Detenuto con spiccata pericolosità sociale affetto da patologia cardiaca resta in carcere: negato il rinvio dell'esecuzione della pena. Non sussiste incompatibilità con il regime carcerario.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 luglio 2013 – 8 gennaio 2014, n. 550
Presidente Gaetanino – Relatore Alfredo
Fatto e diritto
1. Con ordinanza emessa il 23.3.2012 il tribunale di sorveglianza di Milano rigettava le richieste di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena ex art. 147, co. 1, n. 2, c.p., e di detenzione domiciliare, ex art. 47-ter, dell'ordinamento penitenziario, avanzate da P.P. , detenuto in esecuzione pena in virtù di due sentenze di condanna divenute definitive.
2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, il P. lamentando i vizi di cui all'art. 606, co. 1, lett. b), d) ed e), c.p.p., in relazione agli artt. 125, co. 3, c.p.p., 147, co. 1, n. 2), c.p., 47 ter, l. n. 354 del 1975, 665, co. 5, c.p.p.
2.1 Lamenta, in particolare, il ricorrente la manifesta illogicità del provvedimento impugnato, laddove, pur riconoscendo la gravità della patologia cui è affetto il P. ("paziente ad alto rischio con possibile evoluzione fatale"), conclude, sulla base degli esiti della perizia effettuata nel corso del procedimento da uno specialista cardiologo, per la compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario, esclusa, invece, dal contenuto della consulenza tecnica di parte, che ha evidenziato come le menzionate condizioni di salute del P. , affetto da una pluralità di gravi patologie, non adeguatamente curate in ambito carcerario, depongono, invece, per l'assoluta incompatibilità con lo stato detentivo.
Il tribunale ad avviso del ricorrente, non ha fornito una convincente interpretazione del significato di "grave infermità fisica" e di "malattia particolarmente grave", condizioni che giustificano il differimento dell'esecuzione della pena ovvero la detenzione domiciliare; e lo stesso dicasi per il contenuto della perizia, che deve valutare non tanto, come si è verificato nel caso in esame, la compatibilità tra detenzione e possibilità di cura o se il trasferimento da una struttura carceraria ad un'altra più attrezzata possa risolvere i problemi di salute del detenuto, ma solo la gravità della malattia, la sussistenza di un reale pericolo di vita o di compromissione irreversibile della salute del detenuto e la possibilità effettiva per quest'ultimo di fruire, al di fuori della struttura penitenziaria, di strumenti di cura diversi e più efficaci, idonei ad assicurargli un vero recupero.
3. Con requisitoria scritta depositata il 25.10.2012 il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nella persona del Dott. Alfredo Pompeo Viola, concludeva per l'inammissibilità del ricorso.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
5. Il ricorrente deduce, infatti, doglianze attinenti al merito, senza denunciare illogicità evidenti nella motivazione del provvedimento impugnato, ma limitandosi, in sostanza, a contrapporre ai risultati della perizia disposta d'ufficio, fatti propri dal tribunale di sorveglianza, le conclusioni cui è giunto il consulente di parte, che il giudice di merito ha, peraltro, specificamente preso in considerazione, giudicandole non decisive per l'accoglimento delle richieste difensive. Ed invero il tribunale di sorveglianza, con motivazione approfondita ed immune da vizi, ha spiegato le ragioni che militano a favore del prevalere delle esigenze connesse alla esecuzione della pena su quelle attinenti alla salute del condannato, incentrate sulla possibilità che le patologie da cui è affetto il P. siano "ampiamente" fronteggiate all'interno dell'ambiente carcerario, disponendo l'amministrazione penitenziaria di centri clinici specializzati in materia cardiologica, e sulla finalità special-preventiva della pena, particolarmente intensa nel caso in esame, in considerazione della spiccata pericolosità sociale del ricorrente, che ha "improntato la sua condotta di vita alla sistematica esecuzione di traffici di ingenti partite di materiali droganti, organizzando per la esecuzione dei traffici medesimi financo apposita associazione criminale gestita con caratteristiche di imprenditorialità", fatti per i quali egli ha riportato severe condanne. In tal modo il giudice di merito, conformandosi ai rilievi contenuti nella sentenza con cui il Supremo Collegio, in data 30.9.2011 annullava una precedente ordinanza di rigetto del medesimo tribunale di sorveglianza, ha puntualmente adempiuto al suo obbligo di motivazione sulla insussistenza dei presupposti per disporre il rinvio dell'esecuzione della pena ovvero la detenzione domiciliare.
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese dei procedimento e della somma di Euro 500,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.
09-01-2014 22:28
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