La responsabilità della p.a.
Sez. U, Sentenza n. 5023 del 03/03/2010 (Rv. 612071)
La violazione, da parte della P.A., delle regole di una corretta selezione dei partecipanti ad un concorso, accertata dal giudicato amministrativo, determinando la lesione di un interesse legittimo dei concorrenti e producendo un danno - sia pure liquidabile immediatamente solo in termini di perdita di "chance" - si traduce in un illecito istantaneo, rispetto al quale le ulteriori conseguenze pregiudizievoli, determinate dalla mancata ottemperanza, da parte della P.A., del giudicato amministrativo, costituiscono mero sviluppo e aggravamento, con la conseguenza che il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria, per il danno inerente a tali ulteriori conseguenze, decorre dal verificarsi delle medesime solo se esse costituiscano la manifestazione di una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l'esaurimento dell'azione del responsabile.
Sez. U, Sentenza n. 500 del 22/07/1999 (Rv. 530553)
La normativa sulla responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno arrecato "non iure", il danno, cioè, inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall'art. 2043 cod. civ., non è possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensità, l'ordinamento appresta tutela risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell'attività illegittima della P.A., l'interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo.
Sez. U, Sentenza n. 500 del 22/07/1999 (Rv. 530554)
In relazione ai giudizi pendenti alla data del 30 giugno 1998, l'azione di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della P.A., per esercizio illegittimo della funzione pubblica, bene è proposta davanti al giudice ordinario, quale giudice cui spetta, in linea di principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo: tale è, infatti, la natura della pretesa risarcitoria, che è distinta dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto (la quale può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione, o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento). Attiene al merito la questione della riconducibilità della fattispecie di responsabilità della P.A. per atti illegittimi al paradigma dell'art. 2043 cod. civ., mentre una questione di giurisdizione è configurabile solo ove sussista, in relazione alla materia alla quale attiene la fattispecie, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, estesa alla cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali, e, quindi, del risarcimento dei danni: giurisdizione in effetti introdotta, in materia di pubblici servizi, edilizia ed urbanistica, dagli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 11, comma quarto, lett. g), della legge n. 59 del 1997, e che trova applicazione, per effetto della disciplina transitoria dettata dall'art. 45, comma diciottesimo, dello stesso decreto, solo in relazione alle controversie instaurate a partire dal 1 luglio 1998, ferma restando la giurisdizione prevista dalla precedente normativa per i giudizi pendenti alla sopraindicata data del 30 giugno 1998.
Sez. U, Sentenza n. 500 del 22/07/1999 (Rv. 530555)
Nel caso in cui sia stata introdotta, davanti al giudice ordinario, in un giudizio pendente alla data del 30 giugno 1998, una domanda risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, questi dovrà procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) dovrà, poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) dovrà, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della P.A.; d)infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A. tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo - in relazione al cui accertamento, peraltro, non è ravvisabile la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento davanti al giudice amministrativo, potendo, al contrario, detto accertamento essere svolto dal giudice ordinario nell'ambito dell'esame della riconducibilità della fattispecie sottoposta al suo esame alla nozione di fatto illecito delineata dall'art. 2043 cod. civ., - richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla P.A. come apparato, e sarà configurabile qualora l'atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l'esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa.
Con la pronuncia sopra riportata, le Sezioni Unite hanno affrontato e risolto in senso positivo la questione della risarcibilità degli interessi legittimi.
Quanto alla massima Rv. 530553 , in precedenza, in senso difforme, tra le tante, v. Cass., SS.UU., n. 5520 del 1996 - rv. 498100; Cass., SS.UU., n. 9478 del 1997 - rv. 508312; Cass., SS.UU., n. 1096 del 1998 - rv. 512184; successivamente, in senso conforme alla soluzione adottata dalle SS.UU., v., tra le altre, Cass. n. 9345 del 2004 - rv. 572919; Cass. n. 8097 del 2006 - rv. 588732; Cass. n. 2122 del 2010 - rv. 611320.
Quanto alla massima Rv. 530554, in precedenza, in senso conforme, v. Cass., SS.UU., n. 10453 del 1997 - rv. 509194; mentre, in senso difforme, v. Cass., SS.UU., n. 4833 del 1980 - rv. 408658; Cass., SS.UU., n. 442 del 1988 - rv. 456989. Successivamente, sempre in senso conforme, v. Cass., SS.UU., n. 13711 del 2005 - rv. 582153; Cass., SS.UU., n. 12373 del 2008 - rv. 603182.
Quanto alla massima Rv. 530555, in precedenza, in senso difforme, tra le tante, v. Cass., SS.UU., n. 6542 del 1995 - rv. 492774; Cass., SS.UU., n. 5520 del 1996 - rv. 498100; Cass., SS.UU., n. 9478 del 1997 - rv. 508312; Cass., SS.UU., n. 1096 del 1998 - rv. 512184; successivamente, in senso conforme alla soluzione adottata dalle SS.UU., v., tra le altre, Cass. n. 7043 del 2004 - rv. 572035; Cass. n. 6005 del 2007 - rv. 596827; Cass. n. 12282 del 2009 - rv. 608431; Cass. n. 4326 del 2010 - rv. 611907.
