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Sentenza

Il vigente art. 182, comma 2, c.p.c., non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite.
Il vigente art. 182, comma 2, c.p.c., non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite.
Cass. civ., sez. Unite, sent., 21 dicembre 2022, n. 37434

Presidente Curzio – Relatore Grasso

Fatti di causa

1. La vicenda, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini di cui appresso. V.S. s.a.s. di G.S. & C. chiamò in giudizio P.M., chiedendo la di lui condanna al rilascio di due autorimesse, alla rimessione in pristino d'una d'esse, al pagamento dei lavori effettuati dall'attrice e al pagamento d'un equo indennizzo per l'occupazione senza titolo. Il convenuto, costituitosi, allegò l'esistenza fra le parti d'un altro contenzioso giudiziario, avente ad oggetto la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c., dal medesimo proposta, al quale chiese riunirsi la causa introdotta dall'attrice, nel merito resistette alla domanda principale, esperendo inoltre domanda riconvenzionale, con la quale chiese ridursi il prezzo pattuito per la compravendita, stante la dimensione delle autorimesse, di superficie inferiore a quanto convenuto. 2. Il Tribunale, con sentenza, dichiarò inammissibile l'atto di costituzione del convenuto per assenza di procura speciale ad "litem", dichiarandone la contumacia, accolse le domande attoree e condannò l'avvocato S.C., che aveva patrocinato il convenuto, in proprio al pagamento delle spese di lite. 3. La Corte d'appello di Torino rigettò l'impugnazione proposta da P.M. e S.C.. 4. Il P. e lo S. proponevano ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. 4.1. La Seconda Sezione Civile, avuto riguardo al primo, secondo, terzo e quinto motivo, con l'ordinanza interlocutoria n. 4932/2022, rimetteva gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, perché ad esse fosse sottoposta la questione di massima di particolare importanza seguente: "Se, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, il giudice debba assegnare un termine per il rilascio della procura ad litem o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata al difensore di una parte sia materialmente presente in atti ma, tuttavia, risulti affetta da un vizio che ne determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte senza che in atti esista alcuna procura da quest'ultima rilasciata in suo favore". 5. Rimessa la causa alle S.U., V.S. s.a.s. depositava memoria, in seno alla quale richiedeva interrompersi il processo essendo la predetta società stata dichiarata fallita nelle more. P.M. depositava memoria illustrativa.

Ragioni della decisione

1. Preliminarmente deve dichiararsi inammissibile la istanza d'interruzione del processo, non operando l'invocato istituto nel giudizio di cassazione. In un caso perfettamente sovrapponibile si è chiarito, di recente, che il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l'interruzione del processo ex art. 299 c.p.c. e ss., trattandosi di procedimento dominato dall'impulso di ufficio. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore del fallimento non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all'art. 302 c.p.c., (il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo) - Sez. 1, n. 3630, 12/02/2021, Rv. 660567 -. 2. Come chiarito con l'ordinanza interlocutoria il primo, il secondo, il terzo e il quinto motivo involgono il punto sul quale le Sezioni Unite sono chiamate a esprimere giudizio di nomofilachia. 2.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 182 c.p.c., comma 1, per non avere la Corte d'appello assegnato un termine per sanare il difetto di rappresentanza processuale, confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato inammissibile la costituzione della parte convenuta per la mancata allegazione di procura alla lite. 2.2. Con il secondo motivo denunciano violazione dell'art. 101 c.p.c., e art. 182 c.p.c., comma 2, per avere la Corte distrettuale deciso la causa rilevando d'ufficio una questione, senza previamente assegnare alle parti termine per il deposito di memorie, così violando il principio del contraddittorio. 2.3. Con il terzo motivo denunciano violazione dell'art. 261 c.p.c., art. 182 c.p.c., commi 1 e 2, e art. 101 c.p.c., comma 2, per avere la Corte di merito confermato la dichiarazione di contumacia della parte convenuta, con conseguente declaratoria d'inammissibilità di difese e domanda riconvenzionale. 