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Sentenza

Il ricorso per cassazione avverso provvedimenti del Tribunale del Riesame deve essere depositato esclusivamente nella cancelleria del Tribunale che ha emesso il provvedimento?
Il ricorso per cassazione avverso provvedimenti del Tribunale del Riesame deve essere depositato esclusivamente nella cancelleria del Tribunale che ha emesso il provvedimento?
Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 21 maggio – 19 giugno 2020, n. 18582
Presidente Di Nicola – Relatore Gentili

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 21 agosto 2019, il Tribunale di Reggio Calabria, quale Giudice del riesame delle misure cautelari personali, in parziale accoglimento della richiesta di riesame prOposta da B.M. , indagato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 1 e 2 e art. 73, ha annullato l'ordinanza del 24 giugno 2019 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria limitatamente al capo 88) dell'imputazione, peraltro confermandola nel resto quanto all'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di impugnazione.
2.1. Con la prima doglianza, in particolare, quanto alla violazione di legge relativa all'art. 273 c.p.p., il ricorrente ha osservato di avere proposto in sede di riesame una serie, rimasta a suo dire inevasa, di rilievi critici quanto al giudizio di gravità indiziaria, siccome formulato in ordine all'esistenza del reato associativo ed alla relativa motivazione a sostegno.
Meglio specificando si è osservato che non si sarebbe tenuto conto della condizione peculiare di tossicodipendena del ricorrente, nonché della condotta attribuita all'indagato stesso e del ruolo assegnatogli in sede di indagini.
Infatti il ricorrente, nel duplice ruolo di consumatore e spacciatore di stupefacenti, si sarebbe, in tesi, sistematicamente rifornito dal nucleo familiare M. , concretizzando la propria partecipazione all'associazione con detti reiterati acquisti di sostanza stupefacente, funzionali sia al consumo personale delle sostanze stupefacenti che alla successiva loro rivendita a terzi.
In realtà l'unico rapporto accertato, nè seriale nè preventivamente determinato, era rappresentato dall'acquisizione di droga per il consumo personale, nè era risultata provata la rivendita della droga "per conto terzi" (con la conseguente consegna del corrispettivo all'originario fornitore, cioè ai M. ).
Nell'impugnato provvedimento, benché la circostanza fosse stata ritualmente dedotta, nulla si era inteso osservare al riguardo, essendo già così integrato un vizio motivazionale.
Altrimenti si sarebbe dovuto ritenere - tra l'altro in maniera del tutto iniqua - che qualsiasi tossicodipendente andava automaticamente considerato intraneo all'associazione da cui sistematicamente egli si fosse rifornito.
Al riguardo l'ordinanza impugnata non dava conto in alcun modo della consapevolezza in capo al ricorrente del fatto di relazionarsi con una struttura associativa. Nè rilevava il fatto che il ricorrente avesse considerato l'esistenza di un utile in tal modo derivante al fornitore ed indicato dal provvedimento impugnato, ossia di così concorrere e contribuire agli interessi economici del nucleo familiare col quale il medesimo ricorrente si relazionava, dal momento che nulla era stato detto circa il fatto che il B. fosse al corrente che detto nucleo familiare rappresentasse un'associazione criminosa.
2.2. Col secondo motivo è stata riproposta la questione di legittimità costituzionale, già disattesa col provvedimento impugnato, dell'art. 309 c.p.p. nella parte in cui non prevede un termine entro il quale la richiesta di riesame, depositata avanti ad un'autorità diversa da quella competente per il successivo giudizio, debba essere trasmessa al Tribunale del riesame che si dovrà pronunziare su di essa, ovvero nella parte in cui non prevede che il termine di 10 giorni entro il quale deve intervenire la decisione debba ritenersi valido anche in ipotesi di presentazione della richiesta nelle forme di cui all'art. 582 c.p.p., comma 2.

Considerato in diritto

1. Ritiene il Collegio che il presente ricorso debba essere rimesso alle Sezioni unite penali di questa Corte stante la necessità di definire una questione preliminare attinente alla ammissibilità o meno dei ricorso stesso tale da poter innescare, ove sulla stessa non intervenga il chiarimento interpretativo dell'organo di rimessione, un contrasto di giurisprudenza.
1.1 Come, peraltro, sarà nel prosieguo precisato, la questione medesima si presenta, ad avviso di questo Collegio, meritevole di essere esaminata dalle Sezioni unite penali in quanto involgente un profilo di notevole interesse sul quale vi è, con tutta verosimiglianza, una situazione di incertezza applicativa potenzialmente foriera di ingiustificate casuali disparità di trattamento.
