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Sentenza

Sindaco agli arresti domiciliari per essere accusato di due episodi a luci rosse nei quali alcune donne avrebbero accettato di prestare servizi sessuali a fronte di benefici di natura economica.
Sindaco agli arresti domiciliari per essere accusato di due episodi a luci rosse nei quali alcune donne avrebbero accettato di prestare servizi sessuali a fronte di benefici di natura economica.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 ottobre - 6 novembre 2013, n. 44720
Presidente Garribba – Relatore Petruzzellis

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 27/05/2013 il Tribunale di Salerno ha accolto parzialmente il riesame proposto nell'interesse di S.G. avverso il provvedimento con il quale il Gip di quel Tribunale ne aveva disposto la sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari, limitando l'efficacia della misura alle contestazioni di concussione di cui ai capi g) ed h), ed escludendola per le residue imputazioni dello stesso tenore di cui ai capi i) ed l), relative ad episodi commessi in danno di due donne residenti nel Comune di cui il S. era sindaco che, versando pacificamente in condizioni economiche precarie, risultavano aver acceduto alle richieste sessuali del primo cittadino in quanto indotte, in tesi d'accusa, dalla prospettazione di un interessamento di questi alla loro situazione.
Nel provvedimento impugnato si valuta il risultato delle intercettazioni ambientali per desumere l'impossibilità di attribuire ad un'azione di pressione svolta dal sindaco, ancorché blanda, l'adesione delle due parti lese alle sue richieste, pressione che si individua quale elemento essenziale del reato di concussione contestato.
2. Ha proposto ricorso il P.m. presso il Tribunale di Salerno deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per omessa valutazione e travisamento di prove decisive. Si evidenzia in argomento la completa omissione delle valutazione delle dichiarazioni rese dalle parti offese sugli episodi, malgrado esse contengano specifiche ricostruzioni sul meccanismo induttivo, nell'ufficio del sindaco, nell'ambito del quale risultava evidente il ruolo decisivo assunto dalla posizione dominante del primo cittadino e la situazione subordinata delle donne, pressate dal loro oggettivo stato di bisogno. A conferma di tale chiave di lettura si richiama il riferimento operato dalle parti lese al sinallagma tra la loro condizione e le richieste formulate nei loro confronti dal S. .
Il vizio dedotto è evidenziato anche dalla mancata argomentazione nel provvedimento impugnato in ordine alla inattendibilità delle parti lese, che risulta riconosciuta in maniera implicita dalla mancata valutazione delle loro dichiarazioni, malgrado non sussista alcun elemento idoneo a far ritenere la presenza di motivi di rancore o di interesse da parte delle dichiaranti nel formulare false accuse.
Si deduce inoltre un travisamento delle prove desumibili delle intercettazioni, di cui è stato valutato il contenuto testuale non il contesto ambientale, né le allusioni, le suggestioni tacite, gli ammiccamenti o i silenzi, elementi che invece concorrono nel tratteggiare l'effettiva portata del messaggio formulato all'indirizzo delle donne, né è stato considerato il contesto nel quale le conversazioni si inseriscono, posto che nel caso della D.C. si parla dell'appalto a cui lei ambiva prima del rapporto sessuale, e subito dopo, ad iniziativa dell'interessato, si riprende l'argomento, mentre la donna fa riferimento al contributo comunale per l'affitto a cui mirava; analogamente nel caso della L. il sindaco, prima della consumazione del rapporto, fa riferimento ad eventuali possibilità del lavoro che determinano la donna, dopo iniziale resistenza, a cedere alle richieste formulategli.
Su tali basi, richiamata la possibilità di dedurre travisamento della prova anche nel giudizio incidentale cautelare, in ragione del richiamo generico operato dall'art. 606 lett. e) cod.proc.pen., si sollecita l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. I difensori di S. hanno depositato memoria nella quale si eccepisce l'inammissibilità dell'impugnazione per genericità, e si contesta la lamentata omissione argomentativa in ordine alle dichiarazioni rese dalle parti offese, che invece risultano compiutamente analizzate dal Tribunale.
