Amministrazione di sostegno. Integrazione del contraddittorio e partecipazione del PM al processo.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 20 dicembre 2016 – 18 gennaio 2017, n. 1093
Presidente Rordorf – Relatore Didone
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1.- Con ricorso del 2 marzo 2015 la signora G.A.J.E. , di nazionalità (…), di anni (…), residente in (omissis) , propose ricorso davanti al Giudice Tutelare di Ancona al fine di richiedere la nomina di amministratore di sostegno, assumendo di avere ottenuto già in data 11 novembre 2014 la residenza in (…), dove aveva già fissato la propria abitazione stabile sin dal 28 ottobre precedente, insieme alla propria badante e che il proprio coniuge, subito dopo la sua partenza per l'Italia, e precisamente il 29 ottobre, aveva promosso davanti al Juge de Paix Jodoigne, in Belgio, richiesta di nomina di amministratore di sostegno nei suoi confronti ed a sua insaputa. La ricorrente sosteneva il proprio interesse ad avere nomina di amministratore di sostegno nell'attuale luogo di residenza in territorio italiano, indicava come tale la figlia M. ; riteneva sussistente la giurisdizione italiana ai sensi dell'art. 44 Legge n. 218/95, indicava i suoi prossimi congiunti nelle persone del coniuge e delle figlie M. e F. . Nel corso dell'udienza il giudice, senza disporre l'audizione dell'interessata e dei congiunti presenti, concesse un termine per interloquire sul problema della giurisdizione e, senza attendere le conclusioni delle parti sul punto, pronunciò sul ricorso con decreto "di non luogo a provvedere", emesso il 26 giugno 2015, osservando che era pendente analoga richiesta avanzata davanti al giudice belga da persona diversa dalla G. , poi definita in data 23 aprile 2015, con il riconoscimento dell'incapacità della signora a "compiere qualsiasi atto avente rilevanza economica" e la nomina di amministratore di sostegno nella persona dell'avv. V.A.C. .
La G. propose reclamo alla Corte di appello deducendo che:
1- Il giudice aveva concesso termine alle parti per interloquire sul problema della giurisdizione italiana ma aveva poi deciso, prima della scadenza del termine "a prescindere da qualsiasi questione in ordine alla giurisdizione".
2- Il decreto aveva introdotto argomentazioni attinenti il merito della richiesta senza procedere all'audizione della ricorrente e dei congiunti interessati (in particolare della figlia M. , presente all'udienza).
3- Non era stata data comunicazione al P.M. con conseguente nullità della procedura.
4- era incomprensibile la decisione circa la sussistenza o meno della giurisdizione italiana.
5- era sussistente la giurisdizione italiana ai sensi degli artt. 3, 9, 44 e 66 Legge n. 218/1995.
Nel corso del giudizio di secondo grado, si costituì la figlia della reclamante, dottoressa C.M. , depositando memoria con allegata documentazione.
La Corte di appello di Ancona, senza comunicare il ricorso al P.G. e senza disporre la comparizione delle parti, con decreto depositato il 7 agosto 2015, respinse il reclamo ritenendo non necessario disporre la comparizione delle parti, rilevando in via preliminare e assorbente il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Osservò la corte di merito che la ricorrente all'epoca della proposizione del ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno provvisorio in Belgio da parte del proprio coniuge, era residente in Belgio essendo formalmente residente in Ancona a far data dall'11 novembre 2014; che il centro degli interessi economici e patrimoniali della G. era in Belgio dove sono ubicati gli immobili in comproprietà con il marito e dove viene erogata la pensione e quindi non vi erano atti inerenti alla gestione del patrimonio e delle entrate che potessero essere compiuti in Italia. La corte di appello, poi, rilevò che non ricorrevano i presupposti ex art. 44, comma primo, l. n. 218/1995 in quanto non sussisteva il requisito richiesto dalla norma della necessità di proteggere in via provvisoria ed urgente la persona o i beni dell'incapace presente in Italia, ben potendo l'interessata chiedere al giudice belga l'integrazione del provvedimento con espressa indicazione dei poteri dell'amministratore inerenti le decisioni sulla salute, né vi erano beni di cui la G. fosse titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale in Italia; non risultava applicabile l'art. 44, secondo comma, in relazione all'art. 66 l. n. 218/95 che prevede la giurisdizione italiana per i provvedimenti modificativi o integrativi eventualmente necessari in base all'art. 66 avendo la reclamante chiesto tardivamente e inammissibilmente in sede di reclamo, il riconoscimento dell'ordinanza del giudice di pace belga che consentiva quindi la giurisdizione.