1.2 La ritenuta necessità di rimettere la definizione della questione al magistero delle Sezioni unite non è, pertanto, legata alla esistenza di un attuale contrasto giurisprudenziale - posto che le indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza di legittimità rintracciabile in argomènto sarebbero tali da condurre pianamente alla indubbia dichiarazione.di inammissibilità del ricorso - quanto alla ritenuta opportunità di prevenire un possibile contrasto quale deriverebbe dall'eventuale valutazione positiva che questa Sezione dovesse fare in merito alla ammissibilità, sotto il profilo della tempestività e regolarità della sua proposizione, del presente ricorso (in ordine alla astratta ricorrenza degli elementi per la assegnazione di un ricorso alle Sezioni unite al solo scopo di evitare il darsi luogo ad un succesivo contrasto giurisprudenziale, si veda: Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 novembre 2013, n. 46726, ord.), nonché dalla ritenuta speciale importanza della questione, attinente alle modalità di tutela giurisdizionale di diritti di rango assolutamente primario, che, sempre ad avviso di questo Collegio, suggeriscono, salva evidentemente la discrezionale decisiva valutazione che sul punto spetta insindacabilmente al Primo Presidente di questa Corte (cfr. Corte di cassazione, Sezione VI penale, 16 novembre 1971, n. 727), che sia sottoposta alla massima espressione nomofilattica dell'organo preposto, ai sensi dell'art. 65 dell'Ordinamento giudiziario, alla uniforme interpretazione della legge ed alla uniformità del diritto oggettivo, la questione formulata da questa Sezione.
2. La questione attiene alle modalità di presentazione del ricorso per cassazione avente ad oggetto la impugnazione di un provvedimento in materia cautelare personale, sia che si tratti di riesame oppure di appello cautelare, reso dalla Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari personali istituita presso i Tribunali distrettuali, sia - sebbene non sia questo il caso in attuale scrutinio - ove venga proposto immediatamente ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., comma 2, contro la ordinanza con la quale è stata disposta la misura coercitiva.
2.1 Ai fini della dimostrazione della rilevanza della questione nel presente giudizio è il caso di chiarire che, come dianzi accennato, il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, ha, con ordinanza del 22 agosto 2019, i cui motivi sono stati depositati in data 24 settembre 2019, solo parzialmente accolto la istanza di riesame presentata nell'interesse di B.M. avverso l'ordinanza con la quale, in data 24 giugno 2019, il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva applicato al B. la misura cautelare della custodia in carcere.
Essendo stata siffatta ordinanza notificata, come segnalato dallo stesso ricorrente, all'originario istante in data 14 ottobre 2019, questi ha proposto ricorso per cassazione avverso di essa il successivo 24 ottobre 2019, quindi l'ultimo giorno utile al fine di cui sopra, tramite deposito del relativo atto impugnatorio presso la Cancelleria del Tribunale di Locri, da dove questo è stato trasmesso al Tribunale di Reggio Calabria ove il medesimo è pervenuto in data 12 novembre 2019, quindi ben oltre il termine di 10 giorni previsto per la proposizione in questi casi del ricorso per cassazione, secondo quanto regolato dall'art. 311 c.p.p., comma 1.
2.2 Questo essendo lo stato degli atti, rileva il Collegio che, secondo l'orientamento interpretativo sino a questo momento, a quanto risulta, dominante presso la giurisprudenza della Corte, il ricorso del B. sarebbe da dichiarare radicalmente inammissibile, quale che fosse la declinazione del predetto orientamento che questa Corte intendesse seguire.
Infatti, nella giurisprudenza di legittimità, anche recente, è stato affermato al riguardo, il principio in forza del quale in tema di impugnazioni cautelari, il ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame deve essere presentata, a pena di inammissibilità, nella Cancelleria dello stesso Tribunale che ha emanato l'atto, con esclusione, anche per la parte privata, di qualsiasi soluzione alternativa, dal momento che le specifiche modalità di presentazione di tale forma di impugnazione sono oggetto di disciplina autonoma cui non si applicano, ove non espressamente richiamate, le norme che regolano in via generale le modalità di presentazione delle impugnazioni ordinarie (in tal senso, di recente, fra quelle oggetto di massimazione: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 27 marzo 2019, n. 13420).
Questo orientamento, peraltro, segue un indirizzo già in precedenza enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale, in tema di riesame, le specifiche modalità fissate dal legislatore per la presentazione della impugnazione costituiscono uno ius singulare, le cui regole possono fare eccezione rispetto a quelle che disciplinano l'ordinaria modalità di presentazione dell'impugnazione.
Da tanto consegue, secondo tale indirizzo, che la presentazione del ricorso per cassazione conseguente al deposito della decisione assunta dal Tribunale del riesame va presentata nella Cancelleria dello stesso, Tribunale che ha emanato l'atto impugnando, con esclusione di qualsiasi altra soluzione (così già: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 20 marzo 1991, n. 3539).
Una tale soluzione è stata argomentata sulla base del rilievo che, in materia, non possono trovare applicazione le diverse norme sulla presentazione dell'atto di impugnazione di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p., posto che la operatività delle stesse è limitata - per effetto del rimando ad esse contenuto nel solo art. 309 c.p.p., comma 4, esclusivamente alla richiesta di riesame e, per effetto del richiamo contenuto nell'art. 310 c.p.p., comma 2, a tale ultima norma citata alla proposizione dell'appello cautelare.
