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Sentenza

Pericoloso fare gli auguri. Dalle indagini emerge che l'indagato nell'inviare i suoi auguri di pronta guarigione a due soggetti feriti in un attentato, si dichiara a disposizione
Pericoloso fare gli auguri. Dalle indagini emerge che l'indagato nell'inviare i suoi auguri di pronta guarigione a due soggetti feriti in un attentato, si dichiara a disposizione "per qualunque cosa avessero bisogno". La frase si presta ad esprimere appartenenza al sodalizio criminoso.
Cassazione penale  sez. I  Data:08/04/2013 ( ud. 08/04/2013 , dep.02/08/2013 ) 
Numero:33785

                         LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIOTTO     Maria Cristin -  Presidente   -                     
    Dott. CAVALLO    Aldo     -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. CAPOZZI    Raffaele      -  Consigliere  -                     
    Dott. MAZZEI     Antonella P.  -  Consigliere  -                     
    Dott. SANTALUCIA Giuseppe      -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                G.A. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  l'ordinanza  n.  761/2012 TRIB.  LIBERTA'  di  CATANIA,  del 
    01/06/2012; 
    sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO; 
    sentite  le  conclusioni del PG Dott. Delehaye Enrico,  il  quale  ha 
    chiesto il rigetto del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Il Tribunale di Catania, adito ex art. 309 c.p.p., con l'ordinanza impugnata, deliberata il 1 giugno 2012, confermava quella emessa dal G.i.p. della sede, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di G.A., detto " (OMISSIS)", in quanto ritenuto partecipe dell'associazione per delinquere di tipo mafioso (denominata Cursoti), promossa e diretta da G. G. (capo A della rubrica), e concorrente, altresì, con lo stesso e con altri partecipi, anche nella consumazione di alcuni dei reati ricompresi nel programma delittuoso di quel sodalizio: quali l'importazione, detenzione a fini di vendita ovvero cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo marijuana (capo F della rubrica), aggravato dalla circostanza di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, nonchè indagato anche in relazione al reato di violazione delle prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, e segnatamente a quella di non associarsi a pregiudicati (capo O della rubrica).

    1.1 I giudici del riesame hanno ritenuto, infatti, che all'esito di una complessa attività investigativa avviata nel 2011, in seguito al ritorno in libertà dopo una lunghissima detenzione di Ga.

    G., esponente storico della mafia catanese, sussistevano dei gravi indizi che legittimavano l'adozione della misura in relazione ai reati contestati all'indagato, emergendo dagli stessi, in particolare, l'effettiva "intraneità" dello stesso al predetto "storico" sodalizio mafioso (costituitosi in (OMISSIS), nel popoloso quartiere (OMISSIS), sin dalla fine degli anni settanta del secolo scorso, per contrastare l'egemonia della "famiglia mafiosa" Santapaola ed effettivamente oggetto di ricostituzione ad opera del Ga., così come ipotizzato dalle forze di polizia, all'inizio dell'attività investigativa) nonchè il suo coinvolgimento nel traffico di sostanze stupefacenti avviato dal Ga. ed altri aderenti all'associazione.

    1.2 Con specifico riferimento al tema della gravità indiziaria, i giudici del riesame valorizzavano, un ricco compendio di elementi, costituito soprattutto dalle numerose intercettazioni video, telefoniche ed ambientali.

    In particolare, per disattendere le deduzioni della difesa - volte, essenzialmente, a confutare l'effettiva gravità e significatività del quadro indiziario ed in particolare il carattere auto-indiziante attribuito dal giudice della cautela al contenuto di alcuni colloqui (circoscritti, per altro, in un breve arco temporale) avuti dall'indagato con altri coimputati - i giudici del riesame precisavano quanto segue:

    - con riferimento al carattere effettivamente mafioso del sodalizio, avuto riguardo ai requisiti relativi al ricorso ad un metodo mafioso ed alla forza intimidatoria "esterna" riconosciuta al sodalizio, che intanto nel presente giudizio veniva in discussione non già la costituzione di una nuova entità associativa ma la riorganizzazione, o forse, più esattamente, la "rivitalizzazione" di un clan storico della mafia catanese (delle cui articolazioni, anche milanesi, nell'ordinanza impugnata si ricostruiscono sommariamente le vicende, qui tralasciate per ragioni di sintesi), prepotentemente radicato nel territorio, come già definitivamente accertato in altri pregressi procedimenti penali ( Ga.Gi. + 71; Ai.Al. + 50;

