Eccesso di potere giurisdizionale nei confronti del legislatore.I limiti dell’attività interpretativa del giudice. Eccesso di potere giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 giugno – 23 dicembre 2014, n. 27341
Presidente Rovelli – Relatore Petitti
Svolgimento del processo
1. M.D. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna chiedendo l'annullamento, previa sospensione della esecuzione, del decreto n. 338 in data 23 settembre 2011, con il quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione della prevista intesa con la Regione Sardegna, aveva nominato P.M. a Presidente dell'Autorità portuale di Cagliari per un quadriennio a decorrere dalla data di notifica del decreto medesimo, nonché di tutti gli atti presupposti, conseguenti o connessi.
Il ricorrente, indicato nella terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dalla Camera di Commercio di Cagliari, dalla Provincia di Cagliari e dal Comune di Sarroch, sosteneva la illegittimità del provvedimento per violazione dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e dell'art. 97 Cost., nonché per eccesso di potere, stante la affermata carenza, in capo al M., dei requisiti richiesti dalla legge n. 84 del 1994 per l'accesso alla selezione per l'attribuzione della Presidenza dell'Autorità portuale di Cagliari.
1.1. Nella resistenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'Autorità portuale di Cagliari, del Comune di Capoterra, della Regione Sardegna, della Camera di commercio di Cagliari e di P.M., il quale proponeva a sua volta ricorso incidentale volto ad affermare la illegittimità delle designazioni effettuate dalla Provincia di Cagliari, dal Comune di Sarroch e dalla Camera di Commercio di Cagliari, nella parte in cui tali enti avevano proposto il D. per la presidenza dell'Autorità portuale, l'adito TAR, con sentenza n. 520 del 24 maggio 2012, rigettava il ricorso principale e dichiarava improcedibile quello incidentale; e ciò in quanto la nomina del M., effettuata nel rispetto dell'iter procedimentale stabilito dalla legge, doveva ritenersi incensurabile perché non palesemente arbitraria né illogica, incoerente o basata su presupposti inesistenti, mentre il sindacato sollecitato dal ricorrente si risolveva in una domanda volta a valutare il merito della scelta dell'Amministrazione.
2. Avverso la sentenza del TAR M.D. proponeva ricorso deducendo la violazione dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e dell'art. 97 Cost., nonché la erroneità e la carenza della motivazione.
Resistevano il Ministero delle infrastrutture, l'Autorità portuale di Cagliari, la Camera di commercio, la Regione Sardegna, la quale contestava la sussistenza, in capo all'appellante principale, dei requisiti che il medesimo assumeva mancanti in capo al M.; quest'ultimo si costituiva resistendo all'appello e proponeva appello incidentale riproduttivo del ricorso incidentale proposto in primo grado.
3. Il Consiglio di Stato, Quarta Sezione, con sentenza n. 4678 dei 2013, rigettava l'appello incidentale, accoglieva quello principale e, in riforma della sentenza impugnata, annullava gli atti impugnati in primo grado.
3.1. II Consiglio di Stato rigettava in primo luogo l'eccezione della Regione Sardegna e l'appello incidentale del M., volti entrambi a dimostrare la insussistenza, in capo al D., dei requisiti che giustificavano l'inserimento del suo nominativo nella terna all'interno della quale scegliere il Presidente dell'Autorità portuale. In particolare, il Consiglio di Stato osservava che il D., professore di diritto della navigazione, aveva svolto non solo attività didattica, ma aveva altresì svolto numerose consulenze in materie senz'altro rilevanti ai fini della gestione dell'attività portuale: e ciò sul rilievo che il diritto della navigazione abbraccia tutti gli aspetti pubblicistici, privatistici, commerciali, comunitari e penali che interessano la gestione portuale, dalla realizzazione delle infrastrutture alla polizia portuale, alla gestione dei servizi, ecc., e che la stessa legge n. 84 del 1994, concernente la gestione delle infrastrutture per la navigazione, doveva ritenersi rientrante nella nozione di diritto della navigazione; sicché, accertato che il D. non aveva solo un approccio didattico alla materia, ma aveva svolto numerose consulenze, anche per la Regione Sardegna e l'Autorità portuale di Cagliari, doveva concludersi nel senso della sussistenza dei necessari requisiti per l'inserimento nella terna di nominativi, e segnatamente di quello della massima e comprovata qualificazione nei settori dell'economia dei trasporti e portuale.
3.2. Quanto all'appello principale, il Consiglio di Stato, ricordato il contenuto dell'art. 8 della legge n. 84 del 1994 (comma 1: «II presidente è nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'articolo 6, comma 7»; in senso analogo comma 1-bis), rilevava che il riferimento esplicito a una "terna di esperti" altro significato non potesse avere che quello di limitare il potere di nomina affidato al Ministro, configurato dalla legge alla stregua dei più alti livelli di responsabilità degli apparati tecnico-burocratici pubblici, e quindi come atto di "alta amministrazione", in relazione al quale la indubbia fiduciarietà della nomina doveva comunque fondarsi sul riconoscimento della esistenza dei requisiti di comprovata esperienza, richiesti per l'inserimento nella terna di nominativi, anche a prescindere da qualsiasi comparazione tra i soggetti designati, non potendosi risolvere in una scelta "ancorata a criteri personali, amicali o di militanza partitica".
Il Consiglio di Stato riteneva, quindi, che, contrariamente a quanto affermato dal TAR, dovesse escludersi la configurazione del Presidente dell'Autorità portuale non come un dirigente tecnico amministrativo, non richiedendo la competenze affidategli solo conoscenze di carattere tecnico. AI contrario, la conoscenza di carattere tecnico doveva ritenersi una condizione assolutamente necessaria perché, come ritenuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 378 del 2005, «il Presidente, in sintesi, è posto al vertice di una complessa organizzazione che vede coinvolti, e soggetti al suo coordinamento, anche organi schiettamente statali (presiede, tra l'altro, il comitato portuale del quale fanno parte il comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle finanze e dei lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell'ufficio speciale del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere propulsivo, perché il porto assolva alla sua funzione (di rilevanza internazionale o nazionale, secondo la classe di appartenenza), comunque interessante l'economia nazionale».
