Sei un mafioso. Non c’è violazione della privacy se l’accusa è fondata, ma se è un’insinuazione giusto punire il cronista.
SEZ. V FUCHSMANN E VERLASGRUPPE ETC. C. GERMANIA
19 OTTOBRE 2017, RIC. 71233 E 35030/13
Si tratta di due casi sovrapponibili. Nel primo un magnate dell'industria cinematografica e dei media fu accusato di aver pagato tangenti per il rilascio di una licenza televisiva in Ucraina e di aver legami con la mafia russa coma dato atto dal NYT: la versione online sulle indagini della FBI sul caso era leggermente diversa da quella cartacea. Nell'altra una casa editrice fu condannata ad un esoso indennizzo (oltre interessi ed oneri di legge) perché nell'opera di un suo noto autore si accusava una persona di appartenere alla mafia e di essere implicata in un omicidio. In entrambi i casi i ricorsi, anche alla Consulta, furono vani.
Entrambe le opere analizzavano temi di interesse pubblico e le Corti hanno operato un equo bilanciamento dei contrapposti interessi (libertà di stampa e tutela dell'altrui reputazione) sì che sono escluse, rispettivamente, le deroghe all'art. 8 ed all'art.10. Nel primo caso (inserito nei factsheets: protection of reputation) le Corti hanno convalidato il rifiuto della rettifica da parte del NYT: la sua implicazione in detti presunti crimini era un fatto d'interesse pubblico, le dichiarazioni erano suffragate da fatti sufficientemente comprovati, erano veritiere ed il pezzo, che riguardava essenzialmente la vita professionale del ricorrente, non conteneva insinuazioni e/o dichiarazioni polemiche. Nel secondo caso, invece, s'insinuava l'appartenenza alla mafia di un terzo in deroga ai doveri etici, sì che la condanna era giusta e lecita perché volta a tutelare la reputazione dell'accusato (Von Hannover c. Germania n. 2 [GC] del 2012 e Stoll c. Svizzera [GC] del 2007).
24-10-2017 14:17
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