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Sentenza

Il registro di accettazione tenuto presso il Pronto Soccorso di ospedali pubblici costituisce atto pubblico che fa piena prova fino a querela di falso. Il fine di tali falsificazioni si accertava essere stato quello di ottenere il risarcimento dei danni subiti per un incidente stradale.
Il registro di accettazione tenuto presso il Pronto Soccorso di ospedali pubblici costituisce atto pubblico che fa piena prova fino a querela di falso. Il fine di tali falsificazioni si accertava essere stato quello di ottenere il risarcimento dei danni subiti per un incidente stradale.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 novembre 2013 - 9 gennaio 2014, n. 599
Presidente Lombardi – Relatore Lignola

Ritenuto in fatto

1. D.M.S. , M.C. , P.L. e Me.Gi. erano condannati con sentenza del 19 marzo 2010 dal Tribunale di Cagliari, parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Cagliari, alla pena di giustizia rispettivamente per i delitti di omessa denuncia e tentato favoreggiamento personale il primo e per il delitto di falsità materiale del privato in atto pubblico gli altri tre, in relazione alla documentazione sanitaria (schede di accettazione presso il pronto soccorso dell'ospedale (omissis) , a firma del dottor Mo. ) materialmente formata da A.G. , giudicato separatamente, al fine di ottenere il risarcimento di danni fisici per un incidente stradale che aveva visto coinvolto Ma.Ma. , pure giudicato separatamente.
1.1 M.C. , P. e Me. erano assolti dal reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati, in relazione ad una serie di certificati medici apparentemente a firma del dottor D.A. , con i quali, in relazione ad una certa diagnosi, si prescrivevano farmaci e terapie nel tempo. La Corte territoriale, in proposito, escludeva la riconducibilità del caso all'articolo 482 cod. pen., per difetto di un contenuto certificativo del documento, il quale si risolveva in prescrizioni rilasciate da un sanitario, nell'ambito di attività libero professionale.
2. Contro la sentenza propongono ricorso tutti gli imputati.
2.1 D.M.S. , con atto del proprio difensore, avv. Rita Dedola, deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 361, 56 e 386 cod. pen., nonché carenza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova, con riferimento alla tesi difensiva dell'imputato.
2.2 Con riferimento all'omissione di denuncia si evidenzia che la comunicazione della notizia di reato per i falsi è stata trasmessa appena otto giorni dopo la denuncia orale del dottor Carboni del 6 novembre e che il colloquio dell'imputato con il dottor D.M. fu successivo a tale denuncia; ciò significa che l'autorità già disponeva per altra via della notitia criminis. Quanto all'elemento soggettivo, si sottolinea che nel lasso di tempo fra il 6 e il 14 novembre l'imputato non aveva tutti gli elementi per valutare se si trattasse di una notizia di reato perseguibile d'ufficio, né quanti e quali fossero i soggetti coinvolti, non avendo potuto vedere i certificati falsificati, per cui deve escludersi il dolo del D.M. .
2.3 Con riferimento al tentativo di favoreggiamento personale poi, si evidenzia che l'imputato conosceva appena il soggetto che avrebbe avvantaggiato (A. ) e non conosceva per niente l'ideatore della truffa, M.M. . Inoltre la sua condotta non è per niente univoca, poiché non è stato dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che l'imputato volesse aiutare A. , a fronte di una spiegazione alternativa fornita dall'imputato, che ha sostenuto di aver agito allo scopo investigativo di cercare di comprendere se questi stava perpetrando un reato.
2.4 Viene infine invocata l'applicazione dell'esimente di cui all'articolo 384 cod. pen., integrata dal timore di essere coinvolto in una truffa ai danni della società di assicurazione. Tale esimente, ricorda il ricorrente, è rilevabile d'ufficio in ogni grado del giudizio.