2.3 A tale più drastica declinazione dell'orientamento descritto, se ne affianca (più che contrapporsi ad esso) un'altra modalità espressiva, numericamente prevalente, in base alla quale, all'evidente scopo di lenire i rigori del precedente indirizzo, il ricorso per cassazione presentato nella Cancelleria di Ufficio giudiziario diverso rispetto a quello che ha emesso il provvedimento cautelare impugnato non è radicalmente inammissibile – come - invece sostenuto, senza alcuna possibilità di ipotesi di recupero dell'atto, secondo l'orientamento precedentemente esposto - ma può essere ritenuto ammissibile allorché esso, pur erroneamente depositato non presso la Cancelleria del giudice a quo, sia tempestivamente pervenuto anche nella Cancelleria dell'Ufficio ove ha sede il giudice che ha emesso l'atto impugnato, essendo a carico dell'impugnante il rischio che l'impugnazione in tal modo presentata sia poi dichiarata inammissibile per tardività, ove essa abbia, invece, raggiunto l'Ufficio giudiziario corretto oltre i termini di legge; ciò in quanto la data di presentazione della impugnazione, salvi i casi disciplinati appunto dagli artt. 582 e 583 c.p.p., è, comunque, solo quella in cui l'impugnazione perviene all'Ufficio giudiziario competente a riceverlo (così: da ultimo in ordine di tempo, fra quelle massimate: Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 maggio 2020, n. 14774; idem Sezione II penale, 23 gennaio 2019, n. 3261; idem Sezione I penale, 22 febbraio 2012, n. 6912; idem Sezione V penale, 4 novembre 2009, n. 42401).
3. Appare necessario, sempre al fine di chiarire i termini del quesito sottoposto all'esame delle Sezioni unite penali, riassumere brevemente il contenuto della normativa processualpenalistica dettata in materia di presentazione dell'atto di impugnazione, in generale, e per la presentazione dell'impugnazione in materia cautelare, in particolare.
3.1 Come è noto, per le impugnazioni in generale la regola è che, salvo che la legge non disponga diversamente, l'atto introduttivo del giudizio nell'ulteriore grado vada presentato, personalmente o tramite incaricato, nella Cancelleria presso l'Ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento gravato (cfr., in linea generale l'art. 72 c.p.p., comma 1, disposizione questa che, in quanto espressiva di uno dei principi generali in materia di impugnazioni contenuti nel Titolo I del Libro IX del codice di rito, appare indubbiamente applicabile anche alla impugnazione di fronte alla Corte di cassazione); tuttavia, per le parti private ed i loro difensori (pertanto non per l'Ufficio del Pm) l'impugnazione può essere presentata anche nella Cancelleria del Tribunale o del Giudice di pace del luogo ove gli impugnanti si trovino ovvero anche di fronte ad un agente consolare all'estero.
In tali casi, come espressamente disposto dall'ultimo periodo dell'art. 582 c.p.p., comma 2, l'atto in tal modo depositato, sul quale è stata apposta, non diversamente per quanto previsto nell'ipotesi ordinaria, dal pubblico ufficiale addetto alla sua ricezione la indicazione con la data di presentazione, onde definirne la tempestività o meno, e dell'identità del presentatore, viene immediatamente trasmesso alla Cancelleria dell'Ufficio giudiziario che emise il provvedimento impugnato.
3.2 Per ciò che attiene alle impugnazioni riguardanti i provvedimenti cautelari, il codice di rito detta regole differenti per i gravami proposti innanzi al Tribunale del riesame e per i ricorsi proposti, invece, di fronte alla Corte di cassazione.
Per i primi, infatti, diversamente da quanto previsto dalla testè ricordata reggia generale di cui all'art. 582 c.p.p., comma 1, la richiesta di riesame è presentata - entro lo stringente termine di dieci giorni, decorrente, per l'interessato, di regola dalla esecuzione o dalla notificazione del provvedimento cautelare ovvero, nel caso di misura riguardante un individuo latitante, dal momento della notificazione del provvedimento ex art. 165 c.p.p. o, ove tale provvedimento sia di fatto rimasto ignoto al suo destinatario, dal momento della sua esecuzione, e per il suo difensore dal momento della notificazione a questo del provvedimento in questione – stante la espressa previsione di cui all'art. 309 c.p.p., commi 4 e 7, presso la Cancelleria dell'Ufficio giudiziario ove è insediata la Sezione del Tribunale competente per il riesame (o, se del caso, per l'appello); quindi, per intendersi, non presso il giudice a quo, come d'ordinario, ma presso il giudice ad quem.
Tuttavia il citato art. 309 c.p.p., comma 4, precisa che si osservano, comunque, le forme previste dagli artt. 582 e 583 c.p.p..
Il che ha indotto la giurisprudenza di questa Corte a rilevare in termini non contrastati - affermando un principio sul quale si tornerà successivamente - che la richiesta di riesame può essere validamente presentata anche nella Cancelleria della sezione distaccata del Tribunale del luogo di emissione della decisione impugnata o, comunque, in una Cancelleria diversa da quella del giudice del riesame, indicata a tal fine dall'art. 309 c.p.p., comma 4, dal momento che la disposizione generale sulle impugnazioni, secondo cui le parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella Cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, in quanto espressiva del principio del favor impugnationis, non ha carattere eccezionale e dunque non deve essere interpretata in senso restrittivo, rigorosamente ancorato al dato testuale (Corte di cassazione Sezione II penale 6 dicembre 2006, n. 40202; idem Sezione II penale, 2 dicembre 2005, n. 44215)
3.3 Per la presentazione del ricorso per cassazione è, invece, confermata la regola generale in quanto, l'art. 311, comma 3, per i provvedimenti cautelari personali, e art. 325, comma 3, (che richiama la norma precedente, per i provvedimenti cautelari reali) dispongono che il ricorso per cassazione vada presentato presso la Cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato; non vi è alcun richiamo alla osservanza delle forme previste dagli artt. 582 e 583 c.p.p..
