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Sentenza

L'avvocato non paga l'affitto di casa? Si alla sanzione disciplinare perchè detto comportamento è una forte compromissione della credibilità e dell'affidabilità della professione forense verso terzi.
L'avvocato non paga l'affitto di casa? Si alla sanzione disciplinare perchè detto comportamento è una forte compromissione della credibilità e dell'affidabilità della professione forense verso terzi.
N. 180/18 R.G. RD n. 55/22
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero
della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Gabriele MELOGLI Presidente f.f.
- Avv. Rosa CAPRIA Segretario
- Avv. Ettore ATZORI "
- Avv. Stefano BERTOLLINI "
- Avv. Giampaolo BRIENZA "
- Avv. Patrizia CORONA "
- Avv. Aniello COSIMATO "
- Avv. Donato DI CAMPLI "
- Avv. Daniela GIRAUDO "
- Avv. Piero MELANI GRAVERINI "
- Avv. Mario NAPOLI "
- Avv. Carolina Rita SCARANO "
con l'intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del
Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Cuomo ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso presentato dall'avv. [RICORRENTE], nata a [OMISSIS] il [OMISSIS] (C.F.:
[OMISSIS]), pec: [OMISSIS]), in proprio e assistita anche dall'avv. [OMISSIS], avverso la
decisione n. 25/2018 emessa in data 12 marzo 2018-11 maggio 2018 e notificata in data 7
giugno 2018 con cui il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del Distretto della Corte
d'Appello di Bologna le infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione di mesi sei ;
la ricorrente, avv. [RICORRENTE] non è comparsa;
è presente il suo difensore avv. [OMISSIS];
Per il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Rimini, regolarmente citato, nessuno è
presente;
Il Consigliere relatore avv. Mario Napoli svolge la relazione;
Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Inteso il difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento delle
conclusioni rassegnate nel ricorso.
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FATTO
Nella seduta del 27 febbraio 2017 il Consiglio Distrettuale di disciplina Forense presso il
distretto della Corte d'Appello di Bologna deliberava l'apertura del procedimento disciplinare
nei confronti dell'attuale ricorrente avv. [RICORRENTE] con i seguenti capi di incolpazione:
"A) per avere violato gli articoli 5 e 59 del previgente codice deontologico (oggi articoli 9,
secondo comma e 63, primo comma del vigente Codice deontologico) avendo omesso di
adempiere, nel periodo aprile 2013 – marzo 2015 al pagamento di spese condominiali e di
un canone di locazione (marzo 2015) per l'uso di un bene immobile di proprietà degli
esponenti sig.ri [OMISSIS].
In Rimini, dall'aprile 2013 sino all'attualità.
B)-1) per avere violato l'articolo 5 (doveri di probità, dignità e decoro) e l'articolo 59 (obbligo
di provvedere all'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti di terzi – sig.ra
[OMISSIS]) omettendo di adempiere all'obbligazione derivante dal contratto di locazione
10/01/2007 registrato a Rimini il [OMISSIS]/2007 al n. [OMISSIS] relativo all'immobile
occupato dalla professionista ad uso abitativo per un ammontare pari ad € 10.955,00
In Rimini dal gennaio 2007 sino all'attualità.
B) -2) per avere violato l'articolo 5 (doveri di probità, dignità e decoro) e l'articolo 40
(obbligo di informazione) omettendo di fornire informazioni alla parte assistita – sig.ra
[OMISSIS] – circa gli esiti di una procedura esecutiva presso terzi promossa da [OMISSIS]
Spa esperita in forza di provvedimento monitorio al quale l'avv. [RICORRENTE] aveva
ricevuto mandato di radicare opposizione, rendendosi di fatto irreperibile ai numerosi
contatti richiesti dalla cliente.
In Rimini, dal 2008 all'attualità
B)-3) per avere violato l'articolo 5 (doveri di probità, dignità e decoro) e l'articolo 59 (obbligo
di provvedere all'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti di terzi) omettendo
di adempiere alla obbligazione di pagamento assunta nei confronti del sig. [OMISSIS]
derivante dalla compravendita della autovettura [OMISSIS] targata [OMISSIS].
