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Sentenza

Peruviano condannato per spendita monete false. Per la Cassazione 16 banconote false e 50 euro contraffatti nel portafoglio non provano il dolo specifico
Peruviano condannato per spendita monete false. Per la Cassazione 16 banconote false e 50 euro contraffatti nel portafoglio non provano il dolo specifico
Corte di Cassazione, sez V Penale, sentenza 22 gennaio – 19 aprile 2013, n. 17968
Presidente Ferrua – Relatore Bruno

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del 12/10/2004 con la quale il Tribunale di questa stessa città aveva dichiarato L.R.W.R. colpevole del reato di cui all'art. 455 cod. pen., a lui ha scritto in concorso con altre persone, e, per l'effetto l'aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia oltre consequenziali statuizioni.
2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell'imputato, avv. Piergiuseppe Di Virgilio, ed il L. personalmente hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Considerato in diritto

1. Il ricorso proposto personalmente dall'imputato denuncia, con unico motivo, difetto motivazionale, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla prova del dolo specifico richiesto ai fini della configurazione del reato contestato. Sostiene, in proposito, che l'esistenza dell'elemento soggettivo era stata desunta da elementi privi di significatività ed anzi sintomatici di volontà contraria all'intendimento di porre in circolazione le banconote contraffatte. Tanto avrebbe dovuto arguirsi dalla circostanza che le dette banconote, in numero peraltro non significativo (16), per un complessivo valore di facciata di Euro 413,17, fossero custodite in una cassetta metallica tenuta in un armadio, e che una sola banconota, di valore nominale di Euro 50,00, fosse tenuta nel portafogli dello stesso imputato.
Anche il ricorso proposto dal difensore è fondato su un solo motivo riguardante la pretesa violazione o falsa applicazione dell'art. 455 cod. pen. nonché difetto di motivazione in ordine al dolo specifico richiesto per la configurabilità della fattispecie delittuosa in contestazione. A dire di parte ricorrente, mancavano in atti validi elementi di prova a sostegno dell'assunto che le banconote contraffatte fossero state ricevute dall'imputato con la consapevolezza della loro falsità anziché in buona fede, sì da ritenere integrata la diversa ipotesi delittuosa di cui all'art. 457 cod. pen..
2. La motivazione in esame non reca adeguata giustificazione della ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato in contestazione.
È ius receptum, alla stregua di indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice, che, per la configurabilità del reato di detenzione, al fine di metterle in circolazione, di banconote contraffatte (art. 455 cod. pen.) è necessario il dolo specifico - "sub specie" di intenzione del soggetto agente di mettere in circolazione le banconote contraffatte, ricevute in malafede - che può essere liberamente, purché logicamente, desunto da qualsiasi elemento sintomatico; a tal fine è, pertanto rilevante il difetto di una qualsiasi indicazione, da parte dell'imputato, in ordine alla provenienza delle dette banconote nonché di un qualunque diverso lecito fine della detenzione, trattandosi di elementi sintomatici e convergenti, e pertanto valutabili, in concorso di altri elementi, nel riconoscimento del dolo (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 32914 del 12/07/2011, Rv. 250946). Con la necessaria soggiunta, pur essa oggetto di pacifica acquisizione, che, al fine dell'integrazione dello elemento soggettivo del reato di spendite di monete falsificate, previsto dall'art. 455 cod. pen., non occorre una assoluta conoscenza della falsità nel momento in cui sono ricevute, essendo sufficiente anche il dubbio per escludere quella buona fede nella ricezione, che, nei congrui casi, trasferisce il fatto sotto il titolo meno grave dell'art. 457 cod. pen. (Sez. 5, n. 19465 del 16/02/2010, Rv. 247145; id. Sez. 5, n. 2552 del 15/01/1985, Rv. 168353).
Ai fini dell'integrazione della componente soggettiva è, dunque, necessaria la consapevolezza della falsità delle banconote al momento della ricezione, avvenuta proprio con l'intendimento della successiva messa in circolazione delle stesse.
3. La carenza motivazionale, sul punto, è di entità tale da invalidare l'intero costrutto giustificativo della sentenza impugnata e da comportarne, pertanto, l'invalidità, che va, dunque, dichiarata nei termini di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.
Avv. Antonino Sugamele

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