Sez. U, Sentenza n. 7706 del 06/08/1998 (Rv. 517798)
Il mancato guadagno dell'imprenditore per le difficoltà (o l'impossibilità) di accesso della clientela al proprio esercizio commerciale in conseguenza del protrarsi dei lavori di manutenzione di una strada pubblica, la cui causa venga indicata dal privato nella inadeguata valutazione da parte dell'ente proprietario della complessità delle opere, per l'omesso espletamento delle opportune indagini e verifiche tecniche, non può collegarsi eziologicamente ad un'attività illecita della pubblica amministrazione, non essendo ipotizzabile in via generale una regola che imponga a questa di fissare preventivamente i tempi di esecuzione dei lavori su beni pubblici ad essa appartenenti, la programmazione e la progettazione dei quali rientra nella insindacabile discrezionalità dell'amministrazione stessa.
Sez. U, Sentenza n. 7339 del 27/07/1998 (Rv. 517511)
L'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del "neminem laedere", per cui, in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 cod. civ., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario.
Sez. U, Sentenza n. 5143 del 22/05/1998 (Rv. 515734)
Il terzo danneggiato dalla realizzazione di una costruzione finitima ultimata in assenza o difformità della concessione edilizia non è legittimato a proporre azione risarcitoria contro l'Amministrazione che, ingiustificatamente, ometta o ritardi la emanazione dei provvedimenti sanzionatori di cui alla legge n. 1150 del 1942 e n. 10 del 1977, vertendosi, nella specie, in tema di poteri direttamente funzionali alla tutela di interessi generali, in relazione ai quali non è configurabile né un'obbligazione della P.A. nei confronti del singolo privato, né, conseguentemente, un correlato diritto soggettivo di quest'ultimo ad ottenere una tutela diretta attraverso la repressione dell'altrui attività abusiva (nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha rilevato come, nel caso di specie, non fosse a parlarsi neanche di inerzia dell'Amministrazione, risultando provata, per converso, l'adozione, da parte dei competenti organi comunali, di due diversi provvedimenti, l'uno impositivo dell'obbligo di sospensione dei lavori abusivi, l'altro di demolizione delle opere illegittimamente realizzate).
Sez. U, Sentenza n. 3567 del 23/04/1997 (Rv. 503909)
La discrezionalità e l'insindacabilità, da parte del giudice ordinario dei criteri, dei tempi e dei mezzi con i quali la pubblica amministrazione provvede alla costruzione, all'esercizio e alla manutenzione delle opere pubbliche trovano un limite di carattere esterno nel principio del "neminem ledere" che comporta per la stessa amministrazione l'osservanza delle specifiche norme tecniche e delle comuni regole di prudenza e diligenza a garanzia dei terzi. Pertanto in ipotesi di dedotta inosservanza delle regole suddette nella manutenzione di una condotta di acque pubbliche utilizzate per l'irrigazione di fondi agricoli, sussiste la legittimazione del conduttore di tali fondi all'azione risarcitoria nei confronti dell'amministrazione per i danni conseguenti all'interruzione del flusso idrico, non rilevando in contrario che egli non abbia la qualità di proprietario del fondo né la titolarità della concessione di derivazione dell'acqua, giacché, quale conduttore, gli è riconosciuta la facoltà di agire direttamente contro il terzo che illecitamente ostacoli il godimento del bene concessogli in affitto.
Sez. U, Sentenza n. 8685 del 04/10/1996 (Rv. 499920)
La mera richiesta, anche coattiva, di un tributo già in precedenza assolto, fondata su un atto di accertamento divenuto irretrattabile in conseguenza del passaggio in giudicato della decisione del giudice tributario, che ha respinto il ricorso del contribuente, non integra gli estremi dell'illecito aquiliano. Infatti, l'esistenza del giudicato rende del tutto non configurabile l'illecito sotto il profilo colposo, apparendo non rimproverabile la richiesta di un tributo il cui accertamento, anche se per avventura ingiusto, sia divenuto irretrattabile, mentre per integrare tale illecito sotto il profilo doloso il comportamento dei funzionari dell'amministrazione finanziaria non potrebbe esaurirsi nella mera richiesta del tributo, perché ciò troverebbe avallo nel giudicato "inter partes", ma dovrebbe articolarsi in un più grave e complesso contesto operativo che ricomprenda la originaria emissione in mala fede dell'avviso di accertamento e si estenda all'uso altrettanto in mala fede del processo e del suo risultato, integrando un vero e proprio programma persecutorio.
Sez. U, Sentenza n. 1030 del 10/02/1996 (Rv. 495793)
L'attività della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla norma primaria del neminem laedere; con la conseguenza che è consentito al giudice ordinario accertare se, da parte della stessa P.A., vi sia stato un comportamento colposo tale che, in violazione di detta norma primaria, abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo, in quanto, dati i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, la P.A. medesima è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 cod. civ., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale. Pertanto, le Camere di commercio, nel rilasciare certificazioni inesatte a causa di negligente o errato accertamento circa l'origine di merci (art. 13 d.P.R. n. 620 del 1955), possono incorrere in un comportamento colposo che si risolve in un illecito civile, spettando, quindi, al giudice ordinario l'accertamento in concreto della sussistenza delle posizioni di diritto soggettivo lese e meritevoli di risarcimento del danno.
Sez. U, Sentenza n. 5477 del 18/05/1995 (Rv. 492330)
L'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del "neminem laedere", per cui è consentito al giudice ordinario - al quale è pur sempre vietato stabilire se il potere discrezionale sia stato, o meno, opportunamente esercitato - accertare se vi sia stato da parte della stessa amministrazione un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 cod. civ., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario.
22-03-2020 12:58
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