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Sentenza

Falso ideologico del pubblico ufficiale per induzione. Pronunzia delle Sezioni Unite penali sulla competenza.  La disciplina della competenza per connessione, ivi compreso il caso del nesso teleologico oggettivamente interpretato, rispondendo a tali criteri, non contrasta con il principio del giudice naturale precostituito per legge in quanto, pur derogando alle norme ordinarie sulla competenza per materia e per territorio, costituisce un criterio originario, autonomo, nonché predeterminato in modo generale, di competenza, esso pure tra l'altro ancorato, per quanto attiene a quella per territorio, al criterio del /ocus commissi delicti del reato più grave o, in caso di pari gravità, del primo reato
Falso ideologico del pubblico ufficiale per induzione. Pronunzia delle Sezioni Unite penali sulla competenza. La disciplina della competenza per connessione, ivi compreso il caso del nesso teleologico oggettivamente interpretato, rispondendo a tali criteri, non contrasta con il principio del giudice naturale precostituito per legge in quanto, pur derogando alle norme ordinarie sulla competenza per materia e per territorio, costituisce un criterio originario, autonomo, nonché predeterminato in modo generale, di competenza, esso pure tra l'altro ancorato, per quanto attiene a quella per territorio, al criterio del /ocus commissi delicti del reato più grave o, in caso di pari gravità, del primo reato
SENTENZA sul conflitto di competenza sollevato dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari nei confronti del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto visti gli atti;
 udita la relazione svolta dal componente Grazia Lapalorcia; 
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato generale Agnello Rossi, che ha chiesto dichiararsi la competenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto per i reati di cui ai capi A, B, C, D ed E e del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari per i reati di cui ai capi F, I ed L; udite le conclusioni dell'avv. Antonio Raffo per la parte civile che ha chiesto dichiararsi la competenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto e le conclusioni dell'avv. Raul Donato Pellegrini per Z., dell'avv. Vito Mormando per G., dell'avv. Luciano Marchianò per P.G.i, dell'avv. Giuseppe Losappio per S. e dell'avv. Carlenrico Paliero per P.G., che hanno chiesto dichiararsi la competenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari. 
RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 27 gennaio 2017 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari ha sollevato conflitto di competenza nei confronti del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto, che, con sentenza del 7 maggio 2015, ha dichiarato l'incompetenza per territorio del Tribunale di Taranto, ordinando la trasmissione degli atti al Pubblico ministero presso il Tribunale di Bari, in relazione ad una serie di reati. 
2. Si tratta dei reati di falso ideologico del pubblico ufficiale per induzione ascritto a U. P. G.i e a G. S. (capo a), truffa ascritta ai due predetti imputati (capo b), abuso d'ufficio ascritto a S. e a E.B., L. F. P., G.o G.i (capo c), falso ideologico del pubblico ufficiale in atto pubblico ascritto a questi ultimi quattro imputati (capo d), falso ideologico del privato in atto pubblico, ascritto a S. (capo e), favoreggiamento personale ascritto rispettivamente ad A.Z.a, G. L. e R.C. (capi f, i ed I); reati commessi in Taranto quelli sub a), b) ed e), in Bari quelli sub c), d), f), i) ed I). 3. La vicenda processuale trae inizio dalla presentazione di una querela da parte di M. B. che segnalava irregolarità, volte a favorire S., nelle procedure di assegnazione degli incarichi degli insegnamenti di Diritto Commerciale Internazionale e di Mercato e Procedure Concorsuali, e del posto di ricercatore nell'Università di Bari, sede di Taranto, posto, quello di ricercatore, al quale anch'essa aspirava. 4. Il conflitto negativo di competenza risulta determinato dal fatto che il Giudice di Taranto aveva "anticipato" al 9 settembre 2009 la consumazione del primo reato, data nella quale, in Bari, si era tenuta la seduta del Consiglio del Dipartimento di Studi Aziendali Giusprivatistici dell'Università degli Studi di Bari, in cui era stato espresso parere di congruità dei titoli posseduti da S. ai due insegnamenti universitari richiesti, parere cui si era poi attenuto il Consiglio di Facoltà dell'Università di Bari, sede di Taranto, così indotto in errore, allorché aveva conferito a S. l'incarico di tali insegnamenti con le due delibere rispettivamente del 20 settembre 2009 e del 9 giugno 2010, di cui al capo a). 
