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Sentenza

La società viene cancellata dall'elenco speciale art. 107 D.Leg.vo 385/93, ma rilascia ugualmente una garanzia fidejussoria, percependo la relativa commissione.
La società viene cancellata dall'elenco speciale art. 107 D.Leg.vo 385/93, ma rilascia ugualmente una garanzia fidejussoria, percependo la relativa commissione.
Cassazione penale  sez. V   
Data:
    07/05/2013 ( ud. 07/05/2013 , dep.03/07/2013 ) 
Numero:
    28643

                         LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE QUINTA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. BEVERE   Antonio       -  Presidente   -                       
    Dott. BRUNO    Antonio Paolo -  Consigliere  -                       
    Dott. SABEONE  Gerardo       -  Consigliere  -                       
    Dott. DE MARZO Giuseppe -  rel. Consigliere  -                       
    Dott. LIGNOLA  Ferdinando    -  Consigliere  -                       
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                 M.C., nato a (OMISSIS); 
    avverso la sentenza del 30/06/2010 della Corte d'appello di Roma R.G. 
    n. 5455/2009; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    udita  in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere  Dott. 
    Giuseppe De Marzo; 
    udito   il  Procuratore  Generale,  in  persona  del  Dott.  Giovanni 
    D'Angelo,  che  ha  concluso  per  l'annullamento  senza  rinvio  per 
    intervenuta prescrizione; 
    udito  l'Avv.  Stefania  Rita Maria Ceci per la  parte  civile  Banca 
    dell'Italia,  la quale ha concluso per la conferma delle  statuizioni 
    civili; 
    udito, per l'imputato, l'Avv. Antonio Maio, il quale ha concluso  per 
    l'accoglimento del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza del 30/06/2010 la Corte d'appello di Roma ha confermato l'affermazione di responsabilità di M.C., in relazione ai reati: a) di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 106 e 132, per avere, quale presidente del consiglio di amministrazione della SO.FI.SO. s.p.a., successivamente alla sentenza del Tar Lazio del 24/01/2003, che aveva respinto il ricorso proposto avverso la disposta cancellazione dall'elenco speciale di cui all'art. 107 del medesimo D.Lgs., continuato ad operare, rilasciando alla Costruzioni Palma s.r.l. una garanzia fideiussoria e percependo la relativa commissione; b) di cui all'art. 61, n. 7 e art. 640 cod. pen., perchè, nella medesima qualità, con artifici e raggiri, consistiti dapprima nell'assicurare alla s.r.l. Ing. F.N. - Impresa Costruzioni Generali l'iscrizione nel citato elenco e poi emettendo, in data 20/03/2003, cinque atti di fideiussione, aveva indotto in errore i titolari della società in ordine all'effettiva esistenza di tale requisito, con danno per quest'ultima. La sentenza ha, del pari, confermato la condanna dell'imputato al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore della costituita parte civile, Banca d'Italia. La Corte territoriale ha ritenuto che, alla data in cui i fatti erano stati commessi, l'imputato era conoscenza della decisione del Tar Lazio, dal momento che in data 31/01/2003 l'avv. Di Giovanni, facente parte dello studio legale Picozza, che aveva assistito la SO.FI.SO. s.p.a., aveva trasmesso il testo del dispositivo della sentenza a mezzo fax alla medesima società, nella persona del direttore commerciale P., dipendente con mansioni qualificate, al punto che a lui risultava notificato l'impugnato provvedimento di cancellazione della Banca d'Italia. Quanto alla contestata truffa, la sentenza di merito ha aggiunto che gli artifici e raggiri erano consistiti nel fatto che la SO.FI.SO. s.r.l. si era presentata come società legittimata a rilasciare polizze fideiussorie e che l'eventuale restituzione, in favore della controparte, del corrispettivo ricevuto era irrilevante, in quanto vicenda successiva alla consumazione del reato.

    2. Nell'interesse del M. è stato proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

    2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta omessa motivazione in ordine all'eccepita inammissibilità della costituzione di parte civile della Banca d'Italia, per assenza di atti dai quali desumere che il Dott. S., funzionario dell'Istituto, fosse legittimato a conferire procura speciale.

    2.2. Con il secondo motivo, si lamenta manifesta illogicità della motivazione in ordine alla consapevolezza da parte dell'imputato dell'intervenuta sentenza del Tar Lazio, dal momento che non essendo stati ascoltati nè il destinatario nè il mittente del fax, non vi era alcuna certezza che l'imputato avesse avuto reale contezza della decisione sfavorevole.