Quanto alla qualifica di esperto, il Consiglio di Stato rilevava che la stessa, pur se connotata da una indubbia ambiguità semiologica, doveva comunque essere interpretata nel senso di richiedere che i soggetti designati dovessero essere necessariamente in possesso di una specifica qualificazione culturale, teorica e pratica nelle materie indicate dalla legge. In questa prospettiva, il Consiglio di Strato riteneva che, pur se l'art. 8 non lo prevede espressamente, il possesso di un titolo di studio e un percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, economico, ecc., il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale fosse indispensabile per poter attribuire ad un soggetto la qualifica di esperto. La mancanza di un titolo di studio siffatto comportava dunque la illegittimità della inclusione nella terna dei designati del soggetto poi prescelto, non essendo sufficiente ad assicurare la legittimità della nomina il formale rispetto della sequenza procedimentale finalizzata alla nomina.
Il Consiglio di Stato accoglieva poi anche il secondo motivo dell'appello principale, con il quale veniva posta in discussione la valutazione fatta dal TAR circa la idoneità dei titoli del candidato nominato a dimostrare la sussistenza del requisito richiesto dalla legge. In particolare, il giudice di appello, escluso che la negazione in radice della necessaria e indispensabile competenza di un soggetto attenesse ad una valutazione del merito della scelta amministrativa e quindi si risolvesse in un superamento del limite stesso della giurisdizione, considerato che la verifica del presupposto costituito dal possesso di titoli specifici atteneva specificamente al profilo della legittimità del procedimento e costituiva comunque un profilo sintomatico dell'eccesso di potere nell'ambito del sindacato sulla ragionevolezza o no della scelta operata, riteneva anche che l'avvenuto svolgimento della funzione di parlamentare o di consigliere provinciale non potesse integrare, ex se, il requisito della massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale. Nella specie, il M. era un medico fisiatra, era stato parlamentare dal 1994 al 2006 alla Camera e dal 2006 al 2010 al Senato, dal maggio 2010 era stato eletto al Consiglio provinciale di Cagliari, era stato componente di Commissioni che non interferivano con le competenze dell'autorità portuale; presentava, in sintesi, un percorso politico-parlamentare estraneo alle competenze richiesta dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994, che affida al Presidente dell'autorità compiti di impulso, di indirizzo, di amministrazione, di coordinamento, di controllo e di gestione in materia di servizi portuali; circostanza, questa, che faceva ritenere che il M., privo di un titolo di studio idoneo, doveva probabilmente la sua nomina alle sue capacità politico relazionali.
In conclusione, il Consiglio di Stato dichiarava la illegittimità della designazione dei M. per la mancanza di un qualsiasi titolo di studio comunque implicante il possesso di competenze anche geN.camente raccordabili con la materia; per l'estraneità al settore delle pur vaste attività professionali, politiche e parlamentari le quali non concernevano affatto i settori dell'economia dei trasporti; per la brevità delle esperienze quale presidente della Commissione trasporti (per meno di un anno) o dell'analoga struttura del Consiglio provinciale di Cagliari, che non potevano certo far supporre il conseguimento delle competenze tecniche teoriche e pratiche richieste. Per le medesime ragioni doveva poi essere ritenuto illegittimo il decreto del Ministro che, in presenza di un profilo curricolare che, all'evidenza, doveva far escludere il possesso delle competenze richieste in capo ad uno dei soggetti designati, avrebbe dovuto sollecitare la presentazione di una diversa terna di candidati.
4. Per la cassazione di questa sentenza, P.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Hanno resistito la Regione Sardegna, la Provincia di Cagliari, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
La Provincia e il Ministero hanno altresì proposto ricorso incidentale affidato, rispettivamente, a tre motivi e a un motivo.
Non hanno svolto attività difensiva M.D., l'Autorità portuale di Cagliari e la Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Cagliari, il Comune di Cagliari, il Comune di Capoterra e il Comune di Sarroch.
4. In prossimità dell'udienza il ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale, M. Piergiorgio denuncia il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato per eccesso di potere giurisdizionale, in relazione agli artt. 111 Cost., 362 cod. proc. civ., 606, lettera a), cod. proc pen. e 110 c.p.a., sostenendo che la sentenza impugnata eccederebbe i limiti esterni della giurisdizione attribuita al Consiglio di Stato, in quanto, nella parte in cui ha ritenuto che il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale costituisca requisito culturale necessario per dimostrare di avere un percorso professionale tale da consentire di qualificare il soggetto inserito nella terna come esperto, si risolverebbe in attività solo formalmente interpretativa, ma in realtà propriamente legislativa, come tale estranea alla funzione giurisdizionale attribuita al giudice amministrativo.