3.4 Vi è, peraltro, a questo punto, da osservare che il regime delle impugnazioni in materia cautelare non può definirsi un sistema chiuso, per ciò intendendosi un sistema del tutto autonomo rispetto a quello generalmente riferibile alle altre tipologie impugnatorie, che contenga tutte le disposizioni che valgano a strutturarlo come un sistema autosufficiente, tale da non tollerare - in assenza di una espressa disposizione che disciplini in termini peculiari uno specifico aspetto della materia - la possibilità di attingere alle regole comuni in materia di impugnazioni - laddove non vi sia, come detto, un'autonoma disciplina - al fine di integrare la normativa particolare tramite il ricorso, appunto, ai principi generali vigenti in argomento (sulla applicabilità della disciplina di carattere generale in materia di giudizio impugnatorio alle forme di gravame speciale previste in materia cautelare per tutto quanto non espressamente o diversamente stabilito dall'art. 310 c.p.p., cfr.: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 1 luglio 1994, n. 1775).
4. Il punto da valutare è, pertanto, se relativamente alla ipotesi di ricorso per cassazione in materia de libertate la omessa previsione della applicazione delle forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. nel testo dell'art. 311, comma 3, ne debba comportare la impossibilità di applicazione, così come risulta, sia pure con le richiamate diverse sfumature, in base alla dominante giurisprudenza.
4.1 Ritiene questo Collegio che, in linea di principio, due appaiono essere le rationes decidendi che potrebbero militare in favore della inammissibilità del ricorso per cassazione in materia cautelare presentato nelle forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p.: una prima di carattere formale, legata alla littera legis, ed una secondo di tipo funzionale, legata alle finalità perseguite dal tipo di giudizio in discorso ed alle esigenze che pertanto debbono essere salvaguardate.
4.2 Quanto alla prima, essa trova fondamento nel fatto che, mentre per la impugnazione in sede di riesame sono, come dianzi già segnalato, espressamente richiamate, all'art. 309 c.p.p., comma 4, le forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. (forme in relazione alle quali si intendono per pacifica giurisprudenza ricomprese anche le possibili modalità speciali di presentazione del ricorso: Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 dicembre 1992, n. 1448), un tale riferimento non è contenuto per ciò che attiene al ricorso per cassazione nell'art. 311 c.p.p., comma 3.
L'argomento appare non pienamente convincente, posto che diversamente da quanto è previsto dall'art. 1311 c.p.p. in relazione al ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari, il cui luogo ordinario di presentazione è, come da regola generale sancita dal già dianzi ricordato art. 582 c.p.p., comma 1, la Cancelleria del giudice a quo - nel caso di presentazione di istanza di riesame la sede di deposito dell'atto impugnatorio è, eccezionalmente, la Cancelleria del giudice ad quem; il riferimento, pertanto, alle forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. vale a ristabilire nel caso di impugnazione in sede di riesame (o di appello cautelare) la applicabilità per il resto, eccettuata la disposizione eccezionale, della disciplina ordinaria.
Un siffatto richiamo in materia di ricorso per cassazione non sarebbe stato, pertanto, pertinente, attesa la circostanza che in relazione a tale procedimento non vi è alcuna difformità rispetto alla regola generale la cui applicazione non risulta affatto essere derogata nè in via implicita nè, tantomeno, in via espressa.
Sul punto non è, d'altra parte, privo di significato osservare che, nell'originario testo codicistico, l'art. 309 c.p.p., comma 4, il quale prevede, come più volte ricordato, con disposizione che costituisce eccezione alla regola generale, che il ricorso in sede di riesame (e di appello) cautelare sia presentato di fronte al giudice ad quem, richiamasse solamente l'art. 582 c.p.p., e non anche l'art. 583, cioè solamente la disposizione che risultava essere espressamente derogata che, diversamente sarebbe stata integralmente non applicabile, e non solo nella parte relativa al luogo di presentazione del ricorso, con un'evidente lacuna normativa che avrebbe reso di problematica applicazione per il resto, data la sua incompletezza, la disciplina relativa al deposito del ricorso in sede di riesame.
Tali argomenti renderebbero, pertanto, privo di un significativo avallo logico il, peraltro sempre discutibile, tipo di argomentazione che si basasse sul principio di carattere testuale del ubi lex dixit voluit, ubi tacuit noluit, considerato che, in questo caso, al silenzio del legislatore non appare ragionevole attribuire un qualche significato non immediatamente espresso.
