Inabili totali al lavoro: per la Consulta 285, 66 euro mensili sono insufficienti per soddisfare i bisogni primari.
L'ufficio stampa della Corte Costituzionale ha reso nota la decisione assunta nella camera di consiglio del 23 giugno 2020 rispetto ad un caso di una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale, con cui ha ritenuto che «un assegno mensile di soli 285,66 euro sia manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i mezzi necessari per vivere», con conseguente violazione del diritto riconosciuto dall'art. 38 Cost. secondo cui «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale».
La Consulta ha dunque affermato che «il cosiddetto “incremento al milione” (pari a 516,46 euro) da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall'art. 38 l. n. 448/2001, debba essere assicurato agli invalidi civili totali, di cui parla l'art. 12, comma 1, l. n. 118/1971, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge. Conseguentemente, questo incremento dovrà d'ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano, in particolare, di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro».
In attesa del deposito della sentenza, la Corte fa sapere che la pronuncia non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi a partire dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, «resta ferma la possibilità per il legislatore di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali vigenti, purché idonee a garantire agli invalidi civili totali l'effettività dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione».
Gli invalidi civili di età superiore a 18 anni, con una totale inabilità lavorativa, in assenza di altri redditi hanno diritto a percepire una pensione fino a 651,51 euro mensili, cioè l'incremento all'ex milione di lire da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall'articolo 38 della legge 448/2001. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella camera di consiglio di martedì scorso.
Con una sentenza di tipo additivo e in riferimento alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Torino, i giudici hanno ritenuto violato il principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione. Il termine di paragone utilizzato è l'assegno sociale – pari per quest'anno a 459,83 euro lordi mensili – corrisposto ai cittadini di età superiore ai 67 anni, in possesso di determinati requisiti reddituali, mentre gli inabili al lavoro di età compresa tra i 18 anni e i 65 anni percepiscono 286,81 euro lordi mensili. Secondo i giudici remittenti, considerata la sostanziale assimilabilità dei due benefici, sembrerebbe irragionevole riconoscere al soggetto inabile al lavoro, con meno di 65 anni, un trattamento inferiore rispetto all'assegno sociale, considerata la “analoga” situazione di bisogno.
La Corte ha stabilito che la sentenza, non ancora depositata, produrrà effetti dal giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, salva la facoltà del legislatore di disciplinare le misure assistenziali in favore degli invalidi civili totali. L'importo dell'incremento al milione, inizialmente pari a 516,46 euro, per effetto dell'inflazione è giunto a 651,51 euro lordi mensili. Tale importo subisce riduzioni all'aumentare del reddito del percipiente, venendo comunque garantito nella misura di 286,81 euro per redditi compresi tra 8.469,63 e 16.982,49 euro annui.
Nei confronti degli invalidi civili totali, l'aumento dell'assegno fino a 651,51 euro finora scattava al raggiungimento del 60esimo anno di età, in relazione ai redditi del pensionato (e del coniuge, se presente).
A fine 2019 erano 588.534 i percettori di una pensione di inabilità totale, con un assegno riconosciuto per 13 mensilità del valore di 285,66 euro. Una platea cresciuta del 4,8% rispetto al 2018 (26.992 soggetti in più). La spesa per queste prestazione l'anno scorso è stata pari a 2 miliardi e 190 milioni (+6,5% sul 2018). Un immediato adeguamento di quegli assegni a 651,51 euro potrebbe riguardare una parte di questa platea, in funzione del reddito.
Il tema della rivisitazione di queste prestazioni assistenziali si è imposto dopo l'introduzione del Reddito di cittadinanza, un assegno di 780 euro riconosciuto con la prova dei mezzi.
A fine 2019 Inps ha pagato l'indennità di accompagnamento senza vincoli Isee a una platea di 2 milioni e 222.697 beneficiari, per una spesa totale di 12,8 miliardi, in aumento del 2,54% sul 2018. Introdurre un vincolo di reddito per questa prestazione, come è stato da più parti suggerito, libererebbe risorse per rafforzare altre voci come, appunto, le inabilità totali.
25-06-2020 23:04
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