Si esclude inoltre che il provvedimento impugnato contenga una valutazione di maggiore attendibilità delle intercettazioni rispetto alle deposizioni rese, e si rivendica la rilevanza del constatato contrasto tra le risultanze al fine di escludere la gravità indiziaria, oltre che il lamentato travisamento della prova, escluso dal chiaro richiamo letterale, contenuto nel provvedimento impugnato, alle affermazioni delle parti lese; si ravvisa nel motivo di ricorso la denuncia del travisamento del fatto, con prospettazione di lettura alternativa, preclusa a questa fase del giudizio.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
2. Deve preliminarmente escludersi l'eccepita inammissibilità dell'impugnazione, che al contrario, risulta formulata con specifico riguardo alla contestazione dello sviluppo argomentativo della pronuncia, secondo quanto previsto dall'art. 606 lett. e) cod. proc. pen. ed all'individuazione degli indizi della fattispecie di reato contestato, e volta a contestare la completezza e logicità dell'esposizione dei suoi elementi costitutivi, sulla base del complesso degli elementi in atti.
Si deve dare atto alla difesa che nel provvedimento non è assente la valutazione delle dichiarazioni rese dalle parti lese, contrariamente a quanto espresso in ricorso, ma sicuramente tale valutazione è avvenuta muovendo da un presupposto di inattendibilità delle dichiarazioni, ritenendo di individuare nelle intercettazioni ambientali una smentita a quanto ricostruito.
Con riferimento alla specifica fattispecie di cui all'art. 317 cod. pen. ricordarsi che gli estremi caratterizzanti del reato sono individuati, anche nella giurisprudenza più restrittiva di questa Corte, nella presenza di una situazione di fatto in cui sia possibile collegare, a fonte di un abuso della qualità o dei suoi poteri realizzato dal pubblico ufficiale, la minaccia di un male indeterminato, idonea a coartare la volontà del privato, minaccia che proprio per la sussistenza di un alterato rapporto di forze tra pubblico e privato, non necessariamente deve essere esplicita, ben potendo desumersi dal complessivo comportamento del pubblico ufficiale. La rilevanza della maggiore potenzialità costrittiva implicita nell'esercizio della qualifica rivestita è stata evidenziata anche di sede di discussione della novella legislativa in materia, ove si è giustificata la mancata previsione della concussione compiuta dall'incaricato di pubblico servizio proprio in conseguenza della minore potenzialità invasiva dei poteri a lui attribuiti; ciò impone un'analitica valutazione dell'esercizio di tali funzioni nella specifica condotta ascrivibile al pubblico ufficiale.
Nell'accertamento della gravità indiziaria il giudice di merito è quindi chiamato a valutare rigorosamente le condizioni di fatto, al fine di accertare se, dagli elementi desumibili dalle indagini, tale illecita pressione possa escludersi, condizione che, nella situazione in atto, si potrebbe verificare solo ove fosse possibile accertare l'adesione volontaria delle donne agli atti sessuali, del tutto indipendente rispetto alla funzione rivestita.
Nella specie il giudice di merito non risulta aver effettuato sul punto una compiuta e coerente valutazione in argomento.
Non si è considerato, preliminarmente, che le circostanze di fatto registrate nelle intercettazioni ambientali risultano singolarmente identiche nei due episodi oggetto di contestazione, poiché in entrambi i casi è dato ravvisare la presenza di una donna nell'ufficio del sindaco, ciascuna portatrice di un interesse di natura economica che poteva essere soddisfatto con l'esercizio di attività discrezionale da parte del primo cittadino, che si sono prestate ad accedere alle richieste di natura sessuale del loro interlocutore, appagate nello stesso luogo in cui la pubblica funzione si esercitava. Ulteriore connotato comune è la circostanza, percepibile dalla ricostruzione contenuta nella stessa ordinanza impugnata, che nei due episodi, immediatamente prima e dopo il rapporto, le donne si intrattengono a parlare con il pubblico ufficiale di argomenti connessi alle loro aspettative.