2.4. Con il quinto motivo denunciano violazione degli artt. 91 e 101 c.p.c., e art. 182 c.p.c., commi 1 e 2, per avere la sentenza impugnata confermato la condanna in proprio dell'avv. S., senza avere previamente disposto i necessari accertamenti al fine di appurare l'esistenza della procura alle liti. 2.5. Infine, con il quarto motivo denunciano l'omesso esame id un fatto controverso e decisivo, lamentando il mancato esame delle prospettazioni difensive. 3. L'ordinanza di rimessione. La Corte prende l'abbrivio dal vigente testo dell'art. 182 c.p.c., (siccome riformulato ad opera della L. n. 69 del 2009, e applicabile ai giudizi iniziati successivamente alla data - 4/7/2009 - della sua entrata in vigore), il quale al comma 1 dispone che "Il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o mettere in regola gli atti e documenti che riconosce difettosi". Al comma 2 stabilisce che "Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione". Il testo previgente del comma 2 dell'articolo in esame stabiliva che "Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza". Indi individua le novità della modifica (1) nell'avere reso doverosa l'assegnazione del termine per regolarizzare il vizio; (2) nell'avere eliminato la preclusione derivante da maturata decadenza; (3) nell'avere assicurato salvezza dei diritti con effetto retroattivo sin dal momento della prima notificazione; (4) nell'avere esteso il rimedio anche alle ipotesi di vizio riguardante la procura alle liti. Di poi riprende i due orientamenti contrapposti che qui occorre divisare, con specifico riferimento alla procura alle liti, dando, comunque, per scontata la doverosità da parte del giudice dell'assegnazione del termine, ove ne rilevi la necessità (in tal senso, S.U. n. 9217/2010 e, ex multis, Sez. 1, n. 17683/2010, Sez. 1, n. 20052/2010, Sez. 3, n. 15156/2017, Sez. 6 n. 26948/2017, Sez. 3, n. 27481/2018, Sez. 3, n. 28824/2019). Occorre premettere che, come si esaminerà in prosieguo, va distinta nettamente, per la diversità delle fattispecie e delle ricadute giuridiche, l'ipotesi del difetto riguardante il potere di disporre del diritto in senso sostanziale, da quella dell'istituzione di un avvocato quale procuratore alla lite. Secondo il primo e più estensivo orientamento la nuova formulazione normativa impone al giudice, anche in grado d'appello, l'assegnazione del termine non solo nel caso di procura alle liti affetta da vizi che ne procurino la nullità, ma anche nell'ipotesi di procura inesistente o, comunque, non in atti, invitando la parte alla regolarizzazione (Sez. 3, n. 11359/2014), valorizzandosi la scelta legislativa di avere previsto, oltre alla "rinnovazione", anche il "rilascio" della procura, così restando priva di rilievo la distinzione tra inesistenza e nullità (in tal senso Sez. 2, n. 10885/2018). Il secondo e più restrittivo orientamento nega che la parte possa ovviare, con effetto sanante "ex tunc", alla mancanza di procura alle liti o, comunque, alla sua assenza in atti. Le S.U., con la sentenza n. 10414/2017, hanno enunciato la massima -Rv. 643938 - seguente: Nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense intrapreso, personalmente, da un avvocato privo di "ius postulandi", perché non iscritto nell'albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 33, (nelle specie in quanto radiato) o sospeso dall'esercizio della professione, non è applicabile l'art. 182 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti e non consente, pertanto, la costituzione in giudizio di un soggetto diverso dal ricorrente, iscritto in quell'albo, previo rilascio di mandato speciale. Successivamente la Cassazione ha avuto modo di giudicare manifestamente infondata l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'art. 182 c.p.c., nella parte in cui non troverebbe applicazione in caso d'inesistenza della procura "non essendo le situazioni delineate suscettibili di comparazione, come pure affermato da Cass., Sez. U, 27/04/2017, n. 10414, onde non è fonte di un vulnus costituzionalmente rilevante il fatto che la disciplina prevista dall'art. 182 c.p.c., comma 2, non trovi applicazione in caso di difetto originario della procura" (Sez. 6, n. 11930, 16/5/2018, pag. 3). Analogamente si è negata la sanatoria a riguardo del ricorso in appello proposto dalla parte personalmente priva del potere di postulare per sé stessa (Sez. 6, n. 24257/2018). Anche questo secondo orientamento valorizza il tenore letterale della disposizione, ma in senso opposto al primo. Il vizio, determinante la nullità della procura al difensore, perciò stesso implicherebbe l'esistenza in atti della procura stessa. Infine, l'ordinanza evidenzia la seguente casistica implicante profili di problematicità: (1) atto giudiziario firmato da avvocato al quale non risulta essere stata conferita procura; (2) atto promosso direttamente dalla parte priva di "ius postulandi" (per la non sanabilità Sez. 6, n. 24257/2018 cit.); (3) procura rilasciata, ma non versata in atti, distinguendosi in tale categoria la procura di data certa, da quella priva di una tale qualità, (4) procura rilasciata in favore dia avvocato privo di "ius postulandi" (il caso esaminato dalla citata S.U. n. 10414/2017). 