Un avvocato dopo la radiazione chiede la reiscrizione all'albo.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 105/2017 R. G. proposto da:
S.G.rappresentato e difeso dall'avv. Gilberto Pagani, con domicilio eletto
in Roma, via Carlo Mirabello, n. 23, presso lo studio dell'avv. Simonetta
Crisci - ricorrente -
Civile Sent. Sez. U Num. 30589 Anno 2017
Presidente: CANZIO GIOVANNI
Relatore: CAMPANILE PIETRO
Data pubblicazione: 20/12/2017
contro
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MONZA
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE
- intimati -
avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense, depositata in
data 22 ottobre 2016;
sentita la relazione svolta all'udienza pubblica del 4 aprile 2017 dal
consigliere dott. Pietro Campanile;
sentito per il ricorrente l'avv. Crisci, munito di delega;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Riccardo Fuzio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Monza, con deliberazione
del 9 dicembre 2015, rigettava la domanda di reiscrizione all'Albo degli
avvocati presentata dal dott. G.S., nei cui confronti era
stata già disposta, in relazione a una condanna per bancarotta fraudolenta,
la sanzione della radiazione.
2. Con sentenza depositata in data 22 ottobre 2016 il Consiglio Nazionale
Forense ha rigettato il ricorso dello S.i avverso tale deliberazione.
3. E' stata rilevata, in primo luogo, l'infondatezza della tesi secondo
cui avrebbero dovuto applicarsi le norme, più favorevoli, della previgente
disciplina dell'ordinamento della professione forense, osservandosi
che, poiché la domanda di reiscrizione era stata presentata nella
vigenza delle disposizioni introdotte con la legge n. 247 del 2012, le
stesse dovevano applicarsi al presente procedimento, in applicazione
del principio tempus regit actum, non venendo in considerazioni
aspetti di natura disciplinare previsti dall'invocato art. 65 della suddetta
legge n. 247, relativo alla disciplina transitoria.
4. E' stato quindi condiviso il rilievo circa la tardiva proposizione della
domanda, oltre il termine di un anno dalla cessata esecutività del
precedente provvedimento sanzionatorio, previsto dall'art. 62, comma
10, della citata I. n. 247 del 2012.
5. E' stato in ogni caso confermato il giudizio circa l'insussistenza di
elementi che consentissero di ritenere che fosse stata riacquistata
l'affidabilità del richiedente, tenuto conto, da un lato, dell'assenza di
riabilitazione in sede penale e del mancato ristoro del pregiudizio sofferto
dalle parti lese e, dall'altro, dell'obiettiva gravità dell'illecito
commesso.
6. Del pari infondato è stato giudicato il motivo concernente la nullità
del provvedimento impugnato in conseguenza della mancata audizione
del dott. S., dovendosi applicare l'art. 17, comma 12, della I. n.
247 del 2012, secondo cui il richiedente deve essere ascoltato soltanto
quando — circostanza nella specie non verificatasi - ne faccia richiesta.
7. Per la cassazione di tale decisione il dott. S.i propone ricorso, affidato
ad otto motivi, illustrati da memoria.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza ha depositato delle note
di deduzioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve constatarsi che il Consiglio dell'Ordine non
ha presentato controricorso, ma soltanto delle "note di deduzioni" ai
sensi dell'art. 66 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, non più in vigore,
né richiamato dalla vigente legge 31 dicembre 2012, n. 247, che,
nel disciplinare, all'art. 36, comma 6, il termine per la proposizione
del ricorso per cassazione, indicato in giorni trenta, lascia intendere
che le difese degli intimati debbano avvenire con controricorso da notificarsi
nei termini previsti dall'art. 370, comma 1, cod. proc. civ., in
cui si precisa anche che, "in mancanza di tale notificazione, essa (la
parte contro la quale il ricorso è diretto) non può presentare memorie,
ma soltanto partecipare alla discussione orale".
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt.
3, 25 e 117 Cost; 6 e 50 Cedu, 15 Carta fondamentale dei diritti
umani, nonché 4 e 11 delle disp. prel. cod. civ. : la nuova legge, priva
di carattere retroattivo, non può applicarsi alla situazioni preesistenti.