2.- Contro il decreto della Corte di appello hanno proposto distinti ricorsi per cassazione (successivamente riuniti) il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Ancona e G.A.J.E. . Quest'ultima ha depositato due ricorsi, di cui il primo non notificato ad alcuno.
Ha resistito con controricorso l'avv. V.A.C. , quale amministratrice della G. nominata (nel corso del procedimento dinanzi al giudice tutelare) dal Giudice di pace di Jodoigne, la quale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso proposto dall'interessata e ha rilevato la violazione del contraddittorio nei suoi confronti nel procedimento di reclamo. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.
3.- Con il ricorso G.A.J.E. formula quattro motivi denunciando a) violazione di legge per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del pubblico ministero; b) vizio di motivazione sull'erronea applicazione dell'art. 44 l. n. 218/1995 (presupposti per provvedimenti urgenti): c) vizio di motivazione in ordine all'applicazione del cit. art. 44, comma 2 (tardiva richiesta di riconoscimento del provvedimento straniero); d) contraddittorietà tra motivazione e dispositivo del provvedimento del giudice di primo grado.
4.- Con i motivi di ricorso il Procuratore Generale denuncia:
a) - violazione della legge processuale civile- art. 70, art. 720 bis con riferimento all'art. 713 c.p.c. (art. 360 n. 3, c.p.c.);
b) - violazione della legge processuale civile- art. 738 c.p.c. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.;
c) - violazione di legge - art. 44 Legge 218/1995 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.);
d) - violazione delle regole sulla giurisdizione nazionale (art. 360 n. 1 c.p.c.).
5.- Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente.
Osserva la Corte che l'eccezione è infondata.
L'art. 720 bis comma 3 c.p.c. prevede espressamente la ricorribilità per cassazione del decreto pronunciato dalla Corte di Appello sul reclamo in materia di amministrazione di sostegno.
Quanto alla tempestività dei ricorsi va rilevato che il ricorso del P.M. risulta depositato entro sessanta giorni dal deposito del decreto (7 agosto 2015 - 7 ottobre 2015) ma la notifica risulta tentata solo nel 2016.
Il primo ricorso dell'interessata non è stato notificato ma il secondo risulta notificato nel termine semestrale di cui all'art. 327 cod. proc. civ. e nel termine breve dal deposito del primo ricorso.
Secondo la dottrina maggioritaria non si applicano le regole di cui all'art. 739 cod. proc. civ. In ogni caso - si afferma - la previsione della partecipazione obbligatoria del pubblico ministero esclude che si sia di fronte ad un procedimento "unilaterale" ai fini della validità della comunicazione del provvedimento.
Rileva la Corte che il primo comma dell'art. 720 bis cod. proc. civ. dispone che "Ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 712, 713, 716, 719 e 720" e l'art. 719, comma 1, dispone che "Il termine per la impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell'articolo precedente dalla notificazione della sentenza, fatta nelle forme ordinarie a tutti coloro che parteciparono al giudizio".
Il decreto è stato comunicato dalla cancelleria ma non è stato notificato nelle forme ordinarie. Quindi era applicabile il termine lungo per impugnare. Se è vero, poi, che il primo ricorso della G. non è stato notificato, nondimeno il secondo è stato notificato entro i sessanta giorni dal deposito del primo ricorso e occorre applicare la regola per la quale il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposta una seconda impugnazione, immune dai vizi della precedente e destinata a sostituirla, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo la tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non in relazione al termine lungo, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante (v. Sez. U, n. 12084 del 2016, in relazione all'art. 358 cod. proc. civ. analogo all'art. 387 cod. proc. civ. per il ricorso).
6.- Il primo motivo di ricorso della G. è fondato e, concernendo esso anche la nullità del decreto del tribunale, il suo accoglimento comporta l'assorbimento del ricorso del P.M..
Trattandosi, invero, di censura che denuncia l'irregolare costituzione del contraddittorio, va esaminata prima della questione di giurisdizione (Sez. U, n. 2201 del 2016; Sez. U, n. 22776 del 2012).