Va, a questo proposito, anche ricordato che la giurisprudenza di legittimità, sebbene ad altri fini e sia pure implicitamente (in particolare allorché ha affermato che l'art. 625-bis c.p.p. non contiene alcuna deroga alla disposizione di carattere generale dettata dall'art. 582 c.p.p.), ha, peraltro, precisato che le eccezioni ai principi generali che regolano la disciplina delle impugnazioni debbono essere espresse (così: Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 27 luglio 2015, n. 31744).
4.3 Quanto alla restante ratio decidendi, cioè quella legata alle specifiche finalità perseguite attraverso la impugnazione di uni provvedimento di carattere cautelare, per il quale una serie di indici normativi, evidenziano la valorizzazione che il legislatore ha inteso attribuire alle esigenze di speditezza processuale, si tratta di un argomento che, come sul dirsi, corre il rischio di "provare troppo", cioè di dimostrare, attraverso la sua astratta riferibilità in termini di assoluta preponderanza alla sola fase connessa al ricorso in sede di riesame, la mancanza di logicità della sua applicazione anche alla fase processuale del ricorso per cassazione avverso il provvedimento cautelare.
In esso, infatti, le esigenze di speditezza, pur presenti, hanno una incidenza, sotto il profilo effettuale, assai inferiore di quella che, invece, esse spiegano nella fase del riesame.
A tal fine appare opportuno considerare sistematicamente il diritto vivente già formatosi in siffatta materia.
Infatti, già con la sentenza n. 11 del 1991 le Sezioni unite penali di questa Corte ebbero a chiarire che il rinvio che in tema di presentazione della richiesta di riesame l'art. 309 c.p.p., comma 4, (applicabile anche all'appello in virtù del richiamo dell'art. 310 c.p.p., secondo 2) fa alle forme dell'art. 582 stesso codice di rito comprende anche il cit. art. 582, comma 2, secondo il quale le parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella Cancelleria della Pretura in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti ad un agente consolare all'estero; una volta avvenuta la presentazione della richiesta o, dell'appello in tali ultimi uffici nel termine di dieci giorni di cui all'art. 309 c.p.p., comma 3 è del tutto irrilevante, al fine della tempestività dell'impugnazione, che l'atto raggiunga o meno entro lo stesso termine la Cancelleria del Tribunale indicato nel cit. art. 309 c.p.p., comma 7 (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 2 gennaio 1991, n. 11); per effetto di tale pronunzia è, a questo punto, indubbio che il ricorso al Tribunale del riesame e quello in sede di appello cautelare, in relazione ai quali la esigenza di speditezza e di celere definizione del procedimento (nel precipuo, ma non esclusivo, interesse del ricorrente., come testimoniato dalla previsione della perdita di efficacia del provvedimento cautelare in caso di mancata definizione del procedimento relativo alla sua impugnazione in termini brevi, ma anche dalla rapidità di consumazione del termine per la presentazione del ricorso in sede di riesame) possono essere certamente presentati anche nelle sedi, diverse da quella ordinaria indicata dall'art. 309 c.p.p., comma 4, di cui all'art. 582 c.p.p., comma 2.
4.4 Nell'affermare tale principio la Corte ebbe a precisare che la tesi, opposta a quella ritenuta migliore, fondata sulle ragioni di celerità che sovraintendono al procedimento di riesame de libertate, appare viziata da un'insanabile contrasto logico in quanto - ove si ritenga che dette ragioni siano finalizzate ad assicurare una più tempestiva tutela alla posizione del ricorrente (e questa sarebbe la motivazione che, onde tagliare i tempi procedurali, avrebbe determinato il legislatore ad individuare, eccezionalmente, nella Cancelleria del giudice ad quem il luogo ordinario di deposito del ricorso in sede di riesame) - non sarebbe giustificata la privazione in capo al ricorrente di una altra facoltà a lui spettante - la cui incidenza in termini di maggiore o minore dispendio di tempi e di risorse per il ricorrente non è necessario dimostrare, data la sua palmare evidenza - cioè di quella di depositare l'atto impugnatorio preso un Ufficio giudiziario diverso da quello che ha emesso il provvedimento impugnato, obbligandolo, invece, a compiere tale formalità presso un Ufficio (appunto quello a quo) eventualmente distante rispetto alla sede ove il soggetto depositante si trovi in quel momento.
Come è stato efficacemente rilevato nell'occasione, "le allegate ragioni di urgenza potrebbero compromettere proprio l'attuazione di quel diritto che si pretende con esse di assicurare ancor più rapidamente"; ciò, fu aggiunto, "non solo in contrasto con il favor impugnationis, cui è indubbiamente ispirato il sistema processuale, ma con intuitive possibilità di implicazione costituzionale, quanto meno in relazione all'art. 24 Cost." (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 2 gennaio 1991, n. 11, in motivazione).
4.5 Nell'ambito del medesimo ordinè di idee si è nuovamente mossa questa Corte, anche questa volta a Sezioni unite, allorché, con la recente sentenza n. 47374 del 2017, ha ritenuto estensibili anche alle impugnazioni in sede di riesame cautelare reale, cioè alla fattispecie di cui all'art. 324 c.p.p., comma 2, le medesime facoltà che con la precedente decisione n. 11 del 1991 si era inteso riconoscere al caso del riesame del provvedimento cautelare personale; anche in siffatta occasione la Corte ha ulteriormente ribadito come, al fine di sostenere la tesi opposta a quella prescelta, fosse "debole l'argomento (...) volto a valorizzare esigenze di semplificazione e di celerità procedimentale (...) perché comunque illogico e contraddittorio, là dove si consideri che la rapidità procedimentale si risolve nel restringimento delle possibilità di tutela, per i tempi contenuti assegnati alla difesa della parte privata" (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 13 ottobre 2017, n. 47374, in motivazione).