Il ricorrente richiama la più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite, secondo cui la fattispecie dell'eccesso di potere giurisdizionale nei riguardi delle attribuzioni del legislatore sarebbe configurabile su un piano puramente teorico, e tuttavia sottolinea come tale orientamento si ponga in inconsapevole contrasto con un più risalente orientamento, per il quale «il concetto dell'eccesso di potere giurisdizionale, sotto il profilo dell'invasione da parte del giudice della potestà legislativa (art.524, n.2, cod. proc. pen.) è unitario e si applica a qualunque forma di giurisdizione ordinaria o speciale» e «il criterio discriminatore fra il detto eccesso di potere e la semplice violazione di legge si trae dal contenuto del giudizio, nel senso che in tanto una decisione può ritenersi affetta dall'eccesso di potere giurisdizionale considerato, in quanto contenga disposizioni eccedenti i poteri della giurisdizione ed implichi esercizio di potestà legislativa» (Cass., S.U., n. 2543 del 1954; Cass., S.U., n. 1387 del 1976). Richiede, quindi, una pronuncia che riaffermi esplicitamente la configurabilità dell'eccesso di potere giurisdizionale, sotto il profilo dell'invasione da parte del giudice della potestà legislativa (oggi considerato dall'art. 606, lettera a, cod. proc. pen.), ed elimini ogni indebito riferimento alla rilevanza meramente teorica del vizio, che sussiste ogniqualvolta la decisione del giudice amministrativo, pur formalmente resa nell'esercizio di attività apparentemente interpretativa, si sostanzi nella applicazione di una norma putativa, inventata dallo stesso giudice amministrativo.
Il ricorrente sostiene quindi che, nel caso di specie, il giudice amministrativo avrebbe creato una norma affatto nuova, introducendo nell'art. 8 della legge n. 84 del 1994, una previsione che in detta disposizione non esisteva, e segnatamente il possesso di un titolo di studio o di un apposito percorso culturale ovvero professionale, che il legislatore non ha configurato come requisito per l'inserimento nella terna di nomi all'interno della quale deve essere scelto il presidente dell'autorità portuale, richiedendo che i soggetti inseriti siano di «massima e comprovata qualificazione nei settori dell'economia dei trasporti e portuale». Sarebbe, pertanto evidente, ad avviso del ricorrente, l'usurpazione della funzione legislativa da parte del giudice amministrativo.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per eccesso di potere giurisdizionale, in relazione agli artt. 111 Cost., 362 cod. proc. civ. e 110 c.p.a., sostenendo che l'eccesso di potere giurisdizionale sarebbe configurabile anche sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito riservato all'amministrazione. La già rilevata introduzione di un requisito non previsto dalla legge e l'attribuzione al possesso di tale requisito del carattere della indispensabilità ai fini della comprovata qualificazione professionale, si porrebbe in contrasto con il principio per cui il giudice amministrativo non può stabilire propri criteri e/o requisiti valutativi vincolanti per la pubblica amministrazione; e ciò tanto più quando, come nel caso di specie, vengano in rilievo atti di alta amministrazione, assoggettabili ad un controllo giurisdizionale ab extrinseco, che si esaurisce nella verifica del vizio di eccesso di potere nelle particolari figure della inadeguatezza del procedimento istruttorio, della illogicità, della contraddittorietà, della ingiustizia manifesta, della arbitrarietà e/o irragionevolezza della scelta adottata o della mancanza di motivazione.
II ricorrente sostiene quindi che, per effetto della impugnata decisione, le amministrazioni cui è rimessa la individuazione dei candidati alla nomina dei presidente dell'autorità, da un lato, possono prendere in considerazione i soli aspiranti in possesso di una laurea in materie riconducibili all'ambito disciplinare dell'economia dei trasporti e portuale e, dall'altro, possono riconoscere la qualità di esperto di massima e comprovata qualificazione professionale solo a coloro che possiedano l'indispensabile requisito culturale costituito dai possesso del titolo di studio.
1.3. Con il terzo motivo viene denunciato ulteriore difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in riferimento alle disposizioni già citate, sotto l'ulteriore profilo per cui il Consiglio, travalicando i limiti del riscontro della legittimità dei provvedimenti impugnati e sconfinando nel merito riservato all'amministrazione cui si è indebitamente sostituito e sovrapposto, non solo ha applicato i parametri e i criteri di valutazione da esso stesso inventati in luogo di quelli applicati dagli enti interessati, ma avrebbe altresì compiuto una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e della convenienza dei medesimi provvedimenti.
1.3.1. Ribaditi i rilievi concernenti l'asserita arbitraria e indebita prescrizione di un requisito non previsto dalla legge ai fini dell'inserimento nella terna, il ricorrente rileva che il ragionamento articolato nella decisione impugnata cadrebbe dalle fondamenta, in quanto il sindacato giurisdizionale è stato esercitato alla stregua di un parametro normativo del tutto putativo, che ha dato luogo all'esercizio di un controllo sostitutivo rispetto alle designazioni effettuate dagli enti competenti, e la sua designazione, in particolare, è stata ritenuta illegittima proprio per la mancanza del detto titolo di studio, infungibile e non surrogabile, nell'ottica del giudice amministrativo, da alcun altro titolo, qualifica e/o percorso professionale. In sostanza, prosegue il ricorrente, le argomentazioni svolte sul suo curriculum nella sentenza impugnata sarebbero del tutto prive di effettiva valenza decisoria perché assorbite e vanificate dalla ritenuta mancanza del requisito culturale indispensabile per poter essere considerati esperti di massima e comprovata qualificazione professionale.
1.3.2. II Consiglio di Stato, ad avviso del ricorrente, lungi dall'evidenziare l'arbitrarietà e/o l'incongruità logica della designazione, avrebbe sindacato la designazione nel merito, propugnandone la non condivisibilità e finendo per sostituirsi alle amministrazioni proprio nel compimento delle valutazioni ad essere riservate. In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto sintomatiche della illegittimità della designazione di esso ricorrente, per un verso, l'estraneità delle attività politiche e parlamentari da lui svolte rispetto ai settori disciplinari dell'economia dei trasporti e, per altro verso, la brevità delle pertinenti esperienze professionali maturate nello specifico settore. Lo svolgimento, da parte del Consiglio di Stato, di un potere valutativo di merito risulterebbe evidente dal semplice esame delle norme concernenti i compiti e il ruolo del presidente dell'autorità portuale, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 378 del 2005, nella quale viene evidenziata la particolare valenza lato sensu politica del ruolo e delle funzioni del presidente, che deve realizzare una sintesi delle varie istanze concorrenti alla nomina e degli interessi nazionali e locali di cui le istanze stesse sono portatrici, nella prospettiva di garantire lo sviluppo equilibrato del sistema portuale. Non a caso, quindi, il legislatore ha utilizzato la formula geN.ca di massima e comprovata esperienza, proprio avuto riguardo al complesso delle funzioni e al ruolo di sintesi attribuiti al presidente.
