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Sentenza

Viola la “parità delle armi” il giudice che tiene conto solo del parere del consulente del PM
Viola la “parità delle armi” il giudice che tiene conto solo del parere del consulente del PM
Corte europea diritti dell'uomo, sezione I, sentenza 4 aprile 2019, n. 28932/14
La Corte EDU, analizzando anzitutto la questione sollevata con riferimento alla violazione dell'art. 6 § 1 sotto il profilo penale, ha rilevato che i giudici nazionali avevano riconosciuto come valide le ragioni a sostegno dell'impossibilità del perito E.S. di contattare V.G. in maniera acritica, senza dubitare dell'affidabilità di quanto da quest'ultimo esposto. Inoltre, l'accuratezza delle due relazioni scritte dello psichiatra del ricorrente, V.G., era stata respinta dai giudici in quanto contrastanti gli accertamenti svolti dal perito E.S. e per il fatto di essere state elaborate da un medico privato.

La Corte ha ribadito che le modalità in cui la difesa può chiedere l'assistenza di esperti possono variare. Tuttavia, ha ritenuto che l'essersi incondizionatamente affidati alle conclusioni del perito E.S., rifiutando di valutare le prove indicate dalla difesa del ricorrente, i giudici nazionali avevano creato una situazione di svantaggio ingiusto per il sig. Hodžić. In un campo complesso come l'accertamento della condizione mentale di un individuo e in vista di un giudizio di pericolosità, potrebbe essere difficile contestare il contenuto di una relazione medico-legale senza l'aiuto di un altro esperto. L'aver costretto la difesa in una posizione così svantaggiosa in relazione al procedimento giudiziario non poteva conciliarsi con il principio della parità delle armi.

Di conseguenza vi era stata una violazione dell'articolo 6 § 1 sotto il profilo penale.

Per quanto riguarda il profilo civilistico, relativo al procedimento seguito per il ricovero di Hodžić in un ospedale psichiatrico, la Corte EDU ha ribadito che una misura che comporta una privazione della libertà dovrebbe essere determinata sulla base di sufficienti e recenti relazioni mediche di esperti. Ha anche sottolineato che la questione se tale competenza fosse sufficientemente recente non può ottenere una risposta immodificabile.

La Corte ha osservato che nella fase di svolgimento della procedura, il ricorrente non era stato in grado di addurre alcuna prova a suo favore per contestare la necessità del suo ricovero in un ospedale psichiatrico, nonostante fossero passati quasi 13 mesi dal deposito della relazione medica di E.S. e dal momento in cui V.G. e il gruppo di psichiatri di Sarajevo avevano avanzato tutta una serie di quesiti su quanto accertato dal perito E.S.

Inoltre, il tribunale distrettuale di Zagabria aveva omesso di considerare il fatto che, dopo la remissione in libertà di Hodžić a seguito del decorso del termine di custodia preventiva, non c'era stata alcuna indicazione che questi fosse stato coinvolto in qualche incidente tale da far ritenere che egli avesse posto in essere una minaccia per sé stesso o per gli altri.

La Corte ha rilevato che imporre una restrizione di carattere generale sulla possibilità del ricorrente di addurre prove in quella fase del procedimento, anche considerando che era trascorso un considerevole lasso di tempo dall'iniziale ordine di ricovero, non poteva conciliarsi con i requisiti di un giusto processo e con l'obbligo per i giudici di svolgere un esame adeguato delle osservazioni, degli argomenti e delle prove addotte delle parti.

Di conseguenza vi era stata anche una violazione dell'articolo 6 § 1 sotto il profilo civilistico.

La Corte ha, infine, condannato, la Croazia a corrispondere al ricorrente, a titolo di equa soddisfazione, la somma di 4.000 euro in relazione al danno non patrimoniale subito, oltre alla somma di € 3.732,43 per i costi e le spese sostenute.
Avv. Antonino Sugamele

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