4.6 Siffatti argomenti tanto più appaiono rilevanti e significativi se applicati alla fattispecie relativa alla impugnazione in sede di legittimità del provvedimento de libertate in relazione alla quale le segnalate esigenze di speditezza procedimentale, pur sussistenti (si veda, infatti, quanto prevede l'art. 311 c.p.p., comma 5 in tema di termini entro i quali la Corte di cassazione dovrebbe decidere su di un ricorso di tal genere, senza, però, che all'eventuale violazione del predetto termine debba seguire, in ordine del provvedimento impugnato qualsivoglia effetto), non hanno una incidenza così sensibile come nel corrispettivo giudizio di merito.
4.7 Argomenti diretti a sostenere l'esistenza di deroghe al regime delle impugnazioni in generale neppure possono essere tratti, secondo questo Collegio, dalle modifiche apportate in parte qua dalla L. n. 332 del 1995, posto che la novella lasciò immutato l'art. 311 c.p.p., comma 3 e modificò l'art. 309 c.p.p., comma 4, che era così formulato "La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7, con le forme previste dall'art. 582", estendendo il rinvio, fermo tutto il resto, anche alle forme dell'art. 583 c.p.p..
Nella relazione alla proposta di legge, d'iniziativa dei deputati S. ed altri, con specifico riferimento all'articolato che, nella parte che qui interessa, si tradusse nell'attuale formulazione legislativa, si affermò come la possibilità di spedire la richiesta di riesame a mezzo telegramma o con altro atto da inviare con raccomandata fosse preordinata a risolvere i numerosi contrasti giurisprudenziali ed, insieme, a facilitare, sotto il profilo,operativo, l'azione della difesa.
4.8 Peraltro, anche a tale proposito, le Sezioni unite penali di questa Corte erano già intervenute a stroncare il contrasto rispetto alle pronunce secondo cui l'indicazione del solo art. 582 c.p.p. da parte dell'art. 309 c.p.p., comma 4, avrebbe escluso che potesse trovare applicazione anche l'art. 583, operante, invece, come regola generale per la presentazione delle impugnazioni (così, infatti: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 14 novembre 1992, n. 3383), avendo affermato nell'occasione che, in materia di misure cautelari, sia reali che personali, la richiesta di riesame può essere proposta con telegramma o con atto trasmesso a mezzo di raccomandata, a norma dell'art. 583 c.p.p. ed in tal caso "l'impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma" (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 7 luglio 1993, n. 8).
Ed è significativo come in quest'ultimo arresto, nella parte che qui interessa, fosse stata ricordata la, già qui citata, sentenza delle Sezioni unite penali n. 11 del 1991 nella parte in cui in essa si era affermato che il rinvio operato alle "forme" dell'art. 582 c.p.p. deve intendersi concernere anche la presentazione del ricorso nella Cancelleria della, allora, Pretura ed era stato chiarito, da un lato, che il rinvio "si estende ad ogni modalità procedurale della norma alla quale...(esso rinvio, ndr)... viene operato" e, dall'altro, che le disposizioni in questione hanno "solo voluto indicare l'organo definitivo destinatario dell'istanza".
Su queste basi le Sezioni unite pervennero, con la sentenza n. 8 del 1993, alla conclusione secondo cui l'art. 309, comma 4 e l'art. 324, commi 1 e 2 riguardassero essenzialmente l'ufficio al quale deve essere presentata la richiesta di riesame, individuato nella Cancelleria del giudice ad quem (vale a dire la Sezione del riesame del Tribunale o provinciale o distrettuale), in deroga alla regola generale dell'art. 582 c.p.p., comma 1, secondo il quale, invece, "salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato (...) nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato", con la logica conseguenza che il rinvio contenuto nelle disposizioni in questione è diretto a chiarire i confini della deroga di cui sopra alla disciplina ordinaria, peraltro collegata alla "salvezza", espressamente stabilita nell'esordio dell'art. 582 c.p.p., comma 1.
Da ciò si è fatto derivare che non è significativo il rilievo che l'art. 309 c.p.p., comma 4 e art. 324 c.p.p., comma 2, richiamassero solo l'art. 582 c.p.p., anche perché, com'è paifico, questa non è certo l'unica disposizione di carattere generale sulle impugnazioni applicabile al riesame e all'appello relativo alle misure cautelari (regolato, quest'ultimo, attraverso il richiamo delle disposizioni sul riesame).
4.9 Sotto tale profilo apparirebbe, ad avviso del Collegio, allora insostenibile un'interpretazione che - rispetto a una disposizione (cioè l'art. 311 c.p.p., comma 3) che, a sua volta, non deroga al principio generale, secondo il quale l'impugnazione è presentata presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato - trarrebbe argomenti per sostenere che proprio l'assenza di richiami alle norme, che della disciplina generale costituiscono fondamento, equivarrebbe a deroga implicita di tali disposizioni.
