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Sentenza

Il lockdown contro il COVID-19 è un arresto domiciliare globale? Interviene la CEDU
Il lockdown contro il COVID-19 è un arresto domiciliare globale? Interviene la CEDU
CEDU del 20 maggio 2021, caso Terhes c. Romania (ric. 49993/20)
 La Romania come ogni altro Stato dell'UE e del mondo, in seguito alle dichiarazioni dell'OMS in cui si dava atto dell'inizio della pandemia di COVID-19 ed erano dati alcuni consigli in proposito ha decretato il lockdown. Il Presidente rumeno emanò una serie di ordini con cui era istituito il lockdown dal 21/3/20 al 14/5/20: erano sconsigliate le uscite di casa dalle 6 alle 22, mentre dalle 22 alle 6 vigeva il coprifuoco con divieto assoluto di uscire salvo nei casi tassativi e rari indicati dai decreti in materia e muniti di giustificazione. Successivamente furono vietati tutti gli spostamenti salvo che per giustificati motivi.

Coloro che violavano queste misure ed erano sorpreso fuori casa senza autocertificazione dei motivi dell'uscita erano multati.

Situazione speculare, quindi, a quella italiana. Il ricorrente, ritendendo di essere sottoposto ad una detenzione amministrativa, più precisamente di aver subito «per cinquantadue giorni una privazione della libertà amministrativa, extragiudiziale e non individualizzata, imposta allo scopo di prevenire la trasmissione di una malattia contagiosa» ha adito la CEDU lamentando una deroga all'art. 5 Cedu, la quale ha ritenuto il ricorso inammissibile, rigettandolo definitivamente.

 

Il lockdown non è la galera. La CEDU in primis rimarca come il ricorrente non abbia lamentato limitazioni alla libertà di circolazione ex art. 2 protocollo 4 Cedu, ma un ben più ampio vincolo al diritto di libertà (De Tommaso c Italia del 23/2/17). Infatti contestava che non poteva uscire di casa se non per giustificati motivi e munito di un'autocertificazione scritta degli stessi, seppur non avesse il COVID, non fosse sintomatico e non fosse entrato in contatto con malati di COVID.

La CEDU contesta, però che la privazione della sua libertà non era totale, perché, seppure in tassativi casi ed in determinati momenti della giornata, poteva uscire di casa e recarsi in altri posti: non era recluso in una angusta cella e non si trovava nell'impossibilità di avere rapporti sociali (una videochiamata, una call etc. non è mai stata negata a nessuno).

Inoltre, non ha fornito alcun elemento per descrivere il suo stato d'animo o su come ha vissuto questo confinamento coatto.

Infine, la Corte rimarca che i contestati decreti non prevedevano misure limitative della libertà individuali e che il ricorrente non era sottoposto ad alcun controllo delle autorità interne perciò la sua situazione ed il lockdown in genere non erano assolutamente assimilabili alla detenzione provvisoria od ai domiciliari ex art. 5 Cedu. Questa norma non era opponibile alla fattispecie in quanto esula dal suo campo di applicazione.

Ergo non vi è alcuna incompatibilità tra il lockdown e la Cedu. In ogni caso, come nota la CEDU, la Romania ha inteso applicare le deroghe ex art.15 Cedu alla libertà di movimento. Questa norma, rubricata "deroghe in stato d'urgenza", sancisce che in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione ogni Stato membro del COE «può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale» (neretto, nda).

In conclusione, in ogni caso, se fossero state sollevate censure relative alle limitazioni alla libertà di movimento, sarebbero state respinte in forza di questa disposizione ed anche perché volte a perseguire fini legittimi nello stretto necessario in uno stato democratico come la tutela della salute e dell'incolumità pubblica ed il contrasto alla pandemia di COVID-19.
Avv. Antonino Sugamele

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