In Rimini, dal 2011 all'attualità;
B)-4) per avere violato l'articolo 5 (doveri di probità, dignità e decoro) e l'articolo 59 (obbligo
di provvedere all'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti di terzi) omettendo
di adempiere all'obbligazione nei confronti degli eredi dell'Avv. [OMISSIS] di rimborso delle
spese di studio di sua competenza derivanti dal contratto atipico con il quale erano messi a
disposizione dell'avv. [RICORRENTE] due vani dell'immobile occupato ad uso
professionale ed ubicato in Rimini, Via Sardegna n. 15, per un ammontare complessivo di €
2.376,76.
In Rimini, dal marzo 2012 all'attualità.
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C) per avere violato gli articoli 5,6,8,38 e 40 del previgente codice deontologico avendo
ricevuto incarico dal Cliente sig.re [OMISSIS] nel mese di aprile 2012 di tutelarlo in
relazione ad una intimazione di sfratto nei suoi confronti e non avendo poi dato seguito in
via giudiziale né fornito alcun tipo di riscontro al Cliente sull'esecuzione dello stesso
incarico e sul suo esito.
In Rimini, dall'aprile 2012 all'attualità".
Il procedimento traeva origine da una serie di esposti presentati al locale COA nei confronti
dell'avv. [RICORRENTE] riconducibili a due diversi profili: (i) al mancato pagamento di
somme dovute dall'incolpata a terzi (per canoni di locazione, spese condominiali e saldo
prezzo dell'acquisto di una autovettura) e (ii) a mancate informazioni ai clienti sullo stato
delle pratiche dalla stessa seguite nel loro interesse.
In particolare con un esposto del maggio 2015 i signori A[OMISSIS] lamentavano che l'avv.
[RICORRENTE], quale conduttrice di un immobile di proprietà del signor [OMISSIS], aveva
omesso il pagamento delle spese condominiali dall'aprile 2013 al marzo 2015 ed il
versamento del canone di locazione della mensilità di marzo 2015, mese in cui la
conduttrice rilasciava l'immobile spontaneamente a seguito delle plurime richieste di
pagamento delle somme dovute senza provvedere, però, al relativo versamento (Proc.
517/2016 – capo di incolpazione sub A).
Con un precedente esposto del giugno 2011 la signora [OMISSIS] lamentava, invece, che
l'avv. [RICORRENTE], quale conduttrice di un immobile di sua proprietà, aveva omesso di
pagare i canoni di locazione per l'importo di circa euro 10.995,00 riferiti al periodo gennaio
2007-aprile 2011 nonché di corrispondere il risarcimento dei danni arrecati all'immobile pari
ad euro 900,00, nonostante il riconoscimento del debito e plurime dilazioni di pagamento
concesse, fino all'epilogo dello sfratto per morosità a seguito del quale l'incolpata rilasciava
spontaneamente l'immobile (proc. 518/2016 – capo di incolpazione sub B.1).
Con un altro esposto la signora [OMISSIS] lamentava il comportamento omissivo dell'avv.
[RICORRENTE] per non aver fornito informazioni e/o documentazione in relazione all'esito
di una procedura esecutiva esperita a suo carico all'esito di un giudizio monitorio nel quale
l'incolpata aveva ricevuto mandato a svolgere opposizione, rendendosi irreperibile ai
numerosi contatti richiesti dalla cliente (proc. 518/2016 – capo di incolpazione sub B.2).
Con un diverso esposto il signor [OMISSIS] denunciava la circostanza che l'incolpata non
aveva corrisposto il saldo del corrispettivo dovuto per l'acquisto di un'automobile avendo
versato solo un acconto di euro 500,00 e rimanendo debitrice dell'importo di euro 2.000,00
(proc. 518/2016 – capo di incolpazione sub B.3).
Un ulteriore esponente, l'avv. [OMISSIS] lamentava che l'avv. [RICORRENTE] non aveva
versato il canone di sublocazione e gli accessori relativi ad una stanza del suo studio dalla
3
stessa condotta in sub locazione per l'importo di euro 3.000,00, accompagnato
dall'improvviso abbandono dei locali e alla mancata liberazione degli stessi (proc. 518/2016,
capo di incolpazione sub B4). In ultimo, il signor [OMISSIS] presentava un esposto nei
confronti dell'incolpata lamentando di aver conferito incarico al legale perché lo tutelasse in
un procedimento di sfratto per morosità a suo carico senza aver ricevuto assistenza (proc.
