Titolarità attiva o passiva del rapporto controverso - Natura giuridica - Allegazione e prova - Onere dell’attore - Limiti.
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto.
PROCEDIMENTO CIVILE - LEGITTIMAZIONE - AD CAUSAM.
Titolarità attiva o passiva del rapporto controverso - Carenza - Rilevabilità di ufficio - Condizione.
La carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa.
· In senso conforme, al primo principio, Cass. Sez. 3, Sentenza 15759/2014: la titolarità attiva o passiva del rapporto controverso, la cui carenza, a differenza di quella concernente la “legitimatio ad causam”, non è rilevabile d'ufficio, costituisce un requisito di fondatezza della domanda e non una eccezione ad essa, sicché il convenuto che la contesta esercita una mera difesa, senza essere onerato della prova di quanto afferma. Ne consegue che l'attore, in quanto soggetto agli ordinari criteri sull'onere probatorio, ex art. 2697 cc, è esonerato dalla dimostrazione della titolarità del rapporto solo quando il convenuto ne faccia espresso riconoscimento o la sua difesa sia incompatibile con il disconoscimento, in applicazione del principio secondo cui “non egent probatione” i fatti pacifici o incontroversi.
In senso difforme, si veda Cass. Sez. 3, Sentenza 2091/2012: al giudice è consentito accertare d'ufficio la sussistenza, in capo alle parti, del potere di promuovere il giudizio o di resistervi, ossia la “legitimatio ad causam” attiva e passiva, ma non di rilevare d'ufficio l'effettiva titolarità dell'obbligazione dedotta in giudizio. Ne consegue che, in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, non è rilevabile d'ufficio la circostanza che il convenuto non sia proprietario del veicolo che ha causato il danno, se essa non sia stata tempestivamente eccepita.
· In ordine al secondo principio si vedano:
i) Sez. 3, Sentenza 2091/2012: al giudice è consentito accertare d'ufficio la sussistenza, in capo alle parti, del potere di promuovere il giudizio o di resistervi, ossia la “legitimatio ad causam” attiva e passiva, ma non di rilevare d'ufficio l'effettiva titolarità dell'obbligazione dedotta in giudizio. Ne consegue che, in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, non è rilevabile d'ufficio la circostanza che il convenuto non sia proprietario del veicolo che ha causato il danno, se essa non sia stata tempestivamente eccepita.
ii) Sez. 3, Sentenza 15759/2014: la titolarità attiva o passiva del rapporto controverso, la cui carenza, a differenza di quella concernente la “legitimatio ad causam”, non è rilevabile d'ufficio, costituisce un requisito di fondatezza della domanda e non una eccezione ad essa, sicché il convenuto che la contesta esercita una mera difesa, senza essere onerato della prova di quanto afferma. Ne consegue che l'attore, in quanto soggetto agli ordinari criteri sull'onere probatorio, ex art. 2697 cc, è esonerato dalla dimostrazione della titolarità del rapporto solo quando il convenuto ne faccia espresso riconoscimento o la sua difesa sia incompatibile con il disconoscimento, in applicazione del principio secondo cui “non egent probatione” i fatti pacifici o incontroversi.
iii) Sez. 3, Sentenza 23657/2015: la questione relativa alla titolarità del rapporto controverso, attinente al merito della lite, non costituisce una eccezione in senso stretto, soggetta al regime decadenziale disciplinato nel sistema processuale, ma, involgendo la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa, sottoposta agli oneri deduttivi e probatori della parte interessata e, quando con essa introdotti nuovi temi di indagine, alle preclusioni connesse alla esatta identificazione del “thema decidendum” e del “thema probandum”, con l'ulteriore conseguenza che l'esclusione dal “thema decidendum” dei fatti tardivamente contestati - come tali inopponibili nelle fasi successive del processo - si verifica solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l'esistenza o l'inesistenza “ex officio”, in base alle risultanze ritualmente acquisite.
07-07-2016 15:13
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