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Sentenza

Una precaria invia una lettera aperta ad un giornale con durissime critiche alla cooperativa dove lavorava. Non c'è diffamazione la lettera va contestualizzata al momento delle agitazioni per le scelte aziendali.
Una precaria invia una lettera aperta ad un giornale con durissime critiche alla cooperativa dove lavorava. Non c'è diffamazione la lettera va contestualizzata al momento delle agitazioni per le scelte aziendali.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 aprile – 20 giugno 2013, n. 15443
Presidente Berruti – Relatore Carleo

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 8 novembre 1999 la Coop Estense s.c.r.l. conveniva in giudizio A.M. e la Finegil Editoriale Spa davanti al Tribunale di Mantova e, premettendo di operare nel settore della grande distribuzione gestendo numerosi ipermercati e supermercati in Emilia Romagna ed in Puglia, esponeva che, nell'edizione del 20 giugno 1999 del quotidiano locale “La Gazzetta di Modena”, sotto il titolo principale “Non tutto oro ciò che è Coop se hai un contratto a termine” e quello secondario di “Clima di paura tra i precari”, in forma di lettera pervenuta alla redazione, era stato pubblicato uno scritto dalla connotazione diffamatoria. Ciò premesso chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni nella somma di lire 500.000.000, oltre alla riparazione pecuniaria di cui all'art. 12 legge n. 47/1948 ed alla pubblicazione della sentenza. In esito al giudizio, in cui si costituivano i convenuti contestando la pretesa attrice, il Tribunale adito respingeva la domanda compensando le spese. Avverso tale decisione la Coop Estense proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituivamo gli appellati resistendo al gravame, la Corte di Appello di Brescia con sentenza depositata in data 7 settembre 2006 condannava A.M., quale direttore responsabile, e la Finegil Editoriale, quale editrice, in solido al risarcimento dei danni in favore dell'appellante nella misura di € 25.000,00 oltre interessi legali dal 20 giugno 1999 sul capitale via via, rivalutato assumendo a valore iniziale quello di € 21.477,66; ordinava la pubblicazione per estratto della sentenza sul periodico “il Consumatore” e sul quotidiano “Il resto del Carlino”; condannava gli appellati in solido alla rifusione delle spese dei due gradi di merito. Avverso la detta sentenza i soccombenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Resiste con controricorso la Coop Estense. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con l'unica doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 51 cp in relazione all'ipotesi di diffamazione a mezzo stampa, i ricorrenti deducono che la Corte di Appello avrebbe erroneamente attribuito una valenza diffamatoria al contenuto della lettera, inviata da un'ex dipendente della Coop Estense, pubblicata nell'edizione del 20 giugno 1999 del quotidiano locale “La Gazzetta di Modena”.
Il giudice di merito, invero, avrebbe trascurato in primo luogo che la missiva era stata riportata nelle pagine dedicate alle agitazioni sindacali, le quali nel giugno 1999 avevano interessato tutto il settore del commercio, ed, in secondo luogo, che il diritto di critica sindacale può essere esercitato anche con toni aspri purché la critica non si risolva - e nella specie, ciò non era accaduto - in un attacco personale, diretto ad incidere nella sfera privata del soggetto offeso, oppure in una contumelia lesiva dell'onorabilità dell'avversario.
La doglianza è fondata e merita accoglimento.
Al riguardo, torna opportuno premettere che le ragioni della decisione impugnata si fondano essenzialmente sulla considerazione che il titolo principale dell'articolo “Non tutto oro ciò che è Coop se hai un contratto a termine” e quello secondario di “Clima di paura tra i precari” conferirebbero all'articolo nel suo complesso una valenza diffamatoria. In particolare, il titolo principale creerebbe all'esterno l'immagine di un'azienda che, pur professando ideali mutualistici, sarebbe tesa allo sfruttamento dei dipendenti aventi rapporti di lavoro precario; il titolo secondario indurrebbe ad ipotizzare un uso spregiudicato dei contratti a termine da parte della Cooperativa.