    2.3. Con il terzo motivo, si lamenta carenza o manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che il ridotto corrispettivo della polizza stipulata mediante un broker con la società Palma Costruzioni (appena 42 euro) e la consapevolezza delle responsabilità gravanti sull'amministratore rendevano evidente che, sino alla fine di marzo del 2003 (quando tra l'altro era stato pubblicato il bollettino della Banca d'Italia con la notizia), l'imputato non era a conoscenza della sentenza del Tar Lazio.

    2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta erronea applicazione dell'art. 640 cod. pen., per l'assenza di artifici e raggiri, desumibile dal fatto che i testi F. avevano riferito in dibattimento di non avere mai conosciuto l'imputato e di avere appreso dell'esistenza della SO.FI.SO. s.p.a. attraverso un broker.

    Peraltro, la controparte contrattuale aveva richiesto la restituzione del premio pagato nel settembre 2003, mentre l'imputato sin dal precedente mese di luglio era cessato dall'incarico.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

    Premesso che gli errori di diritto nella motivazione non producono l'annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo (art. 619 cod. proc. pen., comma 1), la Corte osserva.

    L'art. 25 dello Statuto della Banca d'Italia, approvato con D.P.R. 12 dicembre 2006, a norma dell'art. 10, comma 2, del D.Lgs., e pertanto verificabile mediante la consultazione della Gazzetta ufficiale, dispone che il Direttore generale ha la competenza per gli atti di ordinaria amministrazione ed attua le deliberazioni del Consiglio superiore. ... Nell'ambito delle sue attribuzioni ha la rappresentanza della Banca, con facoltà di delega previa approvazione del Governatore ... Il Direttore generale coadiuva il Governatore nell'esercizio del le sue attribuzioni e lo surroga nel caso di assenza o d'impedimento, circostanze delle quali la sua firma fa piena prova nei confronti dei terzi.

    Ne discende che il Direttore generale era certamente investito del potere di conferire procura speciale, in vista della costituzione di parte civile.

    2. Posto che entrambi i reati contestati si sono estinti per prescrizione, rispettivamente in data 23/01/2011 e 05/03/2011, ossia successivamente alla sentenza di secondo grado, occorre comunque esaminare i motivi di ricorso, attesa la presenza della parte civile.

    3. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili, in quanto non è manifestamente illogica la motivazione fornita dalla Corte territoriale, per ritenere che il ricorrente fosse a conoscenza della decisione del Tar del 24/01/2003 nel momento in cui pose in essere le condotte contestate. L'importanza dell'atto del quale si discute, la ricezione del fax da parte della società, il fatto che fosse indirizzato al medesimo dipendente al quale era stato notificato il precedente provvedimento della Banca d'Italia, la circostanza che la società disponesse di un'unica sede sono elementi che ragionevolmente la sentenza impugnata ha posto a base delle sue conclusioni.

    In questa prospettiva, la mancata audizione del mittente e del destinatario del fax diviene elemento non decisivo, attesa la centralità del principio del motivato, libero convincimento del giudice.

    Neppure la logicità della motivazione è incrinata dal ridotto importo del premio della prima polizza o dell'avvenuta restituzione di premi successivamente conseguiti, in quanto comunque sussisteva l'interesse dell'agente ad accreditarsi come legittimamente operante sul mercato.

    4. Il quarto motivo è infondato.

    Infatti, ricorrono gli estremi della truffa contrattuale tutte le volte che uno dei contraenti ponga in essere artifizi o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto (Sez. 2, n. 32859 del 19/06/2012, D'Alessandro, Rv. 253660).

    Nella specie, è irrilevante che la conclusione del contratto sia avvenuta tramite un broker, il quale mette in contatto i soggetti interessati alla conclusione del contratto, senza sostituirsi alle parti contrattuali, le quali assumono la responsabilità delle dichiarazioni rese e di quelle omesse su elementi determinanti ai fini della formazione della volontà negoziale.

    Del pari irrilevanti sono le considerazioni relative alle ragioni della mancata restituzione del premio, trattandosi di evento comunque successivo all'avvenuta consumazione del reato.

    5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione. Il ricorso va, peraltro, rigettato agli effetti civili, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all'attività svolta, vengono liquidate in Euro 1.970,00, oltre accessori di legge.
    PQM
    P.Q.M.

    Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere i reati estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte civile, liquidate in Euro 1.970,00, oltre accessori di legge.

    Così deciso in Roma, il 7 maggio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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