519/2016 – capo di incolpazione sub C).
Sulla base dei citati esposti il Consiglio Distrettuale di disciplina Forense presso il distretto
della Corte d'Appello di Bologna, previa riunione dei vari procedimenti, nella seduta del 27
febbraio 2017 deliberava e approvava i capi di incolpazione sopra riportati. L'avv.
[RICORRENTE] depositava una memoria difensiva con cui respingeva gli addebiti
affermando anche di essere in grado di documentare eseguiti pagamenti, ma
successivamente non provvedeva al deposito di alcuna documentazione attestante gli
asseriti avvenuti versamenti, non svolgeva altra attività difensiva e neppure presenziava
all'udienza-dibattimento del 12 marzo 2018.
All'esito dell'istruttoria dibattimentale, e tenuto conto della documentazione già acquisita agli
atti, il CDD accertava la responsabilità disciplinare dell'avv. [RICORRENTE] per i capi A, B-
1, B-2, B-3 e B-4, con esclusione del capo C in relazione al quale dichiarava il
proscioglimento dell'incolpata non essendo emersi sufficienti elementi per ritenere
comprovati i fatti relativi a tale capo di incolpazione.
Il CDD rilevava che gli assunti difensivi dell'incolpata svolti nella fase preliminare erano
rimasti privi di supporto probatorio documentale e non avevano trovato neppure puntuale
riscontro nelle dichiarazioni dei testi dalla stessa indicati e sentiti dall'istruttore nella fase
pre-dibattimentale, né l'incolpata aveva svolto attività difensiva in sede dibattimentale non
essendo comparsa.
Il CDD irrogava, pertanto, la sanzione della sospensione dall'attività professionale per mesi
6, avuto riguardo alla pena edittale per ogni contestazione e valutando complessivamente il
comportamento dell'incolpata.
Avverso il detto provvedimento l'avv. [RICORRENTE] ha proposto in proprio ricorso al CNF
con cui ha chiesto, in via preliminare, la dichiarazione di intervenuta prescrizione dell'azione
disciplinare in ordine ai capi di incolpazione B1), B2) e B3) con l'esclusione della
permanenza dell'illecito disciplinare qualora individuato, ed il proscioglimento per i fatti di cui
al capo A) ed al capo B 4). In subordine, il proscioglimento da tutti i capi e, in via
ulteriormente subordinata, la riduzione della sanzione con una meno afflittiva.
L'incolpata solo successivamente, con mandato in data 12 luglio 2021, nominava quale suo
difensore di fiducia l'avv. [OMISSIS] il quale chiedeva il differimento dell'udienza del 15
luglio 2021 per impossibilità di prendere parte a detta udienza visto il recentissimo
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conferimento di mandato. L'udienza veniva rinviata al 21 ottobre 2021.
In data 7 ottobre 2021 il difensore dell'incolpata depositava memoria difensiva con cui
ribadiva le difese già svolte e, in particolare, insisteva (i) nella contestazione della
riconducibilità a illecito permanente delle condotte contestate all'avv. [RICORRENTE]
sostenendo che si tratterebbe, al contrario, di illeciti istantanei con effetto permanente non
sussistendo un dovere di eliminare ciò che è stato causato dalla condotta attiva, e (ii) nella
richiesta di assolvimento dell'incolpata per non essere stata raggiunta la prova dei fatti
addebitati.
L'Avv. [RICORRENTE] nel proprio ricorso deduce i seguenti motivi di doglianza avverso il
provvedimento del CDD.
Eccezione preliminare di l'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare in ordine alle
incolpazioni di cui ai capi B-1, B-2 e B-3.
La ricorrente eccepisce, in via preliminare, la prescrizione ai sensi dell'art. 56 L. 247/2012
dei fatti di cui ai capi d'incolpazione B-1, B-2 e B-3, a suo avviso applicabile al caso di
specie. La ricorrente prospetta l'asserita intervenuta prescrizione sotto due diversi profili:
(a) in primis critica l'errata qualifica degli illeciti a lei ascritti come illeciti permanenti, quando
si tratterebbe, a suo avviso, di illeciti istantanei, con la conseguente maturata prescrizione.