Inoltre, l'espressione “ricatti morali” - che l'autrice della lettera nel corpo della stessa assume essere stati perpetrati a suoi danni con l'uso di frasi “Non vuoi fare: il cambio di orario? Ma lo sai che ti scade il contratto tra un po'? Vuoi le ferie? Lo sai che ti scade il contratto?, oltre ad essere di per sé spregiativa e diffamatoria, farebbe pensare all'uso disinvolto di uno strumento di pressione derivante dalla precarietà del rapporto di lavoro.
Gli argomenti, posti dalla Corte di merito, a base della decisione, non meritano di essere condivisi. A riguardo, come è stato evidenziato in ricorso, deve rilevarsi che la Corte di merito ha tralasciato di prendere in considerazione un aspetto della vicenda, di non poco conto, costituito dal fatto che la
lettera, datata 19 giugno 1999, era stata pubblicata nell'ambito delle pagine dedicate alle agitazioni sindacali che in quel periodo (giugno 1999) investivano tutto il settore del commercio cittadino.
La lettera infatti proveniva da un'ex dipendente di una Cooperativa (la Coop Estense), la quale - peraltro con un tono accorato che ne rivelava soprattutto la delusione, senza trascendere in offese sul piano personale nei confronti dei dirigenti e senza formulare accuse che non fossero strettamente attinenti alla sua situazione di lavoratrice precaria - descriveva la sua infelice esperienza lavorativa presso la Cooperativa.
Tale circostanza, peraltro, veniva opportunamente evidenziata nell'“occhiello” dell'articolo con l'espressione “una lettera segnala i problemi che vivono i lavoratori del settore”.
Ora, la premessa svolta appare utile nella misura in cui serve a sottolineare che la lettera in questione era di straordinaria attualità nel momento storico, in cui fu pubblicata, essendo per l'appunto in corso una specifica inchiesta giornalistica relativa alle agitazioni sindacali in atto. Ed invero, la qualità dei soggetti coinvolti, il contenuto della lettera ed il generale contesto di conflittualità sindacale, in cui la missiva inviata si inseriva, offrivano indiscutibili profili di interesse pubblico all'informazione, tali da far prevalere il diritto di informare del giornalista sulla posizione soggettiva dei singoli datori di lavoro.
Del resto, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, qualora la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell'autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere condotta sulla base di criteri solo formali, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita (art. 21 Cost.); bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica all'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto, che costituisce, assieme alla continenza, requisito per l'esimente dell'esercizio del diritto di critica (Cass n.25/2009).
Giova aggiungere che, in materia, non sussiste una generica prevalenza del diritto all'onore sul diritto di critica, in quanto ogni critica: alla persona può incidere sulla sua reputazione; del resto, negare il diritto di critica solo perché lesivo della reputazione di taluno significherebbe negare il diritto di libera manifestazione del pensiero. Pertanto, il diritto di critica può essere esercitato anche
mediante espressioni lesive della reputazione altrui, purché esse siano strumento di manifestazione di un ragionato dissenso e non si risolvano in una gratuita aggressione distruttiva dell'onore (Cass. n.4545/2012, n.12420/08).
Ne consegue che in applicazione di questo principio il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata.
Con l'ulteriore conseguenza che, non essendo necessari, ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto dell'appello proposto dalla Cooperativa Estense Soc. Coop a r.l.. L'alternarsi delle decisioni di merito, evidenziando l'obbiettiva controvertibilità della questione trattata, giustifica la compensazione delle spese, riguardo ai due gradi di merito. Le spese del giudizio di legittimità seguono invece la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta la domanda proposta dalla Cooperativa Estense Soc. Coop a r.l. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore di ciascuno dei ricorrenti in complessivi € 4.700,00 di cui € 4.500,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed € 200,00 per esborsi, oltre il contributo unificato.
Avv. Antonino Sugamele

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