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Sentenza

L'arbitro di calcio e la responsabilità contabile. Giurisdizione della Corte dei Conti.-
L'arbitro di calcio e la responsabilità contabile. Giurisdizione della Corte dei Conti.-
SENTENZA 
sul ricorso 12283-2016 proposto da: 
M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, via del 
Gesù n. 62, presso lo studio dell'avvocato LODOVICO VISONE, che lo 
rappresenta e difende; 
- ricorrente - 
D. P., elettivamente domiciliato in ROMA, Via del Gesù n. 
62, presso lo studio dell'avvocato LODOVICO VISONE, che lo 
rappresenta e difende; 
- ricorrente successivo - 
contro 
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO 
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato 
in ROMA, via Baiamonti n. 25; 
- con troricorrente - 
nonché contro G.E:; 
- intimato - 
avverso la sentenza n. 597/2015 della CORTE DEI CONTI - TERZA 
SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO - depositata il 
12/11/2015. 
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 
13/02/2018 dal Consigliere Dott. BIAGIO VIRGILIO; 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore 
Generale CARMELO SGROI, che ha concluso per il rigetto di entrambi 
i ricorsi; 
udito l'avvocato Lodovico Visone. 
FATTI DI CAUSA 
1.1. Con sentenza n. 597 del 2015, depositata il 12 novembre 
2015, la Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale 
d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha 
condannato, in solido, S.M. e P.D., nelle 
rispettive qualità di arbitro di calcio iscritto all'AIA (Associazione 
Italiana Arbitri) e di commissario della CAN D (Commissione Arbitri 
Nazionale per le partite di serie D), al risarcimento in favore del CONI 
Ric. 2016 n. 12283 sez. SU - ud. 13-02-2018 
del danno erariale determinato in C. 271.677,07, in relazione alla 
partita giocata il 14)giugno 1997 tra il Rieti e il Pomezia, il cui risultato 
rientrava tra quelli rilevanti per il concorso pronostici "Totogol". 
1.2. Il giudice d'appello ha premesso, in sintesi, che il danno era 
derivato dal fatto che, nonostante la partita fosse stata sospesa 
dall'arbitro M. nei minuti finali a seguito della quinta espulsione 
di un calciatore del Pomezia (e ciò a norma di regolamento, che 
prevede un minimo di sette giocatori per squadra), il risultato 
considerato ai fini della combinazione vincente del predetto concorso 
pronostici era stato quello di 1 a O in favore del Rieti (punteggio in 
atto al momento della sospensione), in base a un secondo referto 
arbitrale inviato dal M., su impulso del D., nel quale l'ultima 
espulsione era stata collocata temporalmente a partita già conclusa. 
Una volta accertato dalla Corte federale della FIGC che la partita 
era stata invece sospesa, il CONI aveva provveduto a risarcire, per un 
totale di circa un miliardo e mezzo di lire, tutti quei partecipanti al 
concorso "Totogol" che avevano presentato ricorso, essendo 
interessati a far valere l'avvenuta sospensione della gara ed il 
conseguente diverso risultato convenzionalmente previsto in tal caso 
dal regolamento del concorso, cioè lo stesso della prima partita tra 
quelle in elenco nella relativa giornata (nella specie, 2 a 2). 
1.3. La Corte ha osservato, in primo luogo, per quanto qui ancora 
rileva, che nessuno degli appellanti aveva formulato riserva d'appello 
- né proposto appello immediato - nei confronti della sentenza non 
definitiva con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato la 
propria competenza territoriale (e sospeso il giudizio in attesa 
dell'esito del processo penale a carico del M.), così affermando 
implicitamente l'esistenza della giurisdizione contabile (poi 
espressamente dichiarata nella sentenza appellata), con formazione 
del giudicato implicito sul punto. 
Ha poi aggiunto, nel merito, che la giurisdizione contabile va 
Ric. 2016 n. 12283 sez. SU - ud. 13-02-2018 
rinvenuta essenzialmente in relazione al fatto che la condotta ascritta 
agli appellanti «ineriva la gestione di un concorso pronostici da parte 
del CONI, ossia un'attività che traeva con sé l'uso di risorse 
pubbliche: circostanza della quale gli appellanti, pur non rivestendo la 
qualità di pubblici ufficiali, erano senz'altro consapevoli nel momento 
in cui perpetrarono le condotte illecite». 
2. Avverso la sentenza S. M. e P.D. 
propongono distinti ricorsi per cassazione, ai quali resiste con 
controricorsi il Procuratore generale presso la Corte dei conti. 
RAGIONI DELLA DECISIONE 
1.1. Con il primo motivo dei due ricorsi (aventi contenuto 
sostanzialmente identico e dei quali quello del M., notificato 
per primo, assume natura ed effetti di ricorso principale e quello del 
D., indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto in 
via autonoma, si converte in ricorso incidentale), è denunciata la 
violazione degli artt. 103, secondo comma, Cost. - in relazione all'art. 
111, ottavo comma, Cost. -, 362 cod. proc. civ. e 1, quarto comma, 
della legge n. 20 del 1994: è oggetto di censura la sentenza 
impugnata là dove il giudice 
a quo ha ritenuto che si fosse formato il 
giudicato implicito sulla giurisdizione, in mancanza di formulazione di 
riserva di appello (o di proposizione di appello immediato) nei 
confronti della pronuncia non definitiva con la quale il giudice di primo 