(b) sotto altro profilo, l'avv. [RICORRENTE] nel rilevare che le pretese creditorie oggetto
degli esposti non sono state accertate giudizialmente (nessuno dei soggetti che hanno
presentato gli esposti a suo carico ha agito giudizialmente nei suoi confronti) ne sostiene la
relativa intervenuta prescrizione da un punto di vista civilistico. La ricorrente si domanda
come possa sopravvivere la rilevanza di una condotta sotto il profilo deontologico, quando
quello civilistico è prescritto: a suo avviso il giudice deontologico si sarebbe sostituito a
quello civile nella determinazione delle somme e/o nella definizione di rapporti di dare/avere
tra le parti private.
La ricorrente prosegue poi con una serie di critiche in ordine al merito delle varie
incolpazioni che si sostanziano, di fatto, in una serie di contestazioni relative alla
ricostruzione dei fatti riportati in pronuncia con riferimento ai singoli capi, volte a dimostrare
l'irrilevanza deontologica delle condotte ascritte. E precisamente:
Nel merito dei capi B-1, B-2 e B-3
In via generica e senza sollevare alcuna critica ai passaggi motivazionali della sentenza
impugnata, la ricorrente precisa le seguenti circostanze.
Quanto al capo B-1 afferma di non conoscere l'esponente signora [OMISSIS] che non
sarebbe creditrice nei suoi confronti di alcuna somma; l'avv. [RICORRENTE] precisa che il
rapporto contrattuale di locazione riferito nell'esposto sarebbe stato curato unicamente dal
signor [OMISSIS], padre della signora [OMISSIS], a favore del quale avrebbe sempre
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pagato i canoni di locazione tramite assegni bancari la cui copia non sarebbe stata in grado
di rinvenire a causa del tempo intercorso;
quanto al capo B-2 l'incolpata assume di aver fornito alla cliente tutte le informazioni
richieste relative alla sua pratica di opposizione a decreto ingiuntivo;
quanto al capo B-3 secondo l'incolpata il CDD non avrebbe considerato che a seguito di un
accordo transattivo perfezionato con il signor [OMISSIS] (per il tramite del suo legale avv.
[OMISSIS] del Foro di Forlì-Cesena) a definizione di reciproche posizioni, quest'ultimo
avrebbe rinunciato alla saldo del corrispettivo dovutogli per la vendita dell'autovettura e
ritirato l'esposto all'ordine professionale nei confronti dell'avv. [RICORRENTE].
Quanto al capo A
La ricorrente, senza criticare i passaggi motivazionali della sentenza, sostiene che i soggetti
che depositarono l'esposto nei suoi confronti non erano proprietari dell'immobile da lei
condotto in locazione, ma solo dei parenti del proprietario che non aveva mai avanzato
alcuna pretesa nei confronti della conduttrice. L'avv. [RICORRENTE] dichiara di aver
sempre regolarmente pagato i canoni di locazioni dovuti affermando che le spese
condominiali oggetto dell'esposto non le erano mai state richieste prima né dal locatore né
dall'amministratore di condominio, che non risulterebbero neppure quantificate e che in
relazione alle stesse non sarebbe mai stata intrapresa alcuna azione giudiziaria di
accertamento del credito.
Quanto al capo B4
Anche in questo caso in via generica e senza criticare alcun passaggio motivazionale della
decisione, la ricorrente evidenzia di essersi messa a disposizione degli eredi dell'avv.
[OMISSIS] per regolare le proprie posizioni di dare/avere e di non aver mai ricevuto
dettagliate richieste di pagamento da nessuno degli eredi del collega a seguito del suo
improvviso decesso.
Sulla eccessività e sproporzionalità del trattamento sanzionatorio irrogato
Da ultimo la ricorrente censura la determinazione della sanzione in quanto ritenuta
eccessiva e sproporzionata rispetto ai fatti contestati.
Con tale motivo il ricorrente rileva che la sanzione comminata della sospensione di sei mesi
sarebbe pesantissima avuto riguardo alla peculiarità personale e non professionale delle
fattispecie contestante posto che l'unica contestazione legata all'attività professionale
sarebbe quella relativa all'esposto della signora [OMISSIS], a suo avviso di scarso spessore
e fatua. La ricorrente osserva che alla sua età (60 anni) la lontananza dalla professione per
sei mesi potrebbe causare la chiusura anticipata dell'attività professionale.