2.1. Con il secondo mezzo si deduce la violazione dell'art. 111 Cost.,
con riferimento all'omessa audizione del richiedente : viene richiamato,
"al solo fine didascalico", l'art. 45 del d.lgs. n. 59 del 2010.
2.2. Con la terza censura si deduce violazione dell'art. 2909 c.c., per
non essersi tenuto conto del giudicato formatosi in relazione alla sentenza
della Corte di appello di Milano n. 1823 del 2011.
2.3. Con il quarto mezzo, deducendosi violazione degli artt. 17, 37 e
47 del R.D. n. 1578 del 1933, si sostiene che erroneamente sarebbe
stata esclusa la ricorrenza dei requisiti indicati dall'art. 17 sub. D della
I. n. 247 del 2012, in quanto, tenuto conto del tempo trascorso dal
momento della radiazione, senza che lo S. avesse compiuto illeciti
di natura penale o di altro genere, il procedimento di reiscrizione si
sarebbe trasformato "in una indebita persecuzione disciplinare".
2.4. La quinta censura, con la quale si denuncia la violazione della I.
n. 241 del 1990, art. 2 del d.lgs n. 59 del 2010, dell'art. 17 della I. n.
1578 del 1933 e dell'art. 17 della I. n. 247 del 2012, è incentrata su
una prima domanda di reiscrizione presentata nell'ottobre del 2013:
la tardiva comunicazione della sua reiezione avrebbe determinato la
formazione del silenzio -assenso. Analoghe considerazioni vengono
svolte in relazione al procedimento conclusosi con la decisione impugnata.
2.5.Con il sesto motivo si deduce violazione dell'art. 62 della I. n. 247
del 2012, rappresentandosi, in sostanza, che al momento in cui erano
decorsi cinque anni dall'esecutività del provvedimento sanzionatorio,
il termine di decadenza indicato da detta norma, entrata in vigore il
1° gennaio 2015, non era previsto, ragion per cui il richiedente aveva
fatto affidamento sulla previgente legge.
2.6. Con il settimo mezzo si prospetta l'incostituzionalità degli artt.
17, 62 e 54 della I. n. 247 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 25 e
117 Cost., in quanto la riconsiderazione - in relazione alla domanda
di reiscrizione - del fatto che aveva determinato la sanzione della radiazione
comporterebbe una sorta di violazione del divieto di bis in
idem.
2.7. Con l'ultimo motivo si deduce che il Consiglio Nazionale Forense
avrebbe reso una motivazione meramente apparente.
3. Avanti di procedere a un'analitica disamica dei singoli motivi di ricorso
deve premettersi che la sentenza impugnata si fonda su due distinte
ed autonome rationes decidendi; da un lato viene ribadito il superamento
del termine previsto dall'art. 62, comma 10, della I. n. 247
del 2012, dall'altro si conferma l'assenza dei requisiti richiesti dall'art.
17 della stessa legge.
Tale duplicità delle ragioni della decisione, in effetti, si riflette nello
stesso ricorso, nel quale ciascuna di esse viene distintamente impugnate.
In proposito vale bene richiamare il principio secondo cui, qualora
la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra
loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente
sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non
formuli specifiche doglianze avverso una di tali "rationes decidendi"
(Cass., Sez. U, 29 marzo 2013, n. 7931; Cass., 14 febbraio 2012, n.
2108; Cass., 2 novembre 2011, n. 3386). Dall'applicazione di tale
principio discende altresì la conseguenza che quando una decisione di
merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome
ragioni della decisione, ognuna delle quali sufficiente, da sola, a
sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile,
da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite
"rationes decidendi", dall'altro che tali censure risultino tutte fondate
(Cass., 24 maggio 2006, n. 12372; Cass., 21 ottobre 2005, n.
20454).