1.3.3. In tale prospettiva, la nomina oggetto di impugnazione non si appalesa né illogica né arbitraria, e il riesame da parte del Consiglio di Stato si risolverebbe nella non condivisione della designazione, perché ritenuta inidonea, e quindi nella formulazione di un giudizio di merito, esorbitante dai limiti della giurisdizione amministrativa. Esemplare di tale diversa valutazione sarebbe l'apprezzamento, espresso nella sentenza impugnata, circa la brevità delle esperienze professionali "pertinenti" maturate da esso ricorrente come componente della commissione trasporti della Camera e della analoga struttura presso la provincia di Cagliari; infatti, osserva il ricorrente, il requisito temporale non sarebbe previsto dalla legge e la sua considerazione costituirebbe sintomo di una valutazione di merito.
Analoghe censure il ricorrente svolge con riguardo alla valutazione di estraneità del suo percorso politico-parlamentare alle competenze che l'art. 8 della legge n. 84 del 1994 affida al presidente dell'autorità portuale, evidenziando come dalla documentazione prodotta emergevano le sue iniziative legislative e culturali in materia di trasporti e di nautica, con particolare riferimento alla Regione Sardegna; nonché alla generale affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l'attività di parlamentare non gli avrebbe consentito l'acquisizione di competenze utili ai fini della comprovata esperienza richiesta dall'art. 8 citato, tanto più in considerazione del ruolo di sintesi politica attribuito al presidente dell'autorità portuale. La preferenza espressa dal Consiglio di Stato per la designazione di un soggetto di preponderante caratura tecnica costituirebbe, quindi, un apprezzamento soggettivo, opinabile tanto quanto quello censurato, che nulla avrebbe a che vedere con l'accertamento della arbitrarietà e della illogicità della diversa scelta compiuta dalle amministrazioni competenti.
2. Ricorso del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
2.1. Con il primo motivo, rubricato «Violazione delle norme sulla giurisdizione in relazione all'azione di annullamento proposta. Esercizio della giurisdizione estesa anche al merito al di fuori dei casi indicati dalla legge. Art. 29 e 134, codice per processo amministrativo, in relazione all'art. 110 c.p.a. e all'art. 362 c.p.c.», l'amministrazione statale, premesso che l'azione proposta con ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era un'azione di annullamento, nell'ambito della quale la giurisdizione del giudice amministrativo è limitata unicamente all'accertamento dell'eventuale sussistenza dei denunciati vizi di legittimità degli atti della pubblica amministrazione, e ricordato che lo stesso Consiglio di Stato ha ricondotto gli atti impugnati alla categoria degli atti di alta amministrazione, censurabili solo in caso di manifesta carenza dei presupposti di legge o di irragionevolezza della scelta in concreto operata, sostiene la illegittimità della sentenza impugnata perché darebbe luogo ad un non previsto sindacato di merito sull'azione della pubblica amministrazione. In sostanza, osserva l'amministrazione, ove il Consiglio di Stato avesse tenuto presenti i due elementi prima ricordati, sarebbe stato sufficiente l'esame del curriculum prodotto dal M. per escludere che, nel caso di specie, la sua designazione nell'ambito della terna ai fini della nomina a presidente dell'autorità portuale, fosse tutt'altro che affetta da irragionevolezza.
Né il Consiglio di Stato poteva spingere il proprio esame sino a valutare la verosimiglianza delle modalità di svolgimento dell'attività parlamentare da parte del M., trattandosi di esame che neanche all'amministrazione era consentito fare. Ciò tanto più in quanto lo stesso Consiglio di Stato ha dato atto che il M., medico specialista, era stato parlamentare per cinque legislature consecutive a partire dal 1994; aveva partecipato alla votazione di innumerevoli provvedimenti anche in materia di trasporti; aveva presieduto la Commissione trasporti del Senato della Repubblica e la Commissione trasporti della Provincia di Cagliari; aveva cioè dato atto di elementi in presenza dei quali il limitato sindacato concesso in sede di giurisdizione di mera legittimità su atti di alta amministrazione avrebbe dovuto arrestarsi, sicché il Consiglio di Stato non avrebbe potuto esprimere apprezzamenti circa le modalità di svolgimento dell'attività parlamentare e circa la significatività della detta attività ai fini della acquisizione della esperienza rilevante per l'inserimento nella terna di candidati.
2.2. Con il secondo motivo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deduce la violazione dei limiti esterni del sindacato giurisdizionale rispetto alla funzione e potestà legislativa di cui agli artt. 70 e 117 Cost., e a quella amministrativa di cui al combinato disposto degli artt. 97 Cost. e 8 della legge n. 84 del 1994, in relazione agli artt. 110 c.p.a. e 362 cod. proc. civ., rilevando che la sentenza impugnata avrebbe ecceduto dai limiti propri della giurisdizione del giudice amministrativo anche nei confronti del legislatore. Il Consiglio di Stato, attraverso il pretesto interpretativo, avrebbe infatti affermato una nuova e diversa articolazione della norma interpretata, tanto da introdurre arbitrariamente un precetto normativo del tutto nuovo - quello del possesso di un titolo di studio - che invece il legislatore non aveva inteso, né letteralmente né sostanzialmente, prescrivere.