4. Rappresentanza sostanziale e procura alle liti. Come si è anticipato le due situazioni non sono affatto assimilabili e tantomeno sovrapponibili. E' possibile agire nell'interesse e nel nome altrui. Ciò frequentemente accade per la volontà negoziale dei privati. Può, poi, trattarsi di rappresentanza organica di soggetto diverso dalla persona fisica, a sua volta distinta da un collegamento pubblicistico (rappresentanza dello Stato, di enti statuali ed enti locali, territoriali o meno) o da un collegamento privatistico (basti pensare alla rappresentanza delle società). Può, infine, trattarsi della necessaria rappresentanza di soggetto che non ha la piena disponibilità del diritto (capacità d'agire). In tutti questi casi il fenomeno resta, per così dire, estraneo ai meccanismi di funzionamento del processo, che, come noto, attraverso un complesso coordinato di norme avente valenza pubblicistico, è funzionalmente diretto al raggiungimento dello scopo prefissato, in uno alla regolamentazione dell'attività del giudice. Ciò spiega la consolidata opinione per la quale il difetto di rappresentanza sostanziale, che si traduce nel processo nella mancanza di una delle condizioni dell'azione, si sana, in ogni stato e grado, mediante la costituzione del soggetto legittimato, il quale così ratifica l'operato del "falso rappresentante" (cfr., ex multis, Sez. 3 n. 12494/2001, Sez. 1, n. 13436/2003, Sez. L. n. 5135/2004, Sez. 3. N. 19164/2005, Sez. 1, n. 21811/2006, Sez. 1 n. 15304/2007). Ben diverse riflessioni impone la rappresentanza tecnica in giudizio. Dispone il vigente art. 82 c.p.c.: "Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede Euro 1.100. Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore. Il giudice di pace, tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzare a stare in giudizio di persona. Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo". Escluse, quindi, la ipotesi delle cause minime davanti al giudice di pace (tali presunte per legge o valutate in concreto da esso giudice), salva l'ipotesi della sola assistenza sempre davanti al giudice di pace e i casi eccezionali nei quali la legge consente di agire e resistere personalmente, davanti al tribunale e alla corte d'appello, occorre stare in giudizio col ministero (cioè mediante) di un avvocato legalmente esercente. Davanti alla Corte di Cassazione, poi, l'avvocato deve essere iscritto nell'apposito albo. Il ministero di un difensore implica di necessità il rilascio della procura, della quale si occupa il successivo art. 83, il quale al suo comma 1 scolpisce una tale correlazione: "Quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura". Il comma 2 specifica che essa può essere generale o speciale e che, quanto alla forma, deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il comma 3, il quale indica i luoghi di apposizione, si premura di collegare la stessa a uno specifico atto processuale - a margine o in calce - (citazione, ricorso, controricorso, comparsa di risposta, comparsa d'intervento, precetto, domanda d'intervento in sede esecutiva, memoria di nomina di nuovo difensore), e, ove rilasciata su atto separato, mediante congiunzione. L'ostensione della procura alle liti, quindi, diviene nel disegno legislativo, evenienza compenetrata al primo atto giudiziario redatto e depositato in adempimento del ministero difensivo assunto dall'avvocato col cliente, derivante da un contratto d'opera professionale intercorso tra il professionista e il cliente. La parte, perciò, salvo i casi previsti dalla legge (come, ad esempio, nell'interrogatorio libero) non ha ruolo processuale se non attraverso l'operare del suo difensore, il quale compie e riceve atti nell'interesse del proprio rappresentato (art. 84 c.p.c.). L'art. 125 c.p.c., comma 2, prevede una eccezionale deroga alla regola che si ricava dall'insieme normativo prima richiamato, che imporrebbe il rilascio preventivo della procura da parte dell'attore, cioè prima che l'atto introduttivo assuma valenza esterna. Dispone, infatti, il comma in parola che "La procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata". Eccezione, questa, espressamente esclusa dal comma 3 per i casi cui la legge "richiede che la citazione sia sottoscritta da difensore munito di mandato speciale" (querela di falso, ricorso per cassazione, controricorso per cassazione, revocazione). L'art. 165 c.p.c., prescrive che l'attore si