L'avv. [RICORRENTE] censura poi la decisione per aver dato eccessivo peso alla sua
scelta di non comparire in sede dibattimentale e per non aver indicato dei testi a supporto
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delle sue difese quando tale scelta sarebbe stata motivata dal pudore provato nel dover
essere ad una età non più giovane giudicata per fatti inerenti ad uno spicchio di vita fatto di
anni problematici. La ricorrente critica la decisione impugnata CDD laddove in motivazione
l'avrebbe giudicata sulla base di presunzioni anziché sulla base di reali evidenze.
Per le ragioni sopra esposte la ricorrente chiede il proscioglimento dalle incolpazioni di cui
ai capi B-1), B-2) e B-3) per intervenuta prescrizione ed, in subordine, in considerazione del
collocamento dei fatti ascrittegli al di fuori dell'attività professionale, la riduzione della
sanzione irrogata.
All'udienza del 21 ottobre 2021 il difensore di fiducia dell'avv. [RICORRENTE] concludeva
insistendo nell'accoglimento del ricorso stante (i) l'affermata non riconducibilità a illecito
permanente delle condotte contestate all'incolpata trattandosi di illecito istantaneo ad
evento permanente, con la conseguente intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare e
(ii) l'asserita mancato raggiungimento di prova sufficiente dei fatti contestati in ordine alle
incolpazioni formulate.
Motivi della decisione
Nell'esaminare i motivi di impugnazione svolti dall'avv. [RICORRENTE], occorre in primo
luogo prendere in considerazione l'eccezione preliminare di prescrizione ai sensi dell'art. 56
L. 247/2012 sollevata dalla ricorrente con riferimento ai capi di incolpazione sub B-1), B-2 e
B-3) evidenziando che le condotte contestate avrebbero effetto istantaneo.
Secondo la tesi della ricorrente gli illeciti in oggetto sarebbero prescritti trattandosi di
condotte istantanee alle quali, a suo dire, sarebbe indubbiamente applicabile l'art. 56 della
legge n. 247/2012.
Si evidenzia sin d'ora che tale tesi della ricorrente è errata in quanto pur volendo
considerare le condotte contestate come istantanee, cosa che non è, alle stesse sarebbe
applicabile la disciplina previgente, e dunque, l'art. 51 RDL n. 1578/1933 in considerazione
del fatto che le circostanze di cui ai capi B1, B2, B3 risalgono rispettivamente al 2007-2011,
2008-2011 e 2011, quindi antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 247/2012.
É infatti consolidato l'orientamento sia delle Sezioni Unite della Suprema Corte che del CNF
secondo cui per l'istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta
operante il criterio generale dell'irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative,
sicché è inapplicabile, a fatti antecedenti, lo jus superveniens introdotto con l'art. 56, della
legge n. 247 del 2012 (entrata in vigore il 2 febbraio 2013). (si veda al riguardo, ex multis
Cass Civ. Sez. Un. n. 1609 del 24.1.2020, nello stesso senso Cass. Civ. sez. Un. n. 8313
del 25.3.2019)
E' inoltre opportuno considerare anche che la prescrizione quinquennale dell'azione
disciplinare prevista dalla norma applicabile ratione temporis secondo la tesi
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dell'istantaneità dell'illecito sostenuta dalla ricorrente, non sarebbe in ogni caso maturata
essendo stata interrotta "nell'ambito del procedimento amministrativo davanti al COA e al
CDD in conseguenza non solo dell'atto di apertura del procedimento, ma anche di tutti gli
atti procedimentali di natura propulsiva o probatoria (per esempio interrogatorio del
professionista sottoposto a procedimento), o decisoria, secondo il modello dell'art. 160 c.p.
(escluso, peraltro, il limite, di cui al comma 3, del prolungamento complessivo del termine
prescrizionale non oltre la metà), nonchè (stante la specialità della materia) di atti
provenienti dallo stesso soggetto passivo, pur diretti, non a riconoscere l'illecito, ma a
contestarlo" (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10852 del 23.4.2021).
