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Sentenza

La liquidazione del danno alla salute in caso di menomazioni concorrenti.
La liquidazione del danno alla salute in caso di menomazioni concorrenti.
Cass. civ., sez. III, sent., 9 novembre 2021, n. 32657

Fatti di causa

1. Con atto di citazione del 17 ottobre 2012 B.D. e P.F., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore P.A., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Campobasso A.S.R.E.M.-Azienda Sanitaria Regionale Molise chiedendo il risarcimento del danno per le gravi patologie neurologiche del figlio A., conseguenza delle negligenze e dei ritardi dei sanitari. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. La convenuta chiamò quindi in causa la società assicuratrice.

2. Il Tribunale adito, previa CTU, e reputato che il 40% del danno restasse a carico della parte danneggiata per il concorso della patologia di cui era portatrice la madre, accolse la domanda per quanto di ragione, condannando la convenuta al pagamento in favore degli attori, quali legali rappresentanti del minore, della somma di Euro 903.661,50 a titolo di danno non patrimoniale e della somma di Euro 210.203,28 per danno patrimoniale, nonché in favore degli attori in proprio della somma di Euro 108.000,00 a titolo di danno patrimoniale ed in favore di ciascuno degli stessi in proprio Euro 120.000,00 per danno non patrimoniale, oltre rivalutazione ed interessi per tutti gli importi riconosciuti e con condanna del terzo chiamato ai fini della manleva.

3. Avverso detta sentenza proposero appello principale gli originari attori ed appello incidentale la società assicuratrice.

4. Con sentenza di data 27 dicembre 2018 la Corte d'appello di Campobasso accolse parzialmente l'appello principale, condannando A.S.R.E.M. al pagamento degli ulteriori importi in favore del minore di Euro 602.441,00 a titolo di danno non patrimoniale ed Euro 140.135,52 per danno patrimoniale ed in favore dei genitori di Euro 72.000,00 a titolo di danno patrimoniale e, di ciascuno di essi, di Euro 80.000,00 per danno non patrimoniale, oltre rivalutazione ed interessi su tutti gli importi, con la rivalsa nei confronti della società assicuratrice. Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che ricorreva la prescrizione decennale, decorrente dal 31 maggio 2006 ed interrotta con la notifica della citazione nel 2012, spettando il risarcimento del danno, nel caso di responsabilità medica per erronea diagnosi concernente il feto, in favore non solo della madre, ma anche del padre. Aggiunse che, a partire dal 3 aprile 2006, in cui era emerso il rallentamento della crescita del feto, si era verificata carenza assistenziale per l'omessa tempestiva ospedalizzazione della paziente ed anticipazione del parto, i quali, ove eseguiti, avrebbero "con probabilità vicina alla certezza", evitato, o quanto meno ridotti, la progressione dei danni intrauterini fetali e l'entità delle lesioni neurologiche irreversibili da cui era affetto il minore e che pertanto, dato che gli esiti negativi potenzialmente discendenti dal fattore naturale avrebbero potuto essere neutralizzati o circoscritti dal corretto operato sanitario, era illogico ritenere che la situazione patologica della trombofilia materna costituisse elemento fortuito di diminuzione della rilevanza degli inadempimenti sanitari. Osservò quindi che non era "praticabile la riduzione proporzionale della responsabilità medica per la pregressa patologia della paziente (che rappresenterebbe concausa naturale e non umana), nè la riduzione equitativa del quantum risarcibile da parte della struttura sanitaria (impedita dall'interdipendenza fra l'evoluzione della sofferenza fetale e l'accertata condotta colposa dei sanitari che seguirono la donna prima del parto)". Aggiunse infine che il quarto motivo dell'appello principale era inammissibile per violazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto pedissequa reiterazione (persino, testualmente identica) delle ragioni esposte nella citazione di primo grado, senza prendere in considerazione le puntuali motivazioni della sentenza appellata, come affermato da Cass. n. 25218 del 2011.

5. Ha proposto ricorso per cassazione Amtrust Europe Limited sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi da una parte B.D. e P.F., in proprio e nella qualità di legali rappresentanti di P.A., e dall'altra A.S.R.E.M.-Azienda Sanitaria Regionale Molise, entrambi proponendo ricorso incidentale, rispettivamente sulla base di un motivo e di due motivi. È stata depositata memoria di parte.