    C.M. + 24, così detto procedimento Tetris), il che rendeva superflua una approfondita verifica di tali caratteristiche, comunque desumibili, vuoi dalla frequenza di incontri avuti dal G. presso la sua abitazione, con storici esponenti delle due anime del clan dei Cursoti; la suddivisione dei partecipi in "squadre" dislocate nel territorio, guidate da fedeli luogotenenti;

    vuoi dal ritrovamento (in un garage nella disponibilità del sodalizio) di un cospicuo arsenale di armi, comprovante anche la forza militare del clan; vuoi dal riconoscimento di tali caratteristiche provenienti da altre organizzazioni criminali operanti nel medesimo contesto territoriale (quali la potente "famiglia mafiosa" di Ca.Sa.); vuoi dalla circostanza che alcuni episodi estorsivi riferibili al sodalizio non avevano formato oggetto di denuncia da parte delle persone offese; vuoi, infine, dallo stesso attentato perpetrato in danno del G. e dell' A. l'(OMISSIS), verosimilmente provocato dall'ostilità manifestata da altri gruppi mafiosi alla riorganizzazione del sodalizio, che versava in una fase temporanea di stasi, dopo l'uccisione dei suoi capi in libertà, L.F. e P.; vuoi dal riferimento al pagamento di "stipendi" ed alla gestione da parte di un coindagato di una cassa comune;

    - con riferimento alla intraneità del G.A., l'eloquente contenuto di alcune conversazioni intercettate, di cui si riportano ampi stralci nell'ordinanza impugnata, da cui si evinceva come l'indagato avesse avuto a che ridire sul comportamento di altro associato, tale P., appartenente alla squadra del ci. in ordine alla mancata spartizione dei proventi di una non meglio definita attività criminosa (la spartizione di una "busta della spesa") ed avesse avuto a che ridire anche con il capo squadra, intendendo picchiare personalmente il colpevole, provocando con tale sua condotta, ritenuta irriguardosa dal Ca., una profonda irritazione nello stesso, che lo induceva a lamentarsi con il G. per il comportamento del più giovane indagato, atteggiamento questo non altrimenti spiegabile se non riconoscendo l'effettiva adesione del G. al medesimo sodalizio dei Cursoti, per altro desumibile anche da ulteriori elementi, quale il contenuto di una conversazione avuta dall'indagato con la moglie di dell' A., uno dei più stretti collaboratori del Ga., subito dopo l'attentato perpetrato ai danni dei due, nel corso del quale l'odierno indagato, nell'inviare i suoi auguri di pronta guarigione ai due feriti An. e Pi., si dichiarava a disposizione "per qualunque cosa avessero bisogno";

    - con riferimento al reato fine contestato al capo F, che il suo coinvolgimento nell'attività di spaccio di fumo unitamente al cugino Al., emergeva dal l'inequivoco tenore di una conversazione intercettata a bordo dell'autovettura dell' A..

    Dal tenore complessivo di tali intercettazioni, che documentavano anche ripetuti incontri con altri partecipi al sodalizio, emergerebbe, in conclusione, ad avviso dei giudici del riesame, "la messa a disposizione piena ed incondizionata del G. nell'interesse del sodalizio mafioso, avendo questi manifestato un'adesione permanente e volontaria alla programmazione criminale ideata dal Ga.".

    1.3 Quanto, poi, alle esigenze cautelari, i giudici del riesame hanno ritenuto sussistente un concreto ed attuale pericolo di recidivanza fronteggiabile unicamente con l'applicazione della misura intramuraria, valorizzando, al riguardo; (a) il dato che i delitti contestati rientrano tra quelli per i quali l'art. 275 c.p.p., comma 3 prevede una presunzione assoluta di esclusiva adeguatezza della misura della custodia della custodia in carcere e che da nessun elemento risultava il venir meno delle esigenze cautelari, ritenute, al contrario, "contingenti e forti", dovendosi impedire, in presenza di elementi dimostrativi di un già avviata attività di riorganizzazione dello storico sodalizio mafioso capeggiato dal Ga., la prosecuzione della stessa e la conseguente attuazione di un intenso programma criminoso; (b) la negativa personalità dell'imputato, che nonostante la giovane età, risulta sottoposto a procedimenti penali per i delitti di rapina e tentata rapina.

    2.2. Avverso l'indicata ordinanza ha proposto impugnazione il G., per il tramite del suo difensore Bonaccorsi Matteo, il quale ne sollecita l'annullamento.

    2.1. Le ragioni di doglianza sviluppate in ricorso, sintetizzando argomentazioni ben più articolate, denunciano, con il primo motivo d'impugnazione, la mancanza di adeguata e congrua motivazione relativamente all'affermata esistenza di elementi indizianti confermativi dell'effettivo carattere mafioso del sodalizio criminale capeggiato del Ga., tenuto conto che l'esistenza di un'associazione mafiosa denominata dei Cursoti, risulta accertata giudizialmente solo sino al 2008 e che nella stessa ipotesi investigativa ritenuta fondata dal Tribunale si sostiene che il Ga. avrebbe ricostituito un'associazione ormai sostanzialmente disarticolata a seguito dei suoi capi in libertà, L.F. e P., senza indicare univoci elementi indizianti da cui desumere una effettiva capacità d'intimidazione del nuovo sodalizio (il metodo mafioso), specie ove si consideri che i pretesi reati fine dell'associazione oggetto di contestazione si risolvono in pretese estorsioni, che costituiscono in realtà lo svolgimento di attività di recupero crediti, apparendo in particolare illogica, secondo la difesa dell'indagato, l'affermazione che la caratura mafiosa del Ga., abbia impregnato di mafiosità l'intero sodalizio dallo stesso costituito e che la sussistenza di tale pur essenziale elemento costitutivo del reato possa fondatamente farsi discendere dalle soggettive ed atecniche valutazioni in tal senso riferibili ai vertici di opposte consorterie criminali.

