Pm omette di astenersi in un procedimento penale nei confronti di un imputato, che in precedenza aveva denunciato, con due querele. L’azione disciplinare deve essere promossa entro un anno dalla notizia del fatto, di cui il P.G. presso la Corte di Cassazione ha conoscenza a seguito di indagini preliminari o di denuncia circostanziata.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 14 gennaio – 15 maggio 2014, n. 10626
Presidente Rovelli – Relatore Petitti
Svolgimento del processo
La Dott.ssa C.A. veniva giudicata dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto incolpata dell'illecito disciplinare di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 109 del 2006, per avere, nella qualità di pubblico ministero nel procedimento penale n. 1184/07 R.G.N.R. della Procura della Repubblica di Matera a carico di P.N. e di altro imputato, omesso di astenersi pur avendo denunciato il menzionato P. alla Procura della Repubblica di Catanzaro per vari reati che il medesimo avrebbe compiuto a suo danno.
All'esito del dibattimento, la Sezione disciplinare riteneva la Dott.ssa Co. responsabile dell'illecito ascrittole e le infliggeva la sanzione disciplinare della censura.
Ritenuto pacifico che la incolpata avesse presentato il 26 marzo e il 12 ottobre 2007 presso la Procura della Repubblica di Catanzaro due denunce - querele contro P.N. per condotte (asseritamente) diffamatorie tenute dallo stesso nei suoi confronti, e altrettanto incontroverso che la medesima incolpata, dopo tali denunce - querele, avesse omesso di astenersi dal procedimento penale a carico del P. nel quale ella rivestiva la qualità di Pubblico ministero, la Sezione disciplinare rigettava innanzitutto l'eccezione di estinzione dell'azione disciplinare per il decorso del termine perentorio di un anno dalla notizia del fatto, di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006. In proposito, premesso che la "notizia del fatto", individuata quale dies a quo del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione disciplinare, richiede la conoscenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare e quindi l'indicazione del procedimento al quale si riferiva l'obbligo di astensione - conoscenza non surrogabile da quella di altri e diversi procedimenti, in quanto in tal caso la notizia sarebbe incompleta -, la Sezione disciplinare rilevava che, nella specie, la Procura generale presso la Corte di cassazione ancora in data 3 novembre 2011 aveva richiesto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro notizie circostanziate circa la querela presentata dalla incolpata, determinandosi poi in data 27 novembre 2011 ad esercitare l'azione disciplinare, sicché il termine annuale di decadenza non poteva dirsi decorso.
Quanto all'obbligo di astensione, la Sezione disciplinare, dopo aver ricordato l'orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “il magistrato del P.M. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare, giacché l'art. 52 cod. proc. pen., che ne prevede la facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell'art. 323 cod. pen., ove la ricorrenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza col principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 Cost., occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del P.M. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell'art. 36 cod. proc. pen.” (Cass., S.U., n. 21853 del 2012), riteneva che la presentazione di due denunce - querele nei confronti del P. e l'istanza punitiva insita in tali atti conducessero a ravvisare in capo all'incolpata un interesse punitivo sufficiente a radicare il suo obbligo di astensione nel procedimento a carico del P. ; tanto più che in quel giudizio la Dott.ssa C. aveva sollecitato il rinvio a giudizio del soggetto che ella stessa aveva querelato.
La Sezione disciplinare riteneva poi significativo il fatto che due pubblici ministeri della Procura di Catanzaro avessero affermato che l'incolpata aveva l'obbligo di formulare istanza di astensione, così come non era privo di rilevanza il fatto che i medesimi pubblici ministeri avessero poi richiesto l'archiviazione del procedimento a carico della C. perché quest'ultima, nei confronti della quale era configurabile il reato di cui all'art. 323 cod. pen. per la mancata astensione nel procedimento a carico del P. , aveva richiesto l'archiviazione del detto procedimento.
Quanto al profilo soggettivo dell'illecito, la Sezione rilevava che la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione fosse il necessario riflesso della presentazione di due denunce - querele nei confronti del P. , mentre l'esclusione dell'obbligo di astensione non poteva essere considerato il risultato insindacabile di un'attività interpretativa della stessa incolpata, risultandone altrimenti vanificato il principio secondo cui l'ignoranza della legge non scusa.