Ciò posto si osserva ancora che diversamente da quanto sostiene la ricorrente, si ritiene
che le condotte alla stessa ascritte siano da considerare più correttamente degli illeciti
permanenti/continuati trattandosi di una pluralità di illeciti omissivi (consistenti nel mancato
pagamento di somme dovute a terzi e nell'omessa informazione al cliente sullo stato di una
procedura esecutiva) attualmente in permanenti non essendo cessata la condotta posta in
essere dall'avv. [RICORRENTE]. Quest'ultima non risulta, infatti, aver saldato i debiti nei
confronti degli esponenti come dagli stessi confermato in sede dibattimentale e neppure la
ricorrente è stata in grado di dimostrare gli intervenuti pagamenti pur avendo offerto di farlo.
Posto che per prevalente e più recente orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte
e anche del CNF la permanenza cessa solo nel momento dell'adempimento omesso, è
chiaro che nel caso in esame le condotte della ricorrente sono riconducibili a illeciti
permanenti.
E ancora atteso che ai fini della valutazione della fondatezza dell'eccezione di prescrizione
è necessario stabilire il dies a quo per computare il termine prescrizionale, termine che,
secondo il costante insegnamento della giurisprudenza domestica e di legittimità, ha inizio
dalla data della commissione del fatto in caso di violazioni di carattere istantaneo e da
quella della cessazione della condotta nel caso di condotte protrattesi e mantenute nel
tempo, è evidente che nel caso di specie, essendo stata accertata in sede istruttoria la
permanenza dell'illecito, l'azione disciplinare è da considerare tempestiva e ciò
indipendentemente dalla normativa applicabile stante la permanenza dell'illecito (in tal
senso CNF sentenza n. 73 del 30.5.2014;CNF sentenza n. 74 del 24.6.2020; CNF sentenza
n. 71 del 21.6.2018; Cass. Civ. n. 13379 del 30.6.2016; Cass. Civ. n. 14233 dell'8.7.2020).
Né paiono fondate le argomentazioni svolte dalla difesa dell'incolpata nella memoria del 7
ottobre 2021 in quanto non convincenti e in contrasto con i principi sopra enunciati affermati
dalla giurisprudenza maggioritaria.
Per le ragioni sopra esposta l'eccezione di prescrizione svolta dalla ricorrente è da ritenersi
infondata.
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Neppure si ritiene fondata l'argomentazione difensiva dell'incolpata relativa all'affermato
mancato raggiungimento di ideona prova dei fatti addebitati all'avv. [RICORRENTE].
In proposito si ritiene opportuno evidenziare che, al contrario, all'esito del procedimento
disciplinare i fatti addebitati risultano sufficientemente provati tanto dalle risultanze dei
documenti versati in causa che dall'esito delle prove orali.
Per quanto riguarda i fatti oggetto del capo di incolpazione sub A si rileva che l'esponente
signora [OMISSIS] ha confermato le circostanze oggetto dell'esposto chiarendo anche che
l'immobile di proprietà del marito [OMISSIS] era stato concesso in locazione all'avv.
[RICORRENTE] proprio in considerazione della particolare affidabilità della conduttrice
tenuto conto della professione di avvocato dalla stessa svolta e delle raccomandazioni
ricevute dall'incolpata stessa al riguardo. Al contempo si rileva che l'incolpata pur
dichiarandosi disponibile nel corso dell'audizione del 10 aprile 2017 presso la sede del CDD
a produrre copia dei bonifici bancari attestanti i pagamenti del canone di locazione che
asseriva aver eseguito regolarmente a favore del padre dell'esponente, signor [OMISSIS],
che a suo dire avrebbe sempre gestito il rapporto di locazione, non ha prodotto alcunché e
ciò nonostante la formale sollecitazione in tal senso del 26 aprile 2017 da parte del
consigliere istruttore del CDD, rimasta senza riscontro. In considerazione di tali circostanze
e del comportamento tenuto dall'incolpata i fatti oggetto del capo di incolpazione sono stati
correttamente ritenuti sufficientemente provati.
Per quanto riguarda l'esposto della signora [OMISSIS] (Capo di incolpazione B-1) i fatti
oggetto dell'esposto risultano confermati dalla documentazione acquisita e dalla
testimonianza resa dall'avv. [OMISSIS] da cui si evince che la dilazione concessa dalla
signora [OMISSIS] all'avv. [RICORRENTE] per il versamento dei canoni di locazione
impagati (scrittura privata del 7.06.2010) non veniva rispettata dalla conduttrice, con
conseguente l'attivazione del procedimento di sfratto per morosità nel marzo 2011 come
precisato dall'avv. [OMISSIS] che neppure era a conoscenza dell'asserito avvenuto
adempimento da parte dell'incolpata successivamente alla liberazione dell'immobile. La
testimonianza resa dal teste avv. [OMISSIS], indicato dalla stessa incolpata, e la cronologia
della documentazione acquisita attestano, in verità, la persistente morosità dell'avv.