costituisca in giudizio a mezzo del procuratore versando in atti, per quel che qui rileva, la procura; egualmente il convenuto (art. 166 c.p.c.). L'art. 72 delle disp. att. e trans. si preoccupa di dare esecuzione a quanto prescritto dagli artt. 165,166 e 168 c.p.c., disponendo che "Insieme con la nota d'iscrizione a ruolo la parte deve consegnare al cancelliere il proprio fascicolo (cioè quello contenente gli atti di cui agli artt. 165 e 166)". Il disegno del codice di rito civile, quindi, salvo le eccezioni viste, prevede che la parte sta in giudizio con il ministero di un avvocato, al quale ha previamente rilasciato procura nelle forme e modi di legge. Tutta l'attività regolata dal processo, finalizzata allo scopo di statuire sulla controversia con efficacia di giudicato, implicante, quindi, oltre, ovviamente, alla proposizione di domande ed eccezioni, deduzioni ed eccezioni in senso lato, formali richieste di prova e controdeduzioni alle altrui richieste probatorie, eccezioni processuali in genere, sono affidate, in via esclusiva e non surrogabile, all'avvocato che, attraverso la procura ha assunto il ministero difensivo. L'istituto della ratifica dell'operato del "falsus procurator" (art. 1399 c.c.) resta radicalmente estraneo al processo, come si è detto, retto da norme di diritto pubblico, le quali, se è pur vero che hanno lo scopo di soddisfare una privata pretesa, ciò perseguono attraverso un modello improntato a principi largamente non disponibili, fra i quali la necessaria investitura del procuratore alla lite e la ragionevole durata dello stesso. In questo contesto deve leggersi la previsione di cui all'art. 182 c.p.c., comma 2, prima e dopo la riforma del 2009. Il testo previgente si differenzia in misura rilevante da quello riformato. Si è evidenziato che la norma non attribuiva al giudice il dovere di assegnare un termine per la sanatoria, pur avendo rilevato il difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, bensì la mera facoltà, ben stigmatizzata dall'uso del verbo potere ("il giudice può"). Ma, quel che più rileva, le ipotesi contemplate erano diverse, tanto che il termine viene concesso allo scopo di permettere "la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni". In altri termini l'impulso del giudice era funzionale alla sanatoria del difetto di rappresentanza in senso sostanziale. Questo spiegherebbe anche la ragione per la quale il giudice non è tenuto alla sollecitazione, in quanto, come si è visto, la condizione dell'azione può essere sanata in ogni tempo con la costituzione della parte legittimata, con l'intervenuto rilascio delle autorizzazioni richieste dalla legge (basti pensare alle pubbliche delibere), con la ratifica da parte del soggetto legittimato (si pensi a un ente privato collettivo) o, infine, con la presenza dell'assistenza del curatore nei casi previsti dalla legge. Il nuovo testo introdotto dalla riforma del 2009 muta radicalmente il contenuto della disposizione. Alle ipotesi della carenza di legittimazione in senso sostanziale viene aggiunta quella di "un vizio che determina la nullità della procura al difensore" e il termine, da assegnarsi di necessità, ha lo scopo aggiuntivo di consentire "il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa". Inoltre, "L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione". La sanatoria "ex tunc" costituisce un effetto connaturato alla costituzione in giudizio della persona legittimata o al deposito in atti di autorizzazioni o ratifica, come del pari l'intervento dell'assistenza imposta dalla legge; quindi, il vecchio testo non ha necessità di rendere esplicitazione alcuna sul punto, trattandosi di un effetto, per così dire, "naturale". Il nuovo testo dispone espressamente un tale effetto proprio perché per la prima volta contempla la sanatoria anche a riguardo della procura alla lite. Sfuma di rilievo, per le ragioni che si son dette, occuparsi della sanatoria del potere sostanziale di stare in giudizio, versandosi in tal caso, come si è visto, del sopravvenire di una delle condizioni dell'azione, che prescinde dalla novella. Solo a titolo meramente esemplificativo si ricorda Cass. n. 17683/2010 e n. 26948/2017, in tema di mancanza di autorizzazione a promuovere il giudizio o resistere allo stesso nell'interesse del fallimento; Cass. n. 20052/2010, in tema di mancanza di autorizzazione del sindaco al rilascio della procura speciale per rappresentare in giudizio il comune. Si segnala, sotto altro profilo, S.U. n. 9217/2010, le quali hanno precisato che L'art. 182 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione "può" assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev'essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2, nel senso che il giudice "deve" promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti "ex tunc", senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali - Rv. 612563 - (conf. Cass. nn. 17683/2010, 20052/2010, 15156/2017, 26948/2017, 27481/2018, 28824/2019). 