La gravità dell'illecito e la sua eccezionale rilevanza mediatica nell'ambiente giudiziario e forense comportavano poi una evidente compromissione dell'immagine del magistrato e quindi la non applicabilità, nella specie, dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006.
In conclusione, la Sezione disciplinare riteneva che l'assenza di precedenti disciplinari e i giudizi espressi sull'incolpata in sede di valutazione di professionalità consentissero di contenere la sanzione nel minimo edittale della censura.
Per la cassazione di questa sentenza, la Dott.ssa C. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi.
L'intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione degli artt. 15, comma 1, e 14, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Premesso che l'incolpazione si riferiva al comportamento tenuto da essa ricorrente nell'udienza del 28 novembre 2008 dinnanzi al GUP di Matera, e segnatamente alla mancata astensione in detta udienza in un procedimento a carico di P.N. e altro imputato, la ricorrente rileva che la detta condotta, nella sua oggettività, era già stata portata a conoscenza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione dallo stesso P. sin dal dicembre 2008, con un esposto denuncia nel quale si riferiva, appunto, della condotta tenuta da essa ricorrente nel corso di quella udienza, si dava conto delle affermazioni fatte e dell'avvenuto deposito di una dichiarazione nella quale ella affermava di avere querelato l'imputato. Sicché, trattandosi del medesimo fatto oggetto della contestazione, l'azione disciplinare doveva ritenersi esercitata oltre il termine di un anno di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006.
In tale contesto, la motivazione offerta dalla Sezione disciplinare per rigettare l'eccezione di estinzione dell'azione disciplinare risulterebbe, ad avviso della ricorrente, del tutto incongrua, atteso che tutti gli elementi poi confluiti nel capo di incolpazione erano già noti alla Procura generale sin dal dicembre 2008; il riferimento poi alla necessità, ravvisata dalla Procura generale, di acquisire notizie circostanziate in data 3 novembre 2011 risulterebbe altresì privo di consistenza, atteso che non si comprenderebbe comunque quali fossero gli elementi che hanno poi contribuito a delineare il fatto contestato, ulteriori rispetto a quelli già noti. In particolare, sarebbe privo di alcuna idoneità specificativa dei fatti oggetto della contestazione l'indicazione del procedimento al quale si riferiva l'obbligo di astensione, atteso che alla denuncia del P. del dicembre 2008 era allegato addirittura il verbale dell'udienza del 28 novembre, nel corso della quale si era verificata la condotta considerata disciplinarmente rilevante. L'azione disciplinare, del resto, era stata esercitata a prescindere da qualsiasi connessione con l'azione penale concernente il detto procedimento, sicché la richiesta di chiarimenti indirizzata dalla Procura generale presso la Corte di cassazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro non poteva avere alcun effetto interruttivo o sospensivo del termine di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006.
2. - Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione dell'art. 16, comma 5-b/s, del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla completa omissione di valutazione in ordine alla pure dedotta e documentata esistenza, per il medesimo fatto oggetto della contestazione, del decreto di archiviazione emesso dalla Procura generale della Corte di cassazione in data 21 luglio 2009, nel quale veniva, appunto, valutata la questione dell'avvenuta presentazione, da parte di essa ricorrente, delle denunce - querele nei confronti del P. e se ne riteneva la irrilevanza ai fini disciplinari. Carenza, questa, tanto più significativa in quanto all'interno del procedimento conclusosi con il decreto di archiviazione era confluito l'esposto denuncia a firma del P. del dicembre 2008.
Ad avviso della ricorrente si sarebbe quindi verificata una palmare violazione del divieto di bis in idem, atteso che rispetto ai fatti già oggetto di archiviazione non era intervenuto alcun elemento di novità né alcun provvedimento idoneo a rimuoverne l'efficacia.
3. - Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione degli artt. 2, comma 1, lett. c), e 19, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza, in capo ad essa ricorrente, di un interesse personale proprio o di un prossimo congiunto, che rappresenterebbe la condicio sine qua non per stabilire se l'esercizio delle funzioni giudiziarie sia oggettivamente qualificabile come illecito penale indipendentemente dalla effettiva possibilità di giungere a formulare un giudizio di colpevolezza penale nei confronti di chi violi la legge penale. L'inimicizia, del resto, potrebbe rilevare solo quando trovi origine in un contesto personale e non già con riferimento a ragioni attinenti al servizio; sicché la mera presentazione di una querela, peraltro, per ragioni inerenti alla tutela del prestigio e del decoro dell'ufficio di appartenenza, non poteva essere ritenuta sintomatica di una grave inimicizia, tale da integrare un dovere di astensione in capo al pubblico ministero.
Inoltre, la decisione impugnata ha valorizzato la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro nei confronti di essa ricorrente in relazione all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 323 cod. pen., ma ha del tutto omesso di considerare che la detta richiesta era stata superata dal GIP, il quale aveva escluso che i fatti esposti nella denuncia (del P. ) fossero riconducibili nell'ambito di applicazione dell'art. 323 cod. pen. o di altri reati, per difetto degli elementi costitutivi, sia soggettivi che oggettivi. Ed ancora, la Sezione disciplinare non si sarebbe avveduta che il procedimento penale al quale si riferiva la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura di Catanzaro era proprio quello al quale si riferiva il capo di incolpazione, sicché sul punto la motivazione della decisione impugnata risulterebbe del tutto illogica.
4. - Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione dell'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione, rilevando che la Sezione disciplinare avrebbe del tutto omesso di considerare che ella, quale sostituto anziano, era stata costretta ad occuparsi dei procedimenti scaturiti dalle denunce del P. , in quanto il Procuratore capo di Matera si era astenuto. La ricorrente si duole quindi del fatto che la Sezione disciplinare non abbia tenuto conto dei provvedimenti della Procura generale presso la Corte di cassazione del 21 luglio 2009, del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Potenza del 17 settembre 2010 e del Procuratore capo di Potenza in data 21 luglio 2010, tutti in atti. In particolare, il Procuratore della Repubblica di Potenza, con il provvedimento menzionato, aveva disatteso la istanza di astensione che essa ricorrente aveva formulato, ritenendo insussistente il requisito della grave inimicizia. Si trattava, in sostanza, di atti idonei a dimostrare la insussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito inerendo il relativo apprezzamento ad attività di interpretazione di norme di diritto, in quanto tale insuscettibile di dare luogo a rilievi disciplinari; e sul punto la sentenza impugnata risulta del tutto silente.
5. - Con il quinto motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta inapplicabilità, nel caso di specie, della esimente prevista dalla citata disposizione, dolendosi che ciò la Sezione disciplinare abbia fatto affermando che la condotta aveva avuto una eccezionale rilevanza mediatica nell'ambiente giudiziario e forense, pur in assenza di alcun elemento probatorio e di alcun accertamento in tal senso.
6. - Il primo motivo di ricorso è fondato.
Ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. n. 109 del 2006, “l'azione disciplinare è promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare”.
Nella interpretazione di questa disposizione, si è precisato che l'art. 15 del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 fa decorrere il termine di un anno per la promozione dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato, da parte del P.G. presso la Corte di cassazione, dalla conoscenza della notizia del fatto di rilievo disciplinare che lo stesso acquisisca a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari, di una denuncia circostanziata, o di una segnalazione del Ministro della giustizia" e non attribuisce rilevanza alcuna al momento in cui di tale fatto siano venuti a conoscenza gli organi tenuti a darne comunicazione al P.G. presso la Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 14, quarto comma, dello stesso d.lgs. (Consiglio superiore della magistratura, consigli giudiziari e dirigenti degli uffici, compresi tra questi "i presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonché i procuratori aggiunti" che "debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare"), sia perché tale conoscenza non determina quella, neanche materiale (oltre che giuridica), degli stessi fatti anche per il titolare dell'azione disciplinare - solo l'inerzia del quale (protratta oltre il termine fissato dal legislatore) è pertinente - sia perché il rilievo disciplinare di un fatto può essere stabilito unicamente dal titolare dell'afferente potere, essendo il relativo apprezzamento il risultato di un giudizio proprio ed esclusivo dello stesso (e non di altri), diverso, peraltro, e ben più pregnante, rispetto a quello concernente soltanto la rilevanza di quello stesso fatto ai fini dell'insorgenza del predetto obbligo di comunicazione. (Cass., S.U., n. 14665 del 2011).
