto in ambito societario ai fini della rappresentazione della
situazione economica, patrimoniale e finanziaria.
Il necessario rapporto di proporzione fra lo specifico comportamento tenuto e la sanzione irrogata
è ormai acquisito pacificamente nell'elaborazione della giurisprudenza anche costituzionale,
costituendo logica espressione dei criteri di uguaglianza e ragionevolezza della sanzione e
imponendo al giudice di procedere a una valutazione dosimetrica ispirata ai due predetti criteri.
Pag 74
14.2. Come già ricordato supra, in particolare, ai punti 11.1.3. e 11.1.4., spetta all'organo
procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra
l'infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione
da irrogare nel caso concreto.
Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l'art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia
Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura
delle sanzioni disciplinari, "tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate
le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva".
Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l'ammontare della sanzione, in
relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio.
15. Nulla per le spese.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Sezioni Unite
Dichiara l'inammissibilità dell'atto di intervento ad adiuvandum, depositato, in relazione al ricorso
iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023, dal sig. C.P., in proprio, in qualità di
tesserato tifoso "Membership" della F.C. Juventus S.p.A., nonché in qualità di Presidente
dell'Associazione "Juventus Club Taranto Gigi Buffon", e, altresì, dell'atto di intervento ad
opponendum, depositato, in relazione al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 31 marzo
2023, dall'Associazione Club Napoli Maradona "L'Avvocato del D10S" e dal Codacons;
Riuniti i ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva;
Rigetta i ricorsi iscritti al R.G. n. 14/2023 (A./FIGC e altri), al R.G. n. 15/2023 (P./FIGC e altri), al
R.G. n. 16/2023 (C./FIGC e altri) e al R.G. n. 19/2023 (A./FIGC e altri).
Accoglie i ricorsi iscritti al R.G. n. 17/2023 (V./FIGC e altri), al R.G. n. 18/2023 (N. e altri/FIGC e
altri) e al R.G. n. 13/2023 (Juventus/FIGC e altri), nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e
rinvia alla Corte Federale di Appello perché, in diversa composizione, rinnovi la sua valutazione,
in particolare, in ordine alla determinazione dell'apporto causale dei singoli amministratori,
fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla
sanzione irrogata a carico della società Juventus F.C. S.p.A.
Pag 75
Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il
mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 aprile 2023.
Il Presidente e Relatore
F.to Gabriella Palmieri
Depositato in Roma, in data 8 maggio 2023.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
16-05-2023 13:33
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