5. Il Giudice denunciante, invece - valorizzando la circostanza che nella contestazione sub a) non vi è alcun riferimento alla riunione del Consiglio del Dipartimento di Studi Aziendali Giusprivatistici dell'Università degli studi di Bari, mentre si indicano, come soggetti passivi del reato continuato, commesso il 29 settembre 2009 e il 9 giugno 2010 in Taranto, i componenti del Consiglio della seconda Facoltà di Economia dell'Università di Bari, sede di Taranto, e considerato che la competenza va determinata in base alla prospettazione dell'accusa, sempre che non contenga errori macroscopici percepibili ictu ocull - riteneva competente l'autorità giudiziaria di Taranto sul rilievo che i reati sub c) e d), relativi al conferimento del posto di ricercatore e commessi in Bari, erano teleologicamente connessi a quello sub a). Il che determinava, anche in caso di diversità degli imputati dei vari reati, la connessione ex art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., da intendersi come oggettiva a seguito della riformulazione della norma ad opera del d.l. 20 novembre 1991, n. 367, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8 («se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri», mentre il precedente testo recitava «se una persona è imputata di più reati, quando gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri»), essendo venuta meno la necessità del collegamento anche soggettivo tra i reati, e cioè della loro commissione da parte degli stessi soggetti. 6. L'ordinanza ha pure ricordato che in precedenza il Pubblico ministero presso il Tribunale di Taranto, a seguito di presentazione della querela di M. B. aveva trasmesso gli atti a quello di Bari sul rilievo che il primo atto in cui risultava falsamente attestata la congruità dei titoli professionali e scientifici di S. era il verbale in data 9 settembre 2009 del Consiglio del Dipartimento di Studi Aziendali Giusprivatistici dell'Università degli Studi di Bari, verbale che costituiva il presupposto del conferimento degli incarichi. Ma, su richiesta del P.m., il Giudice per le indagini preliminari di Bari aveva disposto l'archiviazione del procedimento per il reato di cui agli artt. 110 e 479 cod. pen. e trasmesso gli atti a Taranto. Il Pubblico ministero di Taranto aveva poi presentato richiesta di rinvio a giudizio e il Giudice dell'udienza preliminare si era dichiarato incompetente con la sentenza di cui sopra. 7. La Prima Sezione penale di questa Corte, con ordinanza del 17 luglio 2017, depositata il 21 luglio 2017, premessa l'erroneità sul piano sia sostanziale sia processuale della tesi, sostenuta dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto, della "consumazione anticipata" del reato sub a), sul rilievo che è l'atto finale del procedimento amministrativo a rivestire portata concretamente lesiva, e considerato il persistente contrasto giurisprudenziale sul tema della natura esclusivamente oggettiva ovvero anche soggettiva (nel senso della piena coincidenza soggettiva tra gli autori del reato mezzo e quelli del reato fine) del legame che deve intercorrere tra più reati ai fini della valutazione della connessione teleologica (a sostegno del primo orientamento ha citato Sez. 3, n. 12838 del 16/01/2013, Erhan, Rv. 257164, del secondo Sez. 1, n. 5970 del 02/03/2016, dep. 2017, Squarcialupi, Rv. 269181), ha rimesso la questione alle Sezioni Unite mostrando comunque di condividere la decisione del giudice barese circa la competenza di quello di Taranto, in adesione all'orientamento che ritiene sufficiente il collegamento oggettivo tra i reati per effetto della modifica legislativa sopra richiamata. 8. Quanto alla sussistenza della connessione tra i reati ascritti agli imputati, la Sezione rimettente ha osservato che tra i capi a) e b), caratterizzati anche dalla identità degli autori, sussiste quanto meno l'ipotesi di cui all'art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.. Tra il reato di cui al capo a) e i reati tra loro connessi sub c), d) ed e) (quelli sub c e d commessi in Bari) la Prima Sezione, al di là della contestazione nel primo capo dell'aggravante del nesso teleologico rispetto ai capi b) e c), in quanto commesso anche per eseguire questi ultimi reati, ha ritenuto non implausibile, ai fini strettamente processuali che qui rilevano, la prospettazione di un nesso teleologico, rilevante anche sotto il profilo della connessione, tra il capo a) commesso in Taranto, e il capo c), commesso in Bari, ascritti a soggetti in parte diversi (S. è chiamato a rispondere di entrambi, in concorso con persone diverse), dal momento che S. avrebbe in concreto fatto uso del conferimento di uno dei due incarichi didattici di cui al capo a) nell'ambito del bando per il posto di ricercatore di cui al capo c) (come risulta dal verbale 17 del febbraio 2010 inerente alla relativa procedura di selezione). Ciò a prescindere dall'esistenza di ragioni di connessione con gli ulteriori reati di favoreggiamento personale di cui ai capi f), i) ed I), non connessi con gli altri né sotto il profilo finalistico né sotto quello dell'occultamento. 9. Con decreto del 24 luglio 2017 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite fissando per la trattazione l'odierna udienza camerale. 10. Con memoria depositata il 6 ottobre 2017 l'Avvocato generale ha concluso - valorizzando anche il dato di realtà rappresentato dalle "sequenze delittuose" proprie della criminalità economica e di quella organizzata - nel senso della non necessità della coincidenza soggettiva tra autore del reato-mezzo e autore del reato-fine per la ricorrenza dell'ipotesi di connessione di cui all'art. 12, lett. c), cod. proc. pen., e quindi per la determinazione della competenza per territorio ex art. 16 stesso codice, ritenendo sufficiente la relazione oggettiva tra reati-fine e reati-mezzo. 11. L'avv. R. Pellegrini, per A.Z., imputata di favoreggiamento personale, con memoria depositata il 9 ottobre 2017, ha rilevato che, a prescindere dalla soluzione adottata in relazione al quesito, non sussisterebbe alcuna connessione, se non, al più, di tipo probatorio, tra il reato di cui al capo f), ascritto alla Z., e quelli di cui ai capi a) e b). 12. L'avv. A. Raffo per la parte civile M. B. ha fatto pervenire memoria difensiva datata 19 ottobre 2017 con la quale si esprime condivisione delle conclusioni della Procura Generale e, quanto ai reati di favoreggiamento in relazione ai quali peraltro la B.non è costituita parte civile, rileva la ricorrenza di una ipotesi di evidente connessione probatoria. 
