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Sentenza

Vende un'autovettura usata e incassa 2.800 Euro senza avere in realtà la procura a vendere tale mezzo.
Vende un'autovettura usata e incassa 2.800 Euro senza avere in realtà la procura a vendere tale mezzo.
Autorità     Tribunale    Lucera 
Data:     15/11/2012 ud. 15/11/2012 
    Tribunale Lucera
    FATTO E DIRITTO

    All'esito dell'istruttoria dibattimentale, deve ritenersi dimostrata l'ipotesi d'accusa.

    Il M. è accusato del reato di truffa, a danno di T. A., in relazione alla compravendita di una autovettura.

    Secondo l'ipotesi di accusa, l'imputato avrebbe infatti proposto al T. l'acquisto di una autovettura usata, ricevendo la somma di 2.800,00 euro, senza avere in realtà la procura a vendere tale mezzo. Peraltro, si sostiene che ad un certo punto abbia anche consegnato alla persona offesa un assegno, risultato però privo di copertura per mancanza di fondi.

    Risulta agli atti un documento intestato "atto di vendita", datato 7.9.2010, e sottoscritto dal M. e dal T..

    In tale contratto, l'odierno imputato si dichiarava in possesso della procura a vendere l'auto Fiat 500, targata ..., e fissava il prezzo di vendita e restauro in euro 3.800,00. Sempre il M. riceveva in quella sede la somma di euro 2.800,00, di cui euro 800,00 in contanti ed euro 2.000,00 con assegno. La parte rimanente del denaro sarebbe stata erogata al momento della consegna dell'auto restaurata.

    Per parte sua, il T. rimaneva in possesso della sola carta di circolazione, senza il foglio complementare utile per il passaggio di proprietà dell'auto.

    Agli atti è poi presente la copia dell'assegno di euro 2.000,00, datato 30.7.2010, emesso all'ordine del M., e recante la firma di negoziazione dello stesso.

    Vi è poi la copia di un assegno emesso da M. G., all'ordine del T., dell'importo di euro 2.800,00, datato 30.10.2010. Tale assegno risulta però protestato dal Notaio D. T., in data 12.11.2010.

    Nel corso del dibattimento, la persona offesa ha spiegato che con il M., carrozziere, aveva trattato la compravendita di una Fiat 500 che si trovava presso la sua autocarrozzeria, per la somma di 3.800,00 euro (pag. 4).

    Ha confermato la dazione della somma di 2.800,00 euro, e ha chiarito che la parte residua non era stata poi consegnata perché era stata scoperta la truffa (5).

    Ha aggiunto che non aveva "preso mai niente", e che aveva richiesto i documenti. Nello stesso tempo ha dichiarato che l'odierno imputato gli aveva detto di avere la procura, "e che praticamente la macchina la poteva vendere, era sua" (5, 11).

    Nel corso della vicenda, gli era stato consegnato un libretto, che poi gli era stato tolto (5), e lui aveva saputo che l'auto non fosse del M. quando lo aveva denunciato, perché questi sosteneva che l'auto fosse la sua (6).

    Quanto alla reale proprietà del mezzo, il T. ha spiegato di aver saputo che fosse di un tale Raffaele (7), che quando era stato contattato da lui, aveva risposto che la macchina non era in vendita, ma che doveva essere solo restaurata (6), senza che vi fosse alcuna procura a vendere (7).

    A quel punto, il T. si era recato dal M. (che pure aveva temporeggiato: 13), al quale aveva chiesto la restituzione del denaro. Nella circostanza gli era stato fatto un assegno, del figlio dell'imputato, che però era risultato scoperto (7).

    Nel corso del controesame, il T. ha ulteriormente spiegato che l'assegno che aveva consegnato al M. (che ha riconosciuto nel corso della testimonianza) era stato emesso dalla madre, D. P. A. M. (9).

    Il teste C. R., figlio del proprietario dell'auto (A.: pag. 15), ha spiegato che il mezzo era stato consegnato, tramite il cognato (M. M.: pag. 18), al carrozziere M., per una ristrutturazione della carrozzeria (15, 16). Egli era stato contattato dal T., che gli aveva chiesto se fosse disponibile a vendere il mezzo, e gli aveva spiegato del tentativo di vendita che era stato effettuato a suo danno, sicché egli era andato a riprendersi l'auto (17).

