Mangia nella mensa aziendale in orari non rispondenti a quelli del suo reparto. Licenziato. I giudici ritengono illegittimo il icenziamento perchè non contestato per iscritto.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 14 febbraio – 16 aprile 2013, n. 9205
Presidente La Terza – Relatore Mammone
Ritenuto in fatto e diritto
1.- B.P., dipendente di Ansaldobreda s.p.a., il 14.09.04 ricevette lettera di contestazione di tre addebiti, per aver fruito in tre diverse occasioni del servizio mensa in orario diverso da quello di competenza del suo reparto e con modalità tali da evitare l'addebito del pasto in busta paga, godendo al contempo di una pausa aggiuntiva non dovuta. Ritenute insoddisfacenti le giustificazioni fornite dall'interessato, il datore in data 22.09.04 irrogava il licenziamento.
2.- B. impugnava il recesso dinanzi al giudice del lavoro di Napoli. Respinta la domanda e proposto appello dal lavoratore, la Corte d'appello con sentenza del 26.02.08 accoglieva l'impugnazione rilevando la mancanza di proporzionalità tra i fatti contestati al lavoratore (considerati quale "unico elemento di riferimento e giudizio per la valutazione della legittimità e congruità della sanzione”) e la sanzione espulsiva irrogata.
3.- Proponeva ricorso per cassazione Ansaldobreda, cui rispondeva B. con controricorso. Il Consigliere relatore ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. depositava relazione, che era comunicata al Procuratore generale ed era notificata al difensore costituito assieme all'avviso di convocazione della adunanza della camera di consiglio.
La ricorrente ha depositato memoria.
4.- Ansaldobreda s.p.a. con unico motivo deduce violazione degli artt. 2106 e 2119 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che il criterio della proporzionalità tra infrazione e sanzione irrogata è da intendere in termini elastici e sottolineando che il contesto entro cui le condotte del lavoratore avvengono può condurre a differenti valutazioni circa la tenuta del vincolo fiduciario cui è improntato il rapporto di lavoro. Nel caso di specie il giudice avrebbe dovuto tener conto di ulteriori comportamenti tenuti dal B. in periodi antecedenti ai fatti contestati, non menzionati nella lettera di contestazione del 14.09.04, la cui omessa valutazione darebbe tuttavia corpo al vizio di motivazione.
5. Deve innanzitutto rilevarsi che la tesi sostenuta dalla ricorrente si traduce in buona parte nella richiesta di inammissibile nuova valutazione dei fatti di causa; è indicativo un passaggio di pag. 8 del ricorso che recita: "è evidente che la Corte territoriale non ha correttamente valutato i comportamenti tenuti dal B. ".
6.- È noto, inoltre, che la valutazione della proporzionalità della sanzione irrogata è compito del giudice del merito, mentre al giudice di legittimità spetta il controllo sulla correttezza del metodo valutativo seguito nel giudizio del giudice d'appello (giurisprudenza costante, v. per tutte Cass. 18247 del 2009). Nel caso di specie, del giudizio formulato dalla Corte di merito è contestata non la congruità, ma la parzialità in quanto, si assume, non sarebbero stati presi in considerazione comportamenti, pur non contestati, ma sicuramente posti in atto dal lavoratore. Tale assunto si pone in contrasto con il consolidato principio per cui a fondamento del licenziamento non possono essere posti comportamenti che non siano stati oggetto di contestazione scritta sulla quale il lavoratore incolpato abbia potuto svolgere la sua difesa ai sensi dell'art. 7 dello statuto dei lavoratori (v. da ultimo Cass. 6499 del 2011).
7.- Essendosi il giudice di merito attenuto a questi principi, il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
8.-1 compensi professionali vanno liquidati in Euro 3.000 sulla base del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento a due delle tre fasi ivi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione), con riferimento allo scaglione relativo al valore indeterminato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 50 (cinquanta) per esborsi ed in Euro 3.000 (tremila) per compensi, oltre Iva e Cpa.
18-04-2013 15:45
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