Se la mamma (tossicodipendente) pensa solo alla secondogenita ed i nonni non sono idonei per l'affidamento il minore è adottabile.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 gennaio – 10 aprile 2013, n. 8689
Presidente Rordorf – Relatore Cristiano
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 17.7.2009, dichiarò lo stato di adottabilità di S.D..N. , nato dall'unione di R..M. e di A..N. e collocato sin dalla nascita presso una struttura assistenziale, evidenziando l'inadeguatezza di entrambi i genitori, affetti da gravi problemi di tossicodipendenza, a prendersi cura del figlio, nonché l'inidoneità dei nonni materni, Ca..Ma. e G..M. , ad elaborare un progetto alternativo di tutela del minore.
Gli appelli contro la decisione, proposti sia dai genitori sia dai nonni materni del minore, furono respinti dalla Corte d'Appello di Firenze.
La sentenza d'appello fu però cassata da questa Corte, che, accogliendo alcuni dei motivi del ricorso principale di N.A. e di quello incidentale di R..M. , di G..M. e di Ca..Ma. , rilevò un vizio di motivazione della decisione impugnata, in quanto le domande di affidamento di S.D. ai nonni materni erano state respinte, escludendo che fra questi ed il minore si fossero creati legami significativi, senza considerare che, poiché lo stato di abbandono del piccolo si era determinato sin dalla nascita, andava valutata, più che l'esistenza di tali legami, la disponibilità manifestata dai nonni ad instaurarli, prendendosi cura del nipote.
Il giudizio di rinvio è stato definito con sentenza del 6.10.011 della corte fiorentina, che ha nuovamente respinto gli appelli.
La corte di merito ha in primo luogo ritenuto ammissibile la domanda, proposta in sede di rinvio da tutti i ricorrenti in cassazione, di revoca dello stato di adottabilità del minore in vista del suo affidamento alla madre, che vi aveva rinunciato nel corso del giudizio; ha rilevato che tale domanda non poteva ritenersi preclusa dal giudicato interno formatosi sulla pronuncia di rigetto, attesa la prevalenza degli interessi di natura pubblicistica connessi all'affidamento della prole che impongono anche al giudice del rinvio di accertare, attraverso indagini d'ufficio, la sopravvenienza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dello stato di abbandono.
Ha tuttavia osservato, nel merito, che i fatti sopravvenuti di cui tener conto non potevano essere solo quelli riguardanti la vita della madre, e che non potevano essere trascurati gli avvenimenti intervenuti a formare la vita del minore, il quale, dopo essere rimasto per circa tre anni e mezzo in un istituto, era stato affidato ad una famiglia preadottiva dove riceveva accoglienza e affetto e dove, secondo quanto riferito nelle relazioni dei servizi sociali, si era perfettamente inserito, stringendo con la coppia affidataria legami di tipo parentale, senza mai manifestare segnali di disagio o di sofferenza.
Ciò premesso, il giudice del rinvio, pur dando atto che M.R. sembrava essere finalmente uscita dal tunnel della tossicodipendenza e che aveva ricostituito il nucleo familiare col padre del minore, divenuto nel frattempo suo marito, dal quale aveva avuto una seconda bambina, ha escluso che da tali circostanze potesse ricavarsi la prova della capacità genitoriale della donna nei confronti del primogenito, che ella aveva visitato per l'ultima volta in istituto nel (OMISSIS) e che aveva definitivamente abbandonato proprio in coincidenza con la ricomposizione della sua unione col compagno, in vista della nascita della secondogenita; ha infine sottolineato come un eventuale recupero tardivo di tale capacità, che era stato atteso vanamente per lungo tempo, tanto da ritardare il progetto di affidamento eterofamiliare di S.D. , non poteva determinare un'inversione del destino di questi, già positivamente avviato verso l'adozione.
Ha quindi rilevato come tali considerazioni dovessero, a maggior ragione, fondare il rigetto della domanda di revoca dello stato di adottabilità del minore in vista del suo affidamento ai nonni.
Ha infine ribadito, sulla scorta di un più approfondito esame dei fatti già emersi all'epoca della nascita di S.D. , che doveva escludersi che, a tale epoca, i nonni materni potessero essere ritenuti idonei all'affidamento.
