Variazioni economiche inferiori alle soglie di punibilità: il fatto non sussiste.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 gennaio – 6 maggio 2013, n. 19307
Presidente Ferrua – Relatore De Marzo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 03/10/2011 la Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza del 25/02/2004 del Tribunale di Milano, con il quale R..B. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere, quale amministratore delegato della Reflex s.p.a., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Milano del 05/05/1999, cagionato o comunque concorso a cagionare il dissesto della società: a) omettendo l'indicazione nei conti d'ordine di fideiussioni e altre garanzie personali; b) omettendo congrue appostazioni nel fondo rischi, dopo che la società Marit Gmbh, nell'interesse della quale erano state emesse le garanzie di cui sopra, era entrata in gravissima crisi finanziaria; e) non operando una svalutazione, se non l'azzeramento, del valore della partecipazione in tale società ed operando, al contrario, una illegittima rivalutazione del valore della partecipazione suddetta (art. 223, comma secondo l. fall., in relazione all'art. 2621, n. 1, cod. civ.; con l'aggravante di avere cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità).
2. La Corte territoriale, richiamate le valutazioni espresse dal Tribunale in ordine alle risultanze dibattimentali, ha ritenuto che l'occultamento dei dati reali di bilancio aveva consentito di operare una spogliazione graduale, ma inesorabile del patrimonio sociale, attraverso un aumento smisurato dell'esposizione debitoria soprattutto verso gli Istituti di credito che aveva condotto la società all'insolvenza.
3. Nell'interesse del B. è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due articolati motivi.
3.1. Con il primo motivo, si denuncia la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato contestato.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen. e la scelta della Corte territoriale di sovrapporre la propria valutazione di inadeguatezza dell'importo risarcitorio rispetto a quella del giudice fallimentare nonché la carenza e illogicità della motivazione in relazione all'invocato giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche rispetto all'aggravante contestata.
Considerato in diritto
1. Osserva la Corte che il capo di imputazione, nonostante la modifica operata all'udienza del 04/10/2002, non da conto del superamento delle soglie di punibilità previste dal terzo comma dell'art. 2621 cod. civ..
Al riguardo, deve ribadirsi che la Corte di cassazione, in caso di abolizione parziale della fattispecie incriminatrice, deve avere riguardo al fatto contestato e accertato in sede di merito, al fine di verificare se gli elementi che caratterizzino innovativamente e in termini più restrittivi l'ipotesi di reato siano abbiano o non formato oggetto dell'accertamento giudiziale. Qualora ciò non sia accaduto, la Corte di cassazione si trova in presenza di un fatto che, per come è stato accertato dal giudice di merito, rientra nell'ambito dell'abolizione (Sez. U, n. 2S887 del 26/03/2003, Giordano, Rv. 224606); pertanto, non può che trame le conseguenze imposte dagli artt. 129 cod. proc. pen..
L'accertamento operato dalla sentenza impugnata non presenta elementi dai quali possa desumersi che le false comunicazioni sociali commesse abbiano comportato il superamento delle soglie previste dalla nuova disposizione e perciò deve pronunciarsi l'annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
09-05-2013 17:35
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