Continuazione tra i delitti. Interessante arresto giurisprudenziale.
Cassazione penale sez. I
Data:07/10/2014 ( ud. 07/10/2014 , dep.07/11/2014 ) Numero:46091
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere -
Dott. VECCHIO Massimo - rel. Consigliere -
Dott. NOVIK Adet Toni - Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.M. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 184/2012 GIP TRIBUNALE di CATANIA, del
25/11/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Dott.
Galasso Aurelio, Sostituto Procuratore Generale della Repubblica
presso questa Corte, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso
e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Fatto
RILEVA IN FATTO E IN DIRITTO
1. - Con ordinanza deliberata e depositata il 25 settembre 2013, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania, in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato l'istanza, avanzata nell'interesse del condannato S.M., per il riconoscimento della continuazione tra i delitti (a) di rapina tentata e ricettazione, commessi a (OMISSIS); (b) di associazione per delinquere, commesso in (OMISSIS); e (c) di rapina consumata e di ricettazione, commessi in (OMISSIS).
Il giudice della esecuzione ha motivato: la continuazione è già stata riconosciuta tra la rapina tentata e il reato associativo; lo iato temporale vale a escludere con certezza che fin dalla perpetrazione della tentata rapina del (OMISSIS) S. avesse delineato il programma delittuoso comprendente il compimento della più recente rapina, commessa, nove mesi dopo e in altra regione; è vero il rilievo difensivo che la associazione per delinquere era proprio finalizzata alla commissione delle rapine e che quella più recente è stata commessa in costanza della permanenza del reato associativo; ma la ridetta rapina esulò completamente dall'ambito associativo; il reato, infatti, fu frutto di autonoma iniziativa di S., il quale si avvalse di compartecipi estranei alla associazione.
2. - Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Salvatore Pace, mediante atto s.d.
col quale ha dichiarato promiscuamente di denunziare, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all'art. 81 c.p., comma 2, nonchè mancanza e (manifesta) illogicità della motivazione.
Il difensore deduce: il giudice della esecuzione ha proceduto a "lettura quanto meno superficiale" delle sentenze di condanna;
S. capeggiava una associazione per delinquere, ritenuta responsabile di plurime rapine; la Corte di appello di Bologna ha riconosciuto la continuazione interna tra il delitto associativo e tutte le rapine giudicate, nonchè quella esterna col tentativo di rapina del (OMISSIS), per il quale il ricorrente aveva riportato precedente condanna; la continuazione accertata avvince una serie di rapine scandite nell'arco temporale di nove mesi, dal (OMISSIS), e commesse nelle Marche, in Emilia Romagna e nel Veneto; si tratta dello stesso intervallo intercorso tra i delitti perpetrati a (OMISSIS); trattando la posizione di altro imputato, tale R., la Corte di appello di Bologna ha desunto la identità del medesimo disegno criminoso proprio dalla struttura associativa e dal modus operandi, e ha avvinto nella continuazione la rapina commessa dal R., a (OMISSIS), cioè pochi giorni dopo della rapina perpetrata da S. il (OMISSIS); alcuni dei compartecipi della ridetta rapina erano imputati del concorso nelle rapine giudicate dalla Corte di appello di Bologna; le modalità organizzative ed esecutive dei delitti suffragano la continuazione, la quale non è esclusa dalla circostanza che S. si sia avvalso di soggetti non inseriti nella associazione; e peraltro la continuazione interna è stata ritenuta anche in relazione a rapine commesse in concorso con persone non associate.
3. - Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 20 maggio 2015, ha obiettato: il cospicuo lasso di tempo trascorso tra la rapina tentata e quella più recentemente consumata in luogo distante dal primo, esclude la preordinazione del disegno criminoso unitario; la residua rapina risulta estranea all'ambito associativo, trattandosi di reato commesso in concorso con persone diverse dai sodali associati e al di fuori dell'ambito territoriale della associazione.
4. - Il ricorso è infondato.
4.1 - Non ricorre il vizio della violazione di legge:
- nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all'operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell'accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
- nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice della esecuzione esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.
4.2 - Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente - come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. - delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell'orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell'art. 606 c.p.p., comma 3.
4.3 - Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 7 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2014
06-01-2015 09:31
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