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Sentenza

Il trust costituito all’estero è revocabile?
Il trust costituito all’estero è revocabile?
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 11 – 26 aprile 2017, n. 10233
Presidente Rordorf – Relatore Tirelli

Premesso in fatto

Con tre atti recanti la data del 16/12/2009, L.G. , B.L. , I.M. e L.M.L. hanno stipulato con Bank of Valletta (iscritta nel registro delle imprese di (…)) tre trusts costituiti da un primo atto di dotazione di Euro 30.000,00 e dalla successiva intestazione alla banca delle quote rappresentanti la totalità del capitale sociale della Taggia LXII Consultadoria e Servicos, avente sede a (omissis).
Con sentenza n. 24 del 10/3/2013, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento della società di fatto composta, fra gli altri, dai predetti L.G. , B.L. , I.M. e L.M.L..
Con atto di citazione notificato il 28/11/2014 alla Bank of Valletta ed alla spa UBS Finanziaria (che da una informativa dell'Agenzia delle Entrate risultava aver avuto l'intestazione di una parte delle quote della Taggia precedentemente al passaggio delle stesse alla Bank of Valletta), il curatore del fallimento ha promosso l'azione di cui all'art. 66 L. Fall. chiedendo alla Sezione Fallimentare del Tribunale di Torre Annunziata di voler dichiarare l'inefficacia nei confronti della massa dei creditori degli atti di conferimento in trust, condannando la banca trustee al pagamento del relativo controvalore da determinarsi in esito alle risultanze di causa.
La Bank of Valletta si è costituita eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano e con dichiarazione a verbale di udienza del 28/10/2015, il fallimento attore ha formulato la seguente ulteriore e testuale domanda: "Condannarsi Bank of Valletta plc al risarcimento del danno subito e subendo dal fallimento per effetto dell'omessa esecuzione dell'ordine di acquisizione ex art. 25 L. Fall. (emesso) dal Giudice Delegato e avente ad oggetto le quote della Società Taggia, e comunque per la mancata restituzione alla curatela delle quote della società stessa e dell'intero patrimonio segregato nei tre trusts, in misura da quantificarsi secondo le risultanze di causa o in subordine in via equitativa". Dopo alcuni rinvii per integrazione del contraddittorio, il Tribunale adito ha fissato l'udienza del 13/9/2016 per la precisazione delle conclusioni.
Con ricorso notificato il 5/9/2016 il fallimento ha proposto allora regolamento di giurisdizione.
La Bank of Valletta e la UBS Fiduciaria hanno depositato controricorso e presentate successivamente memorie, il regolamento è stato deciso all'udienza camerale dell'11/4/2017.