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite può essere così enunciata: "Se, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., sia o meno richiesta l'identità fra gli autori del reato-mezzo e quelli del reato- fine".
2. Le Sezioni Unite ritengono condivisibile la soluzione prospettata dalla Sezione rimettente, in linea con l'indirizzo giurisprudenziale attualmente minoritario, secondo la quale, nel caso di connessione teleologica di cui all'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non è richiesta l'identità fra gli autori del reato-mezzo e quelli del reato-fine.
 3. Giova in proposito ricordare che, nella sua primitiva formulazione, l'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., stabiliva che vi è connessione di procedimenti «se una persona è imputata di più reati, quando gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri»: formulazione il cui incipit ("se una persona") non dava adito a dubbi sul fatto che il nesso teleologico fosse idoneo a determinare spostamento della competenza per materia o per territorio, nei termini delineati dagli artt. 15 e 16 cod. proc. pen., solo con riguardo a reati ascritti alla stessa o alle stesse persone.
 4. Il dato testuale è stato profondamente innovato dal d.l. 20 novembre 1991, n. 367 ("Coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata"), convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8, il cui art. 1 ha soppresso l'esplicito riferimento all'identità dell'autore dei fatti in connessione, sostituendolo con una locuzione impersonale («se dei reati per cui si procede»), oltre ad ampliare lo spettro dei legami rilevanti tra reati, aggiungendovi la cosiddetta connessione occasionale (reati commessi in occasione di altri) e ulteriori profili finalistici (la finalità di conseguimento, anche per altri, del profitto, del prezzo, del prodotto o dell'impunità rispetto ad altri reati), così uniformando il dettato normativo, in toto, a quello dell'art. 45 n. 2 del codice previgente, già oggetto di drastica potatura, ispirata al favor separationis, ad opera del legislatore delegato in sede di emanazione del nuovo codice di procedura penale. Norma, quella di cui all'art. 45 n. 2 del codice previgente, che è stata interpretata, nella parte relativa al nesso teleologico, nel senso dell'esigenza del rapporto obiettivo di strumentalità tra i reati (v. Sez. 1, n. 1373 del 29/06/1983, Bono, Rv. 159824: in tema di individuazione della competenza per territorio per reati connessi, la semplice analogia tra diversi reati, se non si traduce in effettiva identità di fattispecie criminose o in reati connessi oggettivamente, probatoriamente o teleologicannente, non determina spostamento di competenza). 
5. La successiva modifica della norma in esame con legge 1 marzo 2001, n. 63 ("Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'articolo 111 della Costituzione") ha espunto, attraverso l'art. 1, segnando sotto tale profilo un ritorno alla prima formulazione dell'art. 12 lett. c), il riferimento alla connessione occasionale e ai profili finalistici introdotti nel 1991, ma non ha ripristinato la formula «se una persona è imputata di più reati, quando gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri», mantenendo quella impersonale «se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri». La formulazione attuale dell'art. 12 lett. c), frutto della prima modifica, ispirata alla conclamata esigenza di ampliamento dei casi di connessione, ha quindi superato indenne la seconda che, pur rimaneggiando in senso restrittivo lo spettro dei casi di connessione - in controtendenza rispetto alle maggiori aperture della prima modifica -, non ha ripristinato la formula indicativa dell'esigenza che i reati siano realizzati dalla stessa o dalle stesse persone. 