3. M.C. , P.L. e Me.Gi. hanno presentato ricorso con unico atto, sottoscritto personalmente, affidato a sei motivi.
3.1 Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione agli articoli 42, 43, e 47 cod. pen., poiché dalle deposizioni di M.M. e D.A. emerge che gli imputati non erano a conoscenza della falsità materiale dei certificati, ma al più solo di quella ideologica, per cui deve escludersi il dolo di commettere un reato di falso materiale e la fattispecie va sussunta nell'ambito dell'articolo 47 cod. pen.; né gli imputati possono rispondere di falso ideologico, poiché di tale condotta mancherebbe l'elemento materiale.
3.2 Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all'art. 110 cod. pen..
Poiché gli imputati non conoscevano l'autore materiale degli atti falsi e credevano di procurarsi una documentazione sanitaria solo ideologicamente falsa, la loro responsabilità penale non può essere affermata né ai sensi dell'articolo 110 cod. pen., non essendo a conoscenza del fatto da commettere, né ai sensi dell'articolo 116 cod. pen., mancando un collegamento tra gli imputati e l'A. e non essendo prevedibile la condotta di quest'ultimo.
3.3 Con il terzo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all'art. 115 cod. pen., poiché a loro giudizio l'unico reato che si poteva ipotizzare a loro carico, la truffa ai danni della compagnia di assicurazione, non è mai stato realizzato neanche allo stadio del tentativo, poiché la documentazione fu immediatamente distrutta da M.M. e non fu mai sottoposta alla compagnia. La fattispecie sarebbe allora inquadrabile al più sotto l'ambito dell'articolo 115 cod. pen., come accordo per commettere un delitto poi effettivamente non commesso.
3.4 Con il quarto motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B, in relazione agli artt. 482 e 476 cod. pen., contestando la qualificazione giuridica delle schede di accettazione presso il pronto soccorso come atti pubblici. Secondo i ricorrenti il documento è soltanto una scheda riepilogative dei dati già registrati dai sanitari nel registro delle prestazioni di pronto soccorso, per cui va qualificato come certificazione, della quale presenta i requisiti e i caratteri.
3.5 Con il quinto motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B, in relazione all'art. 114 cod. pen.: la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere l'attenuante del contributo di minima importanza, in considerazione del contributo causale del tutto marginale rispetto alla realizzazione dell'evento, limitatosi alla comunicazione delle proprie generalità a M.M. , il quale a sua volta le girò all'A. .
3.6 Con il sesto motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all'art. 185 cod. pen., con riferimento alla sussistenza del danno morale, poiché a loro giudizio, non essendo mai stata utilizzata la documentazione per la truffa e non essendo mai pervenuta nelle mani dei ricorrenti, non si è determinato alcun danno nei confronti dell'ASL n. 8 di Cagliari, neanche sotto il profilo morale.

Considerato in diritto

1. Il ricorso di D.M. è inammissibile.
1.1 Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.2 Con riferimento all'omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale deve ricordarsi che l'art. 361 cod. pen. descrive un reato omissivo e di mera condotta: ciò comporta che per la sua configurabilità non si richiede la realizzazione di un concreto pregiudizio o di un danno per l'amministrazione della giustizia (Sez. 6, n. 1583 del 18/12/1970 - dep. 04/02/1971, Borrelli, Rv. 116586).
1.3 Inoltre la fattispecie astratta integra un reato istantaneo, perché il termine di adempimento dell'obbligo è unico, finale e non iniziale, decorso il quale l'agente non è più in grado di tenere utilmente la condotta imposta. Il contegno descritto nella fattispecie si sostanzia nell'omettere, e cioè nel non fare, ovvero nel ritardare, ossia nel protrarre indebitamente, la denuncia; tanto che alla desistenza la legge non riconnette alcuna conseguenza giuridica, essendosi ormai verificati gli effetti (omissione o ritardo) necessari e sufficienti per la consumazione (Sez. 6, n. 27508 del 07/05/2009, Rizzo, Rv. 244528). Il pubblico ufficiale è vincolato alla denuncia appena è in grado di individuare gli elementi di reato e di acquisire ogni altro elemento utile per la formazione del rapporto, fermo restando che è necessario che si sia verificato un fatto che già di per sé costituisca un illecito perseguibile di ufficio.