Il termine annuale di cui all'art. 15, comma 1, prima parte, del d.lgs. n. 109 del 2006 è stabilito a pena di estinzione dell'azione disciplinare. Esso, nel sistema disciplinare delineato dal legislatore del 2006, assume dunque il rilievo di una condizione per l'esercizio dell'azione disciplinare e l'accertamento della sua osservanza o no, da parte della Procura generale presso questa Corte, una volta che sia stato devoluto alla cognizione della Sezione disciplinare quale eccezione di estinzione dell'azione disciplinare e che sia riproposto in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza della sezione disciplinare che la detta eccezione abbia rigettato, consente a questa Corte l'esame degli atti e la valutazione della natura circostanziata o no della notizia dalla quale si assume dovesse decorrere il termine annuale.
In altri termini, se è vero che l'apprezzamento di una notizia ai fini della decorrenza del termine dell'azione disciplinare è rimesso al titolare dell'azione disciplinare, è altresì vero che il detto apprezzamento, allorquando sia certo che un determinato fatto sia stato in precedenza portato a conoscenza della Procura generale presso questa Corte, non può essere sottratto al sindacato, dapprima della Sezione disciplinare e poi delle Sezioni Unite, le volte in cui si sostenga, da parte dell'incolpato, che la notizia in precedenza pervenuta all'ufficio della Procura generale fosse già idonea ad integrare una notizia disciplinarmente rilevante.
6.1. - Ed è appunto questo ciò che è avvenuto nel caso di specie.
La ricorrente, in sede disciplinare ha dedotto che la Procura generale era già stata messa a conoscenza del fatto oggetto della contestazione disciplinare sin dal 2008, mentre la incolpazione è stata formulata solo nel 2011.
La Sezione disciplinare ha escluso che la detta notizia potesse essere qualificata come di rilievo disciplinare, e quindi idonea a determinare la decorrenza del termine annuale, in quanto la Procura generale aveva ritenuto necessario acquisire presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro “notizie circostanziate circa la querela presentata dall'incolpata” e, “in data 27.11.2011, si è determinata ad esercitare l'azione disciplinare”, con la precisazione che la acquisizione informativa riguardava “anche, o meglio soprattutto, l'indicazione del procedimento al quale si riferisce l'obbligo di astensione”.
Orbene, il Collegio ritiene che le censure svolte dalla ricorrente siano meritevoli di accoglimento.
Invero, non può non rilevarsi che il fatto contestato nel capo di incolpazione - mancata astensione nell'ambito di un procedimento penale a carico di P.N. per effetto della proposizione, da parte del magistrato dell'Ufficio del Pubblico Ministero, di una denuncia - querela nei confronti dell'imputato -, come dedotto e documentato dalla ricorrente nel proprio ricorso, era nella sua essenzialità già noto alla Procura generale presso questa Corte. Nell'esposto-denuncia in data 16 dicembre 2008, indirizzato tra gli altri al Ministero della giustizia e al Procuratore Generale presso questa Corte, il P. esponeva che “(...) si aggiunge il comportamento endoprocessuale della D.ssa C.A. che, nell'udienza del 28.11.2008 (per altro procedimento ma con i medesimi magistrati ed il sottoscritto sempre nella veste di indagato), formulava una serie di false dichiarazioni in spregio alla stessa credibilità dell'ufficio funzionalmente rappresentato. (....) la D.ssa C.A. affermava l'inesistenza di un rapporto di grave inimicizia con l'odierno esponente. Perlomeno, diceva la D.ssa C. , si tratta di una inimicizia unilaterale del P. , poiché ella si sarebbe limitata al suo ruolo di Pubblico Ministero inquirente, nulla avendo a che fare questo con la sua sfera personale. Orbene, come l'ill.mo Giudice potrà leggere sul documento che si allega, la d.ssa C. (in altro procedimento penale, sempre a carico dell'odierno esponente) produceva una sua dichiarazione in cui affermava di averlo querelato”. Non è dubbio che tale documento sia stato ricevuto dai titolari dell'azione disciplinare indicati tra i destinatari. E del resto, dell'avvenuta ricezione di tale esposto da parte della Procura Generale vi è traccia nel provvedimento di archiviazione in data 21 luglio 2009, nel quale, con riferimento alla posizione della Dott.ssa C. e nell'ambito di una valutazione di non rilevanza disciplinare delle condotte considerate, si legge che “non altera le conclusioni dette, infine, la circostanza della presentazione in altro contesto di una denuncia da parte del magistrato requirente, per un episodio sempre connesso a condotte diffamatorie in suo danno e collocato a fine 2006; anche qui, nell'esercizio del diritto che spetta a chiunque a tutela della propria reputazione, non si cumula un interesse specifico e individuabile, consistente nella trattazione di un procedimento, che con quella evenienza singolare non ha alcuna connessione; mentre la già accennata astensione generalizzata del capo dell'ufficio dalla trattazione dei procedimenti implicanti a vario titolo la persona del giornalista P. giustifica la persistenza dell'assegnazione del caso al sostituto anziano, autorizzato dal titolare ad ogni attività pertinente”.