6. Su tale dato testuale deve innestarsi una prima riflessione in ordine alla questione devoluta. Il principio ermeneutico di non attribuire alla legge altro significato che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (art. 12, primo comma, delle Disposizioni sulla legge in generale), non può che porsi, nella specie, come prioritario, soprattutto perché l'attuale formulazione della norma è frutto di una precisa modifica lessicale - da ritenere non dovuta al caso - nella scelta di una locuzione impersonale in sostituzione di una precedente che esigeva ex professo la coincidenza tra l'autore - o gli autori - dei reati, rispettivamente, mezzo e fine. 
7. L'oggettivo riferimento ai reati, invece che quello soggettivo ai loro autori, per individuare il vincolo teleologico, esprime un parametro da interpretare come un univoco segnale di mutamento della voluntas legis, in linea con il generale obiettivo del legislatore del tempo, risultante anche dalla Relazione al Disegno di legge di conversione del d.l. 367 del 1991 recante "Coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata", di ampliare il perimetro di operatività dell'istituto della connessione assicurando l'esame unitario, in particolare, dei fenomeni di criminalità organizzata (occasio legis), pena, in caso contrario, la sostanziale stasi negli accertamenti «se non addirittura deprecabili contrasti», ovviando anche all'eccesso di delega, in minus, in cui era incorso il legislatore che aveva redatto il vigente codice di procedura penale, consistito nella notevole, e non giustificata, riduzione dei casi di connessione. 
8. Né va trascurato che, mediante la riforma del 1991/1992, è stata modificata anche la lett. b) del comma 1 dell'art. 12. Infatti la precedente formulazione dell'art. 12 lett. b) era «se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni in unità di tempo e di luogo», mentre quella introdotta dalla predetta riforma recita «se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso». Per effetto della coesistenza delle lettere b) e c) nel testo anteriore al 1991/1992, la previsione della identità soggettiva degli autori dei reati in entrambi i casi poteva ritenersi dovuta al fatto che, mentre nella lettera b) rientravano i soli casi di continuazione caratterizzati da unità spazio-temporale delle azioni od omissioni, la lettera e) prevedeva una ulteriore ipotesi di possibile continuazione, quella della commissione di uno o più reati al fine di commetterne altri (essendo normalmente il nesso teleologico sintomo anche di identità del disegno criminoso: Sez. 1, n. 3442 del 06/03/1996, Laezza, Rv. 204326), mentre l'assorbimento nella lett. b), per effetto della riforma, di tutte le ipotesi di continuazione, è interpretabile nel senso della voluntas legis dell'esclusione dall'ipotesi del nesso finalistico del requisito soggettivo dell'identità degli autori. A diversamente ritenere, infatti, la previsione di cui alla lett. c) rischierebbe di duplicare, anche se solo in parte, quella della lett. b), in quanto il nesso finalistico è normalmente sintomo di unica progettualità criminosa. 
9. Tanto premesso, non sembra giustificato il ricorso, piuttosto che all'interpretazione letterale dell'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all'opzione ermeneutica di tipo logico-sistematico, condivisa dall'orientamento maggioritario, che imporrebbe tuttora, nonostante la modifica normativa sopravvenuta, la necessità, per configurare la connessione ex art. 12 lett. c), della coincidenza degli autori dei reati. 
10. L'analisi delle pronunce di legittimità che sostengono quell'indirizzo rivela che esse tengono in poco conto la modifica normativa del 1991/1992 facendo sostanzialmente leva, in termini ripetitivi, con richiami reciproci e con una sorta di autoreferenzialità - in una parola, tralaticiamente -, su due argomenti: e cioè, il primo, che l'unità del processo volitivo tra il reato-mezzo ed il reato-fine, ritenuto presupposto logico della connessione teleologica, sarebbe configurabile solo qualora i reati siano stati commessi dagli stessi soggetti; il secondo, in certo senso rafforzativo del precedente, che l'interesse di un solo imputato alla trattazione unitaria di reati connessi tra loro con il vincolo teleologico non potrebbe pregiudicare quello del coimputato (o dei coimputati) a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza. 
