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Sentenza

Schiaffeggia un agente di polizia mentre questi è a telefono con la centrale operativa. Assolto in primo grado per carenza elemento psicologico. Condannato in appello, la Cassazione dichiara il reato prescritto.
Schiaffeggia un agente di polizia mentre questi è a telefono con la centrale operativa. Assolto in primo grado per carenza elemento psicologico. Condannato in appello, la Cassazione dichiara il reato prescritto.
Autorità:  Cassazione penale  sez. VI
Data udienza:  20 dicembre 2012
Numero:  n. 1278
Intestazione

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE SESTA PENALE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. GARRIBBA   Tito          -  Presidente   -                     
Dott. GRAMENDOLA F. P.    -  rel. Consigliere  -                     
Dott. CARCANO    Domenico      -  Consigliere  -                     
Dott. CITTERIO   Carlo         -  Consigliere  -                     
Dott. APRILE     Ercole        -  Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
1)                C.C. N. IL (OMISSIS); 
avverso  la  sentenza  n.  2140/2007 CORTE APPELLO  di  CATANIA,  del 
30/09/2011; 
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 20/12/2012 la  relazione  fatta  dal 
Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA; 
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci  che 
ha  concluso  per  l'annullamento senza rinvio perchè  il  reato  è 
estinto per prescrizione. 
Osserva in: 
FATTO E DIRITTO
Con sentenza in data 8/6/2007 il Tribunale di Catania assolveva perchè il fatto non costituisce reato C.C. dal reato di resistenza a pubblico ufficiale, per essersi scagliato contro l'agente di polizia R.M., dopo averlo schiaffeggiato, mentre era intento a rapportare telefonicamente al proprio ufficio, quanto rilevato nel corso di un controllo su strada a carico dell'imputato.
Riteneva il giudice di primo grado che fosse dubbia nel caso in esame la sussistenza del profilo psicologico del reato, in quanto l'azione violenta era stata posta in essere dall'imputato, che non si era reso conto di trovarsi al cospetto di un pubblico ufficiale.
A seguito di gravame del P.M. la Corte di Appello di Catania riformava la sentenza di primo grado e dichiarava l'imputato colpevole del reato ascrittogli, condannandolo alla pena di giustizia.
Contro tale decisione ricorre l'imputato personalmente e a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi. Con il primo motivo denuncia la erronea applicazione della legge penale in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che nel caso in esame si configurava semmai il reato di oltraggio, abrogato, o di ingiuria, percosse e lesioni personali, giacchè nessun elemento faceva desumere che l'imputato, appena dimesso dall'Ospedale per un malore, fosse consapevole che il militare operante stesse comunicando con il proprio ufficio e che quindi abbia agito allo scopo di intralciare il suo operato, onde la sua condotta violenta era da considerarsi frutto di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo nei confronti del predetto.
Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in riferimento alla valutazione dell'elemento psicologico del reato, censurando l'errore del giudice del gravame che aveva omesso di affrontare il problema del dolo specifico.
Il reato è prescritto.
Osserva infatti il collegio che la sentenza impugnata nel pervenire alla conferma del giudizio di colpevolezza non risponde adeguatamente alla doglianza in ordine alla individuazione dell'atto di ufficio in costanza del quale la condotta aggressiva dell'imputato si era manifestata, procedendo ad una confusa e superficiale ricostruzione del fatto, disancorata dal compendio probatorio e omettendo evidenziare gli elementi sui quali si basava la ritenuta sussistenza del dolo specifico. Di conseguenza a fronte di un motivo di ricorso non manifestamente infondato non è preclusa in questa sede la rilevanza della prescrizione, nelle more maturata, considerando che il reato è stato commesso in data 12/5/2004 e alla data del 30/12/2011 è spirato il termine di cui all'art. 157 c.p.p., comprensivo del periodo di sospensione dal 23/3 all'11/5/07 per ragioni di impedimento delle parti ex art. 159 c.p., comma 1, n. 3.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio, perchè estinto il reato per prescrizione.
(Torna su   ) P.Q.M.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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