5. La procura speciale per il giudizio di cassazione. 1. La procura speciale per il giudizio di cassazione. Dispone l'art. 365 c.p.c.: "Il ricorso è diretto alla Corte e sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo (D.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 33 - 35), munito di procura speciale". Nella medesima udienza della causa in esame, le Sezioni Unite (sentenze 36057 e 36095 del 2022) hanno affermato il seguente principio di diritto: "A seguito della riforma dell'art. 83 c.p.c., disposta dalla L. n. 141 del 1997, il requisito di specialità della procura, richiesto dall'art. 335 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati) è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica; nel senso che la firma per autentica posta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all'atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce all'atto stesso. Tale collocazione topografica fa si che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione; tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall'art. 1367 c.c., e dall'art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all'atto di produrre i suoi effetti". A tale principio ed alle relative motivazioni si fa ovviamente rinvio. 6. Due orientamenti contrapposti a riguardo della procura rilasciata per il giudizio di merito. Secondo l'orientamento più estensivo la sanatoria della procura alle liti, dopo la novella del 2009, trova applicazione anche al caso dell'inesistenza dell'atto, perché mai redatto o perché non riversato nel fascicolo. Si e', così, affermato che ove la procura risulti enunciata, ma non prodotta, il giudice deve assegnare alla parte il termine per la sua produzione (Cass. n. 11359/2014). Una tale interpretazione ha trovato fondamento nel tenore letterale della disposizione normativa, la quale, a fianco della rinnovazione prevede il rilascio, intendendo, con l'uso del verbo rilasciare il confezionamento "ex novo" di un atto prima non esistente (Cass. nn. 23958/2020, 10885/2018). Per sostenere l'assunto, oltre al dato letterale, si è valorizzata l'esigenza di ridurre la visione formalistica del processo e la proliferazione delle cause. Per contro si registrano plurime decisioni che escludono la "sanabilità" della procura alla lite inesistente. Cass. n. 24257/2018 ha affermato che in tema di opposizione a sanzione amministrativa, il ricorso in appello proposto dalla parte personalmente è inesistente e, come tale, non sanabile con il successivo deposito di procura conferita al difensore, poiché la sanatoria prevista dall'art. 182 c.p.c., comma 2, (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2), presupponendo che l'atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto da un difensore, si applica nelle ipotesi di nullità, ma non di originaria inesistenza della procura (Rv. 650812) - in senso conf., Cass. 11930/2020. Occorre anche richiamare la già citata sentenza n. 10414/2017 delle S.U., la quale ha affermato che nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense intrapreso, personalmente, da un avvocato privo di "ius postulandi", perché non iscritto nell'albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 33, (nelle specie in quanto radiato) o sospeso dall'esercizio della professione, non è applicabile l'art. 182 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti e non consente, pertanto, la costituzione in giudizio di un soggetto diverso dal ricorrente, iscritto in quell'albo, previo rilascio di mandato speciale. Anche la dottrina appare divisa. Si evidenzia che la disposizione risulta posta proprio a rimedio di sequenza non fisiologica, pur tenuto conto del contenuto dell'art. 125 c.p.c. Che la sanatoria implica la rinnovazione nel caso in cui la procura sussista e sia affetta da nullità e il rilascio, nel caso in cui essa non sussista, con la conseguenza che anche l'assenza originaria del mandato sarà rimediabile, con effetto "ex tunc", nel termine indicato dal giudice. Taluno ha, peraltro, evidenziato il contrasto con il comma due dell'art. 125 c.p.c., che limita il rilascio all'epoca anteriore alla costituzione della parte rappresentata. Discrimine che in questa visione non avrebbe più motivo d'esistere. C'e', tuttavia, discordia a riguardo del limite temporale, che, secondo un indirizzo non sussisterebbe e secondo altro orientamento dovrebbe identificarsi nella prima udienza, o, comunque, non