In tal modo, ad avviso dell'amministrazione statale, si sarebbe realizzata una contemporanea invasione della sfera di esclusiva competenza del potere legislativo e di quello amministrativo, in quanto il legislatore, nel non definire normativamente uno specifico percorso culturale e professionale come necessario requisito per la nomina del presidente dell'autorità portuale, ha volutamente rimesso la concreta valutazione di quale possa essere il miglior esperto per le singole nomine alle correlate e connesse scelte discrezionali della varie amministrazioni coinvolte nel procedimento, costituendo questa valutazione proprio l'essenza della scelta di ordine squisitamente fiduciario di un atto di alta amministrazione, quale quello impugnato, come pure riconosciuto dalla sentenza impugnata. Del resto, proprio perché sia il M. che il D. erano stati inseriti nelle terne formulate dai soggetti istituzionali coinvolti, sarebbe stata illogica la decisione del Ministro di rifiutare le terne perché in esse era presente il M..
Il Consiglio di Stato avrebbe dovuto arrestare la propria attività di interpretazione dell'art. 8 della legge n. 84 del 1994 al rilievo che per essere nominato presidente dell'autorità portuale non è previsto il possesso di alcun titolo di studio e tanto meno di una laurea. Le successive argomentazioni contenute nella sentenza impugnata evidenzierebbero poi il denunciato eccesso di potere giurisdizionale, atteso che non può in alcun modo riconnettersi al concetto di esperto altro che l'acquisizione di abilità per effetto di una lunga attività praticata nello specifico settore. La previsione di un titolo legale per la nomina configgerebbe poi con le norme di rango comunitario.
2.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale il Ministero denuncia ancora violazione dei limiti esterni del sindacato giurisdizionale rispetto alla potestà discrezionale della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., in relazione alle posizioni soggettive azionate in causa ai sensi dell'art. 24, primo comma, Cost. e dell'art. 29 c.p.a., nel procedimento di cui all'art. 8 della legge n. 84 del 1994, in relazione agli artt. 110 c.p.a. e 362 cod. proc. civ. Ricostruite le posizioni soggettive implicate nel procedimento finalizzato alla nomina del presidente dell'autorità portuale, l'amministrazione ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe pronunciato oltre i limiti della propria giurisdizione di annullamento in relazione al limitato contenuto della sola posizione soggettiva azionata in causa, che era quella di uno dei soggetti che gli enti a ciò preposti avevano inserito nelle terne volte alla nomina del presidente. In particolare, la posizione soggettiva tutelata dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994 era quella degli enti coinvolti nel procedimento di nomina; e nessuno di tali enti aveva dedotto la illegittimità della inclusione del M. nelle terne di nomi. L'avere accordato tutela giurisdizionale demolitoria per un vizio di legittimità del provvedimento ancorché la stessa sia stata sollecitata da un soggetto diverso da quello titolare della posizione soggettiva tutelata dalla stessa norma, costituirebbe dunque eccesso di potere giurisdizionale, tale da inficiare totalmente la decisione poiché emessa in carenza del relativo potere. Ciò in quanto l'art. 8 integra una norma di azione dettata a tutela, in via indiretta, attraverso la compartecipazione alla nomina del presidente, di diritti e competenze di rilievo costituzionale concorrenti tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali, sicché sarebbe evidente che le posizioni soggettive tutelate dalla norma sono quelle dei predetti enti che, proprio in ragione di ciò, sono chiamati ad esercitarle con il più ampio margine di discrezionalità, tipico degli atti di alta amministrazione. La disposizione di cui all'art. 8, sostiene la difesa erariale, sarebbe finalizzata non a permettere la realizzazione professionale e sociale dell'individuo che viene proposto in una terna di nomi, ma a consentire ai vari enti che partecipano all'iter procedimentale l'esercizio congiunto delle prerogative ad esse assegnate dalla Costituzione.
E se tale ricostruzione non comporta che i soggetti inseriti nelle terne non abbiano una posizione soggettiva differenziata tale da legittimarli, entro i ristrettissimi limiti della loro partecipazione al procedimento, ad una verifica giurisdizionale della corretta esplicazione dello stesso procedimento, né che la sussistenza del requisito della comprovata qualificazione professionale dei candidati non sia soggetto a controllo nell'ambito del procedimento, e quindi anche in sede giurisdizionale, tuttavia ciò implicherebbe che la legittimazione dei soggetti privati partecipanti al procedimento, in quanto inseriti nelle terne, debba essere di contenuto coerente con la limitata estensione della propria particolare posizione soggettiva nell'ambito del medesimo procedimento, mentre la legittimazione sostanziale e processuale per il controllo in sede giurisdizionale dei possesso del suddetto requisito spetterebbe solo agli enti coinvolti nel procedimento di nomina.
In altri termini, osserva l'Avvocatura dello Stato, l'art. 8 non attribuirebbe ai soggetti privati inseriti nelle terne alcun diritto di concorrere alla nomina con modalità propulsive e/o comparative dei propri titoli rispetto a quelli degli altri partecipanti, posto che ad essi, a seguito dell'inserimento nella terna, viene attribuita unicamente una chance, alla quale può riconnettersi il potere di sollecitare il controllo giurisdizionale rispetto ad atti che, violando l'iter del procedimento, possano avere anche in via indiretta compromesso o pregiudicato l'eventuale esplicarsi delle potenzialità di nomina, non anche per negare la qualificazione di altri soggetti sul presupposto di un diritto alla nomina che la norma non prevede. Il Consiglio di Stato, dunque, in presenza della sola impugnazione dei D., non avrebbe potuto esercitare alcun potere giurisdizionale in merito all'effettivo possesso del requisito di legge in capo al M., né sindacare le modalità attraverso cui, nel procedimento stesso, i vari poteri amministrativi si erano indirizzati verso la nomina finale.
