Le autorità giudiziarie devono motivare adeguatamente il rifiuto di ammettere e sentire i testi.
Fu condannato a tre mesi di prigione ed ad una multa per l'ennesima lite col vicino, contro il quale aveva promosso diverse reciproche azioni giudiziarie: questi, suffragato dalla testimonianza di un collega, lo accusò di minacce di morte. Al ricorrente fu però negata in tutti i gradi di giudizio l'acquisizione delle immagini delle telecamere (una dozzina poste all'interno e sul confine della proprietà dell'accusatore) e l'escussione di un amico di lunga data del vicino che avrebbe potuto dimostrare la subornazione dei testi.
Violato l'art. 6 §§. 1 e 3 lett. d (audizione dei testi): le autorità giudiziarie, quando la richiesta di escutere e/o controinterrogare i testimoni è pertinente all'accusa, sufficientemente motivata dal richiedente e volta a rafforzare la sua difesa, se non addirittura alla sua assoluzione, come nella fattispecie, hanno il «dovere di indicare rilevanti motivazioni su cui si fonda il diniego di escussione». Nel nostro caso le Corti, in tutti i gradi di giudizio, hanno negato l'acquisizione dei filmati delle videocamere che avrebbero potuto fare chiarezza sulla lite tra vicini e la testimonianza dell'amico chiarendo che non poteva riferire sull'evento alla base della richiesta d'indennizzo, ma in realtà doveva confermare la subornazione e, quindi, l'inattendibilità dei testi: gli è stata negata anche la riapertura delle indagini sulla scorta dei nuovi elementi addotti. Al ricorrente non è stata, perciò, data alcuna possibilità di difesa ed il diniego non è stato motivato, sì che sono lesi i suoi diritti al contraddittorio ed all'equo processo (Schatschaschwili v. Germania [GC] del 2015, Topic c. Croazia del 10/10/13 e Perna c. Italia [GC] del 2003).
12-05-2017 23:46
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