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Sentenza

Pagare per apparire nelle ricerche? Manipolazioni?  Il Tribunale UE condanna Google a pagare una multa di 2,42 miliardi di euro per l'intesa sui servizi di ricerca specializzata
Pagare per apparire nelle ricerche? Manipolazioni? Il Tribunale UE condanna Google a pagare una multa di 2,42 miliardi di euro per l'intesa sui servizi di ricerca specializzata
Il Tribunale UE ha in gran parte confermato la multa da €.2,42 mld inflitta dalla Decisione della Commissione UE C(2017)/4444 a Google (ed Alphabet) per l'intesa anticoncorrenziale con cui ha favorito i propri servizi a danno dei competitors. Sfruttando la propria posizione sovradominante ha attuato pratiche concorrenziali nel merito discriminando la concorrenza e chi non aveva acquistato spazi pubblicitari, essendo perciò inseriti nel database interno (c.d. indice dei prodotti): un algoritmo di aggiustamento metteva in risalto, anche nella grafica, questi ultimi, sì da rendere di fatto invisibili tutti gli altri concorrenti, sfruttando altri criteri anziché quelli della pertinenza come fatto da altri motori di ricerca generalisti o specializzati in questo settore.
È quanto ribadito dal Tribunale dell'UE il 10 novembre nel decidere il ricorso T-162/17 (EU:T:2021:763). Il Tribunale ha constatato che il motore di ricerca di questa società  forniva risultati «in base a criteri generali e senza che i siti web a cui si collegano paghino Google per apparire («risultati di ricerca generali» o «risultati generici»), oppure selezionati secondo una logica specializzata per il particolare tipo di ricerca effettuata (in qualità di «risultati di ricerca specializzati», denominati anche «risultati di ricerca verticali» o «risultati di ricerca universali»; «risultati di ricerca specializzati»). I risultati di ricerca specializzati possono essere visualizzati senza alcun intervento specifico da parte dell'utente di Internet insieme ai risultati di ricerca generali sulla stessa pagina («pagine dei risultati generali»), oppure possono apparire da soli in risposta a una query inserita dall'utente di Internet su una delle pagine specializzate del motore di ricerca di Google o dopo che sono stati attivati i link che appaiono in determinate aree delle pagine dei risultati generali di Google. Google ha sviluppato vari servizi di ricerca specializzati, ad esempio per notizie, informazioni e offerte commerciali locali, voli o shopping. Si tratta dell'ultima categoria in discussione nel caso di specie» (neretto, nda). Infatti il Tribunale dell'UE ha confermato la multa, nel suo integrale ammontare, solo per il motore di comparazione dei prezzi e quindi per la ricerca specializzata, escludendola per quella generale, dato che in quel caso i concorrenti non venivano discriminati.

Condotta anticoncorrenziale contestata. Il Tribunale, confermando quanto contestato dalla Commissione, ha evidenziato come Google da anni fosse avvezza a favorire i propri inserzionisti: sulle pagine web e di ricerca oltre ai risultati generali e/o specializzati ne comparivano altri commerciali denominati «con il termine «Ad» o «Sponsored». Appaiono in spazi specifici nelle pagine dei risultati o tra gli altri risultati. Come sopra detto possono anche comparire tra i risultati delle ricerche specializzate, dato che tra i servizi offerti da Google ci sono anche gli annunci pubblicitari a pagamento. La visualizzazione di tali risultati è legata agli impegni di pagamento assunti dagli inserzionisti in occasione delle aste. In alcune circostanze, possono essere applicati criteri di selezione aggiuntivi. Gli inserzionisti pagano Google quando un utente di Internet fa clic su, e quindi attiva, il collegamento ipertestuale nel loro annuncio, che porta al proprio sito web». In breve tramite la tecnica del crawling prima venivano create pagine in cui simultaneamente venivano presentati più annunci, poi gruppi di annunci pubblicati nelle pagine di ricerche generali o specializzate c.d «Shopping Commercial Units» o «Shopping Units» che hanno come comune denominatore il rinvio ai siti degli inserzionisti a pagamento. «Pertanto, gli utenti di Internet che hanno cliccato su un annuncio in un'unità commerciale sono sempre stati indirizzati al sito Internet di vendita dell'inserzionista. Accederebbero alla pagina di ricerca e risultati specializzata di Google per lo shopping comparativo, contenente ulteriori annunci, dalla pagina dei risultati generali solo se cliccavano su un link specifico nell'intestazione dell'unità shopping o su un link accessibile dal menu di navigazione generale (link del menu "Shopping")» (neretto, nda). In breve per attuare questa pratica scorretta volta a favorire i propri clienti, Google ha attuato  meccanismi specifici come «la sua tecnologia Universal Search e il suo algoritmo Superroot. Pertanto, secondo google, non avrebbe potuto sussistire alcuna discriminazione in quanto essa mostrava i Product Universals solo se erano più pertinenti, alla luce di tali tecnologie, rispetto ai risultati generici, e quindi i Product Universals si sarebbero guadagnati il loro posizionamento in base al merito». Per il Tribunale, invece, proprio questi strumenti ed algoritmi (Panda etc.) hanno permesso di enfatizzare (migliore posizione nella pagina, grafica che enfatizzava il prodotto di cui erano inserite foto e scheda, gli altri risultati prevedevano solo il nome della merce in blu) i propri inserzionisti relegando nell'oblio o nelle pagine della ricerca generica i concorrenti discriminandoli. È palese come questa pratica turbi il mercato e sia chiaramente anticoncorrenziale.

