Sanatoria fiscale sopravvenuta nel corso del giudizio di primo grado - Estinzione della lite ai sensi dell'art. 15 della l. n. 289 del 2002 - Deduzione solo in appello - Ammissibilità - Rilevabilità d'ufficio - Condizioni.
In tema di processo tributario, l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito di sanatoria fiscale, ai sensi dell'art. 15 della l. n. 289 del 2002, intervenuta nelle more del giudizio di primo grado può essere fatta valere per la prima volta anche in grado di appello, dovendosi ritenere che la deduzione degli effetti del condono, per il rilievo pubblicistico dell'originario rapporto sostanziale e processuale col fisco, integri una eccezione in senso improprio, non soggetta alle preclusioni di cui all'art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 e rilevabile d'ufficio dal giudice, ove risulti dagli atti di causa anche a seguito di nuova produzione ex art. 58 del d.lgs. n. 546 cit.
In senso sostanzialmente conforme erano i precedenti:
a) Sez. 5, Sentenza n. 14007 del 2007:Il giudice chiamato a decidere una controversia tributaria (nella specie, impugnazione di un avviso di rettifica in tema di imposta sui redditi) ha il potere-dovere di verificare, anche d'ufficio, la sussistenza e la regolarità di eventuali istanze di condono presentate dal contribuente, in quanto l'eventuale legittimità di esse, determinando la cessazione della materia del contendere, rende superfluo l'esame del merito (in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della commissione tributaria regionale, la quale aveva deciso nel merito la controversia ad essa sottoposta, nonostante l'Amministrazione finanziaria ne avesse invocato l'estinzione per sopravvenuta presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sul presupposto che l'erario non avrebbe avuto interesse all'applicazione del condono).
b)Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3841 del 2012:In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dall'art. 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d'imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l'intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, connessa ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall'elisione della pretesa impositiva realizzata in virtù dell'adesione al condono, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica eccezione ad opera della parte interessata a farla valere.
Risulta, perciò, recessivo l'opposto orientamento:
i)Sez. 5, Sentenza n. 18337 del 2007:In tema di contenzioso tributario, costituisce domanda nuova, improponibile in grado di appello ex art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (norma che ricalca l'art. 345 cod. proc. civ.), la pretesa fondata sulla presentazione della domanda di condono, fatta valere per la prima volta in appello, nonostante tale fatto costitutivo del diritto si fosse verificato in pendenza del giudizio di primo grado, integrando detta ipotesi mutamento della "causa petendi", nonchè del "petitum", in quanto il contribuente chiede la cessazione della materia del contendere, in luogo dell'iniziale richiesta di ottenere l'annullamento dell'atto impositivo impugnato.
ii)Sez. 5, Sentenza n. 17645 del 2014:In tema di contenzioso tributario, il contribuente che, avendo impugnato l'avviso di accertamento per motivi di merito, in secondo grado ne lamenti l'illegittimità per intervenuta presentazione dell'istanza ex art. 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, deduce un fatto estintivo dell'obbligazione tributaria e propone un'eccezione non rilevabile d'ufficio, che è inammissibile, in quanto ricade nel divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
28-05-2016 00:07
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