Ed a tali conclusioni si giungerebbe pur ammettendosi, invece, che, laddove il principio generale è espressamente derogato (art. 309 c.p.p., comma 4), esse, cioè le altre disposizioni di carattere generale, troverebbero piena applicazione in quanto richiamate, senza considerare tuttavia che, nel secondo caso, è proprio la deroga ad una regola generale ad esigere il richiamo delle altre; esigenza questa, invece, del tutto estranea alla fisiologia dell'art. 311 c.p.p., comma 3, non essendo questa norma eccezionale.
4.10 Anche l'argomento funzionale, così come quello testuale, non appare, pertanto, ostativo alla applicazione anche alla fattispecie di cui all'art. 311 c.p.p. dei principi generali in tema di modalità di deposito del ricorso.
Peraltro, l'applicazione delle regole dettate in materia di impugnazioni in generale, laddove non espressamente derogate dalle norme relative alle impugnazioni de libertate, secondo questo Collegio, consentirebbe attraverso la conservazione nella medesima ampiezza delle ordinarie facoltà della difesa, un più rassicurante allineamento ai principi convenzionali espressi dall'art. 6 della Convenzione Edu ed il superamento, come infra meglio chiarito, di eventuali questioni di costituzionalità prospettabili ex artt. 3 e 24 Cost..
5. Venute, pertanto, meno le ragioni che avrebbero potuto giustificare l'orientamento negativo alla applicazione nella loro totalità degli artt. 582 e 583 c.p.p. anche alla ipotesi del ricorso per cassazione, e ciò pur nella declinazione meno rigorosa di esso - cioè quella che in ogni caso fa salva l'ammissibilità del ricorso nell'ipotesi in cui l'atto pervenga comunque nei termini alla Cancelleria del giudice a quò (orientamento a seguire il quale, a ben vedere, verrebbe introdotto un profilo di evidente alea in relazione alla tempestività della proposizione del ricorso - in una materia assai sensibile come quella della libertà personale, quale che sia la più o mèno intensa aggressione a tale bene primario realizzata per effetto della adozione della misura cautelare, in cui le esigenze di certezza della tutela si atteggiano in termini di evidente priorità - essendo tale elemento, la tempestività del ricorso, rimesso, nella migliore delle ipotesi, alla maggiore o minore efficienza amministrativa dell'Ufficio giudiziario ove il primo, irregolare, deposito fosse avvenuto) - si osserva, come peraltro in analoghe fattispecie già è stato segnalato da questa stessa Corte in talune delle decisioni dianzi riportate, che la scelta di una o di un'altra soluzione da attribuire al tema controverso potrebbe avere ricadute in termini di tutela costituzionale dei diritti.
5.1 E si fa precipuo riferimento al diritto di difesa, presidiato dall'art. 24 Cost., che potrebbe anche apparire ingiustificatamente compresso, se non del tutto compromesso, dalla imposizione di una modalità procedimentale che, in assenza di apprezzabili ragioni, privi il ricorrente di talune facoltà ordinariamente riconosciutegli (quelle di cui ai più volte ricordati art. 582 c.p.p., comma 2 e art. 583 c.p.p.) che gli avrebbero reso più agevole il tempestivo esercizio del diritto di cui sopra.
A tale riguardo si osserva che, peraltro, a rendere ancor meno agevole il rispetto della prescrizione riguardante il necessario deposito del ricorso per cassazione in materia cautelare presso la Cancelleria del giudice a quo milita la circostanza che la relativa competenza sarebbe (salva la sola eccezionalità del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere) concentrata, quanto alle misure reali, presso i soli Tribunali ubicati in città capoluogo di provincia - catalogo questo che non solo non esaurisce, come è noto, tutti i Tribunali, essendovi ancora, in ragioni di peculiari esigenze territoriali, taluni Uffici giudiziari di tal tipo in sedi non provinciali, ma taglierebbe fuori tutte le sedi ove è Ubicato un Ufficio del Giudice di pace - mentre, quanto alle misura cautelari personali, la lista dei possibili giudici a quibus è ristretta ai soli Tribunali che hanno sede nelle 26 città capoluogo di distretto giudiziario, la cui ubicazione nel territorio nazionale non renderebbe sempre agevole l'accesso ad essi anche a quanti dovessero raggiungerli pur dai luoghi ricompresi nel medesimo distretto ed a maggior ragione al di fuori di esso.
5.2 Vi è, altresì, da rilevare la possibile implicazione di una violazione dell'art. 3 Cost., sia sotto il profilo della disparità di trattamento di cui sarebbero vittima coloro i quali intendano impugnare un provvedimento de libertate di fronte alla Corte di cassazione, anche in ipotesi saltando la fase di fronte al riesame, e coloro i quali lo intendano impugnare in sede di riesame od appello cautelare, posto che, in assenza di ragionevoli motivi, solo ai secondi sarebbe consentita la modalità di presentazione del ricorso ai sensi degli artt. 582 e 583 c.p.p., sia sotto quello della intrinseca irragionevolezza di una interpretazione normativa che, senza adeguate ragioni, privi un soggetto di una facoltà, in questo caso connessa al diritto soggettivo processuale di impugnazione, abitualmente riconosciuta a chi si trovi in condizioni analoghe alle sue.
