Nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all'art. 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè venire sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d'ufficio, e neppure può essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari di ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 giugno – 19 dicembre 2013, n. 28420
Presidente Triola – Relatore San Giorgio
Ritenuto in fatto
1. - L'avv. I.P. ricorre ex art. 111 Cost., sulla base di due motivi, avverso il provvedimento del giudice del Tribunale di Trento in data 16 gennaio 2007 che ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dal professionista avverso il decreto di liquidazione del compenso del difensore di ufficio di imputato insolvente pronunciato dal Tribunale di Trento l'11 agosto 2006 per non avere lo stesso I. rispettato il termine nel quale provvedere alla notifica del ricorso ai contro interessati né partecipato, al fine di chiedere in quella sede la rinnovazione della notificazione, alla udienza del 21 dicembre 2006, fissata dal giudice con termine fino al 14 dicembre 2006 per notificare il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza stessa all'assistito ed al P.M..
2. - L'avv. I. , con istanza depositata il 10 gennaio 2007, premesso di aver eseguito la notificazione al p.m., aveva chiesto che il giudice fissasse una nuova udienza per la discussione del ricorso e per l'integrazione del contraddittorio con notificazione dell'atto introduttivo e del decreto di fissazione di udienza anche all'assistito. Il provvedimento impugnato, con il quale si afferma appunto la improcedibilità del ricorso, muove dal richiamo della sentenza della Corte costituzionale n. 197 del 1998, la quale ha osservato che il ricorso proposto ai sensi dell'art. 11, quinto e sesto comma, della legge n. 319 del 1980 è un atto impugnatorio della liquidazione operata dal giudice o dal p.m., e che costituisce espressione di un diritto attribuito dalla norma, con il solo onere di osservare il termine di venti giorni dall'avvenuta comunicazione.
L'avv. I. - osserva il giudice - non ha contestato di aver ricevuto comunicazione del provvedimento del 6 ottobre 2006, con il quale era stata fissata l'udienza per il 21 dicembre 2006, con indicazione del termine entro il quale l'opponente avrebbe dovuto provvedere alla notifica del ricorso e del decreto. La cancelleria aveva dunque rispettato il disposto dell'art. 136 cod.proc.civ., norma di generale applicazione quale norma sussidiaria, in difetto di una diversa disposizione contenuta nella disciplina speciale.
Considerato in diritto
1. - Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 della legge n. 794 del 1942 e 170 del d.lgs. n. 115 del 2002. Si osserva che la invocata normativa non prevede alcuna specifica sanzione per il caso in cui il ricorrente non esegua, in tutto o in parte, le notificazioni del ricorso e del decreto prescritte al secondo comma del medesimo articolo, dovendosi, pertanto, fare riferimento alle norme generali del codice di rito sulle impugnazioni, in base alle quali, nella specie, il Tribunale avrebbe dovuto, pur in assenza delle prescritte notificazioni, ordinare al ricorrente di integrare il contraddittorio fissando una nuova udienza. La illustrazione della doglianza si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis: “Dica la Corte se nel procedimento ex art. 29 L. 794/1942, essendo stato il ricorso introduttivo e il decreto di fissazione dell'udienza notificato ad una delle parti entro il termine fissato dal giudice, in caso di mancata notificazione all'altra parte, il ricorso vada dichiarato improcedibile oppure se il giudice debba ordinare l'integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se necessario, l'udienza di comparizione”.
2. - La censura risulta meritevole di accoglimento nei termini che seguono.
2.1. - La mancata notifica del ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso del difensore di ufficio di imputato insolvente non ne comporta la improcedibilità, non essendo prevista dalla legge nessuna sanzione per tale inattività, la quale, pertanto, impone al giudice di provvedere, tramite la rituale notifica del ricorso a cura del ricorrente, alla integrazione del contraddittorio e, quindi, di procedere al giudizio, una volta che con il tempestivo deposito dell'atto introduttivo, si sia realizzata la edictio actionis necessaria al rituale e valido radicarsi della seconda fase processuale (cfr., con riguardo alla ipotesi di ricorso avverso il decreto di rigetto della istanza di ammissione al gratuito patrocinio, la cui disciplina rinvia all'art. 29 della legge n. 794 del 1942, Cass. pen., sent. n. 44916 del 2010).
2.2. - A ciò deve aggiungersi che le Sezioni Unite civili di questa Corte, con la sentenza n. 8516 del 2012, hanno affermato il principio di diritto alla stregua del quale, presentando il procedimento di opposizione ex art. 170 d.P.R. n. 155 del 2002, anche se riferito a liquidazioni inerenti ad attività espletate ai fini di giudizio penale, carattere di autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto soggettivo patrimoniale, parte necessaria dei procedimenti suddetti deve considerarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento; con la conseguenza che nei procedimenti di opposizione a liquidazione inerenti a giudizi civili e penali suscettibili di restare a carico dell'Erario, anche quest'ultimo, identificato nel Ministero della Giustizia, è parte necessaria.
2.3. - In definitiva, nella specie, ha errato il Tribunale nel non rinviare la udienza onde consentire al ricorrente di integrare il contraddittorio, anche nei confronti del predetto Dicastero.
3. - Con il secondo motivo si denuncia ancora la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 della legge n. 794 del 1942 e 170 del d.lgs. n. 115 del 2002, contestandosi la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per non avere il ricorrente partecipato all'udienza del 21 dicembre 2006, fissata a seguito del deposito del ricorso ex art. 170 cit.. La illustrazione della censura si completa con la formulazione del, seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se in caso di mancata comparizione delle parti all'udienza ex art. 29 L. 794/1942 il ricorso vada dichiarato improcedibile oppure se il giudice debba fissare nuova udienza in camera di consiglio quando ne sia fatta richiesta da parte del ricorrente”.
4. - La censura è fondata.
Questa Corte si è già pronunciata nel senso che, in tema di opposizione al provvedimento di liquidazione del compenso al difensore, ai sensi dell'art. 170 del d.P.R. n. 15 del 2002, nel caso di mancata comparizione dell'opponente, il giudice non può dichiarare l'improcedibilità del ricorso, ma deve disporre ai sensi degli artt. 181 e 309 cod. proc. civ., giacché, trattandosi di procedimento camerale, disciplinato in base all'art. 29 della legge n. 794 del 1942 (cui rinvia il citato art. 170), il mero deposito del ricorso è idoneo ad attivare il giudizio e ad investire il giudice adito del potere-dovere di decidere, senza necessità di ulteriori atti di impulso processuale.
5. - In base all'enunciato principio di diritto, nella specie la mancata partecipazione dell'avv. I. all'udienza del 21 dicembre 2006, fissata con il provvedimento del giudice in data 6 ottobre 2006, non avrebbe dovuto comportare la improcedibilità del ricorso. Il giudice avrebbe dovuto, invece, fissare una nuova udienza ai sensi dell'art. 181 del codice di rito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altro giudice del Tribunale di Trento.
25-12-2013 08:22
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