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Sentenza

Le attività secondarie dei magistrati. C'è un confine tra l'amministrazione del patrimonio del magistrato e la sua attività  svolta dietro remunerazione? Ci sono linee guida per il distinguere tra le due attività? Qual è la percezione  dell'attività sistematica dei magistrati svolta dietro remunerazione per istituzioni educative private?
Le attività secondarie dei magistrati. C'è un confine tra l'amministrazione del patrimonio del magistrato e la sua attività svolta dietro remunerazione? Ci sono linee guida per il distinguere tra le due attività? Qual è la percezione dell'attività sistematica dei magistrati svolta dietro remunerazione per istituzioni educative private?
Alla luce della disciplina legislativa e regolamentare delle attività 
secondarie,  è  netta  la  distinzione  tra  l'amministrazione  del  patrimonio  del  magistrato  e  
l'attività secondaria svolta dietro remunerazione.  Il diritto di amministrare liberamente il proprio patrimonio compete al magistrato negli 
stessi limiti in cui spetta ad ogni persona. Nell'esercizio di questo diritto egli ha la facoltà 
di porre in essere tutti gli atti conservativi e dispositivi dei diritti soggettivi e delle situazioni 
giuridiche soggettive che si puntualizzano sulla sua sfera giuridica patrimoniale. In queste 
facoltà  è  compresa  anche  quella  di  sfruttare  economicamente  i  prodotti  della  propria  
attività  artistica  e  scientifica,  nonché  le  opere  dell'ingegno  o  le  invenzioni  industriali 
eventualmente  create.  Deve,  peraltro,  evidenziarsi  che  i  magistrati  hanno  l'obbligo  di  
provvedere  annualmente  a  depositare,  presso  il  Consiglio  Superiore  della  Magistratura,  
copia della dichiarazione dei redditi propria e dei familiari consenzienti, unitamente ad una 
dichiarazione  sulla  propria  situazione  patrimoniale,  recante  le  variazioni  intervenute  
rispetto all'anno precedente. Questo obbligo, che era stato previsto per i titolari di cariche 
elettive  dalla  legge  n.441  del  1982  e  per  il  personale  dirigenziale  delle  pubbliche  
amministrazioni dalla legge n. 127 del 1997, è stato esteso ai magistrati da una Risoluzione 
del Consiglio Superiore della Magistratura del 1998, ed è stato recentemente ribadito con 
Delibera dello stesso organo consiliare del 2018, al fine di tener conto delle sollecitazioni 
provenienti dal Consiglio di Europa, Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO).    L'assunzione di incarichi extragiudiziari, in sé considerata, non rientra 
nell'amministrazione  del  patrimonio  ma  nell'esercizio  delle  facoltà  connesse  con  i  diritti  
della personalità (diritto di manifestazione del pensiero: art.21 Cost.; di associazione: art.18 
Cost.; di produzione artistica e scientifica e di insegnamento: art. 33 Cost.; ecc.).  Questo  esercizio,  concernendo  diritti  fondamentali  di  rilevanza  costituzionale,  deve  
essere  garantito  anche  ai  magistrati  ma  deve  essere  contemperato  con  i  valori,  pure  
costituzionalmente rilevanti, dell'indipendenza e imparzialità della funzione giudiziaria, del 
prestigio e della credibilità del singolo magistrato e dell'intera magistratura, dell'efficienza 
e buon andamento del servizio giustizia. L'ammontare e la provenienza della retribuzione, 
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pertanto, rileva in funzione del rigore con cui vengono regolate le procedure autorizzatorie 
e con cui il Consiglio Superiore della Magistratura deve svolgere la verifica discrezionale 
di  compatibilità  dell'incarico  con  le  esigenze  del  servizio  e  con  le  funzioni  in  concreto  
espletate,  nonché  in  funzione  della  valutazione  che  il  singolo  magistrato  è  chiamato  a  
compiere,  nelle  ipotesi  di  attività  liberamente  espletabili,  della  compatibilità  delle  stesse  
con il prestigio dell'ordine giudiziario. In  questa  prospettiva  l'attività  sistematica  dei  magistrati,  svolta  dietro  remunerazione  
per istituzioni educative private, deve comunque essere valutata con maggior rigore, ai fini 
dell'autorizzazione, rispetto a quella svolta per enti pubblici, poiché è maggiore il pericolo 
che il prestigio e i valori di indipendenza e imparzialità possano essere compromessi, per 
effetto  di  compensi  provenienti  da  soggetti  estranei  all'amministrazione  della  giustizia  
portatori di interessi particolari. Si spiega, dunque, perché gli incarichi provenienti da enti privati siano tendenzialmente 
attratti alla procedura autorizzatoria ordinaria con esclusione di quella semplificata.
Avv. Antonino Sugamele

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