La sostanza stupefacente ha un principio attivo praticamente nullo? Non è spaccio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 marzo – 29 maggio 2013, n. 23319
Presidente De Roberto – Relatore Fidelbo
Ritenuto in fatto
1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Brescia ha confermato la sentenza del 19 novembre 2011 con cui il Tribunale di quella stessa città aveva condannato M.A. alla pena di un anno e mesi tre di reclusione ed Euro 4.000 di multa, previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. 309/190, per avere detenuto, a fine di spaccio, gr. 12,50 di hashish.
2. L'avvocato Patrizia Ghizzoni, nell'interesse dell'imputato, ha proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell'art. 73 d.P.R. 309/1990, nonché il vizio di motivazione, in relazione al mancato accertamento del grado di purezza della sostanza stupefacente sequestrata, censurando la sentenza impugnata là dove ha ritenuto che per l'hashish un tale accertamento "assume scarso significato"; al contrario, si assume il rilievo di una tale operazione, non potendo escludersi che una percentuale bassa di principio attivo avrebbe potuto condurre ad escludere il rilievo penale della condotta. In ogni caso, il giudice d'appello avrebbe dovuto disporre una perizia per accertare la composizione del quantitativo di hashish detenuto dall'imputato.
Con il secondo motivo ha denunciato l'erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione, evidenziando la mancanza di prove in ordine alla detenzione della droga per finalità di spaccio.
Considerato in diritto
3. Il primo motivo del ricorso è fondato e assorbe l'altro.
La sentenza ha ritenuto che l'accertamento della purezza della sostanza sequestrata non fosse necessario in presenza di "circostanze di fatto (...) indicative della destinazione allo spaccio". Si tratta di un'affermazione che non appare corretta, in quanto l'accertamento del principio attivo può influire sulla stessa sussistenza dell'offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio.
Ne deriva che se il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola consentita, tuttavia deve escludersi la sussistenza del reato qualora abbia ad oggetto condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui e con principio attivo irrilevante tale da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell'assetto neuropsichico dell'utilizzatore (Sez. IV, 12 maggio 2010, n. 21814, Renna; Sez. VI, Sez. VI, 2 febbraio 2011, n. 16154, Montrone).
4. Il mancato esame relativo al valore del principio attivo, giustificato con una motivazione illogica, determina l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia per nuovo giudizio.
02-06-2013 00:25
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