Ragioni della decisione

1. Muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., comma 1, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente in via principale che, data la natura extracontrattuale della responsabilità con riferimento ai genitori del minore agenti in proprio, non essendo configurabile un contratto di spedalità con effetti protettivi nei confronti di terzi, si era compiuta al momento della citazione la prescrizione quinquennale.

1.1. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1223 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello, nonostante avesse concordato con le conclusioni della CTU secondo cui l'insulto iposso-ischemico subito da P.A. era da ricondurre a settimane prima della nascita ma era stato aggravato dalla mancata ospedalizzazione della paziente nella misura del 60%, non ha delimitato in modo corrispondente il quantum debeatur, che, sempre secondo il giudice di appello, non sarebbe consentito "dall'interdipendenza fra l'evoluzione della sofferenza fetale e l'accertata condotta colposa dei sanitari che seguirono la donna prima del parto". Aggiunge che, anche ove i sanitari non avessero tardato l'assistenza della gestante, P.A. sarebbe comunque nato con lesioni nEurologiche irreversibili, stante la patologia coagulativa-trombofilica di cui la B. era portatrice.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale proposto da A.S.R.E.M.-Azienda Sanitaria Regionale Molise si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., comma 1, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, data la natura extracontrattuale della responsabilità con riferimento ai genitori del minore agenti in proprio, si era compiuta al momento della citazione la prescrizione quinquennale.

2.1. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1223 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello, nonostante avesse concordato con le conclusioni della CTU secondo cui l'evento si sarebbe comunque verificato per la patologia coagulativa di cui era portatrice la gestante, con riduzione della causalità riconducibile alla mancata ospedalizzazione della paziente nella misura del 60%, non ha delimitato in modo corrispondente il quantum debeatur.

3. Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, da trattare congiuntamente in quanto coincidenti, sono inammissibili ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, per avere deciso il provvedimento impugnato la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e per non avere il motivo di censura, limitato all'improduttività di effetti favorevoli per il terzo rispetto al contratto, offerto elementi per mutare la detta giurisprudenza. Costante è, a partire da Cass. n. 6735 del 2002, l'indirizzo di questa Corte nel senso che il contratto stipulato tra una gestante e una struttura sanitaria, avente ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza, riverbera per sua natura effetti protettivi a vantaggio, non solo della gestante e del nato, ma anche del padre del concepito, il quale in caso di inadempimento, è perciò legittimato ad agire per il risarcimento del danno (a partire dalla pronuncia citata, poi Cass. n. 14488 del 2004, n. 10741 del 2009, n. 2354 del 2010, n. 16754 del 2012, n. 10812 del 2019 e n. 14615 del 2020).

4. Il secondo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, da trattare congiuntamente in quanto coincidenti, sono fondati per quanto di ragione. Le censure, benché in rubrica formulate come vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, attengono in realtà all'ipotesi di cui all'art. 360, n. 4, sotto il profilo della carenza del requisito motivazionale. Esse mirano ad evidenziare una contraddittorietà nella motivazione, la quale per un verso aderisce alle conclusioni della CTU circa l'incidenza causale della patologia pregressa della madre ai fini della menomazione di cui è affetto P.A., per l'altro non risulta delimitato in modo corrispondente il quantum debeatur.

La corte territoriale ha ritenuto non praticabile la riduzione del quantum sulla base della premessa che la tempestiva ospedalizzazione della paziente ed anticipazione del parto, ove eseguiti, avrebbero "con probabilità vicina alla certezza", evitato, o quanto meno ridotti, la progressione dei danni intrauterini fetali e l'entità delle lesioni nEurologiche irreversibili da cui era affetto il minore, precisando più avanti che gli esiti negativi potenzialmente discendenti dal fattore naturale avrebbero potuto essere neutralizzati o circoscritti dal corretto operato sanitario. La contraddittorietà della decisione, tale rendere incomprensibile la ratio decidendi, emerge qui.