4. Tanto premesso, deve constatarsi - esaminando congiuntamente il
primo ed il sesto motivo del ricorso - che le censure concernenti il rilievo
della tardività della (seconda) domanda di prescrizione, ancorché
prospettate in maniera non del tutto perspicua, appaiono condivisibili,
non tanto in relazione all'astratta applicabilità, nel presente
procedimento, della disciplina introdotta con la I. 31 dicembre 2012,
n. 247, art. 62, comma 10, quanto in ordine all'individuazione, in
concreto, del termine annuale di decadenza ivi previsto, che di certo
non poteva decorrere, pur in assenza di una norma transitoria, ma in
virtù di un'interpretazione costituzionalmente orientata, in un mo-
mento anteriore all'entrata in vigore della stessa norma, vale a dire
dal 10 gennaio 2015.
5. Nel resto, il ricorso presenta evidenti aspetti di infondatezza, e, per
certi versi, di inammissibilità, che escludono il suo accoglimento.
6. Non coglie nel segno la seconda censura, in quanto, richiamando
una normativa non pertinente, il ricorrente omette assolutamente di
censurare il richiamo alla previsione, contenuta nella lex specialis applicabile
ratione temporis, secondo cui l'audizione personale
dell'interessato è effettuata soltanto quando egli ne abbia fatto richiesta
(art. 17, comma 12, della citata I. n. 247 del 2012).
La sentenza impugnata, al riguardo, ha dato atto della presentazione,
da parte del ricorrente, di proprie osservazioni a seguito dell'invito
all'uopo formulato dal COA di Monza, senza la formulazione della richiesta
di essere ascoltato personalmente. E' evidente come in tal caso
non possa ipotizzarsi alcuna violazione del diritto di difesa, essendo
rimessa alla parte interessata la valutazione circa l'esaustività delle
osservazioni presentate per iscritto.
7. Il terzo motivo è inammissibile in quanto in termini assolutamente
generici ed assertivi si richiamano le decisioni n. 1823 del 2011 della
Corte di appello di Milano e n. 160 del 2006 del CNF, senza indicarne
minimamente il contenuto, essendosi per altro omesso di adempiere
alla prescrizione di cui all'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ..
8. La quarta e la settima censura, da esaminarsi congiuntamente, sono
infondate.
Il giudizio circa l'insussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 17 della
citata I. n. 247 del 2012 risulta formulato da parte del Consiglio Nazionale
Forense, con adeguata motivazione, nel pieno rispetto di tale
normativa, che richiede, tra l'altro, la ricorrenza di una condotta irreprensibile.
Sotto tale profilo va evidenziato che nella sentenza impugnata
il riferimento alla gravità del fatto di bancarotta in base al quale
venne disposta la radiazione, che di per sé non comporta una perpetuazione
della sanzione stessa, ma un'autonoma valutazione di uno
dei presupposti per la reiscrizione, si associa alla valutazione del
comportamento successivo dell'istante, rimarcandosi le circostanze
inerenti - pur prescindendosi dall'assenza di una riabilitazione in sede
penale, non più richiesta dalla vigente normativa - al mancato ristoro
o restituzioni alla parte lesa, considerate quali indici negativi ai fini di
un giudizio prognostico sulla recuperata affidabilità.
9. Deve rilevarsi, inoltre, l'infondatezza del quinto motivo, in quanto il
riferimento alla disciplina del silenzio - assenso non è pertinente rispetto
al dato normativo di riferimento, correttamente applicato dal
Consiglio Nazionale Forense. Del resto, non risulta neppure censurata
l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa
l'inammissibilità della questione, in quanto proposta per la prima volta
in sede di gravame.
10. Non appare meritevole di apprezzamento, infine, l'ultima censura,
con la quale si sostiene la mera "apparenza" della motivazione della
sentenza impugnata, che, al contrario, risulta assolutamente congrua
ed articolata, con un preciso, ancorché sintetico, riferimento a tutte le
circostanze sottoposte all'esame del Consiglio Nazionale Forense.
11. In considerazione della rilevata assenza di una valida attività difensiva
della parte intimata, non si richiede alcuna statuizione in merito
al regolamento delle spese.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2017
Il Presidente
22-12-2017 13:40
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