Osserva in diritto

Premesso che la domanda proposta dal fallimento alla udienza del 28/10/2015 integra una subordinata di cui non deve tenersi conto ai fini della determinazione della giurisdizione (C. Cass. 2008/9745 e 2012/2926), osserva quanto alla principale il Collegio che il ricorrente ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del giudice italiano innanzitutto in ragione della riconducibilità dell'azione revocatoria di cui all'art. 66 L. Fall. nell'ambito di applicazione del Regolamento CE n. 1346/2000.
La UBS ha dichiarato di condividere la tesi del fallimento, mentre la Bank of Valletta l'ha contestata, sostenendo la necessità di fare riferimento al Regolamento CE n. 44/2001 (applicabile ratione temporis) e la conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice di Malta, nel cui territorio si trovava la sua sede ed il domicilio dei trusts.
Ciò posto, giova rammentare che il problema della materia cui ascrivere l'actio pauliana è già stato affrontato da queste Sezioni Unite che con sentenza n. 6899/2003 l'hanno risolto nel senso della sua sussu-mibilità nell'area "civile e commerciale" e, per l'effetto, dell'applicabilità - a seconda dei casi - della Convenzione di Bruxelles (richiamata dall'art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995) ovvero del Reg. CE 44/2001 e, più in particolare, della disposizione (comune ad entrambi) di cui all'art. 5, n. 1, secondo la quale il soggetto domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto in un altro Stato membro davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione è stata o deve essere eseguita.
Tale precedente non è, tuttavia, risolutivo ai fini del presente regolamento perché in quel caso si trattava di revocatoria ordinaria proposta dal creditore in assenza di una procedura d'insolvenza, mentre nella vicenda di cui si discute l'azione è stata proposta dal curatore del fallimento delle persone che avevano costituito i trusts.
Il ricorrente - e con esso la UBS - ha sostenuto che tale circostanza varrebbe ad attribuirle la qualifica di azione direttamente derivante da una procedura d'insolvenza e ad essa strettamente connessa.
La Bank of Valletta ha sostenuto invece il contrario, sostenendo che anche se proposta dal curatore, si tratterebbe pur sempre dell'ordinaria azione di cui all'art. 2901 cc, accordata in via generale a tutti i creditori e da essi esperibile indipendentemente dall'esistenza di un vero e proprio stato di crisi finanziaria.
Così riassunte le rispettive posizioni delle parti, giova rammentare che la Corte di Giustizia UE si è occupata più volte dell'argomento, stabilendo che in base agli artt. 3 e 25 del Reg. CE n. 1346/2000, i giudici dello Stato membro nel cui territorio sia stata avviata una procedura d'insolvenza hanno giurisdizione anche sui convenuti aventi sede o domicilio in un altro Stato membro qualora l'azione contro di essi proposta sia qualificabile come direttamente derivante dalla procedura d'insolvenza e ad essa strettamente connessa (v., in particolare, le sentenze in cause 133/78, 339/07, 213/10, 157/13 e 295/13).
A questo proposito, ha però chiarito la Corte che per qualificare come sopra un'azione non basta che la stessa venga esercitata nell'ambito di una procedura d'insolvenza, occorrendo anche - e soprattutto - che la stessa si fondi su disposizioni in deroga alle norme generali del diritto comune.
Non si deve cioè trattare di una normale azione che venga occasionalmente esercitata dal curatore solo perché il titolare della stessa è nel frattempo fallito (sentenza in causa 157/13), ma di un'azione che pur se proponibile anche in assenza di una procedura d'insolvenza, tragga da essa titolo e sia dunque fondata su norma costituente deroga alle comuni regole del diritto civile e commerciale (v. par. 22 della sentenza in causa 295/13).
Nel caso di specie, il curatore ha agito nella qualità di organo della procedura non in sostituzione dei falliti, ma "contro" di essi, al fine di recuperare beni asseritamente costituiti in trust con la consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori.
L'azione da lui proposta è prevista espressamente dall'art. 66 della legge fallimentare.
La sua legittimazione non deriva, quindi, da un'applicazione coordinata delle norme di diritto comune, ma da una disposizione specifica, destinata esclusivamente a lui per il caso d'insolvenza.
Il fatto che la stessa postuli gli stessi presupposti di quella prevista dall'art. 2901 cc e l'esperibilità di quest'ultima anche in assenza di una procedura concorsuale non sono di per sé, neppure in via generale ed astratta, circostanze decisive per escludere la possibilità di riguardare quella di cui all'art. 66 L. Fall. come un'azione direttamente derivante dal fallimento (v. par. 24 della sentenza in causa 295/13).
In concreto, poi, le due azioni, pur generando da una comune matrice, presentano delle non trascurabili differenze, innanzitutto perché quella di cui all'art. 2901 cc può essere liberamente esercitata dal creditore, che agisce nel suo esclusivo interesse e beneficio, nel senso che l'eventuale accoglimento dell'azione giova soltanto a lui.