11. In tal senso concordano, tra le tante, Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995, Pischedda, Rv. 200701; Sez. 3, n. 2731 del 26/11/1999, Bonassisa, Rv. 215762; Sez. 1, n. 42883 del 23/10/2002, Mauro, Rv. 222800; Sez. 6, n. 13619 del 29/01/2003, Lodigiani, Rv. 224146; Sez. 1, n. 19537 del 12/03/2003, Pofferi, Rv. 224389; Sez. 4, n. 27457 del 10/03/2009, Ruiu, Rv. 244516; Sez. 1, n. 5970 del 02/03/2016, dep. 2017, Squarcialupi, Rv. 269181. Quest'ultima e più recente decisione, non nascondendosi che un altro indirizzo giurisprudenziale individua una relazione di tipo oggettivo tra le condotte collegate dalla finalità di eseguire o di occultare (Sez. 5, n. 10041 del 13/06/1998, Altissimo, Rv. 211391; Sez. 6, n. 37014 del 23/09/2010, Della Giovanpaola, Rv. 248746; Sez. 3 n. 12838 del 16/01/2013, Ehran, Rv. 257164; Sez. 4, n. 7350 del 11/07/2014, Forcelli, non mass.), ha tuttavia ritenuto di ribadire una convinta adesione alla linea interpretativa "prevalente e almeno ventennale", considerata quasi diritto vivente. Ha quindi riaffermato, in conformità a tale linea, che, nonostante il mutamento del dato letterale - con il quale sostanzialmente non si confronta - è condizione imprescindibile per la configurabilità della connessione teleologica, e, quindi, per la produzione dei suoi effetti tipici sul piano dello spostamento di competenza, l'identità tra gli autori del reato-mezzo e gli autori del reato-fine, essendo presupposto logico della connessione teleologica l'unità del processo volitivo, mentre, in caso di eterogeneità di autori, ricorre solo un'ipotesi di connessione di natura eventualmente probatoria, inidonea a produrre spostamento di competenza, tanto più - ulteriore argomento alla base dell'orientamento tradizionale - perché l'interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei reati avvinti da vincolo teleologico non può pregiudicare quello del coimputato (o dei coimputati) a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza. 
12. Tale pronuncia, e soprattutto le precedenti sulla stessa linea, non considerano però adeguatamente, così condannando alla totale irrilevanza la modifica apportata al testo originario dell'art. 12, lett. c), cod. proc. pen. dalla riforma 1991/1992, l'evoluzione normativa dell'istituto e il suo epilogo che individua, nell'attuale configurazione di esso, un legame tra i reati di natura essenzialmente oggettiva, prescindendo testualmente dalla identità soggettiva degli autori dei reati connessi. Né tengono conto degli aspetti penali sostanziali della connessione teleologica, che convergono nell'indicare quale criterio per la ricorrenza di tale ipotesi, il solo legame finalistico tra i reati. Invero, quanto all'aggravante di cui all'art. 61, numero 2, cod. pen., il cui testo contiene, tra le altre, anche le ipotesi di commissione di un reato per eseguirne od occultarne un altro, la configurabilità della connessione teleologica in caso di autori diversi è stata riconosciuta, come ricordato in motivazione da Corte cost., sent. n. 21 del 2013, tanto in sede dottrinale che giurisprudenziale (in tal senso Sez. 5, n. 3479 del 14/02/1984, Maggi, Rv. 163727). 
13. Del resto, il richiamo all'unità del processo volitivo da parte dell'orientamento tradizionale implica l'estensione alla lett. c) dell'art. 12 cod. proc. pen. - da ritenere non consentita trattandosi di norma in deroga alle regole sulla competenza, quindi di stretta interpretazione - di un parametro soggettivo proprio delle lettere a) (concorso di persone nel reato) e b) (concorso formale e continuazione) della stessa norma, che richiedono la coincidenza degli autori dei reati, senza tener conto che queste ultime ipotesi di connessione possono ricomprendere, nel caso di ricorrenza di entrambe (concorso di persone in reato continuato), anche la commissione da parte delle stesse persone di più reati- mezzo e di più reati-fine, se espressivi, come quasi sempre avviene, di un'unica progettualità, rendendo sostanzialmente superflua la previsione della connessione sub c), se intesa nel senso che presupponga, a propria volta, l'identità degli autori dei reati. 