In tale contesto ben avrebbe potuto escludersi, sulla base di elementi concreti, qualsiasi possibilità di equivoca pressione, ove fossero stati posti in evidenza elementi di fatto quale l'abituale frequentazione confidenziale, anche solo a carattere sessuale, tra le parti, la completa autonomia tra tali effusioni e le richieste formulate, o qualsiasi ulteriore elemento idoneo a recidere la connessione che la contestualità delle condotte, ricavabile dalle registrazioni richiamate, poteva suggerire.
In senso opposto nel provvedimento impugnato, ove si esclude la sussistenza degli indizi del reato, si evidenziano a tal fine situazioni di fatto scarsamente significative.
Del tutto irrilevante in proposito è sottolineare che le parti si conoscevano da una vita e che il sindaco era al corrente di tutta la storia personale della D.C. , poiché tale condizione, in assenza di un rapporto sessuale pienamente accettato dalla donna, può al più agevolare l'esercizio del rapporto di forza connaturato al reato ipotizzato, in quanto la consapevolezza della difficoltà della donna, in uno con la titolarità di una posizione istituzionale che astrattamente permetteva un intervento risolutivo, era idonea a suggerire alla richiedente l'intervento pubblico, anche in assenza di uno specifico esercizio di coartazione, di mantenere un atteggiamento non oppositivo, anche al mero fine di non vedersi disconoscere la soddisfazione del proprio diritto.
In tale situazione di asimmetria delle posizioni delle parti non era necessario, al fine della configurazione astratta della coartazione, che il sindaco si esprimesse in maniera esplicita sulle richieste poste in alternativa, né per la donna attendere di subire un riferimento esplicito alla sinallagmaticità dell'azione richiesta, in quanto il contesto del discorso, e la stessa circostanza della formulazione di proposte di natura sessuale nell'ufficio del sindaco, al di fuori di una relazione personale di pregressa di intimità, era suscettibile di dar conto, sopratutto nella fase dell'accertamento in atto, della connessione tra le due azioni.
In tal senso quindi gli elementi di fatto evocati, non risultano idonei ad escludere gli indizi del reato ritenuto, così come insignificante a tal fine è evidenziare il ritorno della donna in ulteriore occasione, nell'ufficio del sindaco, posto che, ipotizzando la possibilità della presenza di una correlazione tra l'esercizio di un diritto e la prestazione sessuale, quest'ultima non cessa di essere coartata ove uno dei due protagonisti vi acceda in quanto consapevole dell'ineluttabilità di tale condiscendenza, rispetto a quanto si voglia ottenere dall'ente pubblico, rappresentato dal pubblico ufficiale.
I dati di fatto evidenziati nel provvedimento non risultano idonei ad escludere la ricorrenza dell'ipotesi delittuosa prospettata.
3. Analogamente, ed in maniera ancora più evidente, deve concludersi nel caso del rapporto richiesto alla L. . Anche per tale fattispecie nel provvedimento impugnato si citano i rapporti personali tra le parti, che si danno del tu, volendone inferire un indebolimento della tesi d'accusa, che, per quanto già esposto, risulta non conferente.
Né risulta dirimente in tal senso la circostanza posta in luce nel provvedimento, sulla base della quale si assume la mancata formulazione letterale di una minaccia, considerato che, contestualmente, si da conto che la donna ebbe immediatamente ad esporre i suoi problemi lavorativi, spingendosi addirittura a dire, nell'opporre una, sia pur timida, resistenza alle avances, che temeva rappresaglie, così esplicitando che aveva colto tutta la pericolosità di una possibile opposizione, pur nella mancata esposizione di esplicite prospettazioni alternative. Né una tale oggettiva condizione di disparità può essere esclusa dalle rassicurazioni formali offerte dall'agente in quella occasione sulla mancanza di uno spirito vendicativo, poiché, più che le espressioni verbali, quel che rileva è la persistenza del potere decisionale in capo all'amministratore e conseguentemente, la sostanziale sottomissione dell'amministrata a tale alternativa.