La Sezione disciplinare ha, come già rilevato, ritenuto che, ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare fosse necessaria la acquisizione della informazione in ordine a quale fosse il procedimento penale in relazione al quale l'obbligo di astensione del magistrato incolpato sarebbe stato violato. Nella sentenza impugnata, peraltro, non viene specificata la ragione della essenzialità della informazione in questione rispetto alla condotta configurata come illecito disciplinare (violazione, da parte del P.M., dell'obbligo di astensione derivante dall'avvenuta proposizione, da parte del magistrato, di una denuncia-querela nei confronti dell'indagato). In realtà, dall'esposto denuncia sopra riportato, era ben evincibile il contenuto della condotta ascritta dall'esponente al magistrato del Pubblico ministero, sicché appare non giustificato il decorso di circa tre anni dalla prima notizia concernente il fatto configurabile quale illecito disciplinare, per acquisire un particolare che nulla aggiunge alla essenza dell'illecito configurabile, e in concreto configurato dalla Procura Generale e ritenuto sussistente dalla Sezione disciplinare.
Né è illustrata la ragione per cui, pur essendovi in atti il documento datato 16 dicembre 2008, la notizia circostanziata del fatto sia stata acquisita il 27 settembre 2011. Appare infatti innegabile la manifesta illogicità della sentenza impugnata in quanto, da un lato si afferma che, per aversi una notizia circostanziata del fatto, utile al decorso del termine annuale di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006, fosse necessaria l'acquisizione di informazioni in ordine alla querela presentata dalla Dott.ssa C. nei confronti del P. e si attribuisce rilievo alla richiesta in data 3 novembre 2011, e, dall'altro, si riferisce nel capo di incolpazione che la notizia circostanziata dell'illecito risale al 27 settembre 2011. Invero, non ci si può sottrarre alla constatazione che se la notizia circostanziata del fatto è pervenuta alla Procura generale il 27 settembre 2011, certamente la acquisizione delle informazioni cui la Sezione disciplinare ha attribuito rilevanza non presentava affatto una idoneità identificativa della condotta contestata. Il fatto contestato nel capo di incolpazione, depurato della specificazione di quale fosse il procedimento in cui sarebbe stato ipotizzabile l'obbligo di astensione e del contenuto della querela sporta dal magistrato incolpato per violazione dell'obbligo di astensione, all'evidenza risulta del tutto coincidente con quello descritto nell'esposto denuncia del dicembre 2008, che dunque, proprio seguendo l'argomentare della sentenza impugnata, avrebbe dovuto essere qualificato notizia circostanziata dell'illecito.
7. Il primo motivo di ricorso è dunque fondato.
L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento di tutti gli altri, atteso che deve pervenirsi alla cassazione della sentenza impugnata. La cassazione, peraltro, deve essere disposta senza rinvio, perché l'azione disciplinare non poteva essere promossa in quanto estinta per effetto del decorso del termine annuale di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006.
In considerazione della novità della questione esaminata, si ritengono sussistenti giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; compensa le spese del giudizio di legittimità.
17-05-2014 00:31
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