Tribunale di Trapani: sfruttamento della prostituzione. Promette ed offre in più occasioni ad un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, consumazioni e rapporti sessuali gratuiti, all'interno del locale, con le prostitute ivi illecitamente sfruttate, affinchè costui compisse atti contrari ai doveri di ufficio e avvertisse l'imputato dei controlli sul locale, programmati dalla Agenzia delle Entrate.
Cassazione penale sez. III
Data:
24/10/2013 ( ud. 24/10/2013 , dep.02/12/2013 )
Numero:
47815
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo - Presidente -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
Dott. MARINI Luigi - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - rel. Consigliere -
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1847/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
13/12/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DELEHAYE Enrico
che ha concluso per il rigetto.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Il Gup presso il Tribunale di Trapani, con sentenza dell'10/11/2011, dichiarava S.G. colpevole dei seguenti reati: gestione di una casa di prostituzione nel locale notturno (OMISSIS) e sfruttamento del meretricio; falsificazione di certificazione medica a sostegno della richiesta di permesso di soggiorno, a favore di una ballerina del predetto locale notturno, inducendo in errore i funzionari presso l'ufficio immigrazione della Questura di Trapani, che rilasciavano il permesso invocato; induceva in errore il medico dott. T., in ordine allo stato di gravidanza di V.I., che rilasciava un certificato attestante, falsamente, un iniziale stato di gravidanza della donna, certificato allegato dalla stessa alla richiesta di permesso di soggiorno predetto; del delitto di cui all'art. 56 e art. 629, comma 1, posto in essere nei confronti di L.A.; del delitto di cui all'art. 61, n. 2 e art. 582, comma 2 in danno del predetto L.;
del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110, 319 e 321 cod. pen. perchè, prometteva ed offriva in più occasioni ad un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, consumazioni e rapporti sessuali gratuiti, all'interno del locale (OMISSIS), con le prostitute ivi illecitamente sfruttate, affinchè costui compisse atti contrari ai doveri di ufficio e avvertisse l'imputato dei controlli sul locale, programmati dalla Agenzia delle Entrate.
Per l'effetto il giudice condannava l'imputato alla pena di anni 5, mesi 2 e giorni 5 di reclusione, con applicazione delle pene accessorie.
La Corte di Appello di Palermo, chiamata a pronunciarsi sull'appello interposto nell'interesse del prevenuto, con sentenza del 13/12/12, in parziale riforma del decisum di prime cure, ritenuti assorbiti i reati di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 4 e 5, di cui al capo A) in quello di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 1, ha ridotto la pena inflitta all'imputato ad anni 5 di reclusione ed Euro 4.600,00 di multa, con conferma nel resto.
Propone ricorso per cassazione la difesa del S. con i seguenti motivi:
-violazione degli artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 112 c.p., comma 2 e L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 1, 4, 5 e 8;
-violazione degli artt. 81, 110, 319 e 321 cod. pen., per mancanza, contraddittorietà ovvero illogicità della motivazione in ordine ed entrambe le violazioni eccepite.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia, permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati contestati e alla ascrivibilità di essi in capo al prevenuto.
Con il primo motivo di annullamento si censura il discorso giustificativa svolto dal decidente, a sostegno della concretizzazione dei delitti di prostituzione.
Orbene, va osservato, sul punto, come la Corte di merito sia pervenuta alla affermazione di responsabilità dell'imputato a seguito di una corretta ed esaustiva lettura delle emergenze istruttorie, puntualmente richiamate in sentenza: dalle intercettazioni telefoniche effettuate è emerso che il S. non si limitava a tollerare la scelta di prostituiti delle sue ballerine, a richiedere alle ragazze un rimborso delle entrate mancate a fronte della autorizzazione data ad allontanarsi dal locale per consumare con i clienti rapporti sessuali completi, o ancora a fornire vitto e alloggio alle lavoratrici fuori sede, ma curava anche, in termini organizzati e precisi una rete logistica funzionale a consentire alle ragazze impiegate al "(OMISSIS)" di prostituirsi.