3. Ricorso incidentale della Provincia di Cagliari.
3.1. Con l'unico motivo del proprio ricorso incidentale, la Provincia di Cagliari deduce difetto assoluto di giurisdizione, e in subordine esercizio della giurisdizione sul merito dell'attività amministrativa discrezionale al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge (art. 134 c.p.a.).
Ad avviso della Provincia, il Consiglio di Stato, una volta constatato che il M. poteva vantare un'esperienza parlamentare maturata dal 1994, per cinque legislature consecutive; l'appartenenza prima alla commissione affari sociali e sanità e, poi, alla commissione lavori pubblici, trasporti e comunicazioni, della quale era anche stato presidente; la partecipazione al voto in aula di innumerevoli provvedimenti legislativi, anche in materia di trasporti e portuale, l'esperienza di consigliere della Provincia di Cagliari e l'appartenenza alla commissione trasporti della stessa, non avrebbe potuto procedere oltre nella verifica del possesso dei titoli, anche perché in tal modo il Consiglio di Stato ha finito per esercitare un sindacato che nemmeno le stesse amministrazioni (e cioè gli enti deputati alla designazione delle terne, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, deputato alla scelta, e la Regione, deputata all'intesa) avrebbero potuto permettersi di esercitare al di fuori di casi di conclamata, grave anomalia, nella specie non dedotta e certamente non sussistente.
In ogni caso, osserva la ricorrente incidentale, non si poteva ritenere consentito al Consiglio di Stato, non vertendosi in ipotesi di giurisdizione estesa al merito, di riformulare il giudizio espresso dall'amministrazione, annullando quello sottoposto al suo vaglio.
4. II primo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale dei Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono infondati.
4.1. Entrambi i ricorrenti imputano alla decisione impugnata una invasione della sfera di competenza del potere legislativo, per avere ritenuto che l'art. 8 della legge n. 84 del 1994, pur non richiedendo uno specifico titolo di studio né uno specifico percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, e pur avendo utilizzato l'espressione "esperto", e cioè un espressione connotata da una indubbia ambiguità semiologica, postulasse comunque "*il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale". In tal modo, ad avviso di entrambi i ricorrenti, il Consiglio di Stato avrebbe introdotto un requisito non previsto dalla legge ed anzi dalla legge escluso attraverso il ricorso ad una formulazione volutamente geN.ca.
L'assunto dei ricorrenti non può essere condiviso.
4.2. Occorre premettere che queste Sezioni Unite hanno affermato essere chiara la implausibilità del tentativo di configurare un eccesso di potere a danni del legislatore rinvenendolo in una attività di individuazione interpretativa. È stata anche di recente affermata da queste Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 20698 del 2013; Cass., S.U., n. 24411 dei 2011; Cass., S.U., n. 2068 del 2011) la non configurabilità del preteso eccesso di potere le volte in cui il Giudice speciale od ordinario individui una regula juris facendo uso dei suoi poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione anche analogica dei quadro delle norme. Si è in particolare ricordato che, con riguardo ai limiti al sindacato delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato, l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è figura di rilievo affatto teorico, in quanto - dovendosi ipotizzare che il giudice applichi, non già la norma esistente, ma una norma all'uopo creata - detto eccesso potrebbe ravvisarsi solo a condizione di poter distinguere un'attività di produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice, da un'attività interpretativa; attività quest'ultima certamente non contenibile in una funzione meramente euristica, ma risolventesi in un'opera creativa della volontà della legge nel caso concreto (Cass., S.U., n. 20698 dei 2013, cit.).
Il ricorrente principale chiede ora alla Corte di superare questo orientamento e di escludere la natura meramente teorica della figura dell'eccesso di potere legislativo; ciò, ovviamente, sul presupposto che la decisione del Consiglio di Stato qui impugnata, lungi dall'essersi limitata ad esercitare una consentita e doverosa attività di interpretazione della norma applicabile, abbia in realtà dato luogo alla creazione di una norma per l'innanzi inesistente.
La valutazione richiesta postula, quindi, che si definisca quale sia il limite della interpretazione, ovvero che si possa individuare il limite oltre il quale l'attività interpretativa trasmodi in attività creativa, e quindi in una invasione della sfera riservata al legislatore.
In questa ottica occorre ricordare che queste sezioni Unite hanno avuto modo di affermare (Cass., S.U., n. 15144 dei 2011) che l'attività interpretativa è segnata dal limite di tolleranza ed elasticità dei significante testuale, nell'ambito del quale «la norma di volta in volta adegua il suo contenuto, in guisa da conformare il predisposto meccanismo di protezione alle nuove connotazioni, valenze e dimensioni che l'interesse tutelato nel tempo assume nella coscienza sociale, anche nel bilanciamento con contigui valori di rango superiore, a livello costituzionale o sovranazionale».
4.3. Orbene, il Collegio ritiene che la individuazione del possesso di una "laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale", quale elemento di fatto utile per dare concretezza al concetto di esperto di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, sia attività che si muove all'interno della tenuta semantica della norma da interpretare. La sentenza impugnata, infatti, lungi dall'individuare un requisito legale di ammissione, quale prerequisito per l'inserimento di un candidato nella terna di nomi all'interno della quale dovrà essere scelto il presidente dell'autorità portuale, si è limitata a rilevare che il possesso di un simile titolo di studio certamente costituisce elemento valutabile positivamente ai fini della integrazione del detto requisito.
Del resto, se quella svolta dal Consiglio di Stato fosse stata attività creativa di una norma - possesso di un requisito non previsto dal legislatore - certamente la sentenza impugnata non si sarebbe poi soffermata sulla valutazione del percorso professionale del candidato M., essendo in quella prospettiva il rilievo della mancanza del detto titolo del tutto sufficiente a qualificare in termini di illegittimità l'inserimento del suo nominativo nelle terne di nomi proposte dagli enti competenti e la sua designazione a presidente dell'Autorità portuale di Cagliari.