Con riferimento al possibile esito cui potrebbero condurre tali dubbi di costituzionalità, appare non estraneo alla economia della presente ordinanza rammentare che, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, un incidente di costituzionalità ha rilievo non in quanto sia possibile attribuire alla disposizione (o alle disposizioni) indubbiata/e un significato che contrasti coi principi costituzionali, ma solo in quanto non sia possibile, come non sembra sia questo il caso, dare di essa (o di esse) una interpretazione che sia conforme a tali principi (così, ex plurimis, a partire da: Corte costituzionale, n. 356,del 1996).
Non ultima fra le criticità che la, al momento prevalente, interpretazione giurisprudenziale presenta attiene alla assai verosimile violazione del principio di affidamento sulle modalità di una determinata applicazione normativa che potrebbero, secondo l'avviso di questo Collegio, essersi andate formando nel ceto forense.
Si osserva, infatti, per un verso, che la questione attinente alle modalità di presentazione del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti resi in materia cautelare ha dato luogo, in tempi relativamente recenti, ad un non modesto numero di decisioni (se è consentito il riferimento immediato - che non vuole avere, evidentemente, alcuna valenza statistica, ma che, tuttavia non appare neppure privo di significato - alla odierna udienza tutti i ricorsi, benché fra loro del tutto autonomi sotto il profilo processuale, soggettivo e territoriale, trattati da questo relatore presentavano la medesima caratteristica di essere stati depositati non presso la Cancelleria del Tribunale del riesame che aveva pronunziato la ordinanza di volta in volta impugnata ma presso un diverso Ufficio giudiziario, così come analoga questione si era proposta alla udienza tenuta da questa Sezione in data 16 aprile 2020 e, in relazione a due altri distinti ricorsi, in quella tenuta in data 30 aprile 2020) fattore questo che fa ritenere l'esistenza di una non isolata prassi forense indirizzata nel senso sopra indicato (che non compete nella presente sede a questo Collegio valutare se distorta o meno) in relazione alla quale parrebbe opportuno l'intervento, nella massima sede nomofilattica, di questa Corte al fine di: o riconoscerne la legittimità ovvero ribadirne definitivamente la natura patologica.
Ciò, sia consentito osservare, tanto più vale ove si rifletta sul dato, incontrovertibile, che i casi esaminati da questa Corte sono stati valutati dopo che gli stessi non erano stati segnalati, in sede di esame preliminare ai sensi dell'art. 610 c.p.p., come affetti da una causa di inammissibilità che ne avrebbe potuto giustificare la immediata assegnazione alla apposita Sezione indicata dalla norma sopra citata, pur a fronte della oggettività, ove si segua la giurisprudenza dominante, del motivo di inammissibilità riscontrabile nella modalità e nella tempistica di presentazione dei relativi ricorsi.
Elemento questo che induce quanto meno a ritenere non improbabile l'esistenza di un'aliquota di ricorsi omologhi a quello ora in esame che consapevolemente non sono stati ritenuti per tale ragione immediatamente inammissibili, in sede di esame preliminare, con il rischio di, non rilevate,
disparità di trattamento di situazioni fra loro identiche, tale da fornire, fra l'altro, nei fatti un possibile alimento alla dianzi ricordata prassi forense.
Si ritiene, pertanto, necessario rimettere alle Sezioni unite penali della suprema Corte di cassazione la definizione del seguente quesito di diritto: "Se le specifiche modalità di presentazione del ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame ovvero - in caso di ricorso immediato - del giudice che ha emesso la misura, costituiscono eccezione alle norme che regolano, in via generale, la presentazione dell'impugnazione, con la conseguenza che il relativo ricorso deve essere presentato esclusivamente nella Cancelleria dello stesso Tribunale, o comunque dello stesso organo giudiziario, che ha emesso l'atto oggetto di impugnazione, con esclusione, anche per la parte privata, di qualsiasi soluzione alternativa"
Nonché, in via gradata: "Se, in caso di risposta negativa al precedente quesito, il ricorso per cassazione può essere presentato, ex art. 311 c.p.p., comma 3, dal difensore dell'interessato anche nella Cancelleria del Tribunale o del Giudice di pace ubicato nel luogo ove questi si trovi nonché inviato a mezzo telegramma o con posta raccomandata alla Cancelleria che ha emesso il provvedimento o depositato davanti ad un agente consolare e se, ai fini della tempestività di detta presentazione, il ricorso debba ritenersi tempestivamente proposto solo in quanto esso sia quindi pervenuto entro i termini di cui all'art. 311 c.p.p., comma 1, anche alla Cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, per essere stato ivi inviato a cura della Cancelleria dell'Ufficio giudiziario o consolare ove era stato precedentemente depositato ovvero a seguito della sua trasmissione con gli altri mezzi indicati".

P.Q.M.

Rimette il ricorso alle Sezioni unite penali.
Avv. Antonino Sugamele

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