Viola il divieto di tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti sancito dall’art. 3 CEDU il provvedimento con il quale un’autorita` nazionale dispone l’espulsione dello straniero affetto da una grave patologia psichiatrica?
Espulsione dello straniero affetto da una grave patologia psichiatrica ed art. 3 CEDU
Corte europea dei diritti dell'uomo, Sez. IV, 1º ottobre 2019, ricorso n. 57467/15 – Pres. Paul Lemmens – Savran c.
Danimarca.
Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) – Divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (art. 3 CEDU) –
Patologia psichiatrica – Espulsione
La questione: viola il divieto di tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti sancito dall'art. 3 CEDU il provvedimento
con il quale un'autorita` nazionale dispone l'espulsione dello straniero affetto da una grave patologia psichiatrica?
Il fatto. Il sig. Arif Savran, cittadino turco, viveva in Danimarca
dall'eta` di sei anni. Nel 2001, il Tribunale di Copenaghen
lo ha ritenuto colpevole di rapina, sottoponendolo
a liberta` vigilata per due anni. Nel 2006, insieme ad altri, il
ricorrente e` stato coinvolto in un omicidio. Per tale azione
criminosa l'Alta Corte danese lo ha condannato a 7 anni di
reclusione e ne ha disposto l'espulsione dalla Danimarca.
L'anno seguente, la Corte Suprema ha annullato la sentenza
e ha rinviato la causa all'Alta Corte che, nell'ottobre
dello stesso anno, ha nuovamente condannato il ricorrente.
Nel corso del procedimento, il Dipartimento di psichiatria
forense rendeva un parere medico che escludeva che il
sig. Savran soffrisse di un disturbo mentale ed avanzava
l'ipotesi che lo stesso fosse affetto da un lieve ritardo. Dopo
aver consultato il Servizio immigrazione, l'Alta Corte ha
condannato il ricorrente a scontare la pena presso un istituto
per persone gravemente disabili, prima di essere espulso
dalla Danimarca.
Il sig. Savran ha impugnato la sentenza dinnanzi alla
Corte Suprema che, nel 2009, lo ha condannato a sottoporsi
a cure psichiatriche e confermato l'ordine di espulsione.
Tre anni dopo, ha presentato richiesta di revisione
della misura sanzionatoria. Acquisiti diversi pareri medici
nei quali gli veniva diagnosticata una schizofrenia paranoica,
il Tribunale ha disposto che il sig. Savran fosse
sottoposto a cure presso un dipartimento psichiatrico e
ha ritenuto inappropriata l'esecuzione dell'ordine di
espulsione per motivi di salute. L'accusa ha impugnato
la decisione relativa alla revoca dell'espulsione dinnanzi
all'Alta Corte. Quest'ultima ha annullato la decisione del
Tribunale e ha dichiarato che, secondo le informazioni
acquisite, il sig. Savran avrebbe potuto continuare lo stesso
trattamento medico nell'area di Konya in Turchia e che
le cure psichiatriche sarebbero state disponibili negli
ospedali pubblici e presso gli operatori sanitari privati
convenzionati.
Il 16 novembre 2015, il sig. Savran ha presentato ricorso
dinnanzi alla Corte lamentando la violazione degli artt. 3 e
8 CEDU.
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Giurisprudenza Italiana - Novembre 2019 2359
La decisione. La Corte, ritenendo di non dover esaminare
separatamente la denuncia del ricorrente ai sensi dell'art. 8,
si e` espressa esclusivamente in merito alla violazione dell'art.
3 della Convenzione. Il ricorrente adduceva l'assenza
di una reale possibilita` di ricevere in Turchia le cure psichiatriche
appropriate e necessarie, con il conseguente rischio
di aggravamento del proprio stato di salute psichica.
Di contro, il Governo danese riteneva che i tribunali nazionali
avessero effettuato una valutazione approfondita
dell'impatto dell'espulsione sullo stato di salute del ricorrente,
il quale avrebbe potuto continuare a ricevere lo stesso
trattamento medico in Turchia.
La Corte, pur riconoscendo che la Convenzione fa salvo
il diritto degli Stati membri di controllare l'ingresso, il soggiorno
e l'espulsione degli stranieri, ha ricordato che l'espulsione
di uno straniero viola l'art. 3 CEDU qualora
l'interessato rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti
disumani o degradanti nel paese ricevente. La sofferenza
derivante da una malattia naturale puo` rientrare nell'ambito
di applicazione dell'art. 3 qualora risulti che
questa rischi di aggravarsi, indipendentemente dalle condizioni
di detenzione, espulsione o altra misura, di cui le
autorita` possono essere ritenute responsabili.
Gia` nel caso D. c. Regno Unito (sentenza del 2 maggio
1997), la Corte aveva affermato che, uno straniero che
abbia scontato una pena detentiva non possa vantare un
diritto di permanenza nello Stato di detenzione per beneficiare
dell'assistenza medica garantita. Ciononostante, in
presenza di alcune ‘‘circostanze eccezionali'', quali l'essere
malato terminale, l'aver ricevuto cure palliative durante la
detenzione e la presenza di un rischio di essere esposto ad
affrontare la morte imminente in un ambiente tutt'affatto
che familiare ed umano, l'espulsione dello stesso potrebbe
integrare una violazione dell'art. 3 CEDU.