1.4 Ai fini della valutazione del tempestivo adempimento dell'obbligo della polizia giudiziaria di riferire la notizia di reato al pubblico ministero, le espressioni adoperate dalla legge - sia che ci si riferisca alla locuzione "senza ritardo", sia all'avverbio "immediatamente", usati, rispettivamente, nei commi primo e terzo dell'art. 347 cod. proc. pen. - pur se non impongono termini precisi e determinati, indicano attività da compiere in un margine ristretto di tempo, e cioè non appena possibile, tenuto conto delle normali esigenze di un ufficio pubblico onerato di un medio carico di lavoro (Sez. 6, n. 18457 del 19/03/2007, Orlandi, Rv. 236501).
La modifica dell'art. 347 c.p.p. (D.L. n. 306 del 1992, art. 4, comma 1, lett. A), con la sostituzione del termine perentorio di quarantotto ore, in origine prescritto per l'adempimento dell'obbligo di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, con la locuzione "senza ritardo", per consentire alla polizia giudiziaria di averne compiuta acquisizione non autorizza difatti il pubblico ufficiale, che ha avuto la notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, ad una propria valutazione di fondatezza, che resta riservata al pubblico ministero, per cui il reato sussiste dal momento in cui, fondata o non che appaia, il ritardo della comunicazione può essere escluso solo in caso di incertezza della notizia che renda impossibile determinare l'oggetto della stessa notizia per sé rapportabile a norma incriminatrice (Sez. 5, n. 14465 del 09/02/2011 - dep. 11/04/2011, Lupi, Rv. 249902).
1.5 Alla luce di tali principi appare evidente che non colgono nel segno le considerazioni svolte con il primo motivo, sia sotto il profilo oggettivo, sia con riferimento al dolo dell'imputato. Con riferimento a quest'ultimo, poi, il ricorrente tenta di introdurre elementi di fatto che la Corte non può prendere in esame e che trovano una precisa smentita nella sentenza impugnata (pagina 18), che ricostruisce con precisione la precisa cognizione della vicenda falsificatorio e delle modalità di realizzazione del fatto al momento del colloqui con il Dott. D. .
2. Lo stesso è da dirsi con riferimento al secondo motivo, riguardante il tentativo di favoreggiamento personale: nella decisione impugnata sono descritte le due condotte di favoreggiamento (tentativo di convincere il M. ad assumersi la responsabilità; tentativo di convincere il Dott. D. a non enunciare l'accaduto) che dimostrano la piena conoscenza del falso e univocamente sono indirizzate ad aiutare l'A. ad eludere le investigazioni dell'autorità.
3. Il terzo motivo è inammissibile, perché proposto per la prima volta in questa sede e perciò in contrasto con la disposizione dell'art. 606, comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in Cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello.
3.1 Come è noto il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall'art. 609, comma 1, cod. proc. pen., il quale ribadisce in forma esplicita un principio già enucleabile dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi - contrassegnati dall'inderogabile "indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto" che sorreggono ogni atto d'impugnazione (artt. 581, 1 co, lett. e) e 591, 1 co., lett. c) cod. proc. pen.) - sono funzionali alla delimitazione dell'oggetto della decisione impugnata ed all'indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione; il combinato disposto dell'ari:. 606, comma 3 e dell'art. 609, comma 1 impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e, come rileva la più recente dottrina, costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale.
4. Passando ad esaminare il ricorso degli altri due imputati, deve innanzi tutto rilevarsi che il primo motivo, con il quale si deduce l'assenza di dolo, non essendo i due imputati a conoscenza della falsità materiale dei certificati, ma al più di quella ideologica, è manifestamente infondato, oltre che generico, poiché non si confronta con la motivazione della decisione impugnata.
4.1 La Corte territoriale, a fronte dell'analogo motivo di appello, ha ritenuto che la volizione degli imputati ha investito indifferentemente tanto la realizzazione di un falso ideologico, quanto quella di un falso materiale, giacché l'obiettivo di mira era il raggiungimento del profitto derivante dall'operazione truffaldina in danno dell'assicurazione.
