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Sentenza

Sanzione disciplinare per l'avvocato che usa il titolo di professore avendo insegnato solo in un corso di formazione.Detto titolo è riservato ai docenti universitari in materie giuridiche (con l'obbligo di specificare la qualifica, la materia di insegnamento e la facoltà di appartenenza).
Sanzione disciplinare per l'avvocato che usa il titolo di professore avendo insegnato solo in un corso di formazione.Detto titolo è riservato ai docenti universitari in materie giuridiche (con l'obbligo di specificare la qualifica, la materia di insegnamento e la facoltà di appartenenza).
N. 58/16   R.G.  RD n. 122/20
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito  in seduta  pubblica, nella sua sede presso il Ministerodella Giustizia, in Roma, presenti i Signori:-
 Avv. Andrea MASCHERIN      Presidente- 
Avv. Daniela GIRAUDO              Segretario f.f.- 
Avv. Giuseppe PICCHIONI                                              Componente- 
Avv. Giuseppe Gaetano IACONA                           "
- Avv. Giovanni ARENA                                                               "-
 Avv. Antonio BAFFA                                                                 
 "- Avv. Ermanno BALDASSARRE    
  "- Avv. Giampaolo BRIENZA   
   "- Avv. Francesco CAIA                  
     "- Avv. Davide CALABRO'      
      "- Avv. Maurizio MAGNANO DI SAN LIO                                     
  "- Avv. Piero MELANI GRAVERINI                                           
     "- Avv. Gabriele MELOGLI                                                        
     "- Avv. Francesco NAPOLI                                         
                   "- Avv. Mario NAPOLI            
                                                        "- Avv. Arturo PARDI      
                                                               "- Avv. Alessandro PATELLI     
     "- Avv. Stefano SAVI                                                                      "- Avv. Carolina Rita SCARANO                                                    "- Avv. Carla SECCHIERI                                                              "- Avv. Isabella Mara STOPPANI                                                   "- Avv. Emmanuele VIRGINTINO       "con   l'intervento   del   rappresentante   il   P.G.   presso   la   Corte   di   Cassazione   nella   persona   delSostituto Procuratore Generale dott. Sante Spinaci ha emesso la seguenteSENTENZAsul ricorso presentato dall'avv. [RICORRENTE] avverso la decisione in data 30/10/14, con laquale  il  Consiglio  dell'Ordine   degli  Avvocati   di  Palermo  gli infliggeva   la  sanzione   disciplinaredell'avvertimento;Il ricorrente, avv. [RICORRENTE] non è comparso; Per il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, regolarmente citato, nessuno è presente;Udita la relazione del Consigliere avv. Giuseppe Picchioni;Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;1
FATTOCon ricorso depositato al COA di Palermo l'1/3/2016 l'Avv. [RICORRENTE] - nato a [OMISSIS]il [OMISSIS], ivi residente in Via [OMISSIS], C.F. [OMISSIS] - impugnava la decisione del COAin data 30/10/2014-28/1/2016, nell'ambito del procedimento n. 31/2014, notificata il 15/2/2016con la quale gli era stata inflitta la sanzione disciplinare dell'avvertimento.La fase preliminare del procedimento era stata rubricata d'ufficio al n. 31/2014 essendosi statiindividuati   –   in   un   esposto   presentato   il   24/10/2013   dallo   stesso   avv.   [RICORRENTE]   neiconfronti di una collega -   atti e corrispondenza nei quali l'avvocato aveva utilizzato il titolo diprofessore.Il procedimento disciplinare era stato formalmente aperto il 19/6/2014 con il seguente capo diincolpazione:   "per   aver   utilizzato   in   maniera   impropria   il   titolo   di   "professore"   senza   essere docente universitario di materie giuridiche e senza l'indicazione della qualifica, della materia diinsegnamento   e   la   facoltà   di   appartenenza   così   violando   l'art.   21   (uso   di   titoli   inesistenti),canone  III,  che  l'art. 17 (informazioni sull'attività professionale) canone  principale del CodiceDeontologico Forense e, comunque, di aver violato il dovere di dignità, decoro e probità propridella   classe   forense   canoni   fondamentali   della   deontologia   come   previsti   sia   dalla   normaprimaria di cui all'art. 12 della legge professionale del 27/11/1933 n. 1578 che dall'art. 5 delCodice Deontologico Forense."Era accaduto quindi che, presa visione dell'esposto dell'Avv. [RICORRENTE], il COA avessearchiviato   l'indagine   nei   confronti   della   collega   segnalata   aprendo   il   15/5/2014   l'istruttoriapreliminare  n. 26/2014.Comunicata in data 1/10/2010 l'apertura del procedimento -   deliberato in data 19/6/2010 confissazione dell'udienza dibattimentale al 30/10/2014 -  l'incolpato aveva proposto il 29/10/2010istanza di ricusazione nei confronti di alcuni consiglieri, tra i quali il Presidente, assumendo laricorrenza dei presupposti di cui agli artt. 51 n. 3 c.p.c. (astensione per controversia giudiziale incorso) e 52 c.p.c. nella pendenza di un giudizio civile avanti al Giudice di Pace di Palermo.Tale giudizio civile era stato promosso dall'incolpato censurando che il COA,  e nello specifico ilpresidente   ed   alcuni   (10)   consiglieri,   non   avesse   tutelato   la   sua   posizione   avendo   apertod'ufficio,  e  senza  contraddittorio,   un   procedimento   disciplinare   con   una   conseguente   lesionedella reputazione tale da legittimare la richiesta risarcitoria.L'avv. [RICORRENTE] aveva precedentemente proposto anche un'istanza di riunione dei dueprocedimenti   (rubricati   al   n.   6/2014   e   26/2014)   che   il   COA   di   Palermo   aveva   respinto   condelibera   17/6/2014   sul   presupposto   della     loro   pendenza     in   fasi   diverse.   All'udienza   del30/10/2014   l'avv.   [RICORRENTE]   aveva   rinunciato   all'istanza   di   ricusazione   invitando   però   iconsiglieri attinti ad astenersi, onde il COA si era riservato e, all'esito, gli interessati avevanoritenuto di non doversi astenere per mancanza delle condizioni di legge.All'udienza   dibattimentale   l'incolpato   si   era   riportato   alle   conclusioni   già   svolte   chiedendol'assoluzione, il P.M., aveva chiesto l'archiviazione attesa l'esistenza di altra decisione appena2
pronunciata e, all'esito, il COA avendo inflitto  la sanzione dell'avvertimento  ravvisando  sia laviolazione   dell'art.   21   del   CD   precedente   che   vietava   "l'uso   di   titoli   inesistenti"   sia   l'erratainformazione resa ex art.  17 1 c. del C.D. previgente. Con ricorso depositato l'1/5/2016 insorgeva l'incolpato affidandosi a tre motivi e censurando: 1) la mancata menzione, nella decisione impugnata, della ricusazione presentata nel diverso eprecedente procedimento n. 31/14 da intendersi comunque estesa al procedimento per il qualeera proposto il gravame de quo. 2) la violazione dell'art. 274 cpc per mancata riunione di procedimenti (6/2014 e 31/2014).3)   La   rilevanza   del   fatto   di   aver   insegnato   nei   corsi   per   giuristi   d'Impresa   negando   che   laindicazione   del   titolo   di   professore   avesse   effetto   distorsivo   alla   luce   del   ruolo   di   docenteeffettivamente svolto.DIRITTOIl ricorso è infondato e deve essere respinto.L'istanza  di   ricusazione   era  stata   formulata   per  il  procedimento   disciplinare  n.  31/2014   ed  èindubbio   che   la   medesima   non   potesse   essere   estesa   ad   altri   procedimenti   oggetto   diimpugnazione   non   sussistendo   una   "proprietà   transitiva"   delle   ricusazioni   al   di   fuori   delparticolare ambito processuale.Quanto   sopra  