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Sentenza

Minore condannato dalla Corte di Appello di Messina per furto aggravato, inchiodato dalle riprese video, prove atipiche, disciplinate dall'art. 189 cpp. La difesa ricorre in Cassazione sostenendo che non erano prove utilizzabili. La Corte rigetta il ricorso.
Minore condannato dalla Corte di Appello di Messina per furto aggravato, inchiodato dalle riprese video, prove atipiche, disciplinate dall'art. 189 cpp. La difesa ricorre in Cassazione sostenendo che non erano prove utilizzabili. La Corte rigetta il ricorso.
Cassazione penale  sez. IV   
Data: 30/10/2013 ( ud. 30/10/2013 , dep.22/11/2013 ) 
Numero:     46758
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE QUARTA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIRENA   Pietro Antonio  -  Presidente   -                     
    Dott. FOTI     Giacomo         -  Consigliere  -                     
    Dott. BIANCHI  Luisa           -  Consigliere  -                     
    Dott. CIAMPI   Francesco Maria -  Consigliere  -                     
    Dott. MONTAGNI Andrea     -  rel. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
            M.C. N. IL 09/09/1992 
    avverso la sentenza n. 9/2012 CORTE APP.SEZ.MINORENNI di MESSINA, del 
    07/03/2013; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 30/10/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI; 
    Udito  il Procuratore Generale in persona del Dott. Fraticelli Mario, 
    che ha concluso per il rigetto del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. La Corte di Appello di Messina, con sentenza resa il 7.03.2013, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale per i Minorenni di Messina il 26.01.2012, nei confronti di M. C., in ordine al reato di furto aggravato, escludeva la circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2 e confermava nel resto.

    La Corte di Appello rilevava che le videoregistrazioni relative ai movimenti in entrata ed in uscita dalla abitazione di F.C. V., dalle cui sequenze gli inquirenti avevano riconosciuto nell'odierno imputato l'autore del furto della telecamera di che trattasi, costituiscono prova atipica, disciplinata dall'art. 189 c.p.p. E chiariva che detta documentazione era stata legittimamente acquisita al fascicolo per il dibattimento, essendo relativa ad attività investigativa non ripetibile.

    2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione M.C..

    Con il primo motivo la parte reitera l'eccezione di inutilizzabilità del monitoraggio della abitazione di F.C.V., in assenza di alcun decreto di autorizzazione. L'esponente ritiene che l'attività di videoregistrazione in argomento sia riconducibile alle ispezioni di cui all'art. 244 c.p.p., di talchè, in difetto di alcun decreto di autorizzazione, la documentazione video acquisita agli atti deve ritenersi inutilizzabile.

    Con il secondo motivo la parte denuncia il vizio motivazionale, laddove i giudici hanno identificato nell'odierno imputato l'autore del furto della telecamera di che trattasi.

    Il ricorrente si sofferma sul contenuto della deposizione resa dal teste M.G. e ritiene che il racconto del predetto militare risulti fumoso e che non consenta di identificare nell'odierno imputato il soggetto che ebbe ad asportare la telecamera che i militari avevano posizionato nella (OMISSIS). La parte osserva, inoltre, che elementi utili a sostegno della tesi accusatoria non emergono neppure dalla deposizione del teste V.G., il quale ha riferito di avere riconosciuto M.C. quale autore del furto, sulla base del fondoschiena del ragazzo. L'esponente ritiene che dalla lettura delle dichiarazioni rese dal teste V. emerga, in realtà, un quadro probatorio completamente diverso da quello ricostruito dalla Corte di Appello, atteso che il dichiarante ha dedotto che M. sia l'autore del crimine sulla base del fatto che sul posto si trovasse la macchina del prevenuto. L'esponente censura la sentenza impugnata anche laddove i giudici fanno riferimento alle conversazioni intercettate, acquisite su accordo delle parti.

    Con il terzo motivo il ricorrente osserva che difettano le condizioni per ritenere sussistenti le circostanze aggravanti di cui all'art. 61 c.p., n. 5 e art. 625 c.p., n. 7. Al riguardo, l'esponente rileva che proprio il sistema di videoregistrazione oggetto del furto garantisce un controllo continuo del bene di che trattasi.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    3. Il ricorso che occupa muove alle considerazioni che seguono.

    3.1 Il primo motivo di doglianza è infondato. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell'ambito del procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei "documenti" di cui all'art. 234 c.p.p.;

    che le medesime videoregistrazioni eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d'iniziativa, vanno invece incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'art. 189 c.p.p.; e che, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo per il dibattimento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 26795 del 28/03/2006, dep. 28/07/2006, Rv. 234267).

    E si è in particolare osservato che sono legittime e pertanto utilizzabili senza che necessiti l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, le videoriprese dell'ingresso e del piazzale di un'impresa eseguite a mezzo di impianti installati dalla polizia giudiziaria sulla pubblica via, non configurandosi, in tal caso, alcuna indebita intrusione nell'altrui domicilio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4422 del 18/12/2008, dep. 02/02/2009, Rv. 242793).

    Applicando i richiamati principi di diritto al caso di specie, deve allora evidenziarsi che, del tutto legittimamente, i giudici di merito hanno osservato che le videoregistrazioni relative ai movimenti in entrata ed in uscita dalla abitazione di F.C. V. - dalle cui sequenze gli inquirenti avevano riconosciuto nell'odierno imputato l'autore del furto della telecamera di che trattasi - costituiscono prova atipica, disciplinata dall'art. 189 c.p.p.; ed hanno sottolineato che la videoregistrazione e la susseguente visione delle immagini, da parte della polizia giudiziaria, non richiedeva alcuna preventiva autorizzazione.

    3.2 Il secondo motivo di ricorso si pone ai limiti della inammissibilità.

    Come noto, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, "ex plurimis", Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).

    Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv.

    207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 c.p.p., lett. e), per effetto della L. 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109).

    Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv.

    244181).

    Ciò posto, si rileva che il motivo di ricorso in esame si risolve nella inammissibile richiesta di una riconsiderazione del quadro probatorio, rispetto alla riconducibilità della condotta criminosa all'odierno imputato, atteso che la Corte di Appello ha sviluppato un conferente percorso argomentativo, che risulta immune dalle denunciate fratture di ordine logico. Con riguardo alla identificazione del soggetto che ebbe ad impossessarsi della telecamera che la Polizia Giudiziaria aveva collocato nella (OMISSIS), il Collegio, infatti, ha rilevato che il teste V. - il quale aveva visionato le immagini registrate dalla telecamera di cui si tratta - aveva chiarito: di avere riconosciuto M.C., soggetto a lui ben noto, che per avvicinarsi all'impianto di videoripresa, era salito appositamente su un balcone, sito nei pressi della abitazione del F., coadiuvato da altri due individui; che subito dopo l'avvicinamento del giovane all'impianto, la telecamera aveva smesso di trasmettere le immagini; e che il giorno seguente si era accertato che la telecamera era stata rimossa.

    3.3 Il terzo motivo di ricorso risulta generico e meramente assertivo. E' poi appena il caso di osservare che la Corte di Appello si è espressamente soffermata sulla questione afferente alla sussistenza delle circostanze aggravanti, rilevando in primo luogo che quella inerente alla violenza sulle cose risultava certamente integrata, atteso che l'asportazione della telecamera aveva richiesto l'effrazione della scatola ove la stessa si trovava contenuta. Oltre a ciò, il Collegio ha considerato che l'evidente esposizione del bene alla pubblica fede ed il numero dei correi determinava, altresì, la sussistenza delle ulteriori aggravanti contestate.

    4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

    Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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