5. Anche il secondo ed il terzo motivo sono meramente ripropositivi di quelli di appello, poiché non tengono conto della considerazione svolta dalla Corte territoriale, secondo la quale il rapporto con l'esecutore materiale del reato (A.G. ) è condotto con l'intermediazione di M.M. , mentre è indubitabile il contributo causale offerto alla falsificazione, essendo gli imputati i diretti beneficiari del risarcimento che si tentava di ottenere indebitamente.
6. Il quarto motivo di ricorso è infondato, poiché non può dubitarsi della natura di atto pubblico delle schede di accettazione presso il pronto soccorso. Secondo la tradizionale e mai smentita giurisprudenza di questa Corte, agli effetti della tutela apprestata dall'art. 476 cpv. cod. pen., il registro tenuto presso il reparto di pronto soccorso dei pubblici ospedali rientra fra gli atti che fanno prova fino a querela di falso (Sez. 5, n. 11366 del 21/04/1989, Corona, Rv. 181981), in quanto destinato a garantire pubblica certezza in merito al numero, alle caratteristiche ed alle modalità esecutive degli interventi ivi operati (con riferimento al registro operatorio di un ospedale civile Sez. 5, n. 10149 del 16/10/1984, De Stefani, Rv. 166727, nella quale si sottolinea l'irrilevanza del fatto che l'atto interno sia da riprodurre nelle cartelle cliniche aventi efficacia esterna e che non sia sottoscritto; riguardo al documento redatto dal sanitario di guardia medica di emergenza territoriale che, intervenuto su richiesta del privato, descriva le operazioni compiute, quale mandatario della struttura pubblica, Sez. 6, n. 2024 del 05/12/2002 - dep. 17/01/2003, Garibizzo, Rv. 223734) - rientrando fra gli atti che fanno prova fino a querela di falso a norma dell'art. 476, cpv., cod. pen. (Sez. 5, n. 11366 del 21/04/1989, dep. 04/09/1989, Rv. 181981).
7. Infondato è anche il quinto motivo, poiché correttamente la decisione di appello esclude la sussistenza dell'attenuante del contributo di minima importanza (art. 114 cod. pen.), considerato che gli imputati erano i destinatari del risarcimento indebito.
7.1 Vale la pena di ricordare, in proposito, che, ai fini dell'integrazione della circostanza, non è sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, ma è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all'evento, da risultare trascurabile nell'economia generale delHiter" criminoso. Ne deriva che, ai fini dell'applicabilità dell'attenuante in questione, non è sufficiente procedere a una mera comparazione tra le condotte dei vari soggetti concorrenti, ma occorre accertare - attraverso una valutazione della tipologia del fatto criminoso perpetrato in concreto con tutte le sue componenti soggettive, oggettive e ambientali - il grado di efficienza causale, sia materiale, sia psicologica, dei singoli comportamenti, rispetto alla produzione dell'evento, configurandosi la minima partecipazione, di cui all'art. 114 cod. pen., solo quando la condotta del correo abbia inciso sul risultato finale dell'impresa criminosa in maniera del tutto marginale, cioè tale da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell'evento (Sez. 5, n. 21082 del 13/04/2004, Terreno, Rv. 229201).
8. Infine è inammissibile il sesto motivo, con il quale si censura il risarcimento del danno nei confronti della ASL n. X di Cagliari, poiché deduce una omessa motivazione sulla causazione della danno, laddove invece la Corte territoriale espressamente chiarisce che, ancorché in maniera limitata, vi è stata una diffusione dei documenti falsi, causativa di un pregiudizio per l'immagine dell'azienda pubblica.
9. In conclusione deve essere dichiarato inammissibile il ricorso di D.M.S. e rigettato quello di M.C. , P.L. e Me.Gi. ; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché del solo D.M. (essendo la causa di inammissibilità del suo ricorso riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso di D.M.S. , rigetta gli altri ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché il D.M. al pagamento della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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