La sentenza è stata impugnata dai coniugi M. e dalla figlia M.R. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui A..M. ha prestato adesione con controricorso.
Il curatore speciale del minore, avv. E..Z. , ed il P.G. della Repubblica presso la Corte d'Appello di Firenze non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo Ca..Ma. , G..M. e R..M. denunciano violazione dell'art. 384 c.p.c.. Rilevano in premessa che questa Corte, nella sentenza rescindente, aveva escluso lo stato di abbandono del piccolo S.D. , dal momento che i nonni ne avevano richiesto l'affidamento a pochi giorni dalla nascita, e che il giudizio di rinvio doveva avere ad oggetto l'accertamento o meno dell'idoneità dei parenti del minore, ivi compresi i suoi genitori, a prendersi cura di lui "in relazione a tutti i fatti sopravvenuti nel corso del procedimento". Ciò precisato, i ricorrenti sostengono che la corte fiorentina avrebbe disatteso tale disposizione ed avrebbe assunto la propria decisione utilizzando soltanto fatti pregressi, senza esaminare quelli sopravvenuti e senza valutare la situazione attuale. Osservano in proposito che il giudice del merito ha inspiegabilmente ritenuto che R..M. possa essere una buona madre per la secondogenita, ma non per S.D. , per il solo fatto di non esserlo stata in passato; rimproverano poi alla corte territoriale di aver omesso di seguire lo schema argomentativo tracciato da questa Corte che, in relazione alla posizione dei nonni, imponeva di verificare: 1) il sopravvenuto venir meno delle ragioni che avevano impedito in precedenza che il minore fosse loro affidato; 2) l'impegno da essi complessivamente posto nel cercare di instaurare rapporti significativi col nipote; 3) la loro disponibilità e la loro idoneità attuale a prendersi cura del piccolo; assumono, in relazione a tale ultimo punto, che il giudice del rinvio, nell'affermare che i nonni si sarebbero dovuti attivare ancor prima della nascita del nipote e che la presentazione da parte loro della domanda di affidamento non sarebbe stato atto sufficientemente indicativo di una forte volontà in tal senso, avrebbe violato il principio di diritto enunciato nella sentenza rescindente, secondo cui la richiesta di affidamento presentata dai parenti entro un termine ragionevolmente breve dalla nascita vale di per sé ad escludere lo stato di abbandono (salvo, ovviamente, il giudizio sull'idoneità dei richiedenti a prendersi cura del minore).
Il motivo è infondato.
Va in primo luogo rilevato che, contrariamente a quanto in esso si sostiene, questa corte aveva demandato al giudice del rinvio di accertare unicamente se ricorressero le condizioni per l'affidamento di S.D. ai nonni materni. La sentenza rescindente aveva infatti respinto i motivi di censura con i quali, nel precedente ricorso, i genitori del minore lamentavano la mancata valutazione dei fatti idonei a dimostrare la loro sopravvenuta capacità di prendersi cura del figlio, in base all'argomento, già addotto dalla corte territoriale e ritenuto fondato ed assorbente, che gli stessi ricorrenti, nelle conclusioni assunte in appello, avevano chiesto che il piccolo venisse affidato ai nonni materni, in tal modo riconoscendo la propria attuale inidoneità genitoriale (così la sentenza, alla pag.11, righi 4 e segg.).
La corte fiorentina ha ritenuto, ciò nonostante, di poter esaminare la domanda di affidamento proposta da R..M. in sede di giudizio di rinvio, escludendo che essa dovesse ritenersi preclusa dal vincolo formale costituito dal giudicato, attesa la natura del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità che impone al giudice, nel superiore interesse del minore, di accertare in ogni momento la sopravvenienza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dello stato di abbandono. Ma, una volta ammesso che il giudice del merito potesse tornare a valutare la posizione della madre in base a fatti sopravvenuti (così come implicitamente fanno i ricorrenti, che non contestano per tale parte la decisione), occorre anche riconoscere che detta valutazione non trovava limiti in alcun principio enunciato a riguardo dal giudice di legittimità.