a  prescindere  dall'avvenuta  rinuncia   alla  ricusazione  stessa  e   dal  fatto   che  lareiterazione   delle   istanze   e   la   sovrapposizione   dei   numeri   impediscono   di   comprendere   conesattezza a quale procedimento il ricorrente volesse far riferimento.La ricusazione era infatti stata presentata nel procedimento n. 26/2014 che avrebbe poi datoluogo   alla   decisione   identificata   come   resa   nel   procedimento   n.   31/2014   ed   oggetto   dellapresente impugnazione.Costituisce   dato   pacifico,   peraltro,   che   la   pendenza   di   giudizio   civile   introdotto   dal   ricusantecontro i componenti del Collegio in ragione del loro ufficio non costituisce motivo di astensioneavendo   il   "Giudice"   l'obbligo   di   astenersi   solo   in   presenza   di   un   interesse   diretto   e   proprio(SSUU n. 19526/2018)Non sussiste neppure l'addotta violazione dell'art.. 274 c.p.c. Il C.O.A., a fronte della richiesta di riunione dei procedimenti - asseritamente   connessi - nonera tenuto, ex art. 274 comma I c.p.c.,  a disporla d'ufficio: il verbo utilizzato nella norma evoca,indubitabilmente, una facoltà e non un obbligo per il Giudice disciplinare.Trattavasi di una violazione specifica che, riscontrata in un particolare ambito procedimentale,aveva   dato   luogo   all'apertura   del   disciplinare   d'ufficio   sulla   scorta   di   evidenze   documentaliafferenti ad uno specifico comportamento dell'avv. [RICORRENTE]: non v'era quindi altro cheuna connessione soggettiva.Il fatto che l'utilizzazione di un titolo non consentito fosse avvenuta anche in altre occasioni noncomporta   sicuramente   una   sorta   di   "continuazione   dell'illecito"   o   l'unicità   dello   stesso   sì   da3
legittimare  la  riunione:  si  tratta  di episodi diversi, accertati   con  modalità  e  tempi  diversi,  concomportamenti differenti dell'interessato.Tutti tali elementi rendono non censurabile la decisione assunta dal COA.Assolutamente infondata anche la tesi secondo la quale l'aver insegnato a corsi di formazioneprofessionale  legittimerebbe  l'uso del titolo di professore:  la norma  deontologica consente  diutilizzare quel titolo esclusivamente ai docenti universitari in materie giuridiche (con l'obbligo dispecificare la materia d'insegnamento).E'   di   tutta   evidenza   l'impossibilità   di   equiparare   lo   svolgimento   dei   due   incarichi   diinsegnamento e ciò a prescindere dal fatto che nella carta intestata dell'avv. [RICORRENTE]mancasse   ogni   specificazione   idonea   ad   individuare   il   ruolo   ricoperto   e   l'ambito   di   eserciziodell'attività di docenza.L'intento   confusorio   e   captatorio   appare   quindi   in   re   ipsa,   risultando   del   tutto   fondate   leargomentazioni che, svolte nella decisione impugnata, devono essere qui richiamate.Il ricorso deve quindi essere respinto. P.Q.M.visti gli artt. 50 e 54 RDL 27/11/1933 n. 1578, 59 segg. RD 37/34 e 36 e 61  L .n.  247/2012 ilConsiglio Nazionale Forense respinge il ricorso e conferma la decisione impugnata.Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità diinformazione   su   riviste   giuridiche,   supporti   elettronici   o   mediante   reti   di   comunicazioneelettronica sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessatiriportati nella sentenza.Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2019;    IL SEGRETARIO f.f.                 IL PRESIDENTE           f.to  Avv. Daniela Giraudo         f.to Avv. Andrea Mascherin  Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 17 luglio 2020.                        LA CONSIGLIERA SEGRETARIA                                  f.to  Avv. Rosa CapriaCopia conforme all'originale                        LA CONSIGLIERA SEGRETARIA                                     Avv. Rosa Capria
Avv. Antonino Sugamele

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