Nelle cause relative allo stato delle persone, la mancata trasmissione degli atti al P.M., il cui intervento è obbligatorio ai sensi dell'art. 70, n. 3, c.p.c., dà luogo a nullità della sentenza che, se resa nel giudizio di appello, va cassata con rinvio alla corte d'appello affinché, previo coinvolgimento del P.G., proceda alla trattazione e decisione della causa (Sez. 6 - 1, n. 17664 del 2015).
Nella concreta fattispecie la nullità si è verificata sin dal procedimento svoltosi in primo grado.
Nella giurisprudenza di questa Corte era controverso se, quando è necessario l'intervento del P.m. in un processo, ai sensi dell'art. 70 cod. proc. civ., in difetto di trasmissione degli atti al medesimo, nei precedenti gradi del giudizio, la Corte di Cassazione dovesse annullare d'ufficio la sentenza impugnata e rinviare la causa al primo giudice per l'integrazione del contraddittorio mediante tale intervento (per la soluzione affermativa v. Sez. 1, n. 380 del 1967; Conf. n. 1068 del 1960. In senso contrario: n. 810 del 1965; n. 1 del 1962; n. 2324 del 1961; n. 2674 del 1960).
Successivamente, e fino a tempi recenti, è prevalso l'orientamento per il quale, non condividendosi l'opposta soluzione sostenuta dalla non recente sentenza n. 380/67, deve escludersi che l'art. 70 c.p.c., "salvo che per quanto riguarda il n. 1", sia norma che attiene alla disciplina del contraddittorio, posto che "proprio la distinzione tra l'ipotesi dell'intervento nelle cause che il p.m. avrebbe potuto proporre e le altre, dimostra che l'intervento del p.m. di cui ai numeri 2, 3 e 5 è estraneo alla disciplina dell'esercizio dell'azione, della quale la garanzia del contraddittorio è uno degli aspetti fondamentali" (Sez. 1, n. 807 del 1997). Principio ribadito anche di recente e che distingue le cause in cui è previsto soltanto l'intervento del P.M. (art. 70, comma primo, nn. 2, 3 e 5, cod. proc. civ.) e non anche l'esperibilità dell'azione da parte di tale organo, per non essere ad esso attribuito il relativo potere di iniziativa giudiziaria (art. 70, comma primo, n. 1 cod. proc. civ.).
Soltanto nella prima ipotesi la mancata partecipazione del P.M. medesimo al giudizio di primo grado ne determina la nullità ai sensi dell'art. 158 cod. proc. civ., con la conseguenza che, se tale nullità è denunciata in appello in base all'art. 161 cod. proc. civ., non può il giudice del gravame rimettere gli atti al primo giudice in forza dell'art. 354, primo comma, cod. proc. civ., ma, dichiarata detta nullità, deve, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 354, decidere la causa nel merito dopo aver disposto che al giudizio di impugnazione partecipi il P.M. (Sez. 2, n. 17161 del 2009; Sez. 1, n. 11223 del 2014). Nelle cause civili che il pubblico ministero avrebbe potuto proporre (artt. 69 e 72 c.p.c.) egli è litisconsorte necessario (Sez. 1, n. 11975 del 2002).
7.- Ciò premesso, va rilevato che l'art. 406, comma 1, c.c. dispone che il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417 c.c..
Quest'ultima disposizione, a sua volta, prevede il potere di azione del pubblico ministero in relazione all'interdizione e all'inabilitazione. Potere, dunque, che è esteso all'amministrazione di sostegno.
L'ultimo comma dell'art. 407 c.c., che disciplina il procedimento per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno, prescrive che "in ogni caso, nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero”.
L'art. 720 bis cod. proc. civ. - come innanzi rilevato - richiama, per l'amministrazione di sostegno, tra le altre disposizioni, l'art. 713 cod. proc. civ., il cui primo comma prescrive "la comunicazione del ricorso al pubblico ministero”.
Si tratta indubbiamente di un'ipotesi di intervento del pubblico ministero sussumibile nell'art. 70 n. 1 cod. proc. civ. Pertanto, la violazione delle norme innanzi indicate comporta la rimessione del procedimento dinanzi al primo giudice, il quale provvederà anche sulle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso proposto dalla G. , assorbito il ricorso del Procuratore Generale; cassa il decreto impugnato e il decreto del tribunale e rimette le parti dinanzi al primo giudice per la rinnovazione del procedimento e per le spese.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli
altri dati identificativi delle parti a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
20-01-2017 14:38
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