Ricettazione di una moto. Per configurarsi il reato basta il dolo eventuale.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 luglio – 25 ottobre 2013, n. 43741
Presidente Esposito – Relatore Cammino
Osserva
Con sentenza in data 8 ottobre 2012 la Corte di appello di Salerno ha riformato la sentenza emessa il 4 marzo 2005 dal Tribunale di Nocera inferiore con la quale R.P. era stato assolto, perché il fatto non costituisce reato, dal reato di ricettazione di una moto provento del reato di truffa ai danni della società Agos Italfinco. La Corte territoriale, in accoglimento dell'appello del Procuratore generale, dichiarava il R. colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di anni due di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa.
Avverso la predetta sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. Con il ricorso si deduce l'erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà della motivazione in quanto il sequestro penale della moto era avvenuto il 10 novembre 2003, anteriormente alla denunzia per truffa che era stata presentata dalla persona offesa solo il 18 novembre 2003; l'imputato immediatamente e nel corso del giudizio aveva contribuito all'individuazione del presunto responsabile del reato di truffa; la sussistenza dell'elemento psicologico sotto il profilo del dolo eventuale nel caso in esame non era pertanto sostenibile, anche alla luce della sentenza n. 12433/2009 delle Sezioni Unite di questa Corte.
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte l'affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione non richiede l'accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell'esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l'esistenza attraverso prove logiche (Cass. sez. II 5 luglio 2011 n.29685, Tartari: nella specie la Corte ha ritenuto congruamente provato il delitto presupposto di furto di documenti provenienti da archivi di Stato, in base alle convergenti dichiarazioni di esperti, pur se le denunce di furto erano state presentate successivamente al sequestro dei documenti; sez. II 15 gennaio 2009 n. 10101, Longo; sez. IV 7 novembre 1997 n. 11303, Bernasconi).
È del tutto irrilevante, quindi, che nel caso in esame la denunzia per il reato di truffa sia stata presentata una settimana circa dopo il sequestro penale della moto, disposto perché era stata accertata la provenienza dal delitto di truffa ai danni della società Agos Italfinco da cui il sedicente M.M. , che l'aveva acquistata, aveva ottenuto un finanziamento senza onorare le rate successiva alla prima. Alla guida della moto il 29 luglio 2003 era stato trovato l'imputato (incorso in una violazione amministrativa, cui era seguita la sanzione accessoria del fermo del veicolo), il quale, non essendo stato rintracciato il M. che era risultato un nome inventato, aveva giustificato il possesso della moto sostenendo di averla ricevuta nella sua qualità di titolare di una concessionaria di veicoli, da un soggetto sconosciuto, di cui forniva una generica descrizione fisica, ed esibendo la documentazione ricevuta, ivi compreso il contratto di finanziamento rimasto inadempiuto da parte del primo acquirente (il sedicente M. ).
La Corte territoriale, una volta accertata la provenienza delittuosa della moto, ha ritenuto, contrariamente al giudice di primo grado, la sussistenza nella condotta dell'imputato, che aveva ricevuto il mezzo in questione, dell'elemento soggettivo del reato di ricettazione rilevando la stranezza che "a fronte della consegna della moto di un certo valore, pari a oltre 5.000,00 Euro, l'acquirente-attuale imputato, persona peraltro esperta oltre la media in quanto commerciante del settore (che peraltro si dichiarava mero possessore della stessa non avendo ancora perfezionato l'acquisto), non fosse in grado di fornire il benché minimo elemento di identificazione dei soggetti con cui aveva trattato l'acquisto e risultasse priva financo di un numero di telefono che gli consentisse un contatto con il suo dante causa o con la persona che glielo aveva presentato". La Corte ha quindi ritenuto inattendibili le giustificazioni offerte dall'imputato il quale, nonostante l'apparente atteggiamento di collaborazione manifestato nell'esibire la documentazione in suo possesso, aveva dato indicazioni estremamente generiche sulla provenienza della moto, nulla indicando di concreto circa l'apparente proprietario M. e nemmeno sulla persona indicata come "Saverio", che glielo aveva presentato. Tale condotta è stata ritenuta dal giudice di appello indicativa della mala fede dell'imputato, con motivazione razionale e logicamente coerente, in quanto si è rilevato il contrasto con l'ordinaria prassi commerciale di annotare il recapito, quanto meno telefonico, delle persone con le quali si instaurano trattative (che nel caso specifico riguardavano un mezzo di valore consistente, lasciato in prova al titolare della concessionaria). La Corte territoriale si è così adeguata alla costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Questa Corte ha più volte, del resto, affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell'imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata - o non attendibile - indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. sez. II 11 giugno 2008 n.25756, Nardino; sez. II 27 febbraio 1997 n. 2436, Savie). Pertanto nella sentenza impugnata l'assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione della moto -avendo il giudice di appello evidenziato l'inspiegabile genericità delle indicazioni fornite dall'imputato sulle circostanze della ricezione del mezzo e, in particolare, sulle persone che glielo avevano consegnato - si pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto illecito.
Peraltro questa Corte ha recentemente affermato (Cass. Sez. Un. 26 novembre 2009 n. 12433, Nocera; sez. I 17 giugno 2010 n. 27548, Screti) che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l'elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, situazione sicuramente ravvisabile anche nel caso in esame relativo alla ricezione da soggetti asseritamente sconosciuti di una moto di elevato valore da parte di un soggetto che professionalmente si occupa della compravendita di veicoli.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
30-10-2013 00:47
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