Manipolazione del mercato a danno dei concorrenti. In primis è irrilevante che esistano due diversi mercati paralleli: quello dei motori di ricerca con servizio di shopping comparativo e quello di siti specializzati nella vendita, ivi compresi quello della vendita diretta delle varie aziende. Più precisamente «il mercato dei servizi di shopping comparativo per gli utenti di Internet, per i quali le piattaforme commerciali e i servizi di shopping comparativo sono intercambiabili, e non il mercato dei servizi online per i venditori. Inoltre, sarebbe errato suggerire che le piattaforme commerciali non funzionano con i grandi venditori mentre i servizi di shopping comparativo danno la priorità a tali partner». In breve i due tipi di motori pur offrendo un servizio analogo sono profondamente diversi anche perché gli incassi dei motori di ricerca generalisti come Google sono dati dall'incremento del traffico e quindi della pubblicità inserita nei risultati generici.  La contestazione si fonda proprio sul servizio di comparazione dei prezzi: «trattando più favorevolmente il proprio servizio di shopping comparativo sulle sue pagine di risultati generali, google proteggeva i proventi di tali pagine generati da tale servizio di ricerca specializzato, entrate che, a loro volta, finanziavano il suo servizio di ricerca generale (considerando 642). I documenti del fascicolo mostravano che Google era preoccupata per le entrate pubblicitarie che potrebbero andare perse a causa della proliferazione di servizi di shopping comparativo concorrenti» (neretto, nda). In sintesi le suddette caratteristiche grafiche più ricche hanno comportato tassi di click-through più elevati per Google con incremento sensibile delle entrate a danno dei concorrenti che si sono trovati nell'impossibilità di sfruttare un mercato e mezzi di guadagno alternativi, finendo appunto discriminati in netto contrasto con le regole della leale concorrenza e la stessa ratio dei motori di ricerca che dovrebbero offrire risultati neutri.

Il tentativo di migliorare il motore di ricerca non è una scusa accettabile. È chiaro che Google abbia agito dolosamente e non per mera negligenza in quanto non poteva non ignorare gli effetti anti concorrenziali della sua condotta. Per il Tribunale  > L'aver inserito nel servizio di shopping comparativo annunci di terzi concorrenti ha fatto sì che tale servizio sia diventato esso stesso venditore diretto di prodotti senza vagliare valide e lecite alternative  e senza dimostrare «in alcun modo che fosse tecnicamente impossibile garantire che gli annunci di servizi di shopping comparativo concorrenti potessero essere inclusi, a condizioni non discriminatorie, nelle unità di vendita o in caselle equivalenti in termini di posizionamento e di visualizzazione, senza che tali servizi di shopping comparativo fossero essi stessi tenuti a vendere i prodotti di cui trattasi e senza che tali annunci fossero generati nel modo in cui sono prodotti gli annunci di prodotto di Google». Per tutti questi motivi e per la gravità della condotta illecita perpetrata per molti anni è stato confermato integralmente l'ammontare della multa.
Avv. Antonino Sugamele

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