Al contrario, dalla sentenza impugnata emerge come il possesso della laurea sia considerato alla stregua di un requisito di per sé non idoneo a rendere legittimo l'inserimento di un candidato nella terna ove al detto titolo di studio non si accompagni una pratica professionale idonea a dimostrare il possesso di una esperienza nel settore. Significativa in tal senso è la valutazione fatta dal Consiglio di Stato in ordine all'appello incidentale proposto dal M. per contestare l'esistenza, in capo al D., appellante principale, del requisito della comprovata esperienza di cui si è detto. Il Consiglio di Stato, invero, non si è limitato a rilevare il possesso del titolo di studio e l'attività di docente di diritto della navigazione svolta dal D. per ritenere integrato il possesso, da parte sua, del requisito della comprovata esperienza, ma ha valutato le specifiche attività dal medesimo indicate al fine di comprovare l'esperienza nei settori dell'economia dei trasporti e portuale. Allo stesso modo, quindi, deve escludersi che l'accoglimento dell'appello principale sia stato determinato dalla mancanza di un titolo di studio.
Tanto basta, ad avviso del Collegio, ad escludere che, nella specie, l'attività ermeneutica del Consiglio di Stato abbia avuto l'effetto di inserire nell'ordinamento un requisito che il legislatore non aveva previsto e del quale, anzi, in considerazione della formulazione volutamente geN.ca della disposizione, deve ritenersi non voluto.
5. Rigettati il primo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso del Ministero, si deve ora passare all'esame del secondo e dei terzo motivo del ricorso principale, del primo motivo dei ricorso incidentale dei Ministero e dell'unico motivo dei ricorso incidentale della Provincia di Cagliari, con i quali si censura la sentenza impugnata per eccesso di potere giurisdizionale nei confronti dell'amministrazione.
Anche questi motivi non sono fondati.
5.1. Occorre premettere che l'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera dei merito, è configurabile solo quando l'indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità dei provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione, nel senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l'esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa (Cass., S.U., n. 9443 del 2011; Cass., S.U., n. 20360 del 2013).
Le decisioni del giudice amministrativo, dunque, sono sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione quando detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito riservato all'amministrazione, compia una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima la volontà dell'organo giudicante di sostituirsi a quella dell'amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all'esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso (Cass., S.U., n. 6322 del 2012; Cass., S.U., n. 23302 dei 2011).
Tuttavia, per esercitare la propria giurisdizione di legittimità, e quindi valutare gli eventuali sintomi dell'eccesso di potere dai quali un atto amministrativo impugnato potrebbe essere affetto, il giudice amministrativo non può esimersi dal prendere in considerazione la congruità e la logicità dell'atto in relazione agli interessi perseguiti. Neppure quando perciò si tratti - come nella specie - di un atto di alta amministrazione, si può negare al giudice il potere-dovere di vagliarne la conformità alla legge che ne prevede l'adozione. Del resto gli stessi ricorrenti, principale e incidentali, ammettono che anche gli atti di alta amministrazione restano soggetti al sindacato giurisdizionale, il quale, peraltro, non è limitato ai soli casi di irragionevolezza della scelta in concreto operata dall'amministrazione, ma è esteso anche all'accertamento della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge ovvero alla loro manifesta carenza.
5.2. Orbene, nel caso di specie occorre prendere le mosse dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994, il quale al comma 1, stabilisce che «Il presidente è nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto dei Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7. La terna è comunicata al Ministro dei trasporti e della navigazione tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale».
Appare evidente come il legislatore abbia individuato un unico requisito il cui possesso costituisce presupposto per l'inserimento nella terna di nomi da sottoporre al Ministro per la nomina: quello cioè che il soggetto interessato sia un esperto «di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale». La valutazione della sussistenza del detto requisito, dunque, rientra appieno nel sindacato di legittimità esperibile in ordine all'atto di formazione delle terne e al decreto di designazione del prescelto.
5.3. Ed è, appunto, proprio questa valutazione che il Consiglio di Stato ha condotto nella sentenza impugnata. L'esperienza maturata nel settore, invero, deve, secondo la previsione normativa, essere massima e comprovata; si tratta di due aspetti che concorrono a delineare la qualificazione professionale del candidato e che devono essere entrambi posseduti dal medesimo. E' dunque evidente che, con riferimento alla posizione del ricorrente principale, escluso che questi fosse in possesso di una "laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale" - titolo, questo, che, come si è detto in relazione alla posizione del controinteressato, non è di per sé solo sufficiente ad integrare il requisito individuato dal legislatore - l'esame della legittimità dell'atto non poteva essere condotto altro che con riferimento alle esperienze vantate in materia dal ricorrente principale.
In questa prospettiva deve allora escludersi che la verifica di legittimità effettuata dal Consiglio di Stato abbia sconfinato e abbia dato luogo ad una valutazione di merito. Così come la verifica sollecitata dal ricorrente principale in ordine al possesso, da parte dei D., dei requisito della massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale ha comportato la valutazione di profili ulteriori, rispetto al titolo di studio, al fine di accertare se il medesimo potesse essere considerato anche "esperto", allo stesso modo, ai fini della decisione dell'appello principale, il Consiglio di Stato ha dovuto portare il proprio esame proprio sui contenuti delle esperienze maturate in proposito dal M.. Appare, del resto, singolare il fatto che la medesima parte che, in sede di appello incidentale, ha sollecitato un riscontro in sede giurisdizionale, della sussistenza, in capo al controinteressato, dei requisito della esperienza, non ritenendo a tal fine idoneo il titolo di studio e la stessa attività accademica, denunci poi, come eccedente l'ambito della giurisdizione amministrativa, il medesimo esame dall'appellante principale richiesto e dal Consiglio di Stato svolto al fine di verificare la sussistenza di quel requisito.