oltre la rimessione in decisione, stante che in caso contrario, il rimedio otterrebbe l'effetto contrario di allungare i tempi processuali, comportando la rimessione sul ruolo della causa. Si è anche cercato di coordinare l'art. 125 c.p.c., comma 2, con l'interpretazione estensiva della "sanatoria", evidenziando che la prima norma si occupa di stabilire la regola d'osservanza, mentre l'art. 182 curerebbe l'inosservanza. Non è sfuggito, peraltro, il rischio di strumentalizzazioni, specie nel caso in cui si reputi la ratifica operabile in ogni stato e grado, giungendosi fino a costruire un assetto dogmatico in base al quale solo nel caso in cui non sorga incertezza circa la riferibilità della domanda alla parte (come nel caso in cui questa agisca personalmente al di fuori dei casi consentiti) sarebbe possibile sanare il difetto in ogni stato e grado; all'opposto, quando la mancanza procuri una incertezza non colmabile in ordine all'imputabilità alla parte asseritamente rappresentata, la sanatoria retroattiva dovrebbe restare confinata nel grado del giudizio nel quale il difetto si è verificato. Non sono mancate opinioni contrarie all'interpretazione estensiva, che avrebbe sopravvalutato l'anodino riferimento al "rilascio della procura" accanto alla sua rinnovazione, nel mentre la norma fa esplicito richiamo solo alla nullità, senza neppure accennare all'assenza della procura. Inoltre, la mancata modifica dell'art. 125 c.p.c., comma 2, si è osservato, non rende praticabile l'interpretazione estensiva, stante che all'assenza di procura alle liti può rimediarsi solo nei termini previsti da quest'ultima norma. Nello stesso senso anche la mancata modifica dell'art. 165 c.p.c., e art. 72 disp. att. trans. c.p.c.. Si è osservato, infine, che l'estensione della portata della disposizione avrebbe procurato l'effetto contrario di quello sperato, allungando i tempi processuali, resi espansi dall'impedimento di ogni decadenza, sia sostanziale che processuale. 7. Valutazioni conclusive Reputa il Collegio che risulti più confacente all'assetto ordinamentale la tesi più restrittiva. 7.1. Il dato letterale, come si è visto, non supporta l'opposta opinione e, anzi, suffraga l'idea che la legge non abbia inteso contemplare l'inesistenza (peraltro fenomeno, per così dire, esterno ed estraneo alla categoria giuridica dell'atto viziato in senso proprio), avendo inteso considerare la procura affetta da nullità. Dice la norma siccome novellata, "Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa". La categoria del vizio inficiante la procura e', per espressa e testuale disposizione, quella della nullità. Nullità emendabile attraverso la rinnovazione, evidentemente eliminando il vizio che l'affetta, oppure, a discrezione della parte, mediante il rilascio di una nuova procura. Quest'ultima opzione non contempla affatto che una procura possa non essere esistita, ma, ben diversamente, che la parte possa sanare il vizio, implicante nullità, mediante un nuovo rilascio. Diversamente si sarebbe dovuto divisare ove, a fianco dell'ipotesi della nullità la legge avesse espressamente previsto quella dell'inesistenza. 7.2. L'estensione all'inesistenza, non enunciata espressamente dalla legge, si porrebbe in irrisolvibile contrasto con l'art. 125 c.p.c., comma 2, artt. 165,166 e 168 c.p.c., e art. 72 delle disp. att. e trans., i quali disegnerebbero una disciplina inconferente e inutile. Ma, soprattutto si porrebbe in insanabile contrasto con il principio enunciato dagli artt. 82 e 83 c.p.c., che impone, salvo casi limitati ed eccezionali, il ministero di un difensore, negando alla parte, che non sia avvocato, di poter stare in giudizio personalmente. Regola, questa, diretta, tradizionalmente, ad un tempo, ad assicurare la miglior tutela possibile dei diritti a ciascuno dei contendenti e lo svolgersi rapido e ordinato del processo, garantito dalla presenza di tecnici in grado, così da purgarlo da rimostranze, lamentele e ostruzionismi privi di fondamento giuridico e dettati esclusivamente dal coinvolgimento emotivo delle parti prive di competenza giuridica, che ne dilaterebbero inutilmente i tempi e agevolerebbero deprecabili liti, anche con passaggio a sgradevoli vie di fatto. Principio che resterebbe radicalmente frustrato per la semplice ragione che la parte priva di ministero difensivo avrebbe il diritto processuale di vedersi assegnato un termine per nominare il difensore, e, a nomina avvenuta, l'effetto "ex tunc" sancirebbe la piena validità degli atti fino a quel momento compiuti personalmente, come se fosse stata difesa da un avvocato, regolarmente munito di procura. 