Se l'immobile locato è trasferito al coniuge niente prelazione al conduttore.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 marzo – 9 aprile 2013, n. 8591
Presidente Trifone – Relatore Vincenti
Ritenuto in fatto
1. - Con sentenza resa pubblica il 9 novembre 2006, la Corte di appello di Bari ha rigettato l'appello proposto da Ce.Ma.As. e da M.A..C. avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, che, a sua volta, aveva respinto la domanda avanzata dalle medesime sorelle C. - conduttrici di immobile ad uso non abitativo, sito in (omissis) , in forza di contratto stipulato con l'usufruttuario Don V.P. ed appartenente in nuda proprietà a G..E. - nei confronti di A..F. , coniuge dell'E. , per sentir dichiarare esse istanti sostituite alla convenuta, ai sensi dell'art. 38 della legge n. 392 del 1978, nel contratto di compravendita della nuda proprietà dell'immobile locato, intervenuto in data il 14 maggio 1990, per il prezzo di lire 30 milioni, tra la stessa F. ed il nudo proprietario.
Per quanto ancora interessa in questa sede, il giudice di appello, richiamando gli argomenti sviluppati dalla sentenza n. 2080 del 1992 di questa Corte, ha escluso che l'art. 38 della legge n. 392 del 1978 possa spiegare effetti nell'ipotesi di vendita della sola nuda proprietà dell'immobile locato ad un terzo, nella persistenza dell'usufrutto dello stesso bene già in essere, ciò consentendo, in armonia con la ratio della norma anzidetta e con quanto previsto dall'art. 999 cod. civ., la continuazione dell'attività economica espletata presso l'immobile in locazione. Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto che, nel caso di specie, l'azione non fosse proponibile anche in ragione del fatto che il rapporto di coniugio tra venditore ed acquirente è ostativo dell'applicabilità dell'art. 38 citato, con ciò elidendosi anche ogni "intento fraudolento" nella disposta vendita.
2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Ce.Ma.As. e da M.A..C. sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso A..F. .
Considerato in diritto
1. - Preliminarmente va esaminata l'eccezione di "inammissibilità ed improcedibilità del controricorso per inosservanza dei termini di cui all'art. 370 c.p.c.", sollevata dalle ricorrenti con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
L'eccezione va respinta, in quanto infondata alla luce del seguente dictum, che il Collegio intende ribadire: "il principio per cui la notifica del ricorso si intende eseguita alla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario e non a quella dell'effettivo recapito trova applicazione quando si deve accertare il rispetto di un termine di decadenza posto dalla legge a carico del notificante, e non anche quando si tratta di individuare il dies a quo di un termine che il destinatario dell'atto notificato è tenuto a rispettare e che non può che decorrere dal perfezionamento della notificazione. Pertanto, il termine per il deposito del controricorso, che decorre dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso di modo che il dies a quo del primo termine opera in effetti anche come dies a quo per il secondo, deve calcolarsi dal giorno della effettiva notificazione del ricorso al contro ricorrente" (Cass., 28 dicembre 2006, n. 27596).
Nella specie, il controricorso è stato tempestivamente depositato, giacché esso risulta spedito per la notificazione il 1 ottobre 2007, ma effettivamente notificato l'8 ottobre 2007, con la conseguenza che alla data del suo deposito (25 ottobre 2007) non erano ancora decorsi i venti giorni previsti dall'art. 370 cod. proc. civ..
2. - Con un unico motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
Le ricorrenti, precisato che la vendita della nuda proprietà dell'immobile da esse locato è intervenuta allorquando l'acquirente F. non era ancora coniuge dell'alienante E. , sostengono che, in coerenza con lo scopo della prelazione e del succedaneo diritto di riscatto previsti dalla legge n. 392 del 1978, "l'operatività della prelazione nel caso di vendita della nuda proprietà realizza ugualmente lo scopo perseguito dalla norma, sia pure con un differimento dell'acquisto del godimento al momento dell'estinzione dell'usufrutto, e consente di evitare che la normativa di agevolazione venga callidamente elusa e frustata mediante un trasferimento separato dalla nuda proprietà e dell'usufrutto". Si soggiunge, altresì, che la tesi sostenuta non sarebbe contrastata dalla disciplina posta dal primo comma dell'art. 999 cod. civ., posto che la continuazione delle locazioni concluse dall'usufruttuario in corso al momento della cessazione dell'usufrutto si avrebbe per qualunque causa di cessazione diversa dalla scadenza del termine e, dunque, anche in caso di riunione con la nuda proprietà, risultando ciò compatibile con gli istituti della prelazione e del riscatto, i quali presuppongono la permanenza del rapporto locativo anche successivamente al trasferimento della proprietà dell'immobile.
A chiusura del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto: "Le disposizioni contenute negli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, trovano applicazione anche nel caso di cessione a titolo oneroso delle nuda proprietà dell'immobile locato dall'usufruttuario tanto più se effettuata nella prospettiva della prossima consolidazione dell'usufrutto con la nuda proprietà?".
2.1. - Il motivo, e con esso il ricorso, è inammissibile.
Come peraltro eccepito anche dalla controricorrente, la Corte territoriale, oltre a ritenere l'inapplicabilità dell'art. 38 della legge n. 392 del 1978 nel caso di vendita della sola nuda proprietà dell'immobile locato ad un terzo, ha altresì affermato e ribadito (sia a p. 9, che a p. 11 della sentenza impugnata) che l'azione proposta dalle sorelle C. non fosse "proponibile" anche per la ragione che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 38 citato, il diritto di prelazione non trovava applicazione in caso di trasferimento dell'immobile al coniuge dell'alienante, come era avvenuto nel caso di specie tra l'E. , nudo proprietario, e la F. acquirente.
Tale ulteriore ed autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata non è stata oggetto di censura, giacché il motivo di ricorso si incentra unicamente (come fatto palese, peraltro, dallo stesso quesito di diritto che l'assiste) sulla questione della applicabilità, o meno, dell'art. 38 della legge n. 392 del 1978 nel caso di vendita della sola nuda proprietà dell'immobile locato ad un terzo; sicché deve trovare applicazione il principio, consolidato (più di recente, cfr. Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108), secondo cui, "qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa".
Va, peraltro, precisato che l'affermazione resa nel corpo del ricorso (e ribadita con la memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ.) - in forza della quale il vincolo matrimoniale tra l'E. e la F. sarebbe successivo all'atto di compravendita dell'immobile locato alle sorelle C. e, dunque, non vi sarebbe stata vendita tra coniugi - oltre ad non essere stata comunque utilizzata quale perno di una specifica doglianza (la quale, in ogni caso, non troverebbe rispondenza alcuna nel formulato quesito di diritto e, quindi, per ciò stesso, sarebbe inammissibile), avrebbe dovuto in ogni caso radicare un'impugnazione per revocazione, ai sensi dell'art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e non già un ricorso per cassazione, venendo semmai in rilievo un errore di fatto addebitabile al giudice di appello, giacché questi ha fondato la propria decisione (anche) sulla circostanza (contraria a quella supposta dalle ricorrenti) dell'intervenuta compravendita tra coniugi.
3. - All'inammissibilità del ricorso segue la condanna in solido delle ricorrenti, in quanto soccombenti, al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
11-04-2013 15:10
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