Nel caso Paposhvili c. Belgio ([Grande Camera], sentenza
del 13 dicembre 2016), inoltre, la Corte ha chiarito che
rientrano nella definizione di ‘‘altri casi eccezionali'' quelle
situazioni in cui si dimostri che l'allontanamento di una
persona gravemente malata possa peggiorare notevolmente
il suo stato di salute a causa dell'assenza di un trattamento
adeguato nel Paese di accoglienza o della mancanza di
accesso a tale trattamento sı` da causare una sofferenza
intensa o una riduzione significativa dell'aspettativa di vita.
Alle autorita` dello Stato che decide l'espulsione compete
verificare se le cure generalmente disponibili nello Stato di
accoglienza siano sufficienti e appropriate per il trattamento
della malattia dell'espellendo, nonche´ in che misura quest'ultimo
avra` effettivamente accesso alle cure ed in quali
strutture. A tal proposito rileva anche il costo dei farmaci,
l'esistenza di una rete sociale e familiare e la distanza da
percorrere per accedere alle strutture. Laddove sussistano
gravi dubbi sul pregiudizio che l'espulsione potrebbe arrecare
alla persona interessata, lo Stato in questione deve
ottenere sufficienti garanzie da parte dello Stato di accoglienza
acche´ questa ricevera` un trattamento adeguato ed
accessibile.
Con riferimento al caso di specie, i giudici di Strasburgo
hanno osservato come il ricorrente fosse affetto da una
grave malattia mentale a lungo termine che necessita di
un attento e costante controllo, nonche´ della somministrazione
di farmaci antipsicotici su base giornaliera. Pertanto,
uno schema di follow-up e controllo risultava essenziale per
la terapia ambulatoriale psicologica e per la prevenzione di
una degenerazione del sistema immunitario del ricorrente.
Le autorita` danesi avrebbero dovuto quindi assicurarsi che
al ritorno in Turchia sarebbe stato disponibile un referente
regolare e personale, offerto dalle autorita` turche, adatto
alle esigenze del richiedente. Infatti, sebbene la soglia per
l'applicazione dell'art. 3 CEDU sia elevata nei casi riguardanti
l'espulsione di stranieri che soffrono di malattie gravi,
la Corte ha avanzato la sussistenza di seri dubbi riguardo
alla possibilita` concreta per il ricorrente di ricevere un
trattamento psichiatrico adeguato una volta in Turchia.
In tal caso, anche lo Stato di accoglienza, su richiesta dello
Stato che dispone l'espulsione, dovra` garantire che un trattamento
adeguato sara` disponibile e accessibile alla persona
interessata.
Dunque, la Corte ha affermato che vi sarebbe una violazione
dell'art. 3 CEDU, se il richiedente dovesse essere
trasferito in Turchia senza una previa verifica da parte delle
autorita` danesi dell'esistenza di garanzie individuali e sufficienti
che un trattamento medico adeguato sarebbe disponibile
e accessibile al richiedente al momento del rimpatrio.
Detta statuizione, adottata con una maggioranza di quattro
voti contro tre, a testimonianza dell'esistenza di posizioni
non totalmente coincidenti nel collegio giudicante, e` stata
ritenuta un rimedio sufficiente a ristorare ogni pregiudizio
del ricorrente.
Gli effetti. La sentenza in commento consolida l'orientamento
espresso in Paposhvili c. Belgio. La Corte ha, infatti,
ribadito che le sofferenze derivanti da una malattia, aggravate
da una misura quale l'espulsione, possono rientrare
nell'ambito di applicazione dell'art. 3 CEDU (cfr. [Grande
Camera], N. c. Regno Unito, sentenza del 27 maggio 2008).
Tuttavia, solo in presenza di circostanze eccezionali si puo`
ritenere che l'espulsione sia suscettibile di esporre una persona
seriamente malata a trattamenti inumani o degradanti
nel Paese di destinazione. L'elemento di novita` della sentenza
in commento risiede dunque nell'ampliamento dello
spettro delle malattie rilevanti, tra le quali vengono fatte
rientrare anche le patologie di carattere psichiatrico. La
sentenza, inoltre, costituisce un'utile ricognizione dei criteri
di accertamento di dette circostanze. Tra questi, assume in
primo luogo rilevanza la verifica sul se l'allontanamento di
una persona gravemente malata possa peggiorare in modo
notevole il suo stato di salute. In secondo luogo, fondamentale
e` la verifica, caso per caso, da parte delle autorita`
nazionali, della disponibilita` nello Stato di rimpatrio di cure
sufficienti e appropriate per il trattamento della malattia.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sussistente un deficit
nell'accertamento di quest'ultima condizione ed ha
pertanto condannato lo Stato convenuto evidenziando la
poca chiarezza in merito alle reali possibilita` per il richiedente
di ricevere un trattamento psichiatrico pertinente.
E ` utile evidenziare che la decisione e` stata adottata con
una maggioranza di quattro voti contro tre. A risultare
particolarmente controversa e` stata l'applicazione nel caso
di specie del ‘‘criterio soglia'' individuato in Paposhvili, il
quale – ad avviso dei giudici di minoranza – non sarebbe
soddisfatto nell'ipotesi di malattia psichiatrica. [Teresa
Cimmino]
31-01-2020 07:11
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