    Per quanto di interesse, il teste C. ha negato che il padre avesse mai autorizzato la vendita dell'auto (19).

    Infine, il teste M. ha chiarito di aver portato l'auto presso il M. intorno al 2005 (22), perché si era rotto un pezzo di ammortizzatore, e che nell'occasione aveva detto di restaurarla, per l'importo concordato di 950,00 euro (23). Negli anni aveva corrisposto la somma di 1.150,00 euro, nel senso che di volta in volta l'odierno imputato gli aveva chiesto somme di denaro (23). Anche il M. ha negato di aver mai autorizzato la vendita dell'auto (23), e quanto al libretto ha dichiarato di averlo consegnato, in un momento che non ha ricordato, al M., perché questi glielo aveva chiesto adducendo un controllo della Guardia di Finanza (24), controllo che però era stato escluso da un Finanziere al quale il teste aveva chiesto notizie (24:ha detto "non ci sta nulla del genere da noi").

    Così ricostruite le emergenze processuali, non vi è dubbio in ordine alla piena integrazione del delitto contestato all'odierno imputato.

    Egli ha infatti usato chiare forme di raggiri, allorquando si è dichiarato al T. in possesso di una procura a vendere l'auto, che in realtà egli non aveva, e ha usato un artificio, allorquando a sostegno della propria legittimazione ha consegnato il libretto (che come si è visto aveva fatto in modo di ricevere ricorrendo ad un ulteriore artificio nei confronti del M.).

    In tal modo ha indotto in errore il T., che si è determinato, in conseguenza di tale errore, a consegnare al M. la somma complessiva di 2.800,00 euro.

    La manifestazione di volontà della persona offesa è stata di conseguenza non libera, ma viziata dalla condotta frodatoria dell'imputato.

    E nella vicenda il T. ha subito un danno patrimoniale, pari alla somma versata, che nello stesso tempo ha rappresentato l'ingiusto profitto dell'odierno imputato.

    E' allora pienamente integrato l'elemento oggettivo del delitto, perché vi sono stati artifici e raggiri, idonei ad indurre in errore la persona offesa, e così a lucrare un ingiusto profitto con altrui danno.

    Ed è pienamente integrato l'elemento soggettivo, perché l'intera condotta è stata non solo volontaria, ma tenuta nella piena consapevolezza della sua illiceità (non potendo sfuggire la valenza penale della stessa), ed anzi proprio al fine di conseguire l'ingiusto profitto a danno del T..

    D'altra parte, la restituzione della somma di denaro, a mezzo assegno rilasciato a firma del figlio dell'imputato, anch'essa non andata a buon fine per mancanza di fondi, testimonia con certezza la piena consapevolezza del reato in capo al M.. E' il caso di dire che la querela appare del tutto tempestiva. La consapevolezza di aver subito una truffa, infatti, non può essere ritenuta contestuale alla dazione del denaro da parte della persona offesa, in favore dell'imputato. Ne consegue che solo in seguito vi sia stata tale consapevolezza, e in particolare allorquando si è presa coscienza del fatto che la proprietà dell'auto non avrebbe mai potuto essere ceduta, ciò che è avvenuto in un momento successivo al 7.9.2010 (data di redazione dell'atto di vendita, quando con certezza il T. non aveva ancora cognizione della truffa, perché in tal caso non avrebbe sottoscritto tale atto). A partire dal 7.9.2010, la proposizione della querela risulta infatti tempestiva.

    In conclusione, l'imputato va dichiarato colpevole del reato a lui ascritto, pienamente integrato in tutti i suoi elementi costitutivi.

    All'imputato, tenuto conto dell'intensità del dolo, e della insidiosità della condotta, non possono essere concesse le attenuanti generiche.

    Quanto alla pena, l'esistenza di vari precedenti a suo carico rende equa la sua determinazione in anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa (pena base mesi nove di reclusione ed euro 300,00 di multa, aumentata alla misura indicata per la recidiva).

    I precedenti penali impediscono la concessione della sospensione condizionale della pena.

    Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    visti ed applicati gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara M. M. colpevole del reato a lui ascritto, e tenuto conto della contestata recidiva lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa nonché al pagamento delle spese processuali.

    Lucera, 15.11.2012

    Il Giudice

    M. NARDELLI
Avv. Antonino Sugamele

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