Il curatore è invece tenuto ad attivarsi.
Egli agisce nell'interesse della massa e l'accoglimento della domanda giova a tutti i creditori.
L'esperimento vittorioso dell'azione di cui all'art. 2901 cc consente unicamente al creditore di procedere successivamente all'esecuzione. L'accoglimento dell'azione di cui all'art. 66 L. Fall. ha invece un effetto sostanzialmente recuperatorio dei beni.
Il giudice competente a conoscere della domanda ex art. 2901 cc è quello individuato dagli ordinari criteri di collegamento.
In deroga a quanto sopra, la domanda di cui all'art. 66 L. Fall. si propone invece al Tribunale fallimentare, all'evidente fine di aumentare la rapidità e l'efficacia della procedura mediante la concentrazione della causa presso il giudice che avendo tutti gli atti e la conoscenza dell'intera vicenda, si trova verosimilmente nelle condizioni di poter pronunciare in maniera più adeguata degli altri.
L'azione di cui all'art. 2901 cc è soggetta al solo limite della prescrizione quinquennale, mentre quella di cui all'art. 66 L. Fall. anche alla decadenza di tre anni dalla dichiarazione di fallimento (art. 69 bis).
L'esercizio dell'azione di cui all'art. 2901 cc da parte di uno dei creditori non preclude agli altri d'intervenire nel giudizio o di proporre altre analoghe azioni.
L'esercizio dell'azione di cui all'art. 66 L. Fall. impedisce, invece, la proposizione di autonome iniziative da parte dei creditori, che non sono legittimati neppure ad intervenire od a permanere nel giudizio avviato o proseguito dal curatore (C. Cass. SU 2008/29420).
In ragione di tutto quanto sopra, ritiene il Collegio di poter affermare che la revocatoria ordinaria proposta dal curatore si connota di caratteristiche tali da giustificarne la qualifica di azione direttamente derivante da una procedura d'insolvenza e ad essa strettamente connessa.
Simile conclusione non contrasta con quanto ritenuto dalla succitata C. Cass. SU 2008/29420, secondo la quale l'azione revocatoria proposta dal curatore resta pur sempre "la medesima prevista dal codice civile", perché tale affermazione dev'essere valutata con riferimento all'oggetto di quel giudizio e delle valutazioni ad esso relative, non sovrapponibili a quelle del caso di specie, in cui si tratta unicamente di vedere se ai fini della competenza internazionale l'azione di cui all'art. 66 esibisca o meno delle particolarità sufficientemente significative.
E la risposta al quesito non può essere che positiva ove si consideri che come in precedenza esposto, le due azioni, fermi restando i loro indubbi tratti comuni, presentano però delle altrettanto indubbie differenze che sebbene non fondamentali ai fini del giudizio definito da C. Cass. 2008/29420, appaiono invece decisive ai fini della risposta da dare al presente regolamento.
Non varrebbe, d'altronde, replicare che quella sopra indicata rappresenterebbe soltanto una delle due possibili letture per cui, nel dubbio, dovrebbe seguirsi l'altra propugnata dalla Bank of Valletta, dato che secondo i principi affermati dalla CGUE, a fronte di due interpretazioni alternative bisogna privilegiare quella che amplia l'accezione di materia "civile e commerciale" di cui al Reg. CE 44/2001 e non quella che allarga il campo di applicazione del Reg. CE 1346/2000 (v. sentt. in C-292/08 e 157/13, par. 22).
Per le considerazioni sopra esposte, infatti, la lettura indicata dal Collegio risulta l'unica consentita dalla legge nazionale e comunitaria e può essere, pertanto, predicata senza necessità di procedere al rinvio pregiudiziale richiesto dalla Bank of Valletta.
Come infatti più volte ricordato da questa Corte (v., fra le ultime, 2016/6230, 2013/20701), il rinvio pregiudiziale non costituisce un meccanismo automaticamente attivabile a semplice richiesta delle parti, spettando pur sempre al giudice di valutarne la necessità che, come già detto, nel caso di specie va esclusa, essendosi in presenza di un acte claire in ragione dell'evidenza dell'interpretazione anche alla luce delle precedenti, sia pur non specifiche, pronuncie della Corte sull'argomento (C. cass. 2016/8472, 2016/6230, 2015/5514, 2013726924, 2012/4776).
Tenuto dunque conto di ciò e considerato che l'inquadrabilità nell'area del Reg. 1346/2000 esclude l'operatività del Reg. 44/2001, dev'essere affermata la giurisdizione del giudice italiano sulla causa promossa contro la Bank of Valletta dal fallimento della società di fatto (OMISSIS) e dei soci illimitatamente responsabili I.M. , L.M.L. , I.G. , L.G. , L.L. , B.L. , D.G.A. , D.G.P. e D.G.M. .
Il giudice del merito provvederà anche sulle spese del presente regolamento.

P.Q.M.

La Corte, dichiara la giurisdizione del giudice italiano, al quale rimette anche la regolamentazione delle spese di lite della presente fase.
Avv. Antonino Sugamele

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