Ed ancora, non può ritenersi che la valutazione - espressa dal Consiglio di Stato in termini negativi quanto al ricorrente principale - sia eccedente l'ambito della giurisdizione di legittimità per il solo fatto che non è stata ritenuta idonea ad integrare il prescritto requisito l'attività, pur se prolungata, di parlamentare. Invero, posto che il legislatore ha richiesto la massima e comprovata qualificazione nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, e posto che lo svolgimento dell'attività di parlamentare da parte di una persona non in possesso di titolo di studio afferente non può ritenersi di per sé - e cioè a prescindere dal concreto svolgimento delle relative funzioni - idonea ad integrare il predetto requisito, l'esame condotto dal Consiglio di Stato con la sentenza qui impugnata certamente non eccede l'ambito della giurisdizione di legittimità.
Allo stesso modo, posto che la qualificazione professionale nell'indicato settore deve essere non solo comprovata ma anche massima, non appare eccedente il sindacato di legittimità il fatto che il Consiglio di Stato abbia ritenuto non sufficiente ad integrare il detto requisito lo svolgimento, per un breve periodo, delle funzioni di componente della Commissione trasporti della Camera ovvero della omologa commissione della Provincia di Cagliari.
5.4. Né, sotto altro profilo, la decisione impugnata appare contrastante con la individuazione delle funzioni del presidente dell'autorità portuale come delineate dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 378 dei 2005. In tale sentenza, relativa a una questione di legittimità costituzionale inerente al riparto di competenze tra Stato e regioni, la Corte costituzionale ha affermato che «Il Presidente, in sintesi, è posto al vertice di una complessa organizzazione che vede coinvolti, e soggetti al suo coordinamento, anche organi schiettamente statali (presiede, tra l'altro, il comitato portuale del quale fanno parte il comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle finanze e dei lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell'ufficio speciale del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere propulsivo, perché il porto assolva alla sua funzione (di rilevanza internazionale o nazionale, secondo la classe di appartenenza), comunque interessante l'economia nazionale». Da tali affermazioni il ricorrente principale e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti pretendono di far discendere l'opportunità che il soggetto designato a ricoprire la carica di presidente dell'autorità portuale abbia un compito lato sensu politico, in relazione al quale, dunque, lo svolgimento dell'attività di parlamentare, tanto più se prolungato nel tempo, costituirebbe indice certo del possesso dei necessari requisiti.
In realtà, la configurazione del presidente dell'autorità portuale nei termini anzidetti - effettuata in una prospettiva di riparto di competenze e, segnatamente, ai fini dell'accertamento della compatibilità costituzionale del potere statale di nomina del presidente dell'autorità - non comporta il venir meno dell'unico requisito previsto dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994, e cioè che i soggetti inseriti nella terna di nomi siano comunque esperti di massima e comprovata qualificazione nei settori dell'economia dei trasporti e portuale; ed è appunto siffatto riscontro di legittimità che il Consiglio di Stato, nella sentenza impugnata, ha effettuato.
5.5. Da ultimo, è appena il caso di rilevare che la sentenza impugnata non si risolve nell'esercizio di giurisdizione di merito, atteso che essa rimane nell'ambito della giurisdizione di annullamento e non esprime la volontà dell'organo giudicante di sostituirsi a quella dell'amministrazione.
5.6. In conclusione, i motivi in esame devono essere rigettati.
6. E' infine inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Esso, infatti, pur se prospettato come motivo inerente alla giurisdizione, sotto il profilo della violazione dei limiti esterni del sindacato giurisdizionale rispetto alla potestà discrezionale della pubblica amministrazione, in relazione alle posizioni soggettive azionate in causa, si risolve in una censura volta a contestare gli effetti riconducibili alla impugnazione proposta dal D., sostenendosi che la detta impugnazione non avrebbe giammai potuto portare all'annullamento degli atti impugnati, in quanto portatori dell'interesse sostanziale alla osservanza dell'art. 8 della legge n. 84 del 1994 erano i soli enti dei quali il medesimo art. 8 prevede il coinvolgimento ai fini della nomina dei presidente dell'autorità portuale; enti che, non solo non avevano impugnato né la indicazione né la designazione del M., ma che, anzi, avevano resistito alla impugnazione proposta (Regione Sardegna e Provincia di Cagliari), ovvero avevano scelto di non costituirsi benché ritualmente evocati nel presente giudizio.
Appare, infatti, evidente come la questione posta attenga non ai limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo, ma unicamente a quelli interni e alla tipologia dei provvedimenti adottabili da quel giudice.
Invero, in sede di impugnazione delle decisioni dei Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione, le Sezioni unite della Corte di cassazione possono rilevare l'eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma il loro sindacato non può estendersi al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, in rapporto a quanto denunciato dalle parti, come nel caso di pretesa ultrapetizione, che concreta un error in procedendo (Cass., S.U., n. 9687 del 2013; Cass., S.U., 13433 del 2006).
7. In conclusione, sia il ricorso principale che quelli incidentali devono essere rigettati.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, atteso che l'unica parte costituita e non ricorrente - e cioè la Regione Sardegna - ha concluso in senso adesivo alle richieste del ricorrente principale.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale e della Provincia di Cagliari, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
Siffatta dichiarazione non deve essere effettuata con riferimento alla posizione della ricorrente amministrazione statale (Cass., S.U., n. 9938 del 2014).
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta i ricorsi.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della Provincia di Cagliari, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
30-12-2014 13:20
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