grado aveva dichiarato la propria competenza territoriale. 
1.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione 
delle medesime norme sopra indicate, lamentano, nel merito, 
l'erroneità dell'affermazione della giurisdizione del giudice contabile. 
Osservano, in sintesi, che non solo l'arbitro non riveste la qualifica 
di pubblico ufficiale, ma che, al fine della configurabilità della 
responsabilità contabile, sicuramente manca, nella fattispecie, alcuna 
relazione funzionale tra l'autore dell'illecito e l'ente pubblico che ha 
subito il danno: e ciò pur nell'accezione più lata di rapporto di 
Ric. 2016 n. 12283 sez. SU - ud. 13-02-2018 
servizio, atteso che l'arbitro è soggetto estraneo alla struttura 
organizzativa della P.A. e si trova ad operare, rispetto alla "gestione 
pronostici", nel quadro di un mero ed occasionale rapporto libero 
professionale svolto per altre precipue finalità, con conseguente 
evidente difetto di giurisdizione della Corte dei conti. 
Col terzo motivo, infine, la censura viene riproposta sotto il profilo 
del difetto di motivazione. 
2.1. A fronte di una duplice ratio relativa alla giurisdizione, 
contenuta nella sentenza impugnata, il collegio ritiene di esaminare il 
secondo motivo di ricorso, che investe il fondo della questione di 
giurisdizione. 
2.2. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di 
queste sezioni unite quello in virtù del quale è idonea a radicare la 
responsabilità contabile l'esistenza di una relazione funzionale tra 
l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale - che ben può 
essere un soggetto privato - e l'ente pubblico danneggiato; e tale 
relazione è configurabile non solo in presenza di un rapporto 
organico, ma anche quando sia ravvisabile un rapporto di servizio in 
senso lato, in quanto il soggetto, pur se estraneo alla P.A., venga 
investito, seppure in modo temporaneo e anche di fatto, dello 
svolgimento di una data attività della pubblica amministrazione. 
La giurisdizione del giudice contabile sussiste, quindi, tutte le volte 
in cui fra il soggetto danneggiante e l'amministrazione o l'ente 
pubblico danneggiato sia ravvisabile un rapporto, non solo d'impiego 
in senso proprio e ristretto, ma di servizio, per tale intendendosi una 
relazione funzionale in virtù della quale tale soggetto, per l'attività 
svolta continuativamente, debba ritenersi inserito, ancorché 
temporaneamente e anche in via di fatto, nell'apparato organizzativo 
e nell'iter procedimentale dell'ente, sì da rendere il primo 
compartecipe dell'operato del secondo (cfr., nei sensi anzidetti, tra 
altre, Cass., Sez. U., 24/11/2009, n. 24671; 21/5/2014, n. 11229; 
Ric. 2016 n. 12283 sez. SU - ud. 13-02-2018 
16/7/2014, n. 16240; 19/12/2014, n. 26942; 24/3/2017, n. 7663). 
2.3. Sulla base di tali principi, devono ritenersi pienamente 
ravvisabili nella condotta tenuta dai ricorrenti i requisiti per la 
configurazione della loro responsabilità contabile in ordine al danno 
economico subito dal CONI nella vicenda in esame. 
2.4. L'arbitro di calcio non è pubblico ufficiale; è associato all'AIA 
(Associazione italiana arbitri), la quale è componente della FIGC 
(Federazione italiana giuoco calcio, associazione con personalità 
giuridica di diritto privato), a sua volta federata al CONI (Comitato 
olimpico nazionale italiano, ente pubblico non economico). 
Quel che essenzialmente rileva, ai fini che qui interessano, è che 
l'arbitro, nell'esercizio della sua funzione, dirige e controlla le gare, è 
cioè colui che è chiamato ad assicurarne, a tutti gli effetti, il corretto 
svolgimento nell'osservanza del regolamento di gioco. 
La compilazione del referto di gara costituisce, in tale contesto, un 
elemento fondamentale, in quanto è l'atto ufficiale che contiene il 
resoconto dei fatti salienti della partita e attesta il suo risultato, con le 
relative conseguenze anche con riguardo ai concorsi pronostici e alle 
connesse vincite. 
Ne consegue, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, 
che l'arbitro è investito di fatto di un'attività avente connotazioni e 
finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, 
nell'apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei 
concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di 
risorse pubbliche: sussiste, pertanto, quella relazione funzionale e 
quella compartecipazione con l'ente pubblico sopra indicate, idonee a 
configurare la responsabilità contabile e quindi a radicare la 
giurisdizione della Corte dei conti. 
3. 
Il motivo è, pertanto, infondato; resta assorbita ogni altra 
censura. 
4. 
I ricorsi vanno, in conclusione, rigettati. 
5. Non v'è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della qualità 
di parte solo in senso formale del Procuratore generale presso la 
Corte dei conti. 
P.Q.M. 
La Corte rigetta i ricorsi. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 
1-quater, 
del d.P.R. n. 115 del 2002, 
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte 
dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari 
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso 
art. 13. Così deciso in Roma il 13 febbraio 2018. 
Il consigliere estensore 
Il Presidente 

(Giovanni Mammone)
Avv. Antonino Sugamele

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