7.3. Si assisterebbe, in assenza di un espresso volere del legislatore a una impropria confusione tra il potere di stare in giudizio in senso sostanziale (legittimazione) e la rappresentanza processuale "ad litem". Solo nel primo caso, come si è cercato di spiegare, l'assenza di potere può essere sanata in ogni tempo (con la costituzione del soggetto legittimato o di quello adiuvante o con il deposito degli atti autorizzativi), senza implicanze processuali, trattandosi di vicenda riguardante esclusivamente il diritto sostanziale. Nel secondo caso la esistenza della procura alla lite costituisce presupposto processuale non surrogabile, salvo l'eccezione di cui all'art. 125 c.p.c., comma 2, che s'inserisce a pieno titolo nello sviluppo processuale, regolato da norme pubblicistiche. 7.4. Infine, non s'intravede quel guadagno sulla durata del processo, quella riduzione della proliferazione delle cause, che taluno ha posto in luce. L'assenza della procura, invero, genera l'inammissibilità della posizione processuale della parte e il processo verrà definito dal giudice come in tutti i processi con convenuto contumace, se è il convenuto a essere privo del ministero di un difensore. Nel caso in cui fosse l'attore a trovarsi in una tale situazione la sua domanda sarebbe inammissibile. 8. In attuazione della L. 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, il Consiglio dei Ministri ha approvato nella deliberazione del 28/9/2022 l'articolato da trasfondere nel successivo decreto legislativo (il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, è stato successivamente pubblicato sulla G.U. n. 243 del 17/10/2022). La riforma ha nuovamente riformulato il testo dell'art. 182 c.p.c., nei termini seguenti: "Quando rileva la mancanza della procura al difensore oppure un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione". La radicale modifica attribuisce un contenuto chiaramente diverso rispetto alla disposizione precedente. Non solo viene espressamente indicato il caso della "mancanza della procura", ma il vizio della nullità viene riferito al difetto di rappresentanza, di assistenza e di autorizzazione, quindi all'ipotesi della legittimazione sostanziale. Trattasi di innovazione, che avrà vigore dal 30 giugno 2023, siccome preveduto dall'art. 35 dell'articolato, la quale, costituisce spartiacque con la disciplina attuale, vigente fino alla sua data di entrata in vigore, e apre uno scenario nuovo per il futuro. L'intervento in questione conferma "a contrario" la correttezza della linea interpretativa qui sposata, secondo la quale la norma vigente non consente la "sanatoria" dell'inesistenza della procura. Vero e', peraltro, che la riforma che di qui a quale che mese entrerà in vigore, non si riferisce al fenomeno del mondo tangibile della "inesistenza", avendo evocato, invece, la "mancanza". Dal che potrebbe essere lecito dubitare se si sia voluto attribuire rilievo al mancato inserimento fra le carte processuali della procura esistente, e solo in un tal caso, o, seppure con la derivazione dal verbo mancare si sia inteso evocare anche l'inesistente in natura. Ove si opti per la prima soluzione sarebbe, di conseguenza, necessario che la parte dimostri la esistenza della procura al tempo regolato dall'art. 125 c.p.c., comma 2, che non è stato fatto oggetto di modifiche. La questione, comunque, in questa sede non può essere approfondita perché qui non rilevante. 9. Discorso a parte, richiamando quanto detto al p. 5, deve essere svolto quanto alla procura speciale per ricorrere e resistere nel giudizio di cassazione, anche dopo la riforma del 2022. L'art. 365 c.p.c., rimasto inalterato dopo l'ultima riforma del processo civile, prevede che il ricorso per cassazione deve essere "sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale". Impone, com'e' agevole cogliere, due prerequisiti, che il difensore sia iscritto nell'albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, e che sia munito di procura speciale. Il requisito della specialità deve essere letto in relazione all'area circoscritta della procura alla lite, la quale ultima è indubbiamente speciale in sé, ove raffrontata con uno strumento generale. Tuttavia, per il ricorso per cassazione l'espressa specificazione di legge delinea, per così dire, un'area qualificata di specialità, che renda inequivoca la volontà di colui che rilascia la procura di avere inteso attribuire il mandato, collegato a un contratto d'opera professionale, al proprio avvocato d'impugnare davanti alla Corte di cassazione uno specifico e individuato provvedimento giudiziario. Per questa ragione a una tale procura non s'addicono, come si è visto, formule generiche e, comunque, non puntuali, che evocano la difesa in "ogni stato e grado" o attribuiscono poteri e competenze al patrono del tutto estranei al giudizio di cassazione. Quel che serve indefettibilmente è che risulti indicato il provvedimento avverso il quale si intenda ricorrere, provvedimento che, all'evidenza, deve essere stato pubblicato in epoca anteriore al rilascio della procura. Nello stesso segno s'inserisce l'art. 125 c.p.c., comma 3, riportato sempre al p. 5, rimasto anch'esso inalterato. In questa direzione la già evocata giurisprudenza consolidata di questa Corte. Rafforza, come si è visto, l'esposto convincimento, sia pure indirettamente, la sentenza n. 13/2022 della Corte costituzionale. 