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Sentenza

La Cassazione nega ad Annamaria Franzoni gli arresti domiciliari.
La Cassazione nega ad Annamaria Franzoni gli arresti domiciliari.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 maggio – 11 giugno 2013, n. 25631
Presidente Giordano – Relatore Bonito

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna, con decreto del 20 agosto 2012, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da F.A. volta alla concessione della misura della detenzione domiciliare speciale di cui all'art. 47-quinquies O.P., sul rilievo che ostativo al provvedimento è il disposto di cui all'art. 6 della L. 40/2001, in forza del quale l'invocata misura non può essere concessa a chi ha subito condanna con l'applicazione della pena accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale, ipotesi ricorrente nella fattispecie, ad avviso del giudice territoriale, giacché la predetta F. è stata condannata con applicazione di detta pena accessoria per la durata di anni sedici.
2. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione l'interessata, assistita dal difensore di fiducia, la quale nel suo interesse, sviluppando due motivi di impugnazione, denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all'art. 47-quinquies O.P. e 6 L. 40/2001, in particolare osservando che la norma ostativa fa riferimento alla sanzione accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale, mentre la ricorrente è stata semplicemente sospesa da essa per il tempo di anni sedici, come da provvedimento della Corte di assise di appello di Torino del primo luglio 2008, correttivo della sentenza di condanna che faceva invece riferimento all'istituto della decadenza e non già della sospensione ed al maggior tempo di anni trenta. Deduceva altresì la difesa istante che la lettura normativa impugnata ometteva di considerare le ragioni ispiratrici della disciplina introdotta con l'art. 47-quinquies, volte alla tutela dei figli minori nel rapporto con la loro madre detenuta, da considerarsi preponderanti su ogni altra limitazione.
3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per la inammissibilità del ricorso, dappoiché contraddittorio il beneficio richiesto con la condotta in espiazione, caratterizzante di un reato contro figlio minore.
4. Il decreto presidenziale impugnato è stato adottato al di fuori delle condizioni di legge e deve pertanto essere annullato senza rinvio.
Ai sensi infatti dell'art. 678 c.p.p., co 1, come è noto, il Tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza "procede" a norma dell'art. 666 c.p.p., il quale, pur riconoscendo in via generale la necessità di un procedimento caratterizzato dal contraddittorio delle parti, in via eccezionale consente al giudicante di provvedere con decreto motivato, sentito il P.M., nelle sole ipotesi di manifesta infondatezza della richiesta per difetto delle condizioni di legge ovvero perché in costanza di domanda già proposta. Palesi pertanto i limiti in cui può legittimamente derogarsi alla necessità del contraddittorio, la mancanza dei requisiti, sostanziali e procedimentali, richiesti per l'adozione del provvedimento richiesto non implicanti alcuna valutazione interpretativa (Cass., sez. I, 29.11.2007, n. 46986, rv. 238317) ovvero la medesimezza della domanda rispetto ad altra precedentemente delibata (Cass., sez. I, 19.5.2005, n. 23101, rv. 232087).
Nel caso in esame il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna ha ritenuto ricorrente la prima delle due ipotesi prospettate, dappoiché a suo avviso sussistente la causa ostativa di cui all'art. 6 della L. 40/2001.
La decisione presidenziale non può però ritenersi corretta. La norma di riferimento indica infatti come causa ostativa la condanna alla pena accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale e non già, come nella fattispecie, la sospensione di essa. È pur vero che può, in astratto, porsi la questione giuridica, esplicitamente affrontata dal P.G. in sede, della confusione dei due istituti giuridici in parola ai sensi della disciplina ostativa, ma tanto conferma la necessità di un apprezzamento interpretativo e di una decisione al riguardo nel rispetto del contraddittorio delle parti secondo quanto stabilito dall'art. 666 c.p.p. come regola processuale generale.
Deve, pertanto, essere annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti per una nuova deliberazione nelle forme previste, il provvedimento in esame perché, in quanto assunto "de plano" e senza fissazione dell'udienza in camera di consiglio fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, esso è inficiato da nullità d'ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, dato che detta violazione comporta l'omessa citazione dell'imputato e l'assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza (Cass., Sez. I, 18/02/2009, n. 10747; Cass., Sez. III, 20/11/2008, n. 46786).

P.T.M.

la Corte, annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di sorveglianza di Bologna per la decisione sull'istanza.
Avv. Antonino Sugamele

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