La conclusione della corte territoriale, secondo cui M.R. potrà forse essere una buona madre per la secondogenita, ma non lo è stata per il primogenito, con conseguente irrilevanza di un eventuale recupero tardivo della sua capacità genitoriale nei confronti di quest'ultimo, incompatibile con il diritto del bimbo ad uno stabile contesto familiare e ad un corretto sviluppo psico-fisico (Cass. nn. 9769/012, 7115/011), si fonda, d'altro canto, proprio sull'esame di circostanze sopravvenute ed, in particolare, sul rilievo che il ricongiungimento della donna col padre del minore, in vista della nascita della seconda figlia, è coinciso con il definitivo abbandono in istituto di S.D. .
Quanto alla posizione dei coniugi M. , la sentenza rescindente aveva cassato quella d'appello siccome carente nella motivazione, per aver da un lato negato l'affidamento ai nonni materni per mancanza di rapporti significativi col nipote nonostante la disponibilità da essi manifestata sin dalla sua nascita, e successivamente reiterata, a prendersene cura e la loro frequentazione del piccolo presso la struttura dove era ricoverato e per aver dall'altro dato rilievo ad uno stato di conflittualità fra costoro e la mamma di S.D. che risultava ormai superato.
Spettava dunque al giudice del rinvio di compiere un nuovo accertamento in ordine all'idoneità all'affidamento dei nonni, seguendo il percorso motivazionale correttamente individuato (nei punti sopra sintetizzati sub. 1-3) nel mezzo di censura in esame: ed a tanto la corte fiorentina ha provveduto, giungendo a conclusioni negative sia con riguardo all'impegno da essi riposto nel cercare di instaurare rapporti significativi col nipote, sia con riguardo alla loro disponibilità ed alla loro idoneità attuale a prendersene cura. Pare evidente, poi, come le considerazioni svolte dal giudice del merito circa l'assenza di un'effettiva determinazione (di un "volontà energica") dei nonni di farsi carico del minore e circa la loro incapacità di adoperarsi efficacemente per evitarne l'istituzionalizzazione attengano alla valutazione della loro idoneità all'affidamento e non violino il principio, enunciato nella sentenza rescindente, secondo cui la manifestazione dei parenti sino al quarto grado di disponibilità all'affidamento, ove effettuata entro un termine ragionevolmente breve dalla nascita, esclude lo stato di abbandono, salvo, però, che si accerti l'inidoneità dei richiedenti ad assicurare l'assistenza e la crescita del minore stesso in modo adeguato.
2) Col secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 1, 8 e 10 della l. n. 184/83, lamentano che la corte fiorentina abbia fatto leva sull'argomento del collocamento temporaneo del minore presso un'altra famiglia, in affidamento preadottivo a c.d. rischio giuridico, e che abbia ritenuto tale circostanza decisiva per confermare la dichiarazione del suo stato di adottabilità. Deducono che il provvedimento di affidamento è stato assunto senza attendere l'esito del primo giudizio di cassazione e senza sentire né informare i genitori naturali di S.D. , in palese violazione del loro diritto al contraddittorio; sostengono, inoltre, che il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto i minori di anni sei per i quali sia stata aperta la procedura di adottabilità andrebbero inseriti, al pari di quelli per i quali è consentito l'affido temporaneo, solo presso una comunità di tipo familiare.
Sotto altro profilo, i ricorrenti rilevano che la Corte d'Appello si è arbitrariamente posta nell'ottica di scegliere quale fosse la soluzione più auspicabile nell'interesse del minore ed ha giustificato la propria decisione di far rimanere il piccolo presso la famiglia affidataria in base ad argomenti (l'avvenuta instaurazione di legami affettivi con tale famiglia, il trauma che S.D. potrebbe subire in caso di ritorno alla famiglia naturale) che violano le disposizioni degli artt. 1, 8 e 10 della L. n. 184/93 secondo l'interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, che ritiene prioritario il diritto del minore a crescere nella famiglia di origine, vede la dichiarazione di stato di adottabilità come extrema ratio ed esclude che ai fini di tale dichiarazione, per la quale rileva unicamente l'accertamento dello stato di abbandono, possa tenersi conto della situazione del minore presso gli affidatari o possa raffrontarsi tale situazione con quella del rientro nella famiglia di origine; osservano, inoltre, che l'utilizzazione di quegli argomenti per giustificare la dichiarazione dello stato di adottabilità significherebbe affermare che la durata del processo debba andare a danno dei parenti naturali, oggi tutti disponibili ed idonei a crescere il minore, posto che, se il processo fosse stato più breve, questi non sarebbe stato affidato ad un'altra famiglia.
3) Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando vizio di motivazione in ordine al fatto decisivo e controverso dello stato di abbandono di S.D. , lamentano che la corte di merito abbia omesso di compiere accertamenti sull'idoneità ad accogliere il minore del nucleo familiare formatosi a seguito del matrimonio dei suoi genitori e della nascita della secondogenita, abbia svolto valutazioni meramente indiziarie, fondate su elementi del passato e che non tengono conto dei fatti sopravvenuti, in ordine all'incapacità di accudimento tanto della madre quanto dei nonni e non abbia, infine, adoperato il necessario rigore nella vantazione della sussistenza dello stato di abbandono.
Anche questi motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e devono essere respinti.
Le censure con le quali i ricorrenti illustrano pretesi profili di illegittimità del decreto che ha disposto l'inserimento di S.D. presso una famiglia preadottiva, e che dunque attengono ad un provvedimento che non forma oggetto di impugnazione nel presente giudizio, vanno dichiarate inammissibili.
Va escluso, poi, che la corte territoriale abbia respinto gli appelli, confermando lo stato di adottabilità di S.D. già dichiarato dal tribunale, in base al rilievo decisivo che il minore è stato affidato ad una famiglia preadottiva, nella quale si è ben inserito e riceve accoglienza ed affetto.
Non v'è dubbio che il giudice abbia posto una certa enfasi su tale circostanza:
ma ciò ha fatto, per un verso, per sottolineare come, al fine della decisione da assumere, non si potesse tener conto unicamente dei cambiamenti intervenuti nella vita della madre, trascurando gli avvenimenti che nel corso degli anni avevano forgiato quella del figlio, e, per l'altro, per desumerne (non importa se a torto o ragione, attesa la scarsa decisività dell'argomento) l'incapacità dei familiari del minore di agire nel suo esclusivo e reale interesse.
Ciò non toglie, tuttavia, che la corte fiorentina abbia raggiunto le proprie conclusioni soprattutto in base ad una compiuta disamina di specifiche circostanze di fatto relative agli odierni ricorrenti, che l'hanno indotta ad escludere che costoro fossero in grado di assicurare l'assistenza e la crescita di S.D. in modo adeguato.
Si è già detto, in sede di esame del primo motivo, della correttezza sotto il profilo giuridico e della logicità della motivazione sottesa al rigetto della domanda di R..M. .
Quanto ai nonni, la corte di merito ha evidentemente ritenuto che essi non potessero divenire affidatari del nipote solo per effetto del venir meno del conflitto con la madre del piccolo (questo essendo l'unico fatto sopravvenuto che li riguardava del quale occorreva tener conto in sede di giudizio di rinvio). Per il resto, in assenza di significativi mutamenti intervenuti nelle loro vite, il giudice ha tratto il convincimento della attuale inidoneità dei nonni materni a prendersi cura di S.D. sia dai fatti pregressi (evidenziando come, al di là della richiesta di affidamento, i M. non fossero sostanzialmente stati in grado di contrastare la figlia, onde evitare l'immediata istituzionalizzazione del nascituro, né avessero saputo instaurare rapporti proficui e ricchi di stimoli affettivi col nipote in occasione delle loro visite alla casa-famiglia dove il piccolo era ricoverato), sia dalla constatazione della scarsa convinzione da essi stessi riposta nelle proprie capacità di accudimento autonomo (disvelata dalla domanda da essi formulata in via principale in sede di rinvio, di affidamento del minore alla madre), sia, infine, dall'accertata esistenza di ulteriori problemi, connessi tanto alle difficoltà di adattamento del minore, quanto all'età avanzata, alle condizioni di salute del nonno ed agli impegni lavorativi della nonna.
E, a fronte del delineato quadro valutativo, cui in questa sede si è appena fatto cenno ma che riceve in sentenza un amplissimo supporto motivazionale, le doglianze mosse dai ricorrenti in ordine all'assenza di rigore nell'iter argomentativo del giudice ed alla mancata considerazione dei fatti sopravvenuti risultano, all'evidenza, generiche od infondate. Non v'è luogo alla liquidazione delle spese in favore delle parti resistenti, che non hanno svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
12-04-2013 11:00
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