A seguito della pronuncia della Cassazione che enuncia un principio di diritto, il Giudice del rinvio ha l'obbligo di uniformarsi.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 dicembre 2013 – 16 gennaio 2014, n. 1760
Presidente Brusco – Relatore Blaiotta
Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Chieti ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine ai reati di cui agli articoli 81 cod. pen., 609 ter n. 2 e 609 quater cod. pen. in danno di persona minore nata il (omissis) , nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
La pronunzia è stata parzialmente confermata dalla Corte d'appello di Ancona. Essa ha escluso che i rapporti sessuali certamente intercorsi siano stati frutto di violenza o minaccia e che vi sia stato un legame diretto tra il consumo di sostanze alcoliche e gli atti sessuali. Il giudice di merito ha tuttavia ritenuto che gli atti sessuali abbiano avuto comunque luogo prima del compimento del 14 anno ed in presenza di affidamento della minore all'imputato, posto che la famiglia consentiva che la ragazza andasse ad aiutarlo nei lavori campestri. In conseguenza è stato ritenuto l'illecito di cui all'art. 609 quater e 609 septies, comma 4, n. 2, cod. pen.. La Corte ha ritenuto che la diversa qualificazione dei fatti non rechi violazione del diritto di difesa giacché la presenza della minore presso l'imputato col consenso dei genitori costituisce circostanza oggetto del processo sulla quale l'imputato ha avuto modo di interloquire e difendersi.
2. La pronunzia d'appello è stata oggetto di sentenza di annullamento con rinvio emessa da questa suprema Corte con sentenza del 20 dicembre 2011. La pronunzia censura severamente l'incompletezza dell'accertamento in fatto espresso in ambedue le pronunzie di merito. Si considera che non è stata chiarita la genesi della vicenda processuale; che non è stata determinata l'epoca dei fatti ed il contesto della loro verificazione; che non è stata stabilita l'età della giovane al momento delle prime attenzioni dell'imputato; che non sono state chiarite le modalità e le ragioni della frequentazione della minore con il ricorrente. Particolarmente carente viene ritenuto l'apprezzamento dei giudici a tale ultimo riguardo, non essendo stato chiarito quali fossero i termini temporali del cosiddetto affidamento, quale la posizione dei genitori quale l'accordo eventuale tra costoro ed il ricorrente. Tale carenza viene ritenuta particolarmente rimarchevole poiché la Corte d'appello non ha ritenuto l'esistenza di affidamento per ragioni di lavoro bensì di affidamento per custodia. Tale conclusione è stata raggiunta senza alcun esame delle diverse ipotesi previste dal numero due del quarto comma dell'art. 609 septies.
Infine per quanto concerne il tema del difetto di contestazione della circostanza in parola, decisiva ai fini della procedibilità in assenza di tempestiva querela, la Corte di legittimità rimarca che la sentenza impugnata omette di chiarire in quale contesto e con quale specifica modalità al ricorrente fu prospettata la circostanza dell'affidamento della minore o comunque furono contestate le circostanze di fatto su cui l'ipotesi di affidamento si fonda, posto che il riferimento non può essere costituito dalle dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente in sede dibattimentale. Si tratta di vizio motivazionale correttamente prospettato dal ricorrente.
Si è conseguentemente richiesto al giudice di rinvio di porre rimedio alle carenze motivazionali relative alla ricostruzione della vicenda processuale e del complessivo svolgimento dei fatti.
3. Nuovamente decidendo, la Corte d'appello di Perugia ha dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Chieti per difetto di correlazione tra contestazione e condanna ed ha disposto la restituzione degli atti a quel Tribunale per l'ulteriore corso.
La pronunzia rammenta che il primo giudice ha ritenuto la configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 609 septies, connessa all'affidamento della minore all'imputato per ragioni di lavoro, come dallo stesso imputato sostenuto in dibattimento. Tale punto di vista è stato confermato, sia pure solo in parte dalla Corte d'appello di L'Aquila, che ha ravvisato però affidamento non per motivi di lavoro ma di custodia.
Si aggiunge che il reato è perseguibile a querela mentre la perseguibilità d'ufficio è tra l'altro connessa all'affidamento del minore in casi espressamente elencati. L'accertamento di tale circostanza è quindi di decisivo rilievo ai fini della procedibilità.