Anche nel caso della L. nell'ordinanza del Tribunale, per escludere la coartazione della volontà, viene attribuito rilievo alla circostanza che la donna sia tornata nell'ufficio a sollecitare un intervento, o alla mancata resistenza della medesima, all'atto in cui si percepisce il compimento di atti sessuali da parte di S. , poiché nelle condizioni di disparità date, essendo quanto meno sospettato dalla donna che l'accesso all'esercizio del proprio diritto dovesse risultare condizionato alla disponibilità alla consumazione di atti sessuali, la mancata opposizione da parte sua o la nuova sottoposizione a potenziali richieste, non è univocamente dimostrativa del libero consenso, potendo la formazione della volontà essere condizionata dalla connessione causale percepita.
Le condizioni di fatto accertate dal Tribunale possono al più aver indotto la donna a sottoporsi, senza nuove esplicite richieste, al rischio di nuove avances, ma se l'alternativa postale per ottenere l'intervento pubblico di cui aveva bisogno era quella di accondiscendere a tali istanze, la sua adesione non dimostra l'esclusione della coartazione, ove questa non si ricavi da ulteriori elementi che non risultano posti in luce nel provvedimento impugnato.
4. In entrambi i casi, incongruamente, l'ordinanza sembra suggerire una mancanza di serenità soggettiva delle donne, all'atto in cui aderiscono alle richieste loro rivolte, omettendo la considerazione che nelle situazioni date - stato di bisogno, presenza in luogo pubblico, sottoposizione al potere decisionale del pubblico ufficiale - tutte di natura oggettiva e dunque percepibili dall'agente, ed anche direttamente percepite, nel caso di L. , per l'espresso riferimento operato dalla donna al rischio di vendette, non può parlarsi di una condizione soggettiva della parte offesa, e dell'irrilevanza giuridica della comprensione di tale stato da parte del pubblico ufficiale. Proprio nella descritta situazione può cogliersi l'abuso di funzione o di potere che caratterizza l'azione contestata, per la cui consumazione l'esplicitazione di minacce non è l'unica modalità attuativa della condotta, potendosi questa realizzare anche per fatti concludenti, come mostra di cogliere la L. , con il riferimento espresso, all'inizio delle effusioni, a possibili vendette da parte del soggetto più forte, detentore di un potere di incidenza nelle sue condizioni di vita.
5. In entrambi i casi il Tribunale, pur richiamando le dichiarazioni rese dalle due donne alla p.g., ne svaluta indirettamente la portata dimostrativa, per effetto della loro tardività rispetto al disvelamento della situazione ricavabile dall'audizione delle intercettazioni, ancora una volta svalutando l'effetto condizionante delle determinazioni assunte in quelle circostanze, costituito dall'esercizio del potere pubblico da parte del S. .
Data per accertata, da un canto, la presenza di istanze delle donne nei confronti del Sindaco, e l'esercizio di un potere condizionante da parte di questi, non appare astrattamente ricostruibile il rapporto in termini paritari in conseguenza del contestato consenso, alle richieste improprie, poiché la circostanza nulla dimostra sulla libertà della determinazione delle donne.
Peraltro il dovere di denuncia che sembra evocare il giudicante non appare ragionevolmente prospettabile come indefettibile, data la delicatezza della situazione, neppure in ipotesi di cessazione dell'esercizio del potere pubblico da parte del primo cittadino, e conseguentemente risulta ancor meno profilabile nella specie,ove la carica era ancora in atto, e non emerge che nessuna delle due donne avesse raggiunto lo scopo. Conseguentemente l'implicita svalutazione del portato delle dichiarazioni, per difetto di spontaneità, non risulta giustificata dalla situazione emergente dagli accertamenti disposti.
6. Per i motivi esposti deve disporsi l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale territoriale per nuova determinazione sul punto.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Salerno.
Avv. Antonino Sugamele

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