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Sentenza

Tribunale di Trapani. Usura. Il GIP dispone la misura della custodia in carcere, tramutandola con il decorso di 15 giorni in arresti domiciliari. Il PM appellava e il Tribunale del riesame accoglieva l'appello della Procura. L'indagato ricorre in Cassazione: rigettato il ricorso dal Supremo Collegio.
Tribunale di Trapani. Usura. Il GIP dispone la misura della custodia in carcere, tramutandola con il decorso di 15 giorni in arresti domiciliari. Il PM appellava e il Tribunale del riesame accoglieva l'appello della Procura. L'indagato ricorre in Cassazione: rigettato il ricorso dal Supremo Collegio.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    17/09/2013 ( ud. 17/09/2013 , dep.02/10/2013 ) 
Numero:
    40735

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. PETTI            Ciro    -  Presidente   -                     
    Dott. CAMMINO          Matilde -  Consigliere  -                     
    Dott. DE CRESCIENZO    Ugo     -  Consigliere  -                     
    Dott. MANNA            Antonio -  Consigliere  -                     
    Dott. CARRELLI PALOMBI R. -  rel. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                  Z.S. nato a (OMISSIS); 
    avverso l'ordinanza del Tribunale di Palermo, sezione del riesame  in 
    data 21/2/2013; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    udita  la  relazione  svolta dal consigliere Roberto  Maria  Carrelli 
    Palombi di Montrone; 
    udito  il  Pubblico  Ministero in persona del  Sostituto  Procuratore 
    generale,  dott.ssa  FODARONI  Maria  Giuseppina,  che  ha   concluso 
    chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; 
    udito  per  l'imputato  l'avv. Galluffo  Vito  che  ha  concluso  per 
    l'accoglimento del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con ordinanza del 29/1/2013 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trapani disponeva l'applicazione della misura della custodia in carcere nei confronti di Z.S. in ordine ai reati di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 644 c.p., comma 5, nn. 3 e 4, disponendo, altresì, che l'indagato venisse sottoposto alla misura degli arresti domiciliari decorso il termine di quindici giorni di custodia cautelare in carcere, così dando al P.M. termine per la conclusione delle ulteriori indagini.

    1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello il P.M. presso il Tribunale di Trapani deducendo di non avere indicato, fra le esigenze poste a fondamento della richiesta cautelare formulata nei confronti del prevenuto, quella di salvaguardia della prova, essendosi limitato a fondare la richiesta sull'esigenza di special prevenzione, evidenziando l'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari in forza della recidiva specifica e della circostanza che l'indagato, in altro procedimento, aveva reiterato l'attività contestata dallo stesso domicilio nel quale si trovava ristretto.

    1.2. Il Tribunale di Palermo, sezione del riesame, accogliendo l'appello proposto dal P.M., disponeva l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del Z. S., sospendendone l'esecuzione in attesa della definitività del provvedimento.

    2. Ricorreva per Cassazione l'indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:

    2.1. violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione agli artt. 309 e 310 cod. proc. pen. nonchè contraddittorietà e carenza della motivazione; si evidenzia, al riguardo, che il Tribunale si è limitato alla valutazione del singolo elemento, lamentato dal P.M., omettendo una valutazione complessiva degli elementi posti a sostegno della più grave misura applicata.

    2.2. Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per evidente travisamento del fatto. Rappresenta al riguardo che non risulta acquisito nessun elemento in forza del quale affermare che il R. avesse posto in essere attività di usura durante la precedente detenzione domiciliare.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    3. Il ricorso deve essere rigettato, per essere infondati entrambi i motivi proposti.

    3.1. Con riferimento al primo motivo di ricorso, rileva il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale, nell'accogliere l'appello proposto dal P.M. ha, in linea con la giurisprudenza di questa Corte in tema di effetto integralmente devolutivo dell'impugnazione proposta dal P.M. avverso l'ordinanza di diniego di applicazione della misura cautelare sez. 6 n. 0032 del 3/2/2010, Rv. 246283), verificato l'esistenza di tutte le condizioni previste dalla legge per l'adozione di una misura cautelare Ciò ha fatto facendo espresso rinvio all'ordinanza genetica in ordine alla sussistenza a carico dell'indagato dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all'art. 644 cod. pen..

    3.2 Quanto al secondo motivo di ricorso, il provvedimento impugnato evidenzia come, all'esito degli accertamenti effettuati, sia emerso che l'indagato aveva fatto della sua abitazione e dei locali del bar gestito dalla figlia il quartiere generale della sua attività illecita, coinvolgendo nei suoi affari anche i componenti della famiglia. Sulla base di tali circostanza di fatto, non censurabili in questa sede, legittimamente il Tribunale ha ritenuto che fosse necessaria l'adozione della misura della custodia cautelare in carcere, essendo risultata del tutto inadeguata a fare fronte al pencolo di recidivanza la misura degli arresto domiciliari.

    4. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con i, provvedimento che respinge il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
    PQM
    P.Q.M.

    rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Si provveda a norma dell'art. 28 reg. esec. cod. proc. pen..

    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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