14. Al riguardo vale la pena ricordare che un consolidato orientamento di legittimità ritiene l'istituto della continuazione non incompatibile con l'aggravante di cui all'art. 61, n.2, cod. pen., sul rilievo che la continuazione, quale strumento equilibratore della pena, agisce sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso, mentre l'aggravante del nesso teleologico, connotata dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro e finalizzata all'aggravamento della pena in quanto espressione di maggior pericolosità del colpevole, può rientrare, nonostante la differente funzione dei due istituti, nel programma criminoso elaborato da un solo agente o da più concorrenti nel reato (Sez. 2, n. 46638 del 09/11/2012, Romano Monachelli, Rv. 253901; Sez. 2, n. 48317 del 17/11/2004, Emiliano, Rv. 230427; Sez. 1, n. 46270 del 03/11/2004, Dellagaren, Rv. 230188; Sez. 1, n. 3442 del 06/03/1996, Laezza, Rv. 204326; Sez. 5, n. 10508 del 27/09/1995, Iaquinta, Rv. 202499). 15. In definitiva, la formulazione della lett. c) dell'art. 12 cod. proc. pen., sposta, e concentra, l'attenzione, a differenza delle due lettere precedenti, essenzialmente sul legame oggettivo tra due o più reati, senza esigere che l'autore - o gli autori - di quello strumentale all'altro o agli altri debba - o debbano - necessariamente prendere parte a quest'ultimo, che può essere commesso da terzi. L'esattezza di tale conclusione risulta del resto avvalorata dalla considerazione che il caso di nesso strumentale per occultamento, il quale rappresenta la seconda ipotesi di connessione di cui alla lett. c) della norma in esame, accomunata alla prima dall'unico esordio ("se dei reati per cui si procede"), esprime con tutta evidenza la possibilità che l'autore del secondo reato, ispirato alla finalità di occultamento del precedente, sia diverso dall'autore del primo - ben potendo il reato finalizzato all'occultamento di un fatto criminoso già commesso essere realizzato, per le più svariate ragioni, da persona diversa -, risultando così l'unità del processo volitivo del tutto estranea, o comunque meramente eventuale, a tale fattispecie di collegamento tra reati. 16. L'opzione ermeneutica, condivisa dall'orientamento maggioritario, non è d'altro canto imposta, o giustificata, neppure dal rispetto del principio del giudice naturale precostituito per legge, che, secondo tale indirizzo, sarebbe violato se gli autori dei reati meno gravi o, in caso di pari gravità, successivi al primo, fossero attratti nell'orbita della competenza del giudice, rispettivamente, di quello più grave o del primo reato, per la ragione che l'interesse di un imputato alla trattazione unitaria di procedimenti per reati commessi in continuazione, o connessi teleologicamente, non potrebbe pregiudicare quello del coimputato (o dei coimputati) a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza. Tale prospettazione sconta l'adesione alla tradizionale equazione processualpenalistica "giudice naturale=forum commissi delicti", trascurando che il valore costituzionalmente tutelato (tra l'altro nel silenzio dell'art. 25 Cost. circa la necessità dell'allocazione del processo nel luogo in cui il reato è stato commesso) è, alla stregua della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, quello della imparzialità del giudice, assicurato dalla sua precostituzione rispetto alla vicenda controversa, in base a criteri generali, che, nei limiti della non arbitrarietà e della ragionevolezza, appartengono alla discrezionalità legislativa; mentre altre esigenze, quali quelle di agevolare la raccolta delle prove, di ridurre i disagi per le parti e per i testi, di assicurare un effettivo controllo sociale, di riaffermare la giustizia nel luogo in cui è stata violata, ben possono cedere dinanzi a valori costituzionalmente garantiti o a esigenze di pari, se non maggiore, rilevanza. Valga per tutti il principio dell'efficacia della giurisdizione assicurato dalla unitarietà della celebrazione del processo e quindi dalla ragionevole durata di esso, e dalla prevenzione di giudicati non fisiologicamente contrastanti. Si ricordano al riguardo Corte cost., n. 117 del 2012, n. 30 del 2011, n. 279 del 2009, n. 168 del 2006, n. 452 del 1997, n. 130 del 1995, n. 100 del 1984, n. 88 del 1962, tutte concordi nel sostenere che la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione di una competenza generale, ma è frutto del complesso della disciplina attributiva della competenza, formandosi per effetto di tutte le disposizioni di legge, comprese quelle derogatorie alle regole ordinarie in base a criteri che ragionevolmente valutino i valori in gioco, anche di rango costituzionale, e i disparati interessi coinvolti nel processo. 
