Transazione fiscale ex art. 3, comma 3, del d.l. n. 138 del 2008 (applicabile “ratione temporis”) - Diniego - Impugnazione - Giurisdizione - Giudice tributario - Ragioni.
La controversia inerente il diniego dell'istanza di transazione fiscale proposta ex art. 3, comma 3, d.l. n. 138/2002 (applicabile “ratione temporis”) appartiene alla giurisdizione del giudice tributario, avendo ad oggetto una procedura di definizione dei ruoli posta nella fase di esecuzione dei carichi fiscali ed a nulla rilevando la natura discrezionale del provvedimento richiesto, in quanto quella tributaria si configura come giurisdizione a carattere generale, che si radica indipendentemente dalla specie dell'atto impugnato, ferma la riconducibilità di quest'ultimo alle categorie indicate dall'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, che non attiene alla giurisdizione ma alla proponibilità della domanda ed indica, con elencazione suscettibile di interpretazione estensiva, la tipologia degli atti suscettibili d'impugnazione.
Si vedano:
i) Sez. U, Sentenza n. 7388/2007: In tema di contenzioso tributario, l'art. 12, comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, configurando la giurisdizione tributaria come giurisdizione a carattere generale, che si radica in base alla materia, indipendentemente dalla specie dell'atto impugnato, comporta la devoluzione alle commissioni tributarie anche delle controversie relative agli atti di esercizio dell'autotutela tributaria, non assumendo alcun rilievo la natura discrezionale di tali provvedimenti, in quanto l'art. 103 Cost. non prevede una riserva assoluta di giurisdizione in favore del giudice amministrativo per la tutela degli interessi legittimi, ferma restando la necessità di una verifica da parte del giudice tributario in ordine alla riconducibilità dell'atto impugnato alle categorie indicate dall'art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che non attiene alla giurisdizione, ma alla proponibilità della domanda.
ii) Sez. U, Sentenza n. 11082 del 2010:La giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all'impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento, ivi compresa l'autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, per consentire, nel corso di una verifica fiscale, l'esame di documenti e l'acquisizione di notizie relativamente alle quali il contribuente abbia eccepito l'esistenza del segreto professionale. Gli eventuali vizi di tale autorizzazione, in quanto attinente esclusivamente al procedimento amministrativo di verifica tributaria e produttiva di effetti solo nell'ambito dello stesso, potranno essere dedotti soltanto e nel momento in cui si impugni il provvedimento che conclude l'"iter" di accertamento. Qualora, invece, l'attività di accertamento non sfoci in un atto impositivo - come anche nel caso di adozione di un provvedimento impositivo del tutto avulso dall'esame dei documenti e/o delle notizie secretati - l'autorizzazione del P.M., in quanto ipoteticamente lesiva del diritto soggettivo del contribuente a non subire verifiche fiscali al di fuori dei casi previsti dalla legge, e la connessa compressione dei propri diritti anche costituzionali (in particolare, libertà di domicilio, di corrispondenza, di iniziativa economica), sarà autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario, nessun elemento di collegamento potendosi ricavare dall'art. 7, comma 4, l. n. 212/2000, che si limita ad attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo, secondo i normali criteri di riparto, l'impugnazione di atti amministrativi a contenuto generale o normativo, ovvero di atti di natura provvedimentale che costituiscano un presupposto dell'esercizio della potestà impositiva.
iii) Sez. U, Sentenza n. 3774/2014:La controversia riguardante il rigetto dell'istanza di annullamento in autotutela dell'avviso di accertamento notificato al contribuente e concernente la rettifica del reddito d'impresa appartiene alla giurisdizione del giudice tributario, rientrando nella previsione dell'art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (già nel testo anteriore alla modifica di cui all'art. 12, comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, applicabile "ratione temporis"), che fa riferimento alle controversie relative alle «imposte sui redditi». Né appare corretto attribuire rilevanza, ai fini dell'individuazione della giurisdizione, all'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, che indica - con elencazione suscettibile di interpretazione estensiva, in ossequio ai principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.) - la tipologia degli atti oggetto di impugnazione, ponendo la diversa questione della proponibilità della domanda dinanzi al giudice tributario, in ragione della inclusione o meno dell'atto nel citato elenco.
30-09-2017 20:25
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