Di poi, per ammissione dello stesso prevenuto, nel corso delle conversazioni intercettate, i clienti, pagando importi di diversa entità per intrattenersi con le ragazze all'interno dei prive, avevano la piena consapevolezza di potere beneficiare, non solo di uno spettacolo di contenuto erotico, ma anche di prestazioni di carattere sessuale, consistenti in baci e abbracci con le ragazze denudate, ed in palpeggiamenti, toccamenti e strofinamenti nelle zone erogene delle predette, con l'evidente fine di soddisfare la propria libidine; ovvero, versando un ulteriore e più cospicuo importo, ai potere ottenere i favori sessuali delle stesse ragazze anche all'esterno del locale.
Di tal che è di solare evidenza come i prive dal (OMISSIS) ospitassero, continuativamente e con piena consapevolezza di tutti, atti sessuali a pagamento, pur se all'interno di essi non si consumavano rapporti sessuali completi. Il lavoro nel locale era pulito, sotto detto profilo, però solo nella valutazione soggettiva del S., non certo per il paradigma punitivo, di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3; peraltro, è emerso che l'imputato aveva il controllo e la gestione diretta di tutti gli incontri sessuali, consumati dalle ragazze al di fuori del locale, le quali al loro rientro versavano allo stesso 80,00 Euro per ogni ora di assenza.
Conseguentemente, a giusta ragione, il giudice di merito ha ritenuto la sussistenza dei reati di esercizio e gestione di una casa di prostituzione e di sfruttamento, ascrivibili, in concorso, all'imputato: il S., infatti, percepiva oltre alle somme costituenti il compenso per l'attività di tenutario (gestore del (OMISSIS)), ulteriori vantaggi economici derivanti dai guadagni che le ragazze ricavavano dall'esercizio del loro mestiere (Cass. 31/5/1995, n. 6353).
Del pari, destituito di fondamento è il secondo motivo di annullamento, con il quale si censura la pronuncia impugnata per avere il decidente qualificato il fatto di cui al capo F) della imputazione come corruzione, piuttosto che come concussione.
Il relazione alla doglianza sollevata, il giudice di seconde cure, con argomentazione logico-giuridica esente da vizi, ha rigettato il relativo motivo di appello, col rilevare:
-il contenuto delle conversazioni intercettate smentisce categoricamente l'assunto difensivo secondo cui il controllo de locale, preannunciato dal R. al S., costituisse una sorta di induzione per ottenere dal gestore una utilità, consistente nel potere beneficiare gratuitamente delle prestazioni delle ragazze, in quanto il predetto controllo è intervenuto a distanza di quattro mesi rispetto al preventivo avviso dato dal pubblico ufficiale all'imputato; inoltre, risulta evidente dalla chiamata in soccorso, effettuata da quest'ultimo al R., che l'intervento del personale della Agenzia delle Entrate fosse avvenuto alla insaputa del p.u.;
-nella specie è, peraltro, insussistente il metus publicae potestatis, come palesemente è ravvisabile nel contenuto di ulteriori intercettazioni telefoniche (in particolare quella tra R. e tale S., del 17/2/09, dalle quali emerge la volontà del S. di elargire prestazioni di favore nei confronti del p.u., affinchè questi compisse atti contrari ai doveri di ufficio, favorendolo nella gestione delle attività illecite dallo stesso imputato svolte nei locali del (OMISSIS).
Va, da ultimo, rilevato che le censure mosse sono da ritenere al limite della inammissibilità, in quanto con esse si ribadiscono le medesime doglianze, già oggetto di esame in sede di appello, in mancanza della compiuta, necessaria, correlazione tra le ragioni argomentate con decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione.
PQM
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2013
06-01-2014 23:40
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