    2.2. Nel ricorso si deduce, altresì, la sostanziale insussistenza di elementi indiziari gravi, sintomatici di un effettiva appartenenza al sodalizio mafioso dell'indagato e di una commissione da parte dello stesso dei reati fine a lui contestati, tenuto conto: (a) che comunque l'indagato non risulta aver partecipato ad alcuna riunione del gruppo mafioso; (b) che le conversazioni relative al contrasto con altro indagato, Vi.Gi., non costituivano affatto un indizio certo di una partecipazione del G. al sodalizio, essendo la condotta attribuita all'indagato (volontà di punire personalmente l'antagonista, malgrado l'intervento di altro affiliato, gerarchicamente sovraordinato) contraria alle più consolidate e notorie regole di comportamento degli aderenti ad un sodalizio mafioso, tenuti a rispettare le disposizioni impartite dai superiori gerarchici; (c) quanto ad un coinvolgimento dell'indagato nell'attività di commercio illegale di sostanze stupefacenti, che gli elementi valorizzati dai giudici di merito risultano, in realtà, privi di una effettiva "idoneità indiziante", tenuto conto che la conversazione con il cugino Al., ritenute di maggiore valenza indiziaria, e di cui nel ricorso si trascrive l'integrale contenuto della "sintesi", evidenzia soltanto l'acquisto di un limitato quantitativo di sostanza stupefacente, effettuato "in proprio" dai due giovani, e non già per conto dell'associazione.

    2.3 Con il terz0 ed ultimo motivo, da parte del ricorrente si denunzia infine la insufficienza dell'apparato motivazionale relativamente alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, in quanto desunta dalla partecipazione dell'indagato al sodalizio mafioso, delitto la cui effettiva configurabilità non può ritenersi dimostrata.

    2.4 Con memoria pervenuta il 14 marzo, altro difensore dell'indagato, l'avvocato Ignazio Maccarone, ha proposto motivi aggiunti, nei quali si segnala l'incompatibilità esistente, sul piano logico e giuridico, tra l'autonomia decisionale che gli stessi giudici del riesame riconoscono all'indagato sulla base degli elementi indiziari rispetto alla pretesa adesione dello stesso al sodalizio di cui trattasi, che ove in ipotesi effettivamente sussistente, avrebbe dovuto comportare il riconoscimento dell'autorità di Ar.

    A., suo presunto capo squadra e di Ca.Fr., altro presunto caposquadra, e del Ga., figura apicale del sodalizio.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. L'impugnazione proposta nell'interesse di G.A. è basata su motivi privi di fondamento e va quindi rigettata.

    1.2 Premesso che delle argomentazioni sviluppate in ricorso e nella memoria depositata, ed in specie quelle formulate nei primi due motivi d'impugnazione, sviluppano tutte censure che afferiscono, nelle loro poliformi articolazioni, all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia cautelare.

    In proposito è stato più volte ribadito che "l'ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l'applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame.

    Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro di carattere negativo, il cui possesso rende l'atto insindacabile: 1) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l'assenza nel testo dell'esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento" (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 2050/96, imp. Marseglia, rv. 206104; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 40873/2010, imp. Merja, rv. 248698).

    Orbene, nel caso di specie, il Tribunale non solo ha rilevato come le intercettazioni e i servizi di appostamento erano stati fonte certa dei gravi indizi, da cui emergeva la rivitalizzazione ad opera del Ga. dello storico sodalizio mafioso dei C. operante in Catania, riscontrati dall'avvenuto sequestro di parte della droga commercializzata dal sodalizio e di un autentico arsenale di armi nella disponibilità dello stesso; ma ha con coerente motivazione evidenziato che le modalità della condotta lasciavano trasparire una concreta pericolosità sociale dell'indagato ed intensi legami dello stesso con i vertici del sodalizio, che imponevano la custodia carceraria quale unica misura idonea a garantire le esigenze di prevenzione sociale.

    Le censure mosse dalla difesa all'ordinanza su tali punti, ed in particolare quelle sull'asserita autonomia decisionale dell'indagato, comunque circoscritta nel tempo e riconducibile ad una specifica vicenda afferente alle dinamiche interne al sodalizio, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, del contenuto delle intercettazioni, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una plausibile motivazione del provvedimento impugnato che regge al sindacato di legittimità, anche con riferimento alla individuazione dei concreti indici fattuali, dimostrativi della pericolosità dell'indagato, non desunti esclusivamente dalla obiettiva gravità dei fatti, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

    2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, provvedere la cancelleria agli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

    Così deciso in Roma, il 8 aprile 2013.

    Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2013
Avv. Antonino Sugamele

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