Sul piano logico non possono essere assimilate la neutralizzazione e la riduzione degli esiti della patologia pregressa perché, essendo diverse le conseguenze giuridiche dei due presupposti di fatto evidenziati, si cade in un'inconciliabile contraddizione ove li si equipari (concludendo poi per l'irrilevanza della causa naturale ai fini della determinazione del danno risarcibile). Ove infatti l'intervento sanitario sarebbe stato in grado di neutralizzare la patologia pregressa non si sarebbe posto un problema di concausa di lesione ed è corretto concludere nel senso della irrilevanza della patologia pregressa ai fini della determinazione del danno risarcibile. Ove invece le conseguenze del fattore naturale sarebbero state soltanto ridotte dal tempestivo intervento sanitario, l'incidenza delle stesse al livello della causalità giuridica di cui all'art. 1223 c.c., non si sarebbe potuta negare, sulla base della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 514 del 2020, n. 28986 del 2019, n. 28990 del 2019). Sul punto vale infatti il seguente principio di diritto:

1) lo stato anteriore di salute della vittima di lesioni personali può concausare la lesione, oppure la menomazione che da quella è derivata;

2) la concausa delle lesioni è giuridicamente irrilevante sul piano della causalità materiale;

3) la menomazione preesistente può essere concorrente o coesistente col maggior danno causato dall'illecito;

4) saranno "coesistenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti non mutano per il fatto che si presentino sole od associate ad altre menomazioni, anche se afferenti i medesimi organi; saranno, invece, "concorrenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti sono meno gravi se isolate, e più gravi se associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ad organi diversi;

5) le menomazioni coesistenti sono di norma (e salvo specificità del caso concreto) irrilevanti ai fini della liquidazione;

6) le menomazioni concorrenti vanno di norma tenute in considerazione:

a) stimando in punti percentuali l'invalidità complessiva dell'individuo (risultante, cioè, dalla menomazione preesistente più quella causata dall'illecito), e convertendola in denaro;

b) stimando in punti percentuali l'invalidità teoricamente preesistente all'illecito, e convertendola in denaro; lo stato di validità anteriore al sinistro dovrà essere però considerato pari al 100% in tutti quei casi in cui le patologie pregresse di cui il danneggiato era portatore non gli impedivano di condurre una vita normale;

c) sottraendo l'importo (b) dall'importo (a), partendo dal valore (b); 7) resta imprescindibile il potere-dovere del giudice di ricorrere all'equità correttiva ove la rigida applicazione del calcolo che precede conduca, per effetto della progressività delle tabelle, a risultati manifestamente iniqui per eccesso o per difetto.

La corte territoriale ha espresso un giudizio di fatto in termini sia di neutralizzazione che di riduzione delle conseguenze della patologia pregressa da parte dell'intervento sanitario ove svolto in modo diligente, collegando a tale accertamento gli effetti giuridici della neutralizzazione (irrilevanza ai fini della determinazione del danno risarcibile) e non quelli della riduzione. In tal modo si realizza un'anomalia motivazionale, rilevante quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, sia sotto il profilo del giudizio di fatto (neutralizzazione e allo stesso tempo riduzione delle conseguenze della patologia pregressa), sia sotto il profilo del giudizio di diritto (opzione priva di motivazione in favore della fattispecie della neutralizzazione, anziché in favore di quella della riduzione). Sul punto la sentenza della corte territoriale è da ritenere priva di motivazione. Il giudizio di fatto deve avere un termine esclusivo (neutralizzazione o riduzione delle conseguenze della patologia pregressa) e deve collegarvi il conforme effetto giuridico.

5. Con l'unico motivo del ricorso incidentale proposto da B.D. e P.F., in proprio e nella qualità di legali rappresentanti di P.A., si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, con riferimento al motivo di appello ritenuto inammissibile per violazione dell'art. 342, che, avendo il Tribunale omesso di prendere in considerazione gli argomenti esposti, non si poteva non riproporre i medesimi argomenti in sede di impugnazione.

5.1. I ricorrenti incidentali hanno rinunciato al ricorso per intervenuta cessazione della materia del contendere. In mancanza di rituale accettazione alla rinuncia va dichiarata l'inammissibilità del motivo per sopravvenuta carenza di interesse. La rinuncia al ricorso incidentale determina la non sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

accoglie per quanto di ragione il secondo motivo del ricorso proposto da Amtrust Europe Limited ed il secondo motivo del ricorso proposto da A.S.R.E.M.-Azienda Sanitaria Regionale Molise, dichiarando per il resto inammissibili ricorso principale e ricorsi incidentali; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Campobasso in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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