9.1. Non solo la riforma del processo civile del 2022 non ha inciso su tali principi, essendo rimasto immutato l'art. 365, e l'art. 125 c.p.c., comma 3, ma li ha vieppiù confermati regolando "il procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati". Il neo introdotto art. 380 bis, dispone, infatti, che la parte destinataria di proposta monocratica di definizione, ravvisandosi inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso, può chiedere la decisione per il tramite di difensore munito di "una nuova procura speciale". E' necessitato, di conseguenza, concludere che secondo il vecchio, ma anche il nuovo regime processuale resta preclusa "sanatoria" afferente al difetto di procura speciale per il ricorso di cassazione: occorrendo che la stessa sia rispettosa del principio di specialità, che ne impone, come si è visto, certo e specifico riferimento alla decisione impugnata, non è configurabile un rilascio tardivo per ordine del giudice. Sanatoria incompatibile, per un verso, con la natura di procura speciale, la quale presuppone che il cliente richieda, attraverso il mandato collegato al contratto d'opera, all'avvocato il proprio ministero di difensore abilitato a stare in giudizio davanti alle giurisdizioni superiori, a specifico riguardo di una data decisione e, per altro verso, con la disciplina di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, che limita l'abilitazione al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori agli avvocati iscritti nell'apposito albo; disciplina che resterebbe elusa da una sanatoria con effetto "ex tunc". 10. A questo punto va enunciato il principio di diritto di cui appresso. "Il vigente art. 182 c.p.c., comma 2, non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite". 11. Alla luce di quanto sopra chiarito il primo e il terzo motivo debbono essere rigettati. Il secondo motivo deve, del pari, essere disatteso. Costituisce fermo arresto l'affermazione secondo la quale l'omessa indicazione alle parti di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d'ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità della sentenza (cd. della "terza via" o a sorpresa) per violazione del diritto di difesa, tutte le volte in cui la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Sez. 2, n. 11440, 30/4/2021, Rv. 661095; conf., ex multis, Cass. n. 11308/2020). Deve trattarsi, quindi, di una questione, fondante la decisione, afferente al diritto sostanziale controverso, in ordine alla quale la parte che pone la doglianza alleghi le ragioni che avrebbe potuto far valere, ove il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. Qui si verte, per contro, in ipotesi del rilievo doveroso da parte del giudice di un vizio processuale, in relazione al quale, i ricorrenti non allegano, né lo avrebbero potuto, ragioni, riguardanti la posizione di diritto soggettivo fatta valere. Il quarto motivo resta assorbito (in senso improprio) dal rigetto dei primi tre motivi, in quanto riporta al vaglio di merito delle difese, rimaste precluse dalla declaratoria d'inammissibilità dell'atto costitutivo per inesistenza dell'atto di procura. Del pari, assorbito (in senso improprio) deve dirsi il sesto motivo, discendendo la condanna in proprio al pagamento delle spese in capo al difensore dall'assenza di procura (cfr., ex multis, S.U., n. 10706, 10/5/2006, Rv. 589872; conf., ex multis, Sez. 3, n. 961/2009; Sez. L., n. 11551/2015 - in un caso identico -; Sez. 3, n. 58/2016; Sez. 6, n. 27530/2017; Sez. 3, n. 13055/2018). 12. La necessità di dovere approdare alla funzione nomofilattica delle Sezioni unite, in presenza di contrasto, fa apparire sussistere "ragione eccezionale", secondo il tenore dell'art. 92 c.p.c., comma 2, "ratione temporis" vigente (post-riforma operata dalla L. n. 69 del 2009 e ante-riforma di cui al D.L. n. 132 del 2014, convertito nella l. n. 162/2014), che giustifica l'interale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. 13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Avv. Antonino Sugamele

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