17. Ne consegue che la disciplina della competenza per connessione, ivi compreso il caso del nesso teleologico oggettivamente interpretato, rispondendo a tali criteri, non contrasta con il principio del giudice naturale precostituito per legge in quanto, pur derogando alle norme ordinarie sulla competenza per materia e per territorio, costituisce un criterio originario, autonomo, nonché predeterminato in modo generale, di competenza, esso pure tra l'altro ancorato, per quanto attiene a quella per territorio, al criterio del /ocus commissi delicti del reato più grave o, in caso di pari gravità, del primo reato (Sez. U, n. 27343 del 28/02/2013, Taricco, Rv. 255345). 18. A sostegno della tesi maggioritaria non sembra utilmente invocabile la sentenza Corte cost. n. 21 del 2013 che ha dichiarato l'inammissibilità della questione di costituzionalità sollevata,in riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., della disposizione combinata degli artt. 12, comma 1, lettera c), e 16 del cod. proc. pen., nella parte in cui - alla stregua dell'interpretazione accolta dal giudice remittente - attribuisce, nel caso di connessione teleologica, la competenza per tutti i reati connessi e per tutti gli imputati al giudice del luogo di commissione del reato più grave, anche quando di quest'ultimo non siano chiamati a rispondere tutti gli imputati del reato meno grave. La Corte, infatti, premessa la ventennale adesione della giurisprudenza di legittimità alla tesi maggioritaria, ma soprattutto stigmatizzata l'impropria scelta di sollevare l'incidente di costituzionalità sulla base soltanto di una delle possibili interpretazioni della legge (quella dell'indirizzo minoritario), non sembra tuttavia aver sottinteso che la lettura dell'art. 12 offerta dal giudice rimettente sarebbe, a differenza di quella consolidata, di dubbia costituzionalità, avendo, al contrario, affermato, con un significativo obiter, la sostanziale infondatezza delle censure formulate dal giudice rimettente («A prescindere, peraltro, da ogni rilievo circa la reale fondatezza delle censure formulate dal giudice a quo - quelle riferite all'art.25 Cost., se valide, imporrebbero a rigore la rimozione dell'intero istituto della connessione di procedimenti; quella relativa all'art. 3 Cost. trascura i tratti differenziali tra le figure poste a confronto, cioè connessione teleologica e continuazione -, è pregiudiziale e dirimente rilevare che l'operazione dianzi descritta implica un uso improprio dell'incidente di costituzionalità»). 
19. L'interpretazione oggettiva del legame finalistico è del resto anche quella che maggiormente si attaglia, come osservato dall'Avvocato generale, alle esigenze della realtà fenomenica attuale che presenta, nell'ambito della moderna criminalità economica ed amministrativa, oltre che di quella organizzata - in espansione anche in tali settori -, "sequenze criminali" nelle quali si individuano "reati battistrada" e "reati spia", nonché "reati traccia", legati da nessi meramente oggettivi, la cui trattazione unitaria è la sola in grado di assicurare l'efficacia della giurisdizione. 
20. E' necessario nondimeno aggiungere che, per ritenere configurata la connessione teleologica di cui all'art. 12 lett. c), idonea a determinare uno spostamento di competenza, dovrà essere individuato, in concreto, un effettivo legame finalistico fra i reati commessi da soggetti diversi, con conseguente necessità di verificare che chi ha commesso un reato abbia avuto presente l'oggettiva finalizzazione della sua condotta (espressa dalla preposizione "per", che grammaticalmente introduce un complemento di fine e che precede la formula "eseguire od occultare gli altri") alla commissione di un altro reato oppure all'occultamento di un reato precedente. La spia di tale finalizzazione ben può essere ricercata, ma non solo, nella contestazione dell'aggravante di cui all'art. 61, n.2, cod. pen., nelle ipotesi di connessione sovrapponibili a quelle di cui all'art. 12, lett. c), cod. proc. pen. 
21. Vale la pena da ultimo evidenziare che l'indirizzo qui condiviso non comporta rischi di ricadute sulla determinazione della competenza per effetto di successivi eventi, istruttori o decisori, di significato diverso rispetto ai dati inizialmente valutati ai fini della fissazione della competenza. Invero, in conformità all'orientamento costantemente espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, la competenza, in generale, anche quindi quella per connessione, va determinata, in base al principio della perpetuatio iurisdictionis, con criterio ex ante, sulla scorta della situazione risultante dalle figure soggettive e dagli addebiti indicati nella formulazione dell'imputazione, entro i limiti temporali di rilevazione della questione, che sono, per quanto attiene alla competenza per connessione, quelli delle fasi preliminari del giudizio di primo grado (art. 21, comma 3, cod. proc. pen.), e mantenuta ferma a prescindere dalle vicende processuali successive, inidonee ad incidere sulla competenza già affermata (Sez. 4, n. 14699 del 12/12/2012, dep. 2013, Perez Garcia, Rv. 255498; Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, Battistella, Rv. 234347).
 22. Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: "Ferma restando la necessità di individuare un effettivo legame finalistico fra i reati, non è richiesta l'identità degli autori ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen." 