[RICORRENTE] la quale avendo ammesso il mancato pagamento dei canoni di locazione a
causa di un momento di difficoltà economica non ha fornito la prova della sostenuta
intervenuta transazione con l'esponente che sentita all'udienza del 12 marzo 2018
conferma, al contrario, la permanenza del suo credito di circa euro 12.000,00 nei confronti
dell'avv. [RICORRENTE].
Per quanto riguarda l'esposto della signora [OMISSIS] (Capo di incolpazione B-2) i fatti
addebitati si ritengono confermati e provati a fronte della documentazione acquisita ed
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allegata all'esposto; al contrario l'incolpata, pur avendo confermato di aver ricevuto
mandato dall'esponente relativamente alla causa di opposizione al decreto ingiuntivo e
riferendo di aver comunicato alla cliente di aver trasferito lo studio e di aver sempre
informato l'assistita sul mandato ricevuto, non ha dato prova di tali circostanze né
documentalmente né per testi (il teste indicato in proposito dall'incolpata, l'avv. [OMISSIS]
sentita il 16 maggio 2017 ha dichiarato di non poter confermare le circostanze addotte
dall'incolpata non essendo sua collega di studio nel periodo cui si riferivano i fatti oggetto
dell'esposto).
Anche in relazione all'esposto del signor [OMISSIS] (Capo di incolpazione B-3) anche in
questo caso l'incolpata ammette di non aver provveduto al saldo del prezzo dell'autovettura
acquistata dall'esponente adducendo delle difficoltà economiche e asserisce di aver definito
la questione con il raggiungimento di un accordo transattivo di cui non fornisce prova non
potendosi ritenere tale la dichiarazione del signor [OMISSIS] del 14.5.2013 di rinuncia
all'esposto prodotto dall'avv. [RICORRENTE]: l'esponente, infatti, sentito all'udienza del 12
marzo 2018 ha comunque confermato i fatti oggetto dell'esposto medesimo
Per quanto riguarda, infine, l'esposto dell'avv. [OMISSIS] (Capo di incolpazione B-4) i fatti
addebitati sono stati ampiamente confermati dai testi escussi sia in sede preliminare che
all'udienza del 12 marzo 2018 (signora [OMISSIS], avv. [OMISSIS], avv. [OMISSIS], sig.ra
[OMISSIS]).
A fronte delle considerazioni svolte non pare accoglibile la doglianza dell'incolpata relativa
alla insufficiente prova dei fatti addebitatile che risultano, al contrario, sufficientemente
provati.
Si consideri ancora che le doglianze della ricorrente in diritto appaiono generiche e non
criticano i passaggi motivazionali con i quali il CDD ha accertato la responsabilità per i fatti
di cui ai capi di incolpazione sono quindi ai limiti dell'ammissibilità.
La ricorrente si limita, infatti, a riproporre con riferimento ai singoli capi di incolpazione una
ricostruzione dei fatti diversa da quella degli esponenti che non ha, però, come
correttamente rilevato dal CDD e come sopra evidenziato, trovato riscontro probatorio né
documentale né nelle dichiarazioni dei testi indicati dalla ricorrente e sentiti in fase
preliminare.
Per quanto concerne le doglianze della ricorrente in ordine alla criticabilità della decisione
che si sarebbe sostituita al giudice civile nella determinazione della debenza di somme non
accertata in sede civile, si osserva che non necessariamente le condotte che hanno
rilevanza deontologica devono essere oggetto di accertamento in ambito di giurisdizione
ordinaria civile.