In proposito la Corte d'appello dopo aver esaminato i fatti ed aver individuato i tratti di una protratta relazione sessuale iniziatasi all'età di circa 11 anni e proseguita fino ai 16 anni, esamina il tema della ridetta circostanza ed espone preliminarmente che l'imputato ha affermato in dibattimento che i genitori gli avevano affidato la bambina per farla lavorare di pomeriggio e che lui la pagava con danaro o comprando le ricariche per il telefono. Tali dichiarazioni non sono state ritenute sufficienti dalla Corte di cassazione ai fini della contestazione. Si aggiunge che le medesime circostanze sono state negate dalla madre della minore, la quale ha riferito di rapporti di vicinanza e di amicizie; ed ha aggiunto che la presenza della giovane presso l'uomo era frutto di una iniziativa spontanea della giovane che si concretizzava anche in qualche non meglio precisato lavoro. La Corte aggiunge che è indubbio che la bambina rimaneva presso l'appellante e che tale permanenza non era occasionale, sporadica ed implicava pertanto un affidamento quantomeno di fatto. Tale dato si desume dalla circostanza che la bambina si portava dall'imputato ogni pomeriggio in una situazione che per l'età implicava vigilanza e custodia specie quando realizzava piccole attività lavorativa. Tale affidamento rileva ai fini della configurabilità della circostanza in questione. Tuttavia non vi è mai stata contestazione al riguardo sicché non vi è possibilità di ritenere la ridetta circostanza arbitrariamente modificando la struttura della contestazione, attraverso l'inserimento di un dato fattuale che non è mai stato addebitato al C. e su cui la difesa dell'imputato doveva essere posta in grado di interloquire, di difendersi; mentre la stessa difesa è stata menomata anche per la diversità dei titoli concretizzanti che la suddetta circostanza nei due gradi di giudizio. Si conclude che la necessità di una contestazione della circostanza di cui all'art. 609 septies non può essere superata in alcun modo essendo in questione gli articoli 521 522 cod. proc pen. nonché l'art. 6 CEDU.
4. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo due motivi.
4.1 Con il primo motivo si rileva che l'art. 627 cod. proc pen. nel disciplinare il giudizio di rinvio dopo la sentenza di annullamento della Corte di cassazione impone che il giudice si uniformi alla sentenza adottata per ogni questione di diritto decisa. Il quarto comma aggiunge che nel giudizio di rinvio non possono rilevarsi nullità anche assoluta o inammissibilità verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle indagini preliminari. Il giudice di rinvio ha violato entrambe le disposizioni. Si rammenta che nella sua prima sentenza la Corte d'appello aveva risolto il problema della contestazione della circostanza nel senso che l'imputato era stato messo in grado di difendersi al riguardo indipendentemente dalla formulazione del capo d'imputazione. Al riguardo la Corte di cassazione ha rilevato vizio di motivazione sulla contestazione in fatto e non per ciò che attiene alla formale configurazione della contestazione. In conseguenza la Corte d'appello di Perugia in sede di rinvio non poteva ritenere in luogo dell'ipotizzato vizio motivazionale sulla contestazione in fatto, vizio di mancata contestazione formale. Tale ultimo vizio, se effettivamente sussistente, sarebbe stato rilevato dalla Corte di cassazione.
In ogni caso la Corte d'appello non poteva dichiarare la nullità per violazione degli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. ostandovi il tenore dell'art. 627 comma 4 cod. proc pen..
4.1 Con il secondo motivo, pur considerando assorbente il primo si censura la pronunzia d'appello in ordine alla ricostruzione del fatto proponendosi una lettura alternativa alla stregua di emergenze probatorie che vengono in proposito evocate. Alla stregua di tale ricostruzione si perviene tra l'altro alla conclusione che nessuna forma di affidamento della minore all'imputato si è mai concretizzata.
5. Il ricorso è fondato. Per quel che qui interessa, la Corte di legittimità aveva demandato alla Corte d'appello di accertare se vi fosse stata contestazione in fatto della circostanza dell'affidamento; se cioè la circostanza fosse emersa quale dato significativo del processo di guisa che l'imputato si fosse trovato nella condizione di difendersi. Il giudice del rinvio ha dato una netta risposta a tale quesito avendo ritenuto, come si è sopra esposto, che l'affidamento della minore sia emerso come dato indiscusso da tutte le fonti di prova, sebbene minimizzato dalla sola madre. La Corte d'appello, tuttavia, non ha tratto da tale accertamento la conseguenza necessaria alla stregua del dictum della pronunzia di legittimità, cioè la sostanziale regolarità della contestazione che chiudeva il discorso al riguardo. Ultroneamente essa ha posto mano al tema della contestazione formale, pervenendo alla conclusione che essa fosse necessaria e difettasse; sicché fa prima sentenza è stata annullata per difetto di contestazione e gli atti sono stati restituiti al P.M. Tale statuizione reca violazione dell'art. 627 cod. proc. pen. posto che non si è ottemperato ai principi enunciati nella indicata pronunzia di legittimità. La sentenza va dunque annullata con rinvio alla Corte d'appello di Firenze.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Firenze, per nuovo esame.
18-01-2014 15:55
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