23. Venendo al caso in esame, il conflitto negativo di competenza - ammissibile in rito, in quanto entrambi i giudici ordinari contemporaneamente ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto loro deferito, dando così luogo a quella situazione di stallo processuale prevista dall'art. 28 cod. proc. pen. -, va risolto, alla stregua di quanto sopra, nei termini di seguito precisati. Le argomentazioni alla base della dichiarazione di incompetenza dell'Autorità giudiziaria di Taranto non sono condivisibili per le ragioni indicate nell'ordinanza con cui è stato sollevato conflitto. Non è infatti giustificata l'anticipazione, prospettata dal Giudice di Taranto al fine di radicare la competenza dell'autorità barese, della consumazione del primo reato al 9 settembre 2009, data nella quale, in Bari, si era tenuta la seduta del Consiglio del Dipartimento di Studi Aziendali Giusprivatistici dell'Università degli studi di Bari, che aveva espresso parere di congruità dei titoli posseduti da Sanseverino ai due insegnamenti universitari richiesti. Anche a tacere del fatto che per tale ipotesi di falso, in virtù della quale il Pubblico ministero presso il Tribunale di Taranto aveva trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica di Bari, era intervenuta archiviazione da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, a seguito di che gli atti erano stati restituiti alla Procura della Repubblica di Taranto, va ricordato che una delle regole essenziali in punto di criteri di determinazione della competenza è, per radicato orientamento interpretativo, che la competenza giurisdizionale va attribuita sulla base di ciò che si "prospetta" e non di ciò che si "ritiene", e quindi facendo riferimento alle linee fattuali contenute nella originaria notizia di reato, prescindendo da ogni valutazione di merito in ordine alla sua fondatezza o alla effettiva ravvisabilità delle originarie ipotesi di connessione. Trattasi di regola tradizionalmente affermata (Sez. 1, n. 49627 del 17/11/2009, Osmanovic, Rv. 246033; Sez. 1, n. 11047 del 24/02/2010, Guida, Rv. 246782) e ribadita in tempi recenti anche in ambito civile, a conferma della unità logica del diritto processuale (Sez. U civ., n. 26937 del 02/12/2013, Rv. 628676). «Ciò perché la competenza è "misura della giurisdizione" sin dal momento iniziale del procedimento ed è pertanto correlata alle caratteristiche intrinseche della domanda, non alla sua fondatezza» (così, in motivazione, Sez. 1, n. 52541 del 20/06/2014, n.n., Rv. 262143).
 24. Dovendo pertanto la competenza per territorio nell'ipotesi di reati connessi determinarsi avendo riguardo alla contestazione formulata dal pubblico ministero, a meno che la stessa non contenga rilevanti errori macroscopici ed immediatamente percepibili (Sez. 1, n. 11047 del 2010, Guida, Rv. 246782, cit.), il che non può nella specie essere affermato sulla sola base dell'esistenza del precedente parere espresso dal Consiglio di Dipartimento di Bari, in relazione al quale non risulta contestato alcun reato, la competenza per connessione non potrà che essere individuata, alla stregua degli addebiti indicati nella formulazione dell'imputazione, sulla base della contestazione del reato sub a), commesso in Taranto, che costituisce, secondo la prospettazione accusatoria offerta a questa Corte, il reato commesso per primo e di pari gravità rispetto ad altri. Tale reato attrae nell'orbita della competenza per connessione dell'autorità giudiziaria di Taranto — premesso che i reati sub b) ed e) sono contestati come commessi in Taranto —, i reati sub c) e d), relativi all'assegnazione del posto di ricercatore, realizzati in Bari, ma connessi quali reati-fine a quello di cui al capo a), sia perché quest'ultimo è contestato come aggravato ex art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen. in relazione a quelli sub b) e c), sia perché, come da ordinanza di rimessione, il conferimento dei due incarichi di insegnamento di cui al capo a) risulta in concreto utilizzato per l'assegnazione del posto di ricercatore, configurandosi quindi il capo a) come reato mezzo rispetto ai reati fine sub c) e d). 25. Non si ravvisano, invece, ragioni di connessione, rilevanti ai fini dello spostamento della competenza per territorio, quanto ai tre episodi di favoreggiamento (capi f, i, I), contestati a persone diverse da quelle di cui ai capi precedenti, per i quali resta radicata la competenza territoriale del Tribunale di Bari, in quanto commessi ad Altamura. Infatti, il fine dell'impunità, previsto tra le ipotesi di aggravamento del reato ex art. 61 n 2 cod. pen. (aggravante contestata nei capi f, i, I) rileva processualmente solo ai fini del collegamento delle indagini ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b) , cod. proc. pen. e non più anche (a seguito della riforma del 2001 dell'art. 12, lett. c)) ai fini della connessione teleologica rilevante per la competenza per territorio determinata dalla connessione (Sez. 6, n. 37014 del 23/09/2010, Della Giovampaola, Rv. 248746; Sez. 1, n. 25723 del 20/05/2008, Feleppa, Rv. 240462; Sez. 1, n. 19066 del 20/04/2004, Leonardi, Rv. 228654; Sez. 1, n. 39896 del 18/07/2017, Squarcialupi, non mass.). 26. Le spese sostenute dalla parte civile vanno rimesse al giudice competente in base all'esito finale, in applicazione dei principi di causalità e soccombenza. P.Q.M. Dichiara la competenza del Tribunale di Taranto
Avv. Antonino Sugamele

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