Al più il fatto che l'avvocato abbia subito procedimenti monitori, accertamenti giudiziari o
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procedure esecutive sono indici da valutare ai fini della gravità delle condotte riconducibili
alle violazioni dei doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza (ex art. 9 N.C.D.F.) e alla
violazione degli artt. 63 primo comma e 64 del vigente codice. Incorre, infatti, nelle violazioni
deontologiche di cui trattasi l'avvocato che abbia tenuto – nel non corrispondere il canone di
locazione, nel rendersi difficilmente reperibile, nello stabilire accordi transattivi poi disattesi,
indipendentemente dalla volontà di voler raggirare il terzo locatore – un comportamento non
consono ai principi di probità e decoro che devono essere propri degli appartenenti alla
classe forense, compromettendo la fiducia che i cittadini devono avere nei confronti degli
avvocati e, così, compromettendo la dignità della professione (in tal senso CNF n. 11 del
21.2.2014). Nel caso in esame più esponenti hanno evidenziato di aver riposto fiducia nella
correttezza e solvibilità della ricorrente proprio in relazione alla sua professione di avvocato
(e così gli esponenti [OMISSIS] che confermano tale affidamento quando sentiti all'udienza
del 12 marzo 2018).
La condotta contraria al precetto di cui all'art. 59 (attuale art. 64 N.C.D.F.) pur se riservata e
lontana da ogni strepitus fori, va a integrare la fattispecie in esame, in quanto l'art. 64
prevede l'obbligo di provvedere regolarmente all'adempimento di tutte le obbligazioni
assunte nei confronti di terzi senza alcuna limitazione o distinzione tra attività privata e
professionale e si traduce in una forte compromissione della credibilità e dell'affidabilità
dell'avvocato verso terzi (in tal senso CNF n. 105 del 2.10.2010). Il principio è stato
costantemente confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. Un. n. 19163 del
2.8.2017) che afferma che l'onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica è
finalizzato a tutelare l'affidamento del terzo nella capacità dell'avvocato al rispetto dei propri
doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall'inadempimento che si riflette non
solo sulla reputazione professionale, ma anche sull'immagine della classe forense. Ne
consegue l'evidente l'infondatezza dell'assunto della ricorrente secondo cui gli
inadempimenti delle obbligazioni verso terzi riferibili ad un ambito privatistico e non
professionale non sarebbero connotate di rilevanza deontologica.
Alla luce di quanto osservato paiono altresì prive di rilevanza le doglianze della ricorrente
secondo cui le condotte ascritte sarebbero prive di rilevanza deontologica in considerazione
del fatto che nessuno degli esponenti avrebbe azionato in via giudiziaria i crediti vantati nei
suoi confronti. In proposito sarà sufficiente considerare che la compromissione della
credibilità e dell'affidabilità dell'avvocato verso terzi per costante principio affermato dalla
Corte di Cassazione è da considerarsi ancor più grave nel caso in cui il professionista non
adempiendo alle obbligazioni assunte giunga a subire sentenze, atti di precetto o di
pignoramento poiché in tal modo l'immagine dell'avvocato risulta compromessa agli occhi
dei creditori e anche degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari. Di qui la
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palese infondatezza dell'argomentazione avversaria.
Quanto alla dosimetria della sanzione, va osservato che il CDD ha irrogato la sospensione
dall'attività professionale per mesi 6, evidenziando la pena edittale per ogni singola
violazione, valutata nel contesto del generale comportamento dell'incolpata. La stessa si
duole della gravosità del trattamento sanzionatorio che non terrebbe conto della
complessiva condotta della medesima e della situazione generale che la riguarda.
Nonostante le condotte lesive poste in essere dall'incolpata siano plurime, a fronte del
modesto ammontare dei debiti non pagati e tenendo conto della particolare situazione della
ricorrente che evidentemente attraversava un periodo di seria difficoltà economica, questo
Collegio ritiene congrua e conforme alla giurisprudenza domestica una riduzione della
sanzione disciplinare da irrogare all'avv. [RICORRENTE] in due mesi di sospensione
dall'esercizio della professione forense.
P.Q.M.
Visti gli artt. 27 e 64 NCDF e gli artt. 21 e 22 NCDF;
Il Consiglio Nazionale Forense, in parziale riforma della decisione emessa dal CDD della
Corte d'Appello di Bologna in data 12 marzo 2018 nei confronti dell'avv. [RICORRENTE],
riduce la sanzione alla sospensione dall'esercizio della professione forense per mesi due.
Conferma nel resto.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di
informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica
sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella
sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 ottobre 2021;
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv. Gabriele Melogli
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 13 maggio 2022.
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Avv. Rosa Capria
Copia conforme all'